Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 26 - 49, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 33; 26 - 49

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 33; 26 - 49
Per Achaeos et Boeotis copia adeundi adloquendique Romanum facta est iussisque tradere noxios et multae nomine triginta conferre talenta pax data et ab oppugnatione recessum Grazie all'intervento degli Achei venne concessa ai Beoti facoltà di incontrarsi col Romano e di parlargli; venne loro ordinata di consegnare i colpevoli e di versare, come multa, trenta talenti, dopo di che venne concessa la pace e sospeso l'assedio
[30] Paucos post dies decem legati ab Roma venerunt, quorum ex consilio pax data Philippo in has leges est, ut omnes Graecorum civitates quae in Europa quaeque in Asia essent libertatem ac suas haberent leges: quae earum sub dicione Philippi fuissent, praesidia ex iis Philippus deduceret vacuasque traderet, Romanis ante Isthmiorum tempus; deduceret et ex iis quae in Asia essent, Euromo Pedasisque et Bargyliis et Iaso et Myrina et Abydo et Thaso et Perintho: eas quoque enim placere liberas esse; de Cianorum libertate Quinctium Prusiae Bithynorum regi scribere quid senatui et decem legatis placuisset; captivos transfugasque reddere Philippum Romanis et naves omnes tectas tradere praeter quinque et regiam unam inhabilis prope magnitudinis, quam sedecim versus remorum agebant; ne plus quinque milia armatorum haberet neve elephantum ullum; bellum extra Macedoniae fines ne iniussu senatus gereret; mille talentum daret populo Romano, dimidium praesens, dimidium pensionibus decem annorum [30] Pochi giorni dopo arrivarono da Roma i dieci ambasciatori per suggerimento dei quali fu concessa a Filippo la pace a queste condizioni: tutte le città greche in Europa e in Asia dovevano essere libere e indipendenti; da quelle che erano state in suo potere Filippo avrebbe dovuto ritirare le proprie guarnigioni e consegnarle, senza che vi fossero più truppe, ai Romani, prima dei giochi istmici ; avrebbe dovuto ritirarle anche dalle città dell'Asia, Eurome, Pedase, Bargilie, Iaso, Mirina, Abido, Taso e Perinto: anche queste si voleva fossero libere; per la libertà delle genti di Cio Quinzio avrebbe informato per lettera il re di Bitinia, Prusia, delle decisioni del senato e dei dieci ambasciatori; Filippo doveva restituire ai Romani i prigionieri e i disertori, consegnare tutte le navi coperte ad eccezione di cinque e del vascello reale, quasi impossibile a governarsi per la sua grandezza, che veniva spinto da sedici file di rematori; doveva mantenere non più di cinquemila soldati e nessun elefante; non avrebbe dovuto far guerra fuori della Macedonia senza il consenso del senato; avrebbe versato mille talenti al popolo romano, metà sùbito, metà a rate in dieci anni
Valerius Antias quaternum milium pondo argenti vectigal in decem annos impositum regi tradit; Claudius in annos triginta quaterna milia pondo et ducena, praesens viginti milia pondo

Idem nominatim adiectum scribit ne cum Eumene Attali filionovus is tum rex erat bellum gereret

In haec obsides accepti, inter quos Demetrius Philippi filius

Adicit Antias Valerius Attalo absenti Aeginam insulam elephantosque dono datos et Rhodiis Stratoniceam Cariaeque alias urbes quas Philippus tenuisset; Atheniensibus insulas datas Lemnum Imbrum Delum Scyrum

[31] Omnibus Graeciae civitatibus hanc pacem adprobantibus soli Aetoli decretum decem legatorum clam mussantes carpebant: litteras inanes vana specie libertatis adumbratas esse
Valerio Anziate riferisce che venne imposto al re un tributo di quattromila libbre d'argento in dieci anni; Claudio un tributo di quattromila duecento libbre per trent'anni e di ventimila da versare immediatamente

Quest'ultimo scrive anche che si aggiunse specificamente nel trattato il divieto di muovere guerra ad Eumene, figlio di Attalo - che era allora appena salito sul trono

A garanzia del rispetto di tali clausole si presero degli ostaggi tra i quali il figlio di Filippo, Demetrio

Valerio Anziate aggiunge che vennero donati ad Attalo, assente, l'isola di Egina e gli elefanti, e ai Rodiesi Stratonicea ed altre città della Caria, che erano state in potere di Filippo; agli Ateniesi vennero date le isole di Paro, Imbro, Delo e Sciro

[31] Mentre tutte le città della Grecia approvarono questa pace gli Etoli soltanto accolsero con velate recriminazioni e critiche le decisioni dei dieci legati: si trattava soltanto, dicevano, di vuote parole, mascherate da una vana apparenza di libertà

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Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 18 - 20
Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 18 - 20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 18 - 20

Cur enim alias Romanis tradi urbes nec nominari eas, alias nominari et sine traditione liberas iuberi esse, nisi quod quae in Asia sint liberentur, longinquitate ipsa tutiores, quae in Graecia sint, ne nominatae quidem intercipiantur, Corinthus et Chalcis et Oreus cum Eretria et Demetriade

Nec tota ex vano criminatio erat

Dubitabatur enim de Corintho et Chalcide et Demetriade, quia in senatus consulto, quo missi decem legati ab urbe erant, ceterae Graeciae atque Asiae urbes haud dubie liberabantur, de iis tribus urbibus legati quod tempora rei publicae postulassent id e re publica fideque sua facere ac statuere iussi erant

Antiochus rex erat, quem transgressurum in Europam cum primum ei vires suae satis placuissent non dubitabant: ei tam opportunas ad occupandum patere urbes nolebant
Perché infatti consegnare alcune città ai Romani senza nominarle, nominarne altre e stabilire che siano libere, senza consegnarle ai Romani, se non per rendere libere le città dellAsia, protette dalla loro stessa lontananza, e prendere di sorpresa, senza neppure nominarle, città della Grecia, quali Corinto, Calcide ed Oreo, con Eretria e Demetriade

L'accusa non era del tutto priva i fondamento

Si era difatti incerti a proposito di Corinto, Calcide e Demetriade perché nel senatoconsulto in base al quale erano stati mandati da Roma i dieci ambasciatori si rendeva esplicitamente la libertà alle altre città della Grecia dell'Asia, mentre a proposito di queste tre città si ordinava agli ambasciatori di agire e decidere secondo il pubblico interesse e secondo la propria coscienza, regolandosi in base a quanto le circostanze richiedessero per il bene dello stato

Antioco era un re che essi non dubitavano sarebbe passato in Europa non appena avesse ritenuto sufficienti le proprie forze: non volevano quindi lasciargli la strada aperta verso città così facili ad occuparsi
Ab Elatia profectus Quinctius Anticyram cum decem legatis, inde Corinthum traiecit

Ibi consilia de libertate Graeciae dies prope totos in concilio decem legatorum agitabantur: identidem Quinctius liberandam omnem Graeciam, si Aetolorum linguas retundere, si veram caritatem ac maiestatem apud omnes nominis Romani vellent esse, si fidem facere ad liberandam Graeciam, non ad transferendum a Philippo ad se imperium sese mare traiecisse

Nihil contra ea de libertate urbium alii dicebant: ceterum ipsis tutius esse manere paulisper sub tutela praesidii Romani quam pro Philippo Antiochum dominum accipere

Postremo ita decretum est: Corinthus redderetur Achaeis ut in Acrocorintho tamen praesidium esset; Chalcidem ac Demetriadem retineri donec cura de Antiocho decessisset
Partito da Elazia Quinzio con i dieci ambasciatori passò ad Anticira, poi a Corinto

Là i dieci ambasciatori discussero per intere gornate, riuniti in assemblea, della libertà della Grecia: Quinzio insisteva che si doveva dare la libertà all'intera Grecia se si volevano troncare le mormorazioni degli Etoli e rendere amato e rispettato da tutti il nome di Roma, se si voleva far credere che i Romani avevano passato il mare per liberare la Grecia, non per trasferire a sé i domìni di Filippo

Gli altri nulla obiettavano riguardo alla liberazione delle città, ma affermavano che era per queste più sicuro rimanere per un po' di tempo sotto la protezione di una guarnigione piuttosto che ricevere come padrone Antioco al posto di Filippo

In ultimo si decise in questo modo: Corinto sarebbe stata restituita agli Achei lasciando però una guarnigione nell'Acrocorinto; Calcide e Demetriade sarebbero state mantenute dai Romani finché non vi fossero più stati motivi di preoccupazione nei riguardi di Antioco

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 41-50

[32] Isthmiorum statum ludicrum aderat, semper quidem et alias frequens cum propter spectaculi studium insitum genti, quo certamina omnis generis artium viriumque et pernicitatis visuntur, tum quia propter opportunitatem loci per duo diversa maria omnium rerum usus ministrantis humano generi, concilium Asiae Graeciaeque is mercatus erat

Tum vero non ad solitos modo usus undique convenerant sed expectatione erecti qui deinde status futurus Graeciae, quae sua fortuna esset

Alii alia non taciti solum opinabantur sed sermonibus etiam ferebant Romanos facturos: vix cuiquam persuadebatur Graecia omni cessuros
[32] Si avvicinava il giorno fissato per i giochi istmici, che certamente attiravano gran folla anche le altre volte, sia per il gusto dello spettacolo insito in quel popolo, che li spinge ad assistere ad ogni gara tanto artistica che di vigoria o di velocità, sia perché, grazie alla favorevole posizione dell'istmo che dai due diversi mari offre agli uomini ogni genere di prodotti, la fiera che vi si teneva costituiva il punto d'incontro dell'Asia e della Grecia

Allora però non soltanto per i soliti motivi vi erano convenuti da ogni parte, ma anche perché spinti dal desiderio di conoscere quale sarebbe stata la condizione futura della Grecia, quale la sua sorte

Chi pensava tra di sé, non solo, ma anche diceva apertamente, che i Romani avrebbero agito in un determinato modo, chi in un altro; tutti duravano fatica a convincersi che si sarebbero ritirati completamente dalla Grecia
Ad spectaculum consederant, et praeco cum tubicine, ut mos est, in mediam aream, unde sollemni carmine ludicrum indici solet, processit et tuba silentio facto ita pronuntiat: 'senatus Romanus et T Quinctius imperator Philippo rege Macedonibusque devictis liberos, immunes, suis legibus esse iubet Corinthios, Phocenses, Locrensesque omnes et insulam Euboeam et Magnetas, Thessalos, Perrhaebos, Achaeos Phthiotas'

Percensuerat omnes gentes quae sub dicione Philippi regis fuerant

Audita voce praeconis maius gaudium fuit quam quod universum homines acciperent: vix satis credere se quisque audisse et alii alios intueri, mirabundi velut ad somni vanam speciem; quod ad quemque pertinebat, suarum aurium fidei minimum credentes, proximos interrogabant
Avevano preso posto per lo spettacolo e, secondo l'usanza, il banditore, accompagnato da un trombettiere, si avanzò al centro dello stadio, da dove soleva annunziare, con una formula solenne, l'inizio dei giochi, imposto il silenzio con uno squillo di tromba, così proclama: il senato- romano e il generale T Quinzio, sconfitti il re Filippo e i Macedoni, ordinano che siano liberi, esenti da tributi, autonomi i Corinzi, i Focesi, i Locresi tutti e l'isola di Eubea, i Magneti, i Tessali, i Perrebi, gli Achei della Ftiotide

Aveva elencato tutti i popoli che erano stati sotto il dominio del re Filippo

Dopo aver ascoltato le parole del banditore, in tutti la gioia fu troppo grande per poter essere goduta appieno: ciascuno riusciva a stento a convincersi di aver udito bene e si guardavano l'un l'altro stupefatti, come davanti alle vane apparenze di un sogno; ciascuno, per la parte che lo riguardava, non credendo alle proprie orecchie interrogava i vicini

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Revocatus praeco, cum unusquisque non audire modo sed videre libertatis suae nuntium averet, iterum pronuntiavit eadem

Tum ab certo iam gaudio tantus cum clamore plausus est ortus totiensque repetitus ut facile appareret nihil omnium bonorum multitudini gratius quam libertatem esse

Ludicrum deinde ita raptim peractum est ut nullius nec animi nec oculi spectaculo intenti essent: adeo unum gaudium praeoccupaverat omnium aliarum sensum voluptatium

[33] Ludis vero dimissis cursu prope omnes tendere ad imperatorem Romanum, ut ruente turba in unum adire contingere dextram cupientium, coronas lemniscosque iacientium haud procul periculo fuerit

Sed erat trium ferme et triginta annorum, et cum robur iuventae tum gaudium ex tam insigni gloriae fructu vires suppeditabat
L'araldo, richiamato perché tutti volevano non solo ascoltare ma anche vedere l'annunziatore della propria libertà, ripeté il medesimo proclama

Allora la gioia ormai sicura fece scoppiare un applauso così fragoroso, e tante volte ripetuto, da mostrare chiaramente come per quella moltitudine di tutti i beni nessuno fosse più caro della libertà

I giochi si svolsero poi rapidamente, senza che né l'animo né gli occhi di alcuno fossero intenti allo spettacolo: a tal punto quel sentimento di gioia, da solo, li aveva resi insensibili a ogni altro piacere

[33] Terminati i giochi tutti andarono di corsa dal generale romano tanto che l'accorrere verso un uomo solo della folla desiderosa di avvicinarlo, di toccargli la mano, mentre gli lanciava corone e nastri per poco non lo mise in pericolo

Ma egli aveva allora circa trentatré anni e il vigore della giovinezza, insieme alla gioia che gli veniva dall'ottenere una tale gloria, gli dava le forze necessarie
Nec praesens tantummodo effusa est laetitia, sed per multos dies gratis et cogitationibus et sermonibus renovata: esse aliquam in terris gentem quae sua impensa, suo labore ac periculo bella gerat pro libertate aliorum, nec hoc finitimis aut propinquae vicinitatis hominibus aut terris continentibus iunctis praestet, sed maria traiciat, ne quod toto orbe terrarum iniustum imperium sit, ubique ius fas lex potentissima sint; una voce praeconis liberatas omnes Graeciae atque Asiae urbes: hoc spe concipere audacis animi fuisse, ad effectum adducere et virtutis et fortunae ingentis

[34] Secundum Isthmia Quinctius et decem legati legationes regum gentium civitatiumque audivere

Primi omnium regis Antiochi vocati legati sunt
Né la gioia si manifestò con tale effusione solo sul momento, ma si rinnovò per parecchi giorni con pensieri e parole di riconoscenza: c'era dunque al mondo un popolo che a sue spese, a proprio rischio e sacrificio combatteva per laltrui libertà, e tale servigio non lo rendeva a popolazioni confinanti o vicine, o almeno dello stesso continente, ma passava il mare perché non vi fosse in alcuna parte del mondo alcun ingiusto dominio e dovunque onnipotente fosse il diritto, umano e divino, e la legge; il semplice proclama dell'araldo aveva reso libere tutte le città della Grecia e dell'Asia: aver concepito una tale speranza era segno di animo coraggioso, averla realizzata di valore e fortuna straordinari

[34] Dopo i giochi istmici Quinzio e i dieci delegati romani diedero udienza agli inviati di re e popoli

Primi fra tutti vennero convocati i rappresentanti del re Antioco

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Iis eadem fere quae Romae egerant verba sine fide rerum iactantibus nihil iam perplexe ut ante, cum dubiae res incolumi Philippo erant, sed aperte denuntiatum ut excederet Asiae urbibus quae Philippi aut Ptolomaei regum fuissent, abstineret liberis civitatibus, neu quam lacesseret armis: et in pace et in libertate esse debere omnes ubique Graecas urbes; ante omnia denuntiatum ne in Europam aut ipse transiret aut copias traiceret

Dimissis regis legatis conventus civitatium gentiumque est haberi coeptus, eoque maturius peragebatur quod decreta decem legatorum civitates nominatim pronuntiabantur

OrestisMacedonum ea gens estquod primi ab rege defecissent, suae leges redditae

Magnetes et Perrhaebi et Dolopes liberi quoque pronuntiati
Poiché essi, come già avevano fatto a Roma, ostentavano belle parole senza alcuna garanzia nei fatti, non si rispose più ambiguamente come prima, quando ancora incerta era la situazione e Filippo non era ancora stato sconfitto, ma si intimò apertamente ad Antioco di ritirarsi dalle città dell'Asia che erano appartenute ai re Filippo o Tolomeo, di non tentare nulla contro le città libere e di non muovere guerra ad alcuna: le città greche dovevano godere, tutte e dovunque, della pace e della libertà; prima di tutto gli si intimò di non passare in Europa e di non farvi passare le sue truppe

Congedati gli inviati del re si cominciò a riunire quelli di città e popoli; e si procedeva più rapidamente per il fatto che si leggevano ai singoli gruppi i decreti della commissione dei dieci relativi alla loro città

Agli Oresti - una popolazione della Macedonia - che per prima aveva defezionato dal re, venne restituita l'autonomia

Anche i Magneti, i Perrebi e i Dolopi vennero dichiarati liberi

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