Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 36-40

Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 36-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 36-40

Mitis legatio, ni praeferoces legatos Gallisque magis quam Romanis similes habuisset

Quibus postquam mandata ediderunt in concilio [Gallorum] datur responsum, etsi nouum nomen audiant Romanorum, tamen credere uiros fortes esse quorum auxilium a Clusinis in re trepida sit imploratum; et quoniam legatione aduersus se maluerint quam armis tueri socios, ne se quidem pacem quam illi adferant aspernari, si Gallis egentibus agro, quem latius possideant quam colant Clusini, partem finium concedant

aliter pacem impetrari non posse

Et responsum coram Romanis accipere uelle et si negetur ager, coram iisdem Romanis dimicaturos, ut nuntiare domum possent quantum Galli uirtute ceteros mortales praestarent
Il messaggio aveva un tono conciliante, ma era affidato ad ambasciatori arroganti e più simili a Galli che a Romani

Quando i Galli li ebbero uditi esporre le loro disposizioni in mezzo all'assemblea, risposero che, pur non avendo mai sentito prima il nome dei Romani, li ritenevano dei guerrieri valorosi perché gli abitanti di Chiusi ne avevano invocato l'intervento nel pieno dell'emergenza; e, siccome i Romani avevano scelto di difendere i propri alleati attraverso un'ambasceria piuttosto che con la spada, non avrebbero disprezzato la pace offerta dai legati, a patto che gli abitanti di Chiusi - i quali possedevano più terra di quanta non ne coltivassero effettivamente - ne avessero ceduta una parte ai Galli che invece ne avevano bisogno

Diversamente, la pace non poteva essere ottenuta

Aggiunsero che desideravano una risposta in presenza dei Romani perché, se veniva loro negata la concessione di appezzamenti di terra, avrebbero combattuto sotto gli occhi dei Romani stessi, affinché potessero tornare in patria a raccontare quanto i Galli fossero superiori per valore a tutti gli altri esseri umani
Quodnam id ius esset agrum a possessoribus petere aut minari arma Romanis quaerentibus et quid in Etruria rei Gallis esset, cum illi se in armis ius ferre et omnia fortium uirorum esse ferociter dicerent

accensis utrimque animis ad arma discurritur et proelium conseritur

Ibi iam urgentibus Romanam urbem fatis legati contra ius gentium arma capiunt

Nec id clam esse potuit cum ante signa Etruscorum tres nobilissimi fortissimique Romanae iuuentutis pugnarent; tantum eminebat peregrina uirtus

quin etiam Q Fabius, euectus extra aciem equo, ducem Gallorum, ferociter in ipsa signa Etruscorum incursantem, per latus transfixum hasta occidit; spoliaque eius legentem Galli agnouere, perque totam aciem Romanum legatum esse signum datum est
E quando i Romani chiesero che razza di diritto desse ai Galli l'arbitrio di esigere la terra dai legittimi proprietari ricorrendo alle minacce di guerra e che cosa avessero essi a che fare con l'Etruria, i Galli replicarono brutalmente che il loro diritto risiedeva nella spada e che tutto apparteneva a chi aveva la forza

Così, essendosi inaspriti gli animi da entrambe le parti, si passò alle armi e fu sùbito battaglia

E mentre ormai si avvicinava inesorabile il giorno fatale di Roma, gli ambasciatori presero le armi contravvenendo al diritto delle genti

La cosa non poté certo passare inosservata perché quei tre dei più nobili e coraggiosi giovani che Roma potesse vantare combattevano tra le prime linee etrusche: a tal punto rifulgeva il loro valore

Anzi, Quinto Fabio, spintosi al galoppo al di là delle prime linee, uccise trafiggendolo nel fianco con l'asta il comandante dei Galli che si stava lanciando impetuosamente contro le schiere etrusche; mentre Fabio raccoglieva le spoglie del nemico abbattuto, i Galli lo riconobbero e la notizia che si trattava dell'ambasciatore romano fece il giro delle truppe
Omissa inde in Clusinos ira, receptui canunt minantes Romanis

Erant qui extemplo Romam eundum censerent

uicere seniores, ut legati prius mitterentur questum iniurias postulatumque ut pro iure gentium uiolato Fabii dederentur

Legati Gallorum cum ea sicut erant mandata exposuissent, senatui nec factum placebat Fabiorum et ius postulare barbari uidebantur; sed ne id quod placebat decerneretur in tantae nobilitatis uiris ambitio obstabat

Itaque ne penes ipsos culpa esset cladis forte Gallico bello acceptae, cognitionem de postulatis Gallorum ad populum reiciunt; ubi tanto plus gratia atque opes ualuere ut quorum de poena agebatur tribuni militum consulari potestate in insequentem annum crearentur
Lasciata da parte l'ira contro gli abitanti di Chiusi, i Galli fecero suonare la ritirata, proferendo minacce all'indirizzo dei Romani

Alcuni erano dell'avviso di marciare immediatamente contro Roma

Ma prevalse la tesi dei più anziani di mandare prima degli ambasciatori a Roma col cómpito di protestare per le offese subite e di chiedere la consegna dei Fabii in quanto colpevoli di aver violato il diritto delle genti

Quando gli inviati dei Galli ebbero esposto le proprie rimostranze secondo le istruzioni ricevute, il senato si trovò a disapprovare la condotta dei Fabii e riteneva che le richieste avanzate dai barbari fossero un loro pieno diritto; ma il desiderio di non dispiacere a una famiglia di alta nobiltà impedì che si propendesse per la decisione che era parsa più opportuna

Così, per evitare che la responsabilità di un'eventuale sconfitta nella guerra contro i Galli potesse ricadere su loro stessi, i senatori affidarono al popolo il giudizio sulle richieste dei Galli; in quella sede l'influenza dei Fabi e le loro ricchezze ebbero tanto peso che gli uomini di cui si discuteva l'eventuale punizione vennero eletti tribuni militari con potere consolare per l'anno successivo

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Livio, Ab urbe condita: Prologo
Livio, Ab urbe condita: Prologo

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Prologo

Quo facto haud secus quam dignum erat infensi Galli bellum propalam minantes ad suos redeunt

Tribuni militum cum tribus Fabiis creati Q Sulpicius Longus Q Seruilius quartum P Cornelius Maluginensis

Cum tanta moles mali instaret

adeo occaecat animos fortuna, ubi uim suam ingruentem refringi non uolt, ciuitas quae aduersus Fidenatem ac Veientem hostem aliosque finitimos populos ultima experiens auxilia dictatorem multis tempestatibus dixisset, ea tunc inuisitato atque inaudito hoste ab Oceano terrarumque ultimis oris bellum ciente, nihil extraordinarii imperii aut auxilii quaesiuit

Tribuni quorum temeritate bellum contractum erat summae rerum praeerant, dilectumque nihilo accuratiorem quam ad media bella haberi solitus erat, extenuantes etiam famam belli, habebant
Di fronte a questo verdetto, i Galli, com'era più che giusto, tornarono inferociti dai compagni lanciando esplicite minacce di guerra

I tribuni militari eletti insieme ai tre Fabii furono Quinto Sulpicio Longo, Quinto Servilio (per la quarta volta) e Publio Cornelio Maluginense

Incombeva un disastro di enormi proporzioni

Eppure (a tal punto la Fortuna arriva ad accecare le menti dei mortali quando non vuole resistenze ai suoi violenti colpi), la città che contro Fidenati e Veienti e altri popoli dei dintorni in molte occasioni era ricorsa alla nomina di un dittatore, ora, contro un nemico mai visto e sentito nominare prima, che le muoveva guerra dagli angoli più remoti della terra e dall'Oceano, quella stessa città non si cercò un comandante, un aiuto eccezionale

Chi dirigeva le operazioni erano quei tribuni per la cui temerarietà si era arrivati allo scontro armato: alla leva militare essi dedicarono l'attenzione che di solito era tipica delle campagne di ordinaria amministrazione, arrivando addirittura a ridimensionare la gravità del conflitto
Interim Galli postquam accepere ultro honorem habitum uiolatoribus iuris humani elusamque legationem suam esse, flagrantes ira cuius impotens est gens, confestim signis conuolsis citato agmine iter ingrediuntur

Ad quorum praetereuntium raptim tumultum cum exterritae urbes ad arma concurrerent fugaque agrestium fieret, Romam se ire magno clamore significabant quacumque ibant, equis uirisque longe ac late fuso agmine immensum obtinentes loci

Sed antecedente fama nuntiisque Clusinorum, deinceps inde aliorum populorum, plurimum terroris Romam celeritas hostium tulit, quippe quibus uelut tumultuario exercitu raptim ducto aegre ad undecimum lapidem occursum est, qua flumen Allia, Crustuminis montibus praealto defluens alueo, haud multum infra uiam Tiberino amni miscetur
Nel frattempo i Galli, non appena saputo che agli uomini responsabili di aver violato il diritto delle genti erano toccate cariche pubbliche e che l'ambasceria inviata era stata presa in giro, infiammati dall'ira (sentimento che quel popolo non riesce assolutamente a dominare), tolsero immediatamente il campo e si misero in marcia a tappe forzate

Siccome la loro avanzata velocissima e tumultuante faceva correre alle armi le città atterrite e costringeva alla fuga gli abitanti delle campagne, dovunque passavano i Galli gridavano a gran voce che loro marciavano contro Roma: con i cavalli e con le schiere di fanti spiegate sul terreno arrivavano a coprire immensi spazi in lungo e in largo

Il celere sopraggiungere dei nemici, pur essendo stata preceduta da voci e dai messaggeri prima da Chiusi e poi dalle altre città, gettò Roma in un terrore così forte che ad affrontare i Galli venne inviato ad appena undici miglia dalla città - là dove il fiume Allia, scendendo dai monti Crustumini in una gola profonda, si getta nel Tevere poco sotto la strada - un esercito più o meno improvvisato e raccolto in fretta e furia

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Livio, Ab urbe condita: Libro 06, 41-42
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 06, 41-42

Iam omnia contra circaque hostium plena erant et nata in uanos tumultus gens truci cantu clamoribusque uariis horrendo cuncta compleuerant sono

Ibi tribuni militum non loco castris ante capto, non praemunito uallo quo receptus esset, non deorum saltem si non hominum memores, nec auspicato nec litato, instruunt aciem, diductam in cornua ne circumueniri multitudine hostium possent

nec tamen aequari frontes poterant cum extenuando infirmam et uix cohaerentem mediam aciem haberent

Paulum erat ab dextera editi loci quem subsidiariis repleri placuit, eaque res ut initium pauoris ac fugae, sic una salus fugientibus fuit
Ogni punto di quella zona straripava ormai di nemici che, essendo inclini per natura a schiamazzi inutili, con urla spaventose e versi di vario genere riempivano l'atmosfera di un orrendo frastuono

Lì i tribuni militari, senza aver scelto in anticipo uno spazio per il campo e senza aver allestito una trincea che potesse fungere da riparo in caso di ritirata, dimentichi, per non dire degli uomini, anche degli dèi, non essendosi minimamente preoccupati di trarre i dovuti auspici e di offrire sacrifici augurali, schierarono l'esercito scegliendo una disposizione ad ali molto allargate per evitare di essere circondati dalla massa dei nemici

Ciò nonostante il fronte non raggiunse l'estensione di quello avversario, mentre l'assottigliarsi dei ranghi nella parte centrale dell'esercito rese debole e poco compatto quel settore

Sulla destra c'era un piccolo rilievo del terreno: i Romani decisero di occuparlo con truppe di riserva, manovra questa che segnò l'inizio del panico e della fuga e insieme costituì l'unica salvezza per i fuggitivi
Nam Brennus regulus Gallorum in paucitate hostium artem maxime timens, ratus ad id captum superiorem locum ut ubi Galli cum acie legionum recta fronte concucurrissent subsidia in auersos transuersosque impetum darent, ad subsidiarios signa conuertit, si eos loco depulissit haud dubius facilem in aequo campi tantum superanti multitudine uictoriam fore

Adeo non fortuna modo sed ratio etiam cum barbaris stabat

In altera acie nihil simile Romanis, non apud duces, non apud milites erat

Pauor fugaque occupauerat animos et tanta omnium obliuio, ut multo maior pars Veios in hostium urbem, cum Tiberis arceret, quam recto itinere Romam ad coniuges ac liberos fugerent

Parumper subsidiarios tutatus est locus
Infatti Brenno, il capo dei Galli, temendo che l'esiguo manipolo di nemici mascherasse uno stratagemma, e pensando che i Romani avessero occupato quell'altura per permettere ai contingenti di riservisti di assalire il nemico al fianco e alle spalle non appena i Galli avessero attaccato frontalmente lo schieramento romano, operò una conversione e si diresse contro i riservisti; era sicuro che, se fosse riuscito a sloggiarli dalla posizione occupata, lo strapotere numerico dei suoi effettivi non avrebbe avuto difficoltà a ottenere la vittoria nello scontro in pianura

A tal punto dalla parte dei barbari c'era non solo la buona sorte ma anche la tattica militare

Dall'altra parte dello schieramento non c'era nulla che assomigliasse a un esercito romano, né a livello di comandanti né a livello di soldati

Il terrore e il pensiero della fuga uniti alla totale dimenticanza di ogni cosa ne avevano ormai pervaso gli animi a tal punto che la maggior parte delle truppe, non ostante l'ostacolo costituito dal Tevere, si precipitò a Veio (una città nemica) anziché fuggire direttamente a Roma tra le braccia di mogli e figli

L'altura protesse per un po' di tempo i riservisti

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Livio, Ab urbe condita: Libro 28; 10
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 28; 10

in reliqua acie simul est clamor proximis ab latere, ultimis ab tergo auditus, ignotum hostem prius paene quam uiderent, non modo non temptato certamine sed ne clamore quidem reddito integri intactique fugerunt; nec ulla caedes pugnantium fuit; terga caesa suomet ipsorum certamine in turba impedientium fugam

Circa ripam Tiberis quo armis abiectis totum sinistrum cornu defugit, magna strages facta est, multosque imperitos nandi aut inualidos, graues loricis aliisque tegminibus, hausere gurgites; maxima tamen pars incolumis Veios perfugit

unde non modo praesidii quicquam sed ne nuntius quidem cladis Romam est missus
Ma nel resto dello schieramento, non appena l'urlo dei Galli arrivò dal fianco alle orecchie dei più vicini e da dietro ai più lontani, i Romani, quasi ancor prima di vedere quel nemico mai incontrato in precedenza e senza non dico tentare la lotta, ma addirittura senza far eco al grido di battaglia, si diedero alla fuga integri di forze e illesi; in battaglia non ci furono vittime; gli uomini delle retrovie furono gli unici ad avere la peggio perché, nel disordine della fuga, si intralciarono reciprocamente combattendo gli uni contro gli altri

Sulla riva del Tevere, dove erano fuggiti quelli dell'ala sinistra dopo essersi liberati delle armi, ci fu un immenso massacro: moltissimi, non sapendo nuotare o stremati, gravati dal peso delle corazze e dal resto dell'armamento, annegarono nella corrente; il grosso dell'esercito riuscì invece a riparare sano e salvo a Veio

E di lì non solo non furono inviati rinforzi a Roma, ma nemmeno la notizia della disfatta
Ab dextro cornu quod procul a flumine et magis sub monte steterat, Romam omnes petiere et ne clausis quidem portis urbis in arcem confugerunt

Gallos quoque uelut obstupefactos miraculum uictoriae tam repentinae tenuit, et ipsi pauore defixi primum steterunt, uelut ignari quid accidisset; deinde insidias uereri; postremo caesorum spolia legere armorumque cumulos, ut mos eis est, coaceruare

tum demum postquam nihil usquam hostile cernebatur uiam ingressi, haud multo ante solis occasum ad urbem Romam perueniunt

Vbi cum praegressi equites non portas clausas, non stationem pro portis excubare, non armatos esse in muris rettulissent, aliud priori simile miraculum eos sustinuit
Gli uomini schierati all'ala destra, che si era mantenuta lontana dal fiume in un punto più vicino alle pendici del monte, si diressero in massa a Roma e lì, senza nemmeno preoccuparsi di richiudere le porte, ripararono nella cittadella

Ma anche i Galli, attoniti di fronte a quella vittoria miracolosa ottenuta in maniera così repentina, rimasero sulle prime immobili per lo sbigottimento, come se non riuscissero a capacitarsi di quanto era successo; poi cominciarono a temere l'eventualità di un'imboscata; e infine si misero a spogliare i caduti, accatastando, com'era loro abitudine, le armi che trovavano

Alla fine, dopo aver rilevato che negli immediati dintorni non c'erano tracce del nemico, si misero in marcia e poco prima del tramonto raggiunsero la periferia di Roma

E quando i cavalieri inviati in avanscoperta tornarono dicendo che le porte non erano chiuse, che davanti alle porte non stazionavano sentinelle e che le mura non erano difese da armati, un nuovo stupore simile a quello provato poco prima li trattenne

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noctemque ueriti et ignotae situm urbis, inter Romam atque Anienem consedere, exploratoribus missis circa moenia aliasque portas quaenam hostibus in perdita re consilia essent

Romani cum pars maior ex acie Veios petisset quam Romam, nemo superesse quemquam praeter eos qui Romam refugerant crederet, complorati omnes pariter uiui mortuique totam prope urbem lamentis impleuerunt

priuatos deinde luctus stupefecit publicus pauor, postquam hostes adesse nuntiatum est; mox ululatus cantusque dissonos uagantibus circa moenia turmatim barbaris audiebant

omne inde tempus suspensos ita tenuit animos usque ad lucem alteram ut identidem iam in urbem futurus uideretur impetus
Temendo la notte e la zona in cui si trovava quella città sconosciuta, si attestarono tra Roma e l'Aniene e di lì inviarono lungo le mura e le altre porte dei distaccamenti di ricognizione con il còmpito di scoprire quali fossero i piani del nemico in quella situazione ormai disperata

Siccome tra i Romani quelli che dal campo di battaglia erano riparati a Veio erano ben più numerosi di quelli rientrati a Roma, in città si pensava che gli unici superstiti fossero proprio quelli che si erano rifugiati a Roma e per questo tutti piansero ugualmente tanto i vivi quanto i morti, riempiendo di lamenti quasi tutta la città

Quando poi arrivò la notizia che i nemici erano alle porte, il pericolo comune fece passare in secondo piano il dolore dei lutti privati; e già si potevano sentire le urla e i canti stonati dei barbari che vagavano a torme lungo le mura

Per tutto il tempo intercorso da quel momento al sorgere del giorno successivo la gente all'interno rimase in uno stato di ansia tale da attendersi più volte imminente l'attacco nemico

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