Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 26-30, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 26-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 26-30
poscentes ut confestim inde ad castra hostium duceret -- et in conspectu erant, posita in plano -- nihil poenae recusabant ni ea ante noctem expugnassent

Conlaudatos corpora curare paratosque esse quarta uigilia iubet

Et hostes nocturnam fugam ex tumulo Romanorum ut ab ea uia quae ferebat Verruginem excluderent, fuere obuii; proeliumque ante lucem -- sed luna pernox erat -- commissum est

[Et] haud incertius diurno proelium fuit; sed clamor Verruginem perlatus, cum castra Romana crederent oppugnari, tantum iniecit pauoris ut nequiquam retinente atque obsecrante Aemilio Tusculum palati fugerent

Inde fama Romam perlata est Postumium exercitumque occisum
Chiedendo poi con insistenza di essere guidati all'attacco dell'accampamento nemico (visibile da quel punto perché piazzato nella piana sottostante la collina), dichiararono che avrebbero accettato qualsiasi tipo di castigo se non fossero riusciti a conquistarlo prima del tramonto

Dopo averli elogiati, Postumio li invitò a riposare e a farsi trovare pronti prima dell'alba

Anche i nemici, per impedire che durante la notte i Romani - dall'altura su cui si erano attestati - tentassero la fuga per la strada diretta a Verrugine, andarono loro incontro e la battaglia ebbe luogo prima del sorgere del sole (ma quella notte c'era la luna piena e così si poté combattere come se fosse stato di giorno)

Il frastuono della battaglia arrivato fino a Verrugine indusse i soldati a pensare che l'accampamento romano fosse in balìa di un attacco nemico: ne seguì un tale scompiglio che gli uomini, non ostante i reiterati tentativi di Emilio per mantenerne il controllo, fuggirono disperdendosi in direzione di Tuscolo

Di lì fu portata a Roma la notizia che Postumio e il suo esercito erano stati massacrati
Qui ubi prima lux metum insidiarum effuse sequentibus sustulit, cum perequitasset aciem promissa repetens, tantum iniecit ardoris ut non ultra sustinuerint impetum Aequi

Caedes inde fugientium, qualis ubi ira magis quam uirtute res geritur, ad perniciem hostium facta est; tristemque ab Tusculo nuntium nequiquam exterrita ciuitate litterae a Postumio laureatae sequuntur, uictoriam populi Romani esse, Aequorum exer citum deletum

Tribunorum plebis actiones quia nondum inuenerant finem, et plebs continuare latoribus legis tribunatum et patres reficere intercessores legis adnisi sunt
E invece Postumio, quando le prime luci del giorno ebbero dissipato ogni dubbio circa eventuali imboscate nel caso di un inseguimento disordinato, attraversando a cavallo le linee dei suoi e ricordando loro la promessa fatta, infuse una tale carica che gli Equi non riuscirono a reggere più a lungo l'attacco

L'uccisione dei nemici in fuga - come sempre succede quando si combatte spinti dall'ira più che dal valor militare - si concluse con uno sterminio; alla triste notizia che da Tuscolo aveva raggiunto Roma precipitandone gli abitanti in un inutile panico fece séguito una lettera ornata d'oro inviata da Postumio nella quale il generale annunciava la vittoria del popolo romano e la disfatta dell'esercito degli Equi

Siccome la proposta avanzata dai tribuni della plebe non aveva ancora avuto una realizzazione pratica, i plebei fecero di tutto per prolungare la magistratura ai sostenitori di quell'iniziativa, mentre i patrizi si adoperarono per rieleggere quegli stessi uomini che avevano cercato di ostacolarla
sed plus suis comitiis plebs ualuit; quem dolorem ulti patres sunt senatus consulto facto ut consules, inuisus plebi magistratus, crearentur

Annum post quintum decimum creati consules L Lucretius Flauus Ser Sulpicius Camerinus

Principio huius anni ferociter quia nemo ex collegio intercessurus erat coortis ad perferendam legem tribunis plebis nec segnius ob id ipsum consulibus resistentibus omnique ciuitate in unam eam curam conuersa, Vitelliam coloniam Romanam in suo agro Aequi expugnant

Colonorum pars maxima incolumis, quia nocte proditione oppidum captum liberam per auersa urbis fugam dederat, Romam perfugere

L Lucretio consuli ea prouincia euenit
Ma la plebe nei suoi comizi ebbe la meglio, cosa dolorosa, di cui i patrizi si vendicarono súbito facendo votare in senato un decreto che prevedeva l'elezione di consoli, cioè una magistratura da sempre in odio ai plebei

Così, dopo un intermezzo di quindici anni vennero eletti consoli Lucio Lucrezio Flavo e Servio Sulpicio Camerino

All'inizio dell'anno, mentre i tribuni della plebe davano battaglia tutti insieme con estremo accanimento per far passare la legge (approfittando del fatto che nessun membro del loro collegio era intenzionato a opporsi con l'esercizio del veto), per lo stesso motivo i consoli dimostravano non minore accanimento nell'opporsi al passaggio della proposta; così, mentre l'intera città era concentrata su quell'unica questione, gli Equi si impadronirono della colonia romana di Vitellia, situata nel loro territorio

La maggior parte dei coloni riparò sana e salva a Roma grazie al fatto che, essendo stata la fortezza presa durante la notte per tradimento, riuscirono a fuggire dalla parte opposta dell'abitato

Il comando delle operazioni toccò al console Lucio Lucrezio che partì a capo di un esercito e sbaragliò i nemici in battaglia

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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45
Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 16 - 45

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 16 - 45

Is cum exercitu profectus acie hostes uicit, uictorque Romam ad maius aliquanto certamen redit

Dies dicta erat tribunis plebis biennii superioris A Verginio et Q Pomponio, quos defendi patrum consensu ad fidem senatus pertinebat; neque enim eos aut uitae ullo crimine alio aut gesti magistratus quisquam arguebat praeterquam quod gratificantes patribus rogationi tribuniciae intercessissent

Vicit tamen gratiam senatus plebis ira et pessimo exemplo innoxii denis milibus grauis aeris condemnati sunt

Id aegre passi patres

Camillus palam sceleris plebem arguere quae iam in suos uersa non intellegeret se prauo iudicio de tribunis intercessionem sustulisse, intercessione sublata tribuniciam potestatem euertisse
Quindi rientrò da vincitore a Roma, dove lo attendeva uno scontro ben più grave

Aulo Verginio e Quinto Pomponio, tribuni della plebe dell'anno precedente, erano stati citati in giudizio e per volontà unanime dei patrizi era per il senato motivo di onore accollarsene la difesa; infatti contro i due ex-magistrati non c'era alcuna altra imputazione relativa a reati commessi nella vita privata o durante l'esercizio delle proprie funzioni, se non quella di aver esercitato il proprio diritto di veto contro la legge proposta dai tribuni e di averlo fatto solo per compiacere i senatori

Ciò non ostante il risentimento della plebe ebbe la meglio sull'influenza politica dei senatori e così, con un pessimo precedente per gli anni a venire, degli innocenti vennero condannati al pagamento di un'ammenda di duemila assi

Il verdetto suscitò l'indignazione dei senatori

Camillo accusava apertamente la plebe di aver commesso un delitto perché, essendosi ormai rivolta contro i suoi stessi rappresentanti, non capiva di aver soppresso, grazie a quella sentenza vergognosa contro i tribuni, il diritto di veto, e con la soppressione del diritto di veto di aver abbattuto il potere tribunizio
nam quod illi sperarent effrenatam licentiam eius magistratus patres laturos, falli eos

Si tribunicia uis tribunicio auxilio repelli nequeat, aliud telum patres inuenturos esse; consulesque increpabat quod fide publica decipi tribunos eos taciti tulissent qui senatus auctoritatem secuti essent

Haec propalam contionabundus in dies magis augebat iras hominum

Senatum uero incitare aduersus legem haud desistebat: ne aliter descenderent in forum, cum dies ferendae legis uenisset, quam ut qui meminissent sibi pro aris focisque et deum templis ac solo in quo nati essent dimicandum fore
Perché se pensavano che i senatori avrebbero tollerato gli eccessi sfrenati di quella magistratura, si sbagliavano di grosso

Se la prepotenza dei tribuni non la si poteva impedire facendo ricorso all'intervento dei tribuni stessi, allora i senatori avrebbero escogitato qualche altro sistema per combatterla; Camillo rimproverava anche i consoli di aver accettato senza protestare il fatto che fosse venuta meno la protezione a quei tribuni che si erano attenuti all'autorità del Senato

Continuando a esprimere questi concetti in pubblico, Camillo incrementava ogni giorno di più l'esasperazione della gente

Quanto poi al Senato, non cessava di incitarne i componenti a opporsi alla legge: nel giorno destinato alla votazione di quella proposta, discendessero nel foro con un solo pensiero, e cioè ricordandosi di dover combattere per gli altari, i focolari, i templi degli dèi e la terra nella quale erano nati

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Prologo

Nam quod ad se priuatim attineat, si suae gloriae sibi inter dimicationem patriae meminisse sit fas, sibi amplum quoque esse urbem ab se captam frequentari, cottidie se frui monumento gloriae suae et ante oculos habere urbem latam in triumpho suo, insistere omnes uestigiis laudum suarum

sed nefas ducere desertam ac relictam ab dis immortalibus incoli urbem, et in captiuo solo habitare populum Romanum et uictrice patria uictam mutari

His adhortationibus principes concitati [patres] senes iuuenesque cum ferretur lex agmine facto in forum uenerunt, dissipatique per tribus, suos quisque tribules prensantes, orare cum lacrimis coepere ne eam patriam pro qua fortissime felicissimeque ipsi ac patres eorum dimicassent desererent
Per ciò che invece lo riguardava personalmente - se mai era lecito chiamare in causa la propria gloria nel momento in cui si affrontava una battaglia per la patria -, sarebbe stato motivo di onore per lui vedere piena di gente la città che aveva conquistata, godere ogni giorno ciò che testimoniava la sua gloria, avere davanti agli occhi una città la cui immagine era stata portata durante il suo trionfo, e rendersi conto che tutti camminavano sui luoghi che recavano le tracce delle sue imprese illustri

Ma riteneva un delitto che si andasse a abitare una città abbandonata dagli dèi immortali, che il popolo romano si scegliesse per dimora una terra conquistata, dopo aver accettato di sostituire alla patria vittoriosa una vinta

Trascinati da queste esortazioni, i senatori più autorevoli, giovani e vecchi, quando la legge venne sottoposta al voto, si presentarono inquadrati nel foro e, dopo essersi divisi tra le singole tribù di appartenenza, ciascuno di essi cominciò ad abbracciare i propri compagni di tribù, a scongiurarli piangendo di non abbandonare la patria per la quale loro e i loro padri avevano combattuto così strenuamente e con tanto successo
Capitolium, aedem Vestae, cetera circa templa deorum ostentantes; ne exsulem, extorrem populum Romanum ab solo patrio ac dis penatibus in hostium urbem agerent, eoque rem adducerent ut melius fuerit non capi Veios, ne Roma desereretur

Quia non ui agebant sed precibus, et inter preces multa deorum mentio erat, religiosum parti maximae fuit, et legem una plures tribus antiquarunt quam iusserunt

Adeoque ea uictoria laeta patribus fuit, ut postero die referentibus consulibus senatus consultum fieret ut agri Veientani septena iugera plebi diuiderentur, nec patribus familiae tantum, sed ut omnium in domo liberorum capitum ratio haberetur, uellentque in eam spem liberos tollere

Mostravano il Campidoglio, il santuario di Vesta e tutti gli altri templi degli dèi lì intorno, pregandoli di non permettere che il popolo romano diventasse un esule ramingo costretto a vivere in una città di nemici lontano dalla terra natale e dagli dèi penati; li imploravano di non spingere le cose al punto tale da rimpiangere la caduta di Veio, se costava lo spopolamento di Roma

Siccome i patrizi non facevano ricorso alla coercizione ma si limitavano alle suppliche infarcendole di accenni agli dèi, la maggioranza risentì dello scrupolo religioso e così la legge venne respinta per un solo voto di differenza tra le tribù che ne caldeggiavano il passaggio e quelle che invece la osteggiavano

Quella vittoria fu così gradita ai patrizi che il giorno dopo, su proposta dei consoli, il Se nato varò un decreto in base al quale a ciascun plebeo venivano assegnati sette iugeri della terra di Veio, e non solo ai capifamiglia, ma calcolando anche tutti gli uomini liberi di ogni casa, in modo da accrescere il desiderio di allevare figli

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