è stato eretto un alto basamento intorno al quale si lavora a sistemare le impalcature. L'empia costruzione che mira a toccare il cielo, simbolo nell'esegesi della superbia della stoltezza dell'uomo, è ancora un innocuo troncone in grado di assumere una forma e una destinazione d'uso qualsiasi. Ai suoi piedi, un cantiere edilizio di fine 500, con uomini in tenuta da lavoro e donne e fanciulli adibiti a mansioni accessorie.
A destra si impasta la malta che viene passata in larghi vassoi di legno portati a spalla, agli operai sulle impalcature; il vecchio che filtra la sabbia, il fanciullo che versa l'acqua dal catino e l'uomo che rimesta il composto dividono equamente compiti e responsabilità.
A sinistra, uno scalpellino sbozza un blocco di pietra; un giovane aiutante impugna strumenti da passargli alla bisogna. La brocca e il bicchiere di vino posate a terra serviranno a lenire l'arsura provocata dalla fatica. Poco oltre ci si industria a scegliere, caricare e trasportare mattoni. I lavori avvengono sotto il controllo di un vigilante a cavallo. Sul fondo, dove l'occhio è condotto dal forte scorcio dell'edificio e dalle diagonali scure segnate dalle impalcature, sorge la città che, secondo il dettato biblico, gli uomini stanno costruendo assieme alla torre: città apparentemente esotica in cui, sotto improbabili pinnacoli, emergono rassicuranti strutture e palladiane.
Dalla città avanza, seguito da uno stuolo di soldati, un personaggio abbigliato all'orientale e munito di lance e spada: si tratta presumibilmente, di Mimrod il cacciatore, il nipote di Cam, fondatore di un impero nella piana di Sennaar, a cui la tradizione patristica attribuisce l'idea nefasta dell'erezione della torre;
ma, sin nell'atteggiamento, con la mano a indice teso che chiede spiegazioni, somiglia a un nobile committente che si reca a visionare lo stato di avanzamento dei lavori. L'attività di costruzione procede con alacrità, efficiente organizzata: nulla lascia presagire gli sviluppi futuri, ma l'arrivo della punizione Divina è sottointeso, e l'immagine può essere interpretata come un monitor sull'inesorabile vanitas delle azioni umane