[129] Tum Crassus "atqui vide" inquit "in artificio perquam tenui et levi quanto plus adhibeatur diligentiae, quam in hac re, is quam constat esse maximam: saepe enim soleo audire Roscium, cum ita dicat, se adhuc reperire discipulum, quem quidem probaret, potuisse neminem, non quo non essent quidam probabiles, sed quia, si aliquid modo esset viti, id ferre ipse non posset; nihil est enim tam insigne nec tam ad diuturnitatem memoriae stabile quam id, in quo aliquid offenderis | [129] Allora Crasso: Eppure guarda quanto siamo più severi nei confronti di unarte molto frivola e leggera che in questarte che tutti riconosciamo essere importantissima: spesso infatti ho sentito dire a Roscio che lui non ha ancora potuto trovare un discepolo che meri tass veramente la sua approvazione, e questo non perché non ci siano dei buoni attori, ma perché, solo che ci sia in essi un piccolo difetto, egli non riesce a tollerano; nulla infatti colpisce tanto la nostra attenzione, nulla simprime talmente nella nostra memoria quanto quella cosa in cui tu abbia riscontrato qualche errore |
[130] Itaque ut ad hanc similitudinem huius histrionis oratoriam laudem dirigamus, videtisne quam nihil ab eo nisi perfecte, nihil nisi cum summa venustate fiat, nisi ita, ut deceat et uti omnis moveat atque delectet | [130] Quando lodiamo un oratore, sarebbe bene che seguissimo i criteri di questo attore, non vedete che egli non fa nulla che non sia perfetto, nulla che non abbia una incomparabile grazia e il suo giusto decoro, non vedete che riesce a interessare e a dilettare tutti gli spettatori |
Itaque hoc iam diu est consecutus, ut, in quo quisque artificio excelleret, is in suo genere Roscius diceretur | Pertanto già da tempo egli ha ottenuto questonore, che chiunque in unarte raggiunga la perfezione, venga chiamato nella sua arte un Roscio |
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Cicerone, De Oratore: Libro 03; 11-15
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 03; 11-15
Hanc ego absolutionem perfectionemque in oratore desiderans, a qua ipse longe absum, facio impudenter; mihi enim volo ignosci, ceteris ipse non ignosco; nam qui non potest, qui vitiose facit, quem denique non decet, hunc, ut Apollonius iubebat, ad id, quod facere possit, detrudendum puto | Ma io ho un bel coraggio nel pretendere da un oratore quella perfezione assoluta, dalla quale io stesso sono ben lontano; desidero che gli altri siano indulgenti con me, ma io non lo sono con gli altri; tanto è vero che, come diceva Apollonio, penso che debba essere indirizzato al mestiere, per il quale mostra attitudine, chi è privo di capacità, chi commette degli errori, chi insomma non è adatto alla nostra arte |
[XXIX] [131] "Num tu igitur" inquit Sulpicius "me aut hunc Cottam ius civile aut rem militarem iubes discere | [XXIX] [131] Vuoi dunque, disse allora Sulpicio, che io e questo Cotta ci diamo allo studio del diritto civile o dellarte militare |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 06-10
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 06-10
Nam quis ad ista summa atque in omni genere perfecta potest pervenire | Chi potrebbe, infatti, raggiungere questo sommo grado di perfezione |
Tum ille "ego vero," inquit "quod in vobis egregiam quandam ac praeclaram indolem ad dicendum esse cognovi, idcirco haec eui omnia; nec magis ad eos deterrendos, qui non possent, quam ad vos, qui possetis, exacuendos accommodavi orationem meam; et quamquam in utroque vestrum summum esse ingenium studiumque perspexi, tamen haec, quae sunt in specie posita, de quibus plura fortasse dixi, quam solent Graeci dicere, in te, Sulpici, divina sunt; [132] ego enim neminem nec motu corporis neque ipso habitu atque forma aptiorem nec voce pleniorem aut suaviorem mihi videor audisse; quae quibus a natura minora data sunt, tamen illud adsequi possunt, ut eis, quae habent, modice et scienter utantur et ut ne dedeceat | E Crasso di rimando: In verità, vi ho detto tutte queste cose, perché so che voi avete una straordinaria disposizione per leloquenza, e ho indirizzato tutto il mio discorso non tanto a dissuadere coloro che sono privi di attitudine, quanto a spronare voi che siete così ben disposti; e sebbene ho visto in entrambi vi è un eccellente ingegno e un immenso amore per leloquenza, debbo tuttavia riconoscere che quelle doti che potremmo chiamare esteriori, sulle quali io mi sono forse dilungato più di quanto sogliano fare i Greci, in te, o Sulpicio, sono davvero eccezionali; [132] non credo infatti di aver mai visto qualcuno meglio dotato per ciò che riguarda larte del gestire o lo stesso portamento o laspetto, qualcuno che avesse una voce più sonora o più gradevole;e le doti sono date in misura minore ad alcuni,ma questi tuttavia possono essere in grado di impiegare le doti che hanno con discrezione e intelligenza e in un modo che non offende il decoro |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 11-15
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 11-15
Id enim est maxime vitandum et de hoc uno minime est facile praecipere non mihi modo, qui sicut unus paterfamilias his de rebus loquor, sed etiam ipsi illi Roscio, quem saepe audio dicere caput esse artis decere, quod tamen unum id esse, quod tradi arte non possit | Bisogna infatti rispettare sempre il decoro, e questa è la cosa su cui è più difficile dare precetti, non solo per me, che sono qui a parlarvi come un qualunque padre di famiglia, ma anche per lo stesso Roscio; ho spesso sentito ripetere da costui che il fondamento dellarte è il decoro, che purtroppoè la sola cosa che non può essere insegnata dallarte |
[133] Sed, si placet, sermonem alio transferamus et nostro more aliquando, non rhetorico, loquamur | [133] Ma, se non vi dispiace, passiamo ad altro, e parliamo finalmente alla nostra maniera, liberi dalle regole della retorica |
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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 61-65
"Minime vero," inquit Cotta; "nunc enim te iam exoremus necesse est, quoniam retines nos in hoc studio nec ad aliam dimittis artem, ut nobis explices, quicquid est istud, quod tu in dicendo potes; - neque enim sumus nimis avidi; ista tua mediocri eloquentia contenti sumus - idque ex te quaerimus, (ut ne plus nos adsequamur, quam quantulum tu in dicendo adsecutus es), quoniam, quae a natura expetenda sunt, ea dicis non nimis deesse nobis, quid praeterea esse adsumendum putes | Niente affatto, disse Cotta; dal momento che tu non ci cacci via dallo studio delleloquenza, né ci esorti a seguire unaltra professione, noi siamo costretti a pregarti cli spiegarci in che cosa consista codesta tua eccellenza nellarte del dire, qualunque essa sia;-noi non chiediamo troppo, ma ci accontentiamo del modesto livello che tu hai raggiunto- siccome non vogliamo superare nellarte del dire il grado di perf ezione che tu hai raggiunto, ti poniamo questa domanda: tu riconosci che noi siamo sufficientemente forniti di quelle doti, che solo la natura può dare; orbene, che cosa, a tuo parere, dobbiamo aggiungervi |