Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12, pag 6

Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, capitoli 10-12
III An vero citharoedi non simul et memoriae et sono vocis et plurimis flexibus serviunt, cum interim alios nervos dextra percurrunt, alios laeva trahunt continent praebent, ne pes quidem otiosus certam legem temporum servat - et haec pariter omnia

Quid

IV nos agendi subita necessitate deprensi nonne alia dicimus alia providemus, cum pariter inventio rerum, electio verborum, compositio gestus pronuntiatio vultus motus desiderentur

Quae si velut sub uno conatu tam diversa parent simul, cur non pluribus curis horas partiamur cum praesertim reficiat animos ac reparet varietas ipsa, contraque sit aliquanto difficilius in labore uno perseverare

Ideo et stilus lectione requiescit et ipsius lectionis taedium vicibus levatur
III Ma forse i suonatori di cetra non si dedicano contemporaneamente sia alla memoria sia al suono della voce sia a diverse modulazioni, mentre con la destra toccano intanto alcune corde, con la sinistra tirano trattengono sfiorano altre, neppure il piede segue fermo la norma fissata dei ritmi- e tutte queste cose simultaneamente

E che

IV Presi da un'improvvisa necessità di agire forse non diciamo alcune cose ne svolgiamo altre, mentre contemporaneamente sono scelti la ricerca dei concetti, la scelta delle parole, il comportamento il gesto la pronuncia l'espressione le movenze

Le quali se tanto diverse obbediscono contemporaneamente come sotto un solo sforzo, perché non dividiamo le ore in più attività poiché innanzitutto rinvigorisce gli animi e la varietà stessa risolleva, e invece sia alquanto più difficile perseverare in una sola attività

Perciò sia lo stilo riposa durante la lettura sia la noia è eliminata con lezioni alternate
V quamlibet multa egerimus, quodam tamen modo recentes sumus ad id quod incipimus; quis non optundi possit si per totum diem cuiuscumque artis unum magistrum ferat

Mutatione recreabitur sicut in cibis, quorum diversitate reficitur stomachus et pluribus minore fastidio alitur

VI Aut dicant isti mihi quae sit alia ratio discendi; grammatico soli deserviamus, deinde geometrae tantum, omittamus interim quod didicimus

mox transeamus ad musicum, excidant priora

Et cum Latinis studebimus litteris, non respiciamus ad Graecas

Et, ut semel finiam, nihil faciamus nisi novissimum

VII cur non idem suademus agricolis, ne arva simul et vineta et oleas et arbustum colant

ne pratis et pecoribus et hortis et alvearibus avibusque accommodent curam
V per quanto avremo fatto molte cose, tuttavia siamo in un certo modo freschi rispetto a ciò che iniziamo; chi non può essere fiaccato se per tutto il giorno sopporterà un solo maestro di qualunque disciplina

Col cambiamento sarà rinvigorito come nei cibi, dalla cui varietà è rinforzato lo stomaco e con molti è nutrito con minore disgusto

VI O costoro mi dicano quale altro sia il metodo d'apprendere; ci dedichiamo al solo grammatico, poi solo al geometra, tralasciamo intanto quello che abbiamo imparato

Poi passiamo al musicista, decadono le nozioni antecedenti

E quando ci applicheremo alle lettere latine, non ci volgeremo alle greche

E, affinché ormai io concluda, non facciamo nulla se non l'ultimissima

VII Perché non consigliamo la stessa cosa ai contadini, affinché non coltivino contemporaneamente campi e vigneti e ulivi e arbusto

Affinché non dedichino cura ai prati e alle greggi e ai giardini e agli alveari e ai volatili
cur ipsi aliquid forensibus negotiis, aliquid desideriis amicorum, aliquid rationibus domesticis, aliquid curae corporis, nonnihil voluptatibus cotidie damus

Quarum nos una res quaelibet nihil intermittentis fatigaret: adeo facilius est multa facere quam diu

VIII Illud quidem minime verendum est, ne laborem studiorum pueri difficilius tolerent; neque enim ulla aetas minus fatigatur; Mirum sit forsitan, sed experimentis deprehendas; nam et dociliora sunt ingenia priusquam obduruerunt

IX (id vel hoc argumento patet, quod intra biennium quam verba recte formare potuerunt quamvis nullo instante omnia fere locuntur: at noviciis nostris per quot annos sermo Latinus repugnat

Magis scias si quem iam robustum instituere litteris coeperis non sine causa dici paidomatheis eos qui in sua quidque arte optime faciant)
Perché noi stessi oggigiorno diamo qualcosa agli affari forensi, qualcosa ai desideri degli amici, qualcosa alle attività domestiche, qualcosa alla cura del corpo, alquanto agli svaghi

Una qualsivoglia cosa di queste ci stancherebbe senza nulla d'intermittente: tanto più facile è fare molte cose che a lungo

VIII Non è da temere affatto questo, che i fanciulli sopportino più difficilmente la fatica degli studi; infatti nessuna età è affaticata meno; sia pure strano, ma comprendi dagli esperimenti; infatti le menti sono anche più malleabili prima che si saranno indurite

IX (ciò si dimostra anche con quest'argomento, che entro un biennio da quando riuscirono a formulare correttamente le parole dicono quasi tutto anche se non in un istante: ma ai nostri nuovi schiavi per quanti anni ripugna il linguaggio latino

Sappi ancor più se comincerai ad istruire nelle lettere qualcuno già maturo che non senza motivo sono detti istruiti da fanciulli quelli che fanno ottimamente qualcosa nella propria attività

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 8, 1-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 8, 1-12

X et patientior est laboris natura pueris quam iuvenibus; videlicet ut corpora infantium nec casus, quo in terram totiens deferuntur, tam graviter adfligit nec illa per manus et genua reptatio nec post breve tempus continui lusus et totius diei discursus, quia pondus illis abest nec se ipsi gravant: sic animi quoque, credo quia minore conatu moventur nec suo nisu studiis insistunt sed formandos se tantummodo praestant, non similiter fatigantur

XI Praeterea secundum aliam aetatis illius facilitatem velut simplicius docentis secuntur nec quae iam egerint metiuntur: abest illis adhuc etiam laboris iudicium; porro, ut frequenter experti sumus, minus adficit sensus fatigatio quam cogitatio
X e la natura è più paziente nei fanciulli che nei giovani; certamente come né la caduta, da cui sono trascinati tante volte per terra, danneggia tanto gravemente i corpi dei bambini, né quell'andare carponi con mani e ginocchia né dopo breve tempo i continui giochi e la corsa di tutto il giorno, perché a loro manca il peso né s'appesantiscono essi stessi: così anche lementi, credo perché sono mosse da un minore sforzo né s'applicano agli studi per propria iniziativa ma si offrono solo ad essere plasmate, non sono ugualmente affaticate

XI Inoltre secondo un'altra risorsa di quell'età seguono quasi più facilmente chi insegna e non valutano le cose che hanno già fatto: a loro manca persino la valutazione del lavoro; inoltre, come spesso abbiamo sperimentato, stanca meno i sensi la fatica che il pensiero
XII Sed ne temporis quidem umquam plus erit, quia his aetatibus omnis in audiendo profectus est; cum ad stilum secedet, cum generabit ipse aliquid atque componet, tum inchoare haec studia vel non vacabit vel non libebit

XIII Ergo cum grammaticus totum diem occupare non possit, nec debeat ne discentis animum taedio avertat, quibus potius studiis haec temporum velut subsiciva donabimus

XIV Nam nec ego consumi studentem in his artibus volo: nec moduletur aut musicis notis cantica excipiat, nec utique ad minutissima usque geometriae opera descendat; non comoedum in pronuntiando nec saltatorem in gestu facio; quae si omnia exigerem, suppeditabat tamen tempus; longa est enim quae discit aetas, et ego non de tardis ingeniis loquor

XV Denique cur in his omnibus quae discenda oratori futuro puto eminuit Plato
XII Ma nemmeno ci sarà mai più tempo, perché a queste età ogni vantaggio è nell'ascoltare; passando allo stilo, quando egli stesso produrrà e comporrà qualcosa, allora non sarà libero o non gradirà cominciare questi studi

XIII Quindi poiché il grammatico non può occupare tutto il giorno, né deve affinché non distolga la mente dell'allievo con la noia, a quali studi piuttosto doneremo questi quasi me ritagli dei tempi

XIV Infatti non voglio che lo studente sia consumato in queste attività: né canti o trascriva i canti con note musicali, né scenda comunque fino ai più piccoli dettagli della geometria; non formo un commediante nel parlare né un danzatore nel gesto; se pretendessi tutte queste cose, bastava tuttavia il tempo; infatti è lunga l'età che apprende, e non parlo di ingegni lenti

XV Infine perché in tutte queste cose che credo sono da insegnare al futuro oratore spiccò Platone

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Quintiliano, Institutio oratoria: 10; 01, 93-95

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte 10; 01, 93-95

Qui non contentus disciplinis quas praestare poterant Athenae, non Pythagoreorum, ad quos in Italiam navigaverat, Aegypti quoque sacerdotes adiit atque eorum arcana perdidicit

XVI Difficultatis patrocinia praeteximus segnitiae; neque enim nobis operis amor est, nec quia sit honesta ac rerum pulcherrima eloquentia petitur ipsa, sed ad vilem usum et sordidum lucrum accingimur

XVII Dicant sine his in foro multi et adquirant, dum sit locupletior aliquis sordidae mercis negotiator et plus voci suae debeat praeco; ne velim quidem lectorem dari mihi quid studia referant computaturum
Il quale non contento delle discipline che poteva offrire Atene, né dei Pitagorici, per i quali aveva navigato verso l'Italia, raggiunse anche i sacerdoti dell'Egitto ed apprese i loro segreti

XVI Forniamo i pretesti della difficoltà alla pigrizia; infatti non c'è per noi amore del lavoro, né perché l'eloquenza sia onesta e sia considerata essa stessa la più bella delle attività, ma siamo predisposti per un vile uso e un banale guadagno

XVII Parlino molti nel foro senza queste cognizioni e guadagnino, purché un qualche mercante di spregevole merce sia più ricco e un banditore debba più alla sua voce; non vorrei certo che mi sia dato un lettore che calcolerà cosa procureranno gli studi
XVIII Qui vero imaginem ipsam eloquentiae divina quadam mente conceperit, quique illam, ut ait non ignobilis tragicus, "reginam rerum orationem" ponet ante oculos, fructumque non ex stipe advocationum sed ex animo suo et contemplatione ac scientia petet perpetuum illum nec fortunae subiectum, facile persuadebit sibi ut tempora, quae spectaculis campo tesseris, otiosis denique sermonibus, ne dicam somno et conviviorum mora conteruntur, geometrae potius ac musico inpendat, quanto plus delectationis habiturus quam ex illis ineruditis voluptatibus; dedit enim hoc providentia hominibus munus, ut honesta magis iuvarent

XIX Sed nos haec ipsa dulcedo longius duxit; hactenus ergo de studiis quibus antequam maiora capiat puer instituendus est: proximus liber velut novum sumet exordium et ad rhetoris officia transibit

XVIII Chi invece avrà considerato con una certa intuizione divina l'immagine stessa dell'eloquenza, e chi, come dice un tragico non sconosciuto, metterà davanti agli occhi quella "orazione regina delle attività", e richiederà non dalla parcella delle prestazioni ma dal suo animo e dalla contemplazione e dalla conoscenza quel frutto perenne e non soggetto alla fortuna, si convincerà facilmente che i tempi, che sono sprecati per gli spettacoli per il campo per i dadi, infine per i discorsi inutili, affinché io non dica al sonno e gli intrattenimenti dei banchetti, dedichi piuttosto al geometra e al musicista, quanto più piacere ricaverà che da quelle stupide soddisfazioni; Infatti la provvidenza dette questo dono agli uomini, affinché le cose oneste giovassero di più

XIX Ma questa stessa dolcezza ci ha portato troppo lontano; dunque finora su quali studi il fanciullo dev'essere istruito prima che intraprenda quelli maggiori: il prossimo libro prenderà quasi un nuovo esordio e passerà ai compiti del retore

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