Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12, pag 5

Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, capitoli 10-12
XLIV Si vero porrecti utrimque undeviceni singulis distent, non plures intus quadratos habebunt quam per quot longitudo ducetur: quae circumibit autem linea eiusdem spatii erit cuius ea quae centum continet; ita quidquid formae quadrati detraxeris, amplitudini quoque peribit

XLV Ergo etiam id fieri potest, ut maiore circumitu minor loci amplitudo cludatur; haec in planis; nam in collibus vallibusque etiam imperito patet plus soli esse quam caeli

XLVI Quid quod se eadem geometria tollit ad rationem usque mundi

In qua, cum siderum certos constitutosque cursus numeris docet, discimus nihil esse inordinatum atque fortuitum: quod ipsum nonnumquam pertinere ad oratorem potest
XLIV Se invece distano diciannove piedi di lunghezza per ciascuno da entrambe le parti, non avranno internamente più piedi quadrati per quanto sia tracciata la lunghezza: la linea poi che circonderà sarà della stessa misura di quella che racchiude cento piedi; così quello che cosa avrai tolto alla figura del quadrato, verrà meno anche all'ampiezza

XLV Perciò può capitare anche questo, che una minore ampiezza della parte sia chiusa da una circonferenza maggiore; queste cose sulle parti piane; infatti sulle colline e sulle valli anche per un inesperto è chiaro esserci più terra che cielo

XLVI Cosa il fatto che la stessa geometria s'innalza fino al calcolo dell'universo

In essa, poiché insegna con i numeri le sicure e definite orbite degli astri, impariamo che niente è disordinato e casuale: questa stessa cosa può interessare talvolta l'oratore
XLVII An vero, cum Pericles Athenienses solis obscuratione territos redditis eius rei causis metu liberavit, aut cum Sulpicius ille Gallus in exercitu L Pauli de lunae defectione disseruit, ne velut prodigio divinitus facto militum animi terrerentur, non videtur esse usus oratoris officio

XLVIII Quod si Nicias in Sicilia scisset, non eodem confusus metu pulcherrimum Atheniensium exercitum perdidisset: sicut Dion, cum ad destruendam Dionysi tyrannidem venit, non est tali casu deterritus; sint extra licet usus bellici transeamusque quod Archimedes unus obsidionem Syracusarum in longius traxit
XLVII Forse che allora, quando Pericle liberò dal timore gli Ateniesi spaventati dall'oscuramento del sole, spiegate le cause di questo fenomeno, o quando quel famoso Sulpicio Gallo discusse davanti all'esercito di Paolo sulla sparizione della luna, affinché gli animi dei soldati non fossero spaventati come da un prodigio creato divinamente, non sembra aver utilizzato il compito dell'oratore

XLVIII Se Nicia in Sicilia avesse saputo questo, spaventato dallo stesso timore non avrebbe perso l'esercito più bello degli Atenesi: come Dione, quando venne per abbattere la tirannide di Dionisio, non fu atterrito da tale evento; siano pure fuori le necessità belliche e tralasciamo che Archimede da solo portò in lungo l'assedio dei Siracusani
XLIX illud utique iam proprium ad efficiendum quod intendimus, plurimas quaestiones, quibus difficilior alia ratione explicatio est, ut de ratione videndi, de sectione in infinitum, de celeritate augenda, linearibus illis probationibus solvi solere: ut, si est oratori, quod proximus demonstrabit liber, de omnibus rebus dicendum, nullo modo sine geometria esse possit orator

(11) I Dandum aliquid comoedo quoque, dum eatenus qua pronuntiandi scientiam futurus orator desiderat; non enim puerum quem in hoc instituimus aut femineae vocis exilitate frangi volo aut seniliter tremere

II Nec vitia ebrietatis effingat nec servili vernilitate inbuatur nec amoris avaritiae metus discat adfectum: quae neque oratori sunt necessaria et mentem praecipue in aetate prima teneram adhuc et rudem inficiunt; nam frequens imitatio transit in mores
XLIX ma questo ormai pertinente circa ciò che ci volgiamo a dimostrare, che molte questioni, per le quali la spiegazione è più complessa con un altro mezzo, come riguardo alla tecnica del dividere, della separazione all'infinito, della velocità da accrescere, solere essere risolte con quelle prove lineari: cosicché, se capita all'oratore, cosa che mostrerà il libro seguente, di dover parlare di ogni cosa, in nessun modo possa essere oratore senza la matematica

(11) I Bisogna concedere qualcosa anche all'attore di commedie, purché fin dove il futuro oratore richiede la capacità di declamare; infatti non voglio che il fanciullo che educhiamo per questo sia fiaccato o dall'esilità di una voce femminile o tremare come un vecchio

II Né imiterà i vizi dell'ubriachezza né sia imbevuto di contegno servile né impari la sensazione dell'amore dell'avarizia della paura: le quali non sono necessarie all'oratore e soprattutto nella prima età contaminano la mente ancora debole e grezza; infatti un'imitazione frequente trapassa nelle abitudini

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 9
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 9

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 9

III Ne gestus quidem omnis ac motus a comoedis petendus est; quamquam enim utrumque eorum ad quendam modum praestare debet orator, plurimum tamen aberit a scaenico, nec vultu nec manu nec excursionibus nimius; nam si qua in his ars est dicentium, ea prima est ne ars esse videatur

IV Quod est igitur huius doctoris officium

In primis vitia si qua sunt oris emendet, ut expressa sint verba, ut suis quaeque litterae sonis enuntientur; quarundam enim vel exilitate vel pinguitudine nimia laboramus, quasdam velut acriores parum efficimus et aliis non dissimilibus sed quasi hebetioribus permutamus

V Quippe et rho litterae, qua Demosthenes quoque laboravit, labda succedit, quarum vis est apud nos quoque, et cum c ac similiter g non evaluerunt, in t ac d molliuntur
III Neppure ogni gesto e movimento dev'essere preso dai commedianti; anche se infatti l'oratore deve in un certo modo usufruire di entrambe queste cose, tuttavia si distaccherà moltissimo dall'attore, né eccessivamente con movimenti sul volto e con la mano; infatti se in queste cose c'è una qualche arte di quelli che parlano, essa per prima è che non sembri essere arte

IV Qual è dunque il compito di questo maestro

Dapprima corregga i vizi di pronuncia se ci sono alcuni, affinché le parole siano espresse, cosicché ogni lettera sia pronunciata con i suoi suoni; infatti di alcune ci preoccupiamo o per l'esilità o per la troppa intensità, come rendiamo alcune poco più aspre e cambiamo con altre non diverse ma quasi più strascicate

V Certo anche la lambda subentrò alla lettera rho, su cui anche Demostene difettò, di cui c'è intensità anche presso di noi, e poiché ugualmente non resero la c e la g, sono addolcite in t e d
VI Ne illas quidem circa s litteram delicias hic magister feret, nec verba in faucibus patietur audiri nec oris inanitate resonare nec, quod minime sermoni puro conveniat, simplicem vocis naturam pleniore quodam sono circumliniri, quod Graeci catapeplasmenon dicunt

VII (sic appellatur cantus tibiarum quae, praeclusis quibus clarescunt foraminibus, recto modo exitu graviorem spiritum reddunt)

VIII curabit etiam ne extremae syllabae intercidant, ut par sibi sermo sit, ut quotiens exclamandum erit lateris conatus sit ille, non capitis,ut gestus ad vocem, vultus ad gestum accommodetur

IX Observandum erit etiam ut recta sit facies dicentis, ne labra detorqueantur, ne inmodicus hiatus rictum distendat, ne supinus vultus, ne deiecti in terram oculi, ne inclinata utrolibet cervix
VI Questo maestro non sopporterà nemmeno quelle sdolcinatre riguardo alla lettera s, né permetterà che siano sentite parole in suoni gutturali né risuonare nella vacuità della gola né, poiché s'addice poco ad un linguaggio chiaro, che la semplice natura della voce sia esagerato con un certo suono più intenso, che i Greci chiamano innaturale

VII (cosi è detto il suono dei flati che, chiusi i fori da cui escono chiari, rendono il timbro più forte per l'emissione in modo diretto)

VIII Curerà anche affinché le ultime sillabe non cadano, cosicché il discorso sia uguale a se stesso, come ogni volta che si dovrà esclamare ci sia quello sforzo del polmone, non della testa, come sia adattato il gesto alla voce, il volto al gesto

IX Bisognerà anche osservare che il viso di chi parla sia eretto, affinché le labbra non siano distorte, affinché l'espressione smodata non allarghi l'apertura della bocca, il viso non supino, gli occhi non rivolti a terra, la testa non piegata qua e là

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 6, 1-10
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 6, 1-10

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 6, 1-10

X Nam frons pluribus generibus peccat; vidi multos quorum supercilia ad singulos vocis conatus adlevarentur, aliorum constricta, aliorum etiam dissidentia, cum alterum in verticem tenderent, altero paene oculus ipse premeretur

XI Infinitum autem, ut mox dicemus, in his quoque rebus momentum est, et nihil potest placere quod non decet

XII Debet etiam docere comoedus quomodo narrandum, qua sit auctoritate suadendum, qua concitatione consurgat ira, qui flexus deceat miserationem: quod ita optime faciet si certos ex comoediis elegerit locos et ad hoc maxime idoneos, id est actionibus similes

XIII Idem autem non ad pronuntiandum modo utilissimi, verum ad augendam quoque eloquentiam maxime accommodati erunt
X Infatti la fronte sbaglia in più modi; ho visto molti le cui sopracciglia s'alzavano ad ogni sforzo di voce, di altri corrugate, di altri anche spostate, sollevando una verso la testa, quasi chiudendosi l'occhio stesso con l'altra

XI Infinito poi, come diremo tra poco, è anche il dettaglio in queste cose, e non può piacere affatto ciò che non conviene

XII L'attore di commedie deve anche insegnare in che modo bisogna esporre, con quale autorevolezza bisogna persuadere, con che irruenza esploda l'ira, quale inflessione richieda la pietà: otterrà così ottimamente questo se avrà scelto determinati brani dalle commedie e adatti soprattutto a questo, cioè simili alle situazioni

XIII Ugualmente poi utilissimi non solo per declamare, ma saranno indicati moltissimo anche per accrescere l'eloquenza
XIV Et haec dum infirma aetas maiora non capiet: ceterum cum legere orationes oportebit, cum virtutes earum iam sentiet, tum mihi diligens aliquis ac peritus adsistat, neque solum lectionem formet verum ediscere etiam electa ex iis cogat et ea dicere stantem clare et quem ad modum agere oportebit, ut protinus pronuntiationem vocem memoriam exerceat

XV Ne illos quidem reprehendendos puto qui paulum etiam palaestricis vacaverunt; non de iis loquor quibus pars vitae in oleo, pars in vino consumitur, qui corporum cura mentem obruerunt (hos enim abesse ab eo quem instituimus quam longissime velim)

XVI sed nomen est idem iis a quibus gestus motusque formantur, ut recta sint bracchia, ne indoctae rusticae manus, ne status indecorus, ne qua in proferendis pedibus inscitia, ne caput oculique ab alia corporis inclinatione dissideant
XIV E queste cose finchè la minore età non capirà le maggiori: quando occorrerà leggere le orazioni degli altri, quando avvertirà ormai i loro pregi, allora qualcuno accurato ed esperto mi aiuti, e non insegni solo la lettura ma costringa anche ad imparare i brani scelti fra questi e a dirli chiaramente stando in piedi e nel modo in cui occorrerà comportarsi, affinché eserciti subito la pronuncia la voce la memoria

XV Penso che non si debbano nemmeno biasimare quelli che si dedicarono un poco anche agli esercizi ginnici; non parlo di questi per i quali una parte della vita viene trascorsa nell'olio, una parte nel vino, quelli che rovinarono la mente con la cura dei corpi (infatti vorrei che questi fossero lontani quanto più da colui che educhiamo)

XVI ma c'è lo stesso nome per quelli da cui sono insegnati gesti e movimenti, affinché le braccia siano dritte, le mani non sgraziate rozze, l'attegiamento non scomposto, non con qualche imperizia nel muovere i piedi, affinché testa e occhi non si discostino dall'altra inclinazione del corpo

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 8, 1-12
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 8, 1-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 8, 1-12

XVII Nam neque haec esse in parte pronuntiationis negaverit quisquam neque ipsam pronuntiationem ab oratore secernet: et certe quod facere oporteat non indignandum est discere, cum praesertim haec chironomia, quae est (ut nomine ipso declaratur) lex gestus, et ab illis temporibus heroicis orta sit et a summis Graeciae viris atque ipso etiam Socrate probata, a Platone quoque in parte civilium posita virtutum, et a Chrysippo in praeceptis de liberorum educatione compositis non omissa XVII Infatti né qualcuno negherà che queste cose rientrino nella parte della pronuncia né che la stessa pronuncia derivi dall'oratore: e certo non si deve rifiutare d'imparare ciò che convenga fare, poiché specialmente questa chironomia, che è (come è evidenziato dal nome stesso) la regola del gesto, è nata sia da quei tempi eroici sia dai sommi uomini della Grecia ed approvata anche dallo stesso Socrate, inserita anche da Platone nella parte delle virtù civili, e non tralasciata da Crisippo nei precetti scritti sull'educazione dei figli
XVIII Nam Lacedaemonios quidem etiam saltationem quandam tamquam ad bella quoque utilem habuisse inter exercitationes accepimus; neque id veteribus Romanis dedecori fuit: argumentum est sacerdotum nomine ac religione durans ad hoc tempus saltatio et illa in tertio Ciceronis de Oratore libro verba Crassi, quibus praecipit ut orator utatur "laterum inclinatione forti ac virili, non a scaena et histrionibus, sed ab armis aut etiam a palaestra"; cuius disciplinae usus in nostram usque aetatem sine reprehensione descendit

XIX A me tamen nec ultra puerilis annos retinebitur nec in his ipsis diu; neque enim gestum oratoris componi ad similitudinem saltationis volo, sed subesse aliquid ex hac exercitatione puerili, unde nos non id agentis furtim decor ille discentibus traditus prosequatur
XVIII Infatti sappiamo che i Lacedemoni fra le esercitazioni avevano anche una certa danza come utile pure per le guerre; né ciò fu di disdegno per gli antichi romani: è prova la danza col nome e la religiosità dei sacerdoti che dura fino ad oggi e quelle parole di Crasso nel terzo libro di Cicerone sull'Oratore, con cui consiglia che l'oratore usi "un'inclinazione forte e virile dei fianchi, non da scena e da attori, ma dalle armi o anche dalla palestra"; l'uso di questa disciplina dura fino al nostro tempo senza critica

XIX Ma da me sarà conservata non oltre gli anni puerili né a lungo durante gli stessi; infatti non voglio che il gesto dell'oratore sia fatto secondo la somiglianza di una danza, ma che qualcosa rimanga da quest'esercitazione giovanile, per cui quel decoro tramandato agli allievi ci segua non nascostamente pur non trattando ciò

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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte 10; 01, 93-95

(12) I Quaeri solet an, etiamsi discenda sint haec, eodem tempore tamen tradi omnia et percipi possint; negant enim quidam, quia confundatur animus ac fatigetur tot disciplinis in diversum tendentibus, ad quas nec mens nec corpus nec dies ipse sufficiat, et, si maxime patiatur hoc aetas robustior, pueriles annos onerari non oportere

II Sed non satis perspiciunt quantum natura humani ingenii valeat, quae ita est agilis ac velox, sic in omnem partem, ut ita dixerim, spectat, ut ne possit quidem aliquid agere tantum unum, in plura vero non eodem die modo sed eodem temporis momento vim suam intendat
(12) I Si suole chiedere se, sebbene queste cose siano da imparare, tuttavia possano nello stesso tempo essere tutte insegnate e apprese; infatti alcuni negano, perché l'animo viene confuso ed affaticato da tate conoscenze che tendono alla varietà, verso cui né la mente né il corpo né il tempo stesso sia sufficiente, e, se soprattutto un'età più matura lo sopporti, non occorrere che gli anni giovanili siano appesantiti

II Ma non considerano abbastanza quanto conti la natura dell'ingegno umano, che è tanto agile e veloce, indaga così in ogni parte, come oserei dire, che certo non possa fare nemmeno solo un qualcosa, ma indirizza la sua forza verso più cose non solo nello stesso giorno ma nello stesso periodo di tempo

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