Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12, pag 2

Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, capitoli 10-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, capitoli 10-12
XXXIII Redit autem illa cogitatio, quosdam fore qui haec quae diximus parva nimium et impedimenta quoque maius aliquid agentibus putent: nec ipse ad extremam usque anxietatem et ineptas cavillationes descendendum atque his ingenia concidi et comminui credo

XXXIV Sed nihil ex grammatice nocuerit nisi quod supervacuum est; An ideo minor est M Tullius orator quod idem artis huius diligentissimus fuit et in filio, ut epistulis apparet, recte loquendi asper quoque exactor



XXXV Aut vim C Caesaris fregerunt editi de analogia libri

Aut ideo minus Messala nitidus quia quosdam totos libellos non verbis modo singulis sed etiam litteris dedit

Non obstant hae disciplinae per illas euntibus, sed circa illas haerentibus
XXXIII Torna poi quella riflessione, che ci saranno quelli che ritengono quelle cose che abbiamo detto troppo esigue e d'ostacolo anche a quelli che trattano qualcosa più importate: Né io stesso credo si debba giungere fino all'estrema sollecitudine e agli inutili cavilli e che per questi vengano spezzati e sminuiti i talenti

XXXIV Ma nulla della grammatica avrà nociuto se non quello che è superfluo; Forse M Tullio è dunque oratore minore poiché egli stesso fu diligentissimo di quest'arte e, come appare nelle lettere, anche severo critico verso il figlio del parlare correttamente



XXXV O indebolirono l'impeto di Cesare i libri pubblicati sull'analogia

O dunque Messala meno chiaro perché dedicò alcuniinteri libri non solo alle parole ma anche alle lettere

Queste discipline non saranno d'ostacolo per quelli che passano attraverso quelle, ma per quelli che insistono intorno a quelle
(8) I superest lectio: in qua puer ut sciat ubi suspendere spiritum debeat, quo loco versum distinguere, ubi cludatur sensus, unde incipiat, quando attollenda vel summittenda sit vox, quid quoque flexu, quid lentius celerius concitatius lenius dicendum, demonstrari nisi in opere ipso non potest

II Vnum est igitur quod in hac parte praecipiam, ut omnia ista facere possit: intellegat; sit autem in primis lectio virilis et cum sanctitate quadam gravis, et non quidem prorsae similis, quia et carmen est et se poetae canere testantur, non tamen in canticum dissoluta nec plasmate, ut nunc a plerisque fit, effeminata: de quo genere optime C Caesarem praetextatum adhuc accepimus dixisse: "si cantas, male cantas: Si legis, cantas"
(8) I Resta la lettura: in cui affinché un fanciullo impari dove debba trattenere il fiato, in che punto dividere il verso, dove si concluda il senso, da dove cominci, quando si debba alzare o abbassare la voce, cosa anche nell'inflessione, cosa bisogna dire più lentamente più velocemente più concitatamente più lievemente, non può essere dimostrato se non nell'azione stessa

II Una cosa sola è dunque quella che consiglio in questa parte, affinché possa fare tutte queste cose: capisca; dapprima dunque la lettura sia virile e vigorosa con una certa sacralità, e non certo simile alla prosa, perché sia c'è il canto sia i poeti dichiarano che essi cantano, ma non dissolta in canto né con una modulazione effeminata, come avviene ora da parte di molti: del quale genere sappiamo che C Cesare ancora vestito con la pretesta aveva detto ottimamente: "se canti, canti male: se leggi, canti"
III Nec prosopopoeias, ut quibusdam placet, ad comicum morem pronuntiari velim, esse tamen flexum quendam quo distinguantur ab iis in quibus poeta persona sua utetur

IV Cetera admonitione magna egent, in primis ut tenerae mentes tracturaeque altius quidquid rudibus et omnium ignaris insederit non modo quae diserta sed vel magis quae honesta sunt discant

V Ideoque optime institutum est ut ab Homero atque Vergilio lectio inciperet, quamquam ad intellegendas eorum virtutes firmiore iudicio opus est: sed huic rei superest tempus, neque enim semel legentur; interim et sublimitate heroi carminis animus adsurgat et ex magnitudine rerum spiritum ducat et optimis inbuatur
III Né che io voglia che le prosopopee, come piace ad alcuni, siano dette secondo l'usanza comica, che tuttavia ci sia una certa flessione con cui si distinguano da quelle in cui un poeta parla in propria persona

IV Le altre cose richiedono grande insegnamento, dapprima affinché le menti tenere e che esamineranno più profondamente qualunque cosa sia penetrata nei rozzi e ignari di tutto non solo imparino le cose che sono chiare ma ancor più quelle che sono oneste

V Pertanto si stabilì ottimamente che la lettura iniziasse da Omero e Virgilio, sebbene per capire i loro pregi è necessario un più solido giudizio: ma per questa cosa resta tempo, infatti non saranno letti una volta; intanto sia l'animo s'innalzi per la sublimità del carme eroico sia trascini lo spirito con la grandezza delle azioni e sia colmato di ottime cose

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 8, 1-12
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 8, 1-12

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 8, 1-12

VI Vtiles tragoediae: alunt et lyrici, si tamen in iis non auctores modo sed etiam partes operis elegeris: nam et Graeci licenter multa et Horatium nolim in quibusdam interpretari; elegia vero, utique qua amat, et hendecasyllabi, qui sunt commata sotadeorum (nam de sotadeis ne praecipiendum quidem est), amoveantur si fieri potest, si minus, certe ad firmius aetatis robur reserventur

VII Comoediae, quae plurimum conferre ad eloquentiam potest, cum per omnis et personas et adfectus eat, quem usum in pueris putem paulo post suo loco dicam: nam cum mores in tuto fuerint, inter praecipua legenda erit
VI Utili le tragedie: anche i lirici nutrono, se però fra essi non sceglierai solo autori ma anche parti dell'opera: infatti sia i Greci spiegare licenziosamente molte cose sia non vorrei spiegare ad alcuni Orazio; l'elegia invero, con cui certo si ama, e gli endecasillabi, che sono parti di versi sotadei (infatti non bisogna nemmeno parlare dei sotadei), siano eliminati se può avvenire, se no, siano riservati certo per una più solida robustezza dell'età

VII Quale uso fra i giovani considererei della commedia, che può servire moltissimo all'eloquenza, sviluppando attraverso ogni cosa sia personaggi sia sentimenti, dirò fra poco a suo luogo: infatti quando i costumi siano stati al sicuro, si dovrà leggere fra le cose principali
VIII De Menandro loquor, nec tamen excluserim alios: nam Latini quoque auctores adferent utilitatis aliquid; sed pueris quae maxime ingenium alant atque animum augeant praelegenda: ceteris, quae ad eruditionem modo pertinent, longa aetas spatium dabit; multum autem veteres etiam Latini conferunt, quamquam plerique plus ingenio quam arte valuerunt, in primis copiam verborum: quorum in tragoediis gravitas, in comoediis elegantia et quidam velut atticismos inveniri potest

IX Oeconomia quoque in iis diligentior quam in plerisque novorum erit, qui omnium operum solam virtutem sententias putaverunt; sanctitas certe et, ut sic dicam, virilitas ab iis petenda est, quando nos in omnia deliciarum vitia dicendi quoque ratione defluximus

X Denique credamus summis oratoribus, qui veterum poemata vel ad fidem causarum vel ad ornamentum eloquentiae adsumunt
VIII Parlo di Menandro, ma non che abbia escluso gli altri: infatti anche gli autori latini apporteranno qualcosa di utile; ma ai giovani doversi spiegare quelle cose che soprattutto nutrono l'ingegno e fortificano l'animo: alle altre, che riguardano solo l'erudizione, il lungo tempo darà spazio; molto poi apportano anche gli antichi latini, sebbene i più valsero più per l'ingegno che per l'arte, innanzitutto abbondanza di parole: può essere riscontrata profondità nelle loro tragedie, eleganza nelle commedie e come un certo atticismo

IX In essi ci sarà anche una disposizione più accurata che nella maggior parte dei moderni, che considerarono i concetti il solo pregio di tutte le opere; certo bisogna attingere da loro la validità, e direi così, la forza, poiché abbiamo deviato anche nel modo di parlare verso tutti i piaceri delle raffinatezze

X Infine crediamo ai massimi oratori, che utilizzano i poemi degli antichi o per garanzia di motivi o per ornamento d'eloquenza

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Quintiliano, Institutio oratoria: 10; 01, 93-95
Quintiliano, Institutio oratoria: 10; 01, 93-95

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte 10; 01, 93-95

XI Nam praecipue quidem apud Ciceronem, frequenter tamen apud Asinium etiam et ceteros qui sunt proximi, videmus Enni Acci Pacuvi Lucili Terenti Caecili et aliorum inseri versus, summa non eruditionis modo gratia sed etiam iucunditatis, cum poeticis voluptatibus aures a forensi asperitate respirant

XII Quibus accedit non mediocris utilitas, cum sententiis eorum velut quibusdam testimoniis quae proposuere confirment; verum priora illa ad pueros magis, haec sequentia ad robustiores pertinebunt, cum grammatices amor et usus lectionis non scholarum temporibus sed vitae spatio terminentur

XIII In praelegendo grammaticus et illa quidem minora praestare debebit, ut partes orationis reddi sibi soluto versu desideret et pedum proprietates, quae adeo debent esse notae in carminibus ut etiam in oratoria compositione desiderentur
XI Infatti particolarmente appunto in Cicerone, ma spesso anche in Asinio e altri che sono prossimi, vediamo che sono stati inseriti versi di Ennio di Accio di Pacuvio di Lucilio di Terenzio di Cecilio e di altri, con massima cura non solo dell'erudizione ma anche del diletto, poiché le orecchie con le piacevolezze poetiche si ricreano dall'asprezza forense

XII Una non scarsa utilità s'aggiunge a queste cose, dando conferma ai loro pareri come a talune testimonianze che proposero; ma estenderanno più verso i giovani quelle cose precedenti, verso quelli più maturi queste che seguono, poiché la passione della grammatica e l'abitudine della lettura non siano limitati ai periodi delle lezioni ma allo spazio della vita

XIII Il grammatico nell'introdurre dovrà certo presentare anche quelle opere minori, cosicché desideri essergli rese le parti dell'orazione con il verso sciolto e le proprietà dei piedi metrici, che devono essere conosciute a tal punto nei carmi che sono richieste anche nella composizione oratoria
XIV Deprendat quae barbara, quae inpropria, quae contra legem loquendi sint posita, non ut ex his utique improbentur poetae (quibus, quia plerumque servire metro coguntur, adeo ignoscitur ut vitia ipsa aliis in carmine appellationibus nominentur: metaplasmus enim et schematismus et schemata, ut dixi, vocamus et laudem virtutis necessitati damus), sed ut commoneat artificialium et memoriam agitet

XV Id quoque inter prima rudimenta non inutile demonstrare, quot quaeque verba modis intellegenda sint; circa glossemata etiam, id est voces minus usitatas, non ultima eius professionis diligentia est
XIV Critichi quelle cose barbare, quelle inadeguate, che siano state inserite contro la regola del parlare, non affinché da loro siano comunque rimproverati i poeti ( a cui, poiché generalmente sono costretti a badare alla metrica, si perdona tanto che gli stessi difetti sono chiamati con altri nomi in poesia: infatti chiamiamo metaplasmi e figurazioni e figure, come ho detto, e diamo lode alla necessità del pregio), ma per evidenziare i termini dell'arte ed esercitare la memoria

XV Non inutile dimostrare anche ciò fra i primi rudimenti, con quanti significati tutte le parole debbano essere intese; anche riguardo alle glosse, cioè le voci meno usate, non è ultima cura di quest'insegnamento

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 5, 1-15
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 5, 1-15

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 5, 1-15

XVI Enimvero iam maiore cura doceat tropos omnes, quibus praecipue non poema modo sed etiam oratio ornatur, schemata utraque, id est figuras, quaeque lexeos quaeque dianoeas vocantur: quorum ego sicut troporum tractatum in eum locum differo quo mihi de ornatu orationis dicendum erit

XVII Praecipue vero illa infigat animis, quae in oeconomia virtus, quae in decore rerum, quid personae cuique convenerit, quid in sensibus laudandum, quid in verbis, ubi copia probabilis, ubi modus

XVIII His accedet enarratio historiarum, diligens quidem illa, non tamen usque ad supervacuum laborem occupata: nam receptas aut certe claris auctoribus memoratas exposuisse satis est; persequi quidem quid quis umquam vel contemptissimorum hominum dixerit aut nimiae miseriae aut inanis iactantiae est, et detinet atque obruit ingenia melius aliis vacatura
XVI In realtà con cura ancora maggiore insegni tutti i tropi, con cui soprattutto s'abbellisce non solo un poema ma anche un discorso, entrambi gli schemi, cioè le figure, quelle che sono dette dizioni e concetti: di cui come il trattato dei tropi rimando a quel punto in cui mi toccherà parlare dell'ornamento del discorso

XVII Soprattutto però imprima negli animi quelle cose, che la virtù abbia attribuito nella disposizione, quelle nel decoro delle azioni, cosa a ogni persona, cosa da lodare nei sentimenti, cosa nelle parole, dove una probabile abbondanza, dove la misura

XVIII S'aggiungerà a queste il commento delle storie, certo accurato quello, ma non portato fino ad un'inutile fatica: infatti è sufficiente aver esposto le cose tramandate o certo ricordate da famosi autori; è dunque d'eccessiva povertà o di inutile superbia ricercare cosa mai qualcuno abbia detto anche degli uomini più sconosciuti, ed indebolisce e fiacca ingegni che si dedicheranno meglio ad altri
XIX Nam qui omnis etiam indignas lectione scidas excutit, anilibus quoque fabulis accommodare operam potest: atqui pleni sunt eius modi impedimentis grammaticorum commentarii, vix ipsis qui composuerunt satis noti

XX Nam Didymo, quo nemo plura scripsit, accidisse compertum est ut, cum historiae cuidam tamquam vanae repugnaret, ipsius proferretur liber qui eam continebat

XXI Quod evenit praecipue in fabulosis usque ad deridicula quaedam, quaedam etiam pudenda, unde improbissimo cuique pleraque fingendi licentia est, adeo ut de libris totis et auctoribus, ut succurrit, mentiantur tuto, quia inveniri qui numquam fuere non possunt: nam in notioribus frequentissime deprenduntur a curiosis; ex quo mihi inter virtutes grammatici habebitur aliqua nescire
XIX Infatti chi esamina pagine di ogni genere anche indegne di lettura, può dedicare il lavoro anche alle favole dei nonni: e i commentari dei grammatici sono pieni d'intralci di questo tipo, a stento conosciuti a quelli stessi che hanno scritto

XX Infatti a Didimo, del quale nessuno scrisse di più, è risaputo essere accaduto che, pur opponendosi a un certo racconto come se falsa, era presentato un libro di lui stesso che la conteneva

XXI Il che avviene specialmente nelle fiabe fino ad alcune ridicole, alcune anche vergognose, da dove deriva la licenza per ognuno molto sfacciato d'inventare la maggior parte, tanto che mentono con sicurezza su tutti i libri e gli autori, come capita, perché non possono essere trovati quelli che non sono mai esistiti: infatti spessissimo sono criticati dai ricercatori su quelli più conosciuti; da ciò per me tra i pregi di un grammatico sia considerato non sapere alcune cose

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 5, 31-45
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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 5, 31-45

(9) I Et finitae quidem sunt partes duae quas haec professio pollicetur, id est ratio loquendi et enarratio auctorum, quarum illam methodicen, hanc historicen vocant; adiciamus tamen eorum curae quaedam dicendi primordia quibus aetatis nondum rhetorem capientis instituant

II Igitur Aesopi fabellas, quae fabulis nutricularum proxime succedunt, narrare sermone puro et nihil se supra modum extollente, deinde eandem gracilitatem stilo exigere condiscant: versus primo solvere, mox mutatis verbis interpretari, tum paraphrasi audacius vertere, qua et breviare quaedam et exornare salvo modo poetae sensu permittitur
(9) I E quindi sono concluse le due parti che quest'impegno promette, cioè il modo d'esprimersi e l'interpretazione degli autori, di cui chiamano quella la metodica, questa la spiegazione; aggiungiamo poi alla loro cura del parlare alcuni principi con cui istruiscono un retore d'età non ancora matura

II Perciò imparino a narrare le favole di Esopo, che subentrano molto da vicino ai racconti delle nutrici, con con linguaggio puro e che non esalta nulla oltre misura, a esigere quindi la stessa semplicità con lo stilo: dapprima elaborare i versi, poi interpretarli con le parole cambiate, quindi volgersi alquanto audacemente alla parafrasi, con cui è concesso sia abbreviare alcune cose sia ornare salvaguardato con misura il senso del poeta

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