Subito intraverunt duo servi, tanquam qui rixam ad lacum fecissent; certe in collo adhuc amphoras habebant Cum ergo Trimalchio ius inter litigantes diceret, neuter sententiam tulit decernentis, sed alterius amphoram fuste percussit Consternati nos insolentia ebriorum intentavimus oculos in proeliantes, notavimusque ostrea pectinesque e gastris labentia, quae collecta puer lance circumtulit Has lautitias aequavit ingeniosus cocus; in craticula enim argentea cocleas attulit et tremula taeterrimaque voce cantavit Pudet referre quae secuntur: inaudito enim more pueri capillati attulerunt unguentum in argentea pelve pedesque recumbentium unxerunt, cum ante crura talosque corollis vinxissent Hinc ex eodem unguento in vinarium atque lucernam aliquantum est infusum |
Tutto a un tratto entrano due servi, che sembrano reduci da una rissa alla fontana, perché hanno ancora le anfore sulle spalle Trimalcione si mette a fare il giudice tra i due litiganti, solo che quelli se ne fottono della sua decisione e cominciano a percuotere con un bastone l'uno l'anfora dell'altro Colpiti dall'insolenza di quei due ubriachi, li stavamo guardando a bocca aperta mentre si scazzottavano, quando notiamo che le anfore rotte seminano in giro patelle e ostriche, subito raccattate da uno schiavetto che ce le viene a servire in un piatto Quel cuoco ingegnoso non è però da meno quanto a finezze e ci serve delle lumache su una graticola d'argento, mettendosi poi a cantare un motivetto con una voce tremula e cavernosa A raccontare il seguito mi vergogno quasi: come non mi era mai successo prima, due ragazzi con delle teste di capelli così portano dell'olio profumato in un catino d'argento e ungono i piedi ai commensali, legandone poi le gambe e le caviglie con coroncine di fiori Quel che resta di quell'olio profumato lo versano poi dentro la lampada e nel contenitore del vino |
Iam coeperat Fortunata velle saltare, iam Scintilla frequentius plaudebat quam loquebatur, cum Trimalchio: 'Permitto, inquit, Philargyre et Cario, etsi prasinianus es famosus, dic et Menophilae, contubernali tuae, discumbat’ Quid multa Paene de lectis deiecti sumus, adeo totum triclinium familia occupaverat Certe ego notavi super me positum cocum, qui de porco anserem fecerat, muria condimentisque fetentem Nec contentus fuit recumbere, sed continuo Ephesum tragoedum coepit imitari et subinde dominum suum sponsione provocare si prasinus proximis circensibus primam palmam' [LXXI] Diffusus hac contentione Trimalchio: 'Amici, inquit, et servi homines sunt et aeque unum lactem biberunt, etiam si illos malus fatus oppresserit Tamen me salvo cito aquam liberam gustabunt Ad summam, omnes illos in testamento meo manu mitto |
Fortunata aveva già voglia di fare due salti, e Scintilla più che parlare riusciva solo a battere le mani, quando Trimalcione disse: Vi concedo di venirvi a sedere qui al mio tavolo, a te Filargiro, e pure a te Carione e a Menofila, la tua signora, anche se sei un Verde malfamato E cos'altro ci mancava Per poco non ci cacciano giù dai triclini, tanto la servitù aveva invaso la sala da pranzo Certo è che mi trovo spaparanzato addosso il cuoco che aveva trasformato il porco in anatra e che feteva di sughetti e salamoia E come se non gli bastasse di essere lì a tavola, il tipo attacca a fare il verso a Efeso, l'attore tragico, e addirittura a stuzzicare il padrone con questa scommessa: Nei prossimi giochi al Circo, la palma va ai Verdi 71 Eccitato da questa sfida, Trimalcione fa: Amici, anche gli schiavi sono uomini e hanno bevuto il nostro stesso latte, solo che poi il destino non gli ha detto bene Ad ogni modo, presto berranno l'acqua della libertà, com'è vero che io sono ancora al mondo Insomma, nel mio testamento io li affranco tutti |
Philargyro etiam fundum lego et contubernalem suam, Carioni quoque insulam et vicesimam et lectum stratum Nam Fortunatam meam heredem facio, et commendo illam omnibus amicis meis Et haec ideo omnia publico, ut familia mea iam nunc sic me amet tanquam mortuum' Gratias agere omnes indulgentiae coeperant domini, cum ille oblitus nugarum exemplar testamenti iussit afferri et totum a primo ad ultimum ingemescente familia recitavit Respiciens deinde Habinnam: 'Quid dicis, inquit, amice carissime Aedificas monumentum meum quemadmodum te iussi Valde te rogo, ut secundum pedes statuae meae catellam pingas et coronas et unguenta et Petraitis omnes pugnas, ut mihi contingat tuo beneficio post mortem vivere; praeterea ut sint in fronte pedes centum, in agrum pedes ducenti |
A Filargiro gli lascio pure un pezzo di terra e la sua donna, a Carione un palazzo intero, i soldi per pagarsi la tassa del riscatto e un letto già belle che pronto Erede universale nomino invece la mia Fortunata e la raccomando a tutti i miei amici E tutte queste disposizioni le rendo pubbliche proprio perché l'intera casa cominci ad amarmi adesso come se fossi già morto Tutti avevano già attaccato a ringraziare il padrone di tanta gentilezza, quando lui, lasciando perdere le ciance, ordina che gli portino una copia del testamento e lo legge da cima a fondo, mentre tutta la servitù singhiozza in sottofondo Poi, rivolgendosi ad Abinna, gli fa: E tu che ne dici, caro amico mio Me lo stai costruendo, vero, il mio monumento sepolcrale come t'ho chiesto io Ma soprattutto ti raccomando di scolpire ai piedi della mia statua la cagnetta, delle corone, dei vasi di fiori e in più tutti i combattimenti di Petraite, così che per merito tuo io possa vivere anche dopo la morte; e provvedi a che la tomba sia larga trenta metri e lunga sessanta |
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Omne genus enim poma volo sint circa cineres meos, et vinearum largiter Valde enim falsum est vivo quidem domos cultas esse, non curari eas, ubi diutius nobis habitandum est Et ideo ante omnia adici volo:HOC MONUMENTUM HEREDEM NON SEQUATUR Ceterum erit mihi curae, ut testamento caveam ne mortuus iniuriam accipiam Praeponam enim unum ex libertis sepulchro meo custodiae causa, ne in monumentum meum populus cacatum currat Te rogo, ut naves etiam in fronte monumenti mei facias plenis velis euntes, et me in tribunali sedentem praetextatum cum anulis aureis quinque et nummos in publico de sacculo effundentem; scis enim, quod epulum dedi binos denarios Faciatur, si tibi videtur, et triclinia; Facies et totum populum sibi suaviter facientem |
Poi voglio che intorno alle mie ossa ci siano frutti di ogni tipo e viti in abbondanza Infatti mi sembra una vera assurdità avere case eleganti quando si è vivi, e non curarsi affatto di quella in cui ci tocca vivere più a lungo Ed è proprio per questo che voglio, prima di ogni altra cosa, che sulla mia tomba ci sia scritto: 'Questo sepolcro non passi agli eredi' In più, col testamento mi regolerò in modo che nessuno mi possa offendere da morto Così darò disposizioni che a guardia del sepolcro ci sia sempre uno dei miei liberti, per evitare che la gente vada a cacarci sopra Mi raccomando, poi, di scolpirci nel mio mausoleo; anche le navi con le vele al vento, e me che me ne sto seduto in tribunale con la pretesta addosso e cinque anelli al dito, nell'atto di distribuire soldi al popolo da una sacca; lo sai benissimo che una volta ho offerto un banchetto da due denari a testa Se poi ti garba, mettici pure dei triclini pieni zeppi di gente che se la spassa |
Ad dexteram meam pones statuam Fortunatae meae columbam tenentem, et catellam cingulo alligatam ducat, et cicaronem meum, et amphoras copiosas gypsatas, ne effluant vinum Et urnam licet fractam sculpas, et super eam puerum plorantem Horologium in medio, ut quisquis horas inspiciet, velit nolit, nomen meum legat Inscriptio quoque vide diligenter si haec satis idonea tibi videtur: C POMPEIUS TRIMALCHIO MAECENATIANUS HIC REQUIESCIT HUIC SEVIRATUS ABSENTI DECRETUS EST CUM POSSET IN OMNIBUS DECURIIS ROMAE ESSE TAMEN NOLUITPIUS FORTIS FIDELIS EX PARVO CREVIT SESTERTIUM RELIQUIT TRECENTIESNEC UNQUAM PHILOSOPHUM AUDIVITVALE ET TU ' [LXXII] Haec ut dixit Trimalchio, flere coepit ubertim Flebat et Fortunata, flebat et Habinnas, tota denique familia, tanquam in funus rogata, lamentatione triclinium implevit |
Alla mia destra colloca però la statua della mia Fortunata con in mano una colomba e la cagnetta al guinzaglio, e pure il mio tesoro e tante anfore ben sigillate che il vino non esca fuori Se ti va, ci puoi anche scolpire un'urna rotta con un ragazzino che ci piange sopra Poi nel mezzo mettici un orologio, così che chiunque voglia leggere l'ora, legga volente o nolente il mio nome Per l'iscrizione, dimmi un po' cosa te ne pare di questa: 'Qui riposa G Pompeo Trimalcione Mecenaziano; Gli decretarono il sevirato mentre lui era assente; Pur potendo far parte di qualsiasi decuria di Roma, non lo volle; Devoto, forte, leale, anche se venuto su dal nulla, lasciò trenta milioni di sesterzi, senza mai dare ascolto a un filosofo; Salute'; 'Anche a te' 72 Detto questo, Trimalcione attacca a piangere come una fontana Piangeva Fortunata, piangeva anche Abinna, e alla fine piangeva anche tutta la servitù, riempiendo di singhiozzi l'intera sala, come se stessero seguendo un funerale |
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Immo iam coeperam etiam ego plorare, cum Trimalchio: 'Ergo, inquit, cum sciamus nos morituros esse, quare non vivamus Sic nos felices videam, coniciamus nos in balneum, meo periculo, non paenitebit Sic calet tanquam furnus -- Vero, vero, inquit Habinnas, de una die duas facere, nihil malo '; nudisque consurrexit pedibus et Trimalchionem gaudentem subsequi Ego respiciens ad Ascylton: 'Quid cogitas inquam, ego enim si videro balneum, statim expirabo -- Assentemur, ait ille, et dum illi balneum petunt, nos in turba exeamus' Cum haec placuissent, ducente per porticum Gitone ad ianuam venimus, ubi canis catenarius tanto nos tumultu excepit, ut Ascyltos etiam in piscinam ceciderit Nec non ego quoque ebrius, qui etiam pictum timueram canem, dum natanti opem fero, in eundem gurgitem tractus sum |
E stavo per scoppiare in lacrime anch'io, quando Trimalcione disse: Ma allora, visto che sappiamo benissimo di dover morire, perché nel frattempo non pensiamo un po' a vivere Su, dài, che vi voglio vedere tutti felici, Andiamoci a fare un bel bagno; Fidatevi di me e non ve ne pentirete è caldo come un forno Giusto, giusto esclama Abinna, dobbiamo vivere un giorno come se fosse due; Così mi piace; e salta su a piedi scalzi, per seguire Trimalcione che gongolava Io mi giro verso Ascilto e lo apostrofo: Che ne dici Io se solo vedo il bagno, ci resto secco sul colpo Diciamo di sì mi risponde, e mentre quelli se ne vanno al bagno, noi ce la battiamo nel mucchio Approviamo l'idea e, scortati da Gitone lungo il portico, guadagniamo l'uscita, dove però un cane alla catena ci accoglie con tali latrati che Ascilto finisce a gambe all'aria nell'acqua della vasca Anch'io, che quanto a ubriachezza non ero da meno e che prima mi ero spaventato persino di fronte al cane dipinto sulla parete, finisco in acqua mentre cerco di dare una mano ad Ascilto che annaspa nell'acqua |
Servavit nos tamen atriensis, qui interventu suo et canem placavit et nos trementes extraxit in siccum At Giton quidem iam dudum servatione acutissima redemerat a cane: quicquid enim a nobis acceperat de cena, latranti sparserat, et ille avocatus cibo furorem suppresserat Ceterum cum algentes utique petissemus ab atriense ut nos extra ianuam emitteret: 'Erras, inquit, si putas te exire hac posse, qua venisti Nemo unquam convivarum per eandem ianuam emissus est; alia intrant, alia exeunt' [LXXIII] Quid faciamus homines miserrimi et novi generis labyrintho inclusi, quibus lavari iam coeperat votum esse Ultro ergo rogavimus ut nos ad balneum duceret, proiectisque vestimentis, quae Giton in aditu siccare coepit, balneum intravimus, angustum scilicet et cisternae frigidariae simile, in qua Trimalchio rectus stabat |
A salvarci è il portinaio che col suo intervento mette a tacere il cane e riesce a tirarci in secco tutti tremanti Gitone, nel frattempo, se l'era cavata alla grande col cane, buttando alla bestia latrante tutti gli avanzi della cena che noi gli avevamo affidato: e il cane si era ammansito, attratto dal cibo Ma quando, tutti intirizziti, chiediamo al portinaio di farci sgusciare fuori, quello replica: Grosso errore se credete di potervene andare dalla porta attraverso la quale siete entrati Nessun invitato è mai passato dallo stesso ingresso: da una parte si entra, e da un'altra si esce 73 Che cosa potevamo fare, noi poveri diavoli, chiusi in quel labirinto di nuovo genere, se non vedere un bagno caldo come l'unica via d'uscita Così siamo noi a chiedere al portinaio di accompagnarci e, dopo esserci tolti i vestiti che Gitone mette ad asciugare sulla soglia, entriamo nella sala da bagno che guarda caso era così stretta da sembrare una cella frigorifera, con dentro Trimalcione impalato in piedi |
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Ac ne sic quidem putidissimam eius iactationem licuit effugere; nam nihil melius esse dicebat quam sine turba lavari, et eo ipso loco aliquando pistrinum fuisse Deinde ut lassatus consedit, invitatus balnei sono diduxit usque ad cameram os ebrium et coepit Menecratis cantica lacerare, sicut illi dicebant, qui linguam eius intellegebant Ceteri convivae circa labrum manibus nexis currebant, et gingilipho ingenti clamore exsonabant Alii autem aut restrictis manibus anulos de pavimento conabantur tollere, aut posito genu cervices post terga flectere, et pedum extremos pollices tangere Nos, dum alii sibi ludos faciunt, in solium, quod Trimalchioni parabatur, descendimus |
Neppure lì riusciamo a evitare le sue schifose esibizioni: stava infatti dicendo che non c'era niente di meglio al mondo che lavarsi senza tanta gente intorno e che in quel punto c'era prima un mulino Poi, quando si sente senza forze, si siede e, ispirato dall'acustica del locale, gira il suo faccione da ubriaco verso il soffitto e attacca a massacrare le romanze di Menecrate (così almeno dicevano quelli che capivano le sue parole) Gli altri invitati, nel frattempo, correvano lungo la vasca dandosi la mano e cantavano un ritornello facendo un baccano terrificante Altri, invece, cercavano di raccogliere dal pavimento degli anelli con le mani strette dietro la schiena, o di toccarsi la testa con la punta dei piedi piegandosi con le ginocchia e rovesciandosi all'indietro Mentre quelli se la spassavano con questi giochetti, noi ci infiliamo nella vasca che era stata preparata per Trimalcione |
Ergo ebrietate discussa in aliud triclinium deducti sumus ubi Fortunata disposuerat lautitias ita ut supra lucernas vidi aeneolosque piscatores notaverim et mensas totas argenteas calicesque circa fictiles inauratos et vinum in conspectu sacco defluens Tum Trimalchio: 'Amici, inquit, hodie servus meus barbatoriam fecit, homo praefiscini frugi et micarius Itaque tangomenas faciamus et usque in lucem cenemus' [LXXIV] Haec dicente eo gallus gallinaceus cantavit Qua voce confusus Trimalchio vinum sub mensa iussit effundi lucernamque etiam mero spargi Immo anulum traiecit in dexteram manum et: 'Non sine causa, inquit, hic bucinus signum dedit; nam aut incendium oportet fiat, aut aliquis in vicinia animam abiciat Longe a nobis Itaque quisquis hunc indicem attulerit, corollarium accipiet' |
Smaltita così la sbornia, ci portano in un'altra sala, dove Fortunata aveva preparato degli altri manicaretti, perché sopra le lampade vedo pescatori di bronzo, tavole in argento massiccio, calici di terracotta dorata e vino che sgorgava da un otre lì davanti ai nostri occhi E Trimalcione dice: Amici, oggi un mio servo si è rasato per la prima volta E siccome è un tipo parsimonioso e risparmiatore fino alle briciole, gozzovigliamo e stiamocene a tavola fin che fa giorno 74 Stava pronunciando queste parole, quando arrivò il canto di un gallo Turbato da quel suono, Trimalcione fa versare del vino sotto il tavolo e anche sulla lampada Poi, passandosi l'anello alla mano destra, disse: Se questo trombettiere ha dato l'allarme non può non esserci un buon motivo: mi sa che sta per scoppiare un incendio o qui intorno qualcuno è lì lì per esalare l'anima Vade retro da noi Chi mi trova questo profeta del malaugurio si becca una bella mancia |
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Dicto citius de vicinia gallus allatus est, quem Trimalchio iussit ut aeno coctus fieret Laceratus igitur ab illo doctissimo coco, qui paulo ante de porco aves piscesque fecerat, in caccabum est coniectus Dumque Daedalus potionem ferventissimam haurit, Fortunata mola buxea piper trivit Sumptis igitur matteis, respiciens ad familiam Trimalchio: 'Quid vos, inquit, adhuc non cenastis Abite, ut alii veniant ad officium' Subiit igitur alia classis, et illi quidem exclamavere: 'Vale Gai ', hi autem: 'Ave Gai' Hinc primum hilaritas nostra turbata est; nam cum puer non inspeciosus inter novos intrasset ministros, invasit eum Trimalchio et osculari diutius coepit |
Detto fatto: lì dal vicinato gli portano un gallo e Trimalcione ordina di cucinarlo Sventrato da quel genio d'un cuoco che poco prima aveva trasformato la carne di maiale in pesci e uccelli, il gallo viene messo in pentola mentre Dedalo ci versa dentro dell'acqua bollente e Fortunata trita sopra il pepe con un macinino di legno Dopo aver assaggiato un po' anche di questo manicaretto, Trimalcione si rivolge ai suoi schiavi e dice: Ma come, voi non avete ancora mangiato Avanti, sparite e fate venire degli altri a servire Entra così un nuovo gruppo e, mentre i primi esclamavano: 'Statti bene, o Gaio', i nuovi arrivati fecero eco dicendo: 'Salute a te, o Gaio' Ma da quel momento il nostro buon umore cominciò a guastarsi, perché tra i servi appena venuti c'era un ragazzino niente male che Trimalcione, appena lo vede, gli si butta al collo attaccando a sbaciucchiarselo tutto |