Cicerone, De Oratore: Libro 01; 21-25

Cicerone, De Oratore: Libro 01; 21-25

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 21-25
[XXI] [94] Itaque ego hac eadem opinione adductus scripsi etiam illud quodam in libello, qui me imprudente et invito excidit et pervenit in manus hominum, disertos cognosse me non nullos, eloquentem adhuc neminem, quod eum statuebam disertum, qui posset satis acute atque dilucide apud mediocris homines ex communi quadam opinione hominum dicere, eloquentem vero, qui mirabilius et magnificentius augere posset atque ornare quae vellet, omnisque omnium rerum, quae ad dicendum pertinerent, fontis animo ac memoria contineret [XXI][94] Perciò io indotto da questa opinione scrissi anche in un certo libretto, che mi sfuggì di mano a mia insaputa e senza che lo volessi, quella tale affermazione, che avevo conosciuto alcuni abili parlatori, ma nessun vero oratore, in quanto io definivo abile parlatore colui che è capace di parlare con sufficiente perspicacia e chiarezza davanti a uomini discretamente colti, secondo la comune maniera dintendere, mentre uomo veramente eloquente era per me colui che è capace di ingrandire ed abbellire con uno splendido discorso gli argomenti che vuole, e sa abbracciare con la mente e la mcmoria tutte quelle fonti di cognizioni, che si riferiscono allarte oratoria
Id si est difficile nobis, quod ante, quam ad discendum ingressi sumus, obruimur ambitione et foro, sit tamen in re positum atque natura: [95] ego enim, quantum auguror coniectura quantaque ingenia in nostris hominibus esse video, non despero fore aliquem aliquando, qui et studio acriore quam nos sumus atque fuimus et otio ac facultate discendi maiore ac maturiore et labore atque industria superiore, cum se ad audiendum legendum scribendumque dederit, exsistat talis orator, qualem quaerimus, qui iure non solum disertus, sed etiam eloquens dici possit; qui tamen mea sententia aut hic est iam Crassus aut, si quis pari fuerit ingenio pluraque quam hic et audierit et lectitarit et scripserit, paulum huic aliquid poterit addere Se ciò è difficile per noi, perché, prima di iniziare lo studio, siamo sopraffatti dalle cariche politiche e dagli impegni forensi, sia tuttavia messa nella cosa anche la natura:[95]per quanto posso congetturare, guardando al numero degli ingegni che vedo nel nostro popolo, ho speranza che possa nascere un giorno un uomo che, dedicandosi ad ascoltare, a leggere e a scrivere con una diligenza maggiore di quella che noi abbiamo e abbiamo avuto, e disponendo di una maggiore tranquillità, di una più pronta facoltà di apprendere e di una più intensa operosità, riesca un oratore tale quale noi desideriamo,il quale non solo potrà a buon diritto buon parlatore, ma anche eccellente oratore ;il quale oratore noi già labbiamo, a mio giudizio, in questo Crasso qui presente; se poi vi sarà qualcuno di pari ingegno, che avrà udito, letto e scritto più di lui, costui potrà aggiungere qualcosa a ciò che Crasso già possiede, ma certo non molto
[96] Hoc loco Sulpicius "insperanti" inquit "mihi et Cottae, sed valde optanti utrique nostrum cecidit, ut in istum sermonem, Crasse, delaberemini; nobis enim huc venientibus satis iucundum fore videbatur, si, cum vos de rebus aliis loqueremini, tamen nos aliquid ex sermone vestro memoria dignum excipere possemus; ut vero penitus in eam ipsam totius huius vel studi vel artifici vel facultatis disputationem paene intimam veniretis, vix optandum nobis videbatur [96] A questo punto ecco Sulpicio esclamare: Benché io e Cotta lo desiderassimo ardentemente, non avremmo mai sperato, o Crasso, che voi due affrontaste un discorso del genere; venendo qui ci reputavamo già abbastanza fortunati se, dai discorsi che voi avreste fatto intorno ad altri argo menti noi avessimo potuto cogliere qualche concetto degno di ricordo; che voi entraste nel cuore stesso di una discussione su tutta questa materia, chiamatela pure esercitazione o arte vera e propria o dote naturale, ci sembrava di non poterlo neanche desiderare

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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 01-05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 01-05

[97] Ego enim, qui ab ineunte aetate incensus essem studio utriusque vestrum, Crassi vero etiam amore, cum ab eo nusquam discederem, verbum ex eo numquam elicere potui de vi ac ratione dicendi, cum et per me ipsum egissem et per Drusum saepe temptassem; quo in genere tu, Antoni, vere loquar - numquam mihi percontanti aut quaerenti aliquid defuisti et persaepe me, quae soleres in dicendo observare, docuisti [97] Io infatti benché abbia provato fin dalladolescenza una forte simpatia per ciascuno di voi due e per Crasso anche un profondo affetto, e mi sia tenuto sempre stretto al suo fianco, non sono riuscito a strappargli una sola parola sull essenza e sul metodo delleloquenza, pur avendo tentato e da me stesso e spesso anche per mezzo di Druso;tu invece, o Antonio voglio essere franco non sei stato mai sordo alle richieste e alle domande che ti ho fatto su questa materia; spesso anzi mi hai illustrato il metodo che tu sei solito seguire nel preparare un discorso
[98] Nunc, quoniam uterque vestrum patefecit earum ipsarum rerum aditum, quas quaerimus, et quoniam princeps Crassus eius sermonis ordiendi fuit, date nobis hanc veniam, ut ea, quae sentitis de omni genere dicendi, subtiliter persequamini; quod quidem si erit a vobis impetratum, magnam habebo, Crasse, huic palaestrae et Tusculano tuo gratiam et longe Academiae illi ac Lycio tuum hoc suburbanum gymnasium anteponam [98] Ora, dal momento che ambedue ci avete aperto la strada verso quellarte che noi desideriamo conoscere, e poiché Grasso ha dato lavvio a questo discorso, concedeteci il favore di esporci dettagliatamente ciò che pensate su tutto questo tema delleloquenza; in verità, se otterrò da voi questo favore, sarò immensamente grato, o Crasso, a questa palestra e a questa tua villa Tuscolana, e terrò in molto maggior conto questo tuo suburbano ginnasio che la famosa Accademia e il famoso Liceo

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 11-15

[XXII] [99] Tum ille "immo vero," inquit "Sulpici, rogemus Antonium, qui et potest facere, quod requiris, et consuevit, ut te audio dicere: nam me quidem [fateor semper] a genere hoc toto sermonis refugisse et tibi cupienti atque instanti saepissime negasse, [ut] tute paulo ante dixisti; quod ego non superbia neque inhumanitate faciebam neque quod tuo studio rectissimo atque optimo non obsequi vellem, praesertim cum te unum ex omnibus ad dicendum maxime natum aptumque cognossem, sed me hercule istius disputationis insolentia atque earum rerum, quae quasi in arte traduntur" [XXII] [99] E Crasso di rimando: E allora, o Sulpicio, interroghiaino Antonio, che è in grado di fare quello che tu desideri ed è solito farlo, come tu affermi: infatti tu stesso poco fa hai detto che io ho sempre evitato del tutto un tale genere di discussioni e mi sono molto spesso rifiutato, benché tu lo desiderassi e mi pregassi; che io lo facevo non per superbia, né per scortesia, né perché non volessi favorire il tuo legittimo e nobile zelo, tanto più che in te io vedevo luomo più idoneo e adatto tra tutti allo studio delleloquenza; ma, per Ercole, io non sono abituato a un tale genere di discussioni e ignoro codeste norme, che vengono insegnate come se appartenessero a una vera e propria arte
[100] Tum Cotta "quoniam [id,] quod difficillimum nobis videbatur, ut omnino de his rebus, Crasse, loquerere, adsecuti sumus, de reliquo iam nostra culpa fuerit, si te, nisi omnia, quae percontati erimus, explicaris, dimiserimus [100] Allora Cotta: Dal momento che, o Crasso, siamo riusciti a farti parlare in generale su questo tema il che a noi sembrava impresa difficilissima , quanto al resto, sarà colpa nostra, se ti lasceremo andare, prima che tu abbia risposto esaurientemente alle domande che ti avremo fatte

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[101] "De eis, credo, rebus," inquit Crassus "ut in cretionibus scribi solet: QUIBUS SCIAM POTEROQUE [101] E Crasso di rimando:Purché si riferiscano a ciò che io so e che rientra nelle mie possibilità, come è usanza scrivere nelle dichiarazioni di eredità E allora Cotta: Ma certo
Tum ille "nam quod tu non poteris aut nescies, quis nostrum tam impudens est qui se scire aut posse postulet Infatti chi di noi sarà così impudente, da pretendere di sapere e di poter fare ciò che tu non sei in grado di fare o ignori

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" "Iam vero ista condicione, dum mihi liceat negare posse quod non potero et fateri nescire quod nesciam, licet" inquit Crassus "vestro arbitratu percontemini Allora interrogatemi a vostro piacere disse Crasso, ma a questa condizione, che io possa dire di non conoscere ciò che non conosco e confessare apertamente la mia ignoranza
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