Democritus tamen non inscite nugatur, ut physicus, quo genere nihil adrogantius:quod est ante pedes nemo spectat, caeli scrutantur plagas Verum is tamen habitu extorum et colore declarari censet haec dumtaxat: pabuli genus et earum rerum, quas terra procreet, vel ubertatem vel tenuitatem; salubritatem etiam aut pestilentiam extis significari putat Mortalem beatum, cui certo scio ludum numquam defuisse Huncine hominem tantis delectatum esse nugis, ut non videret tum futurum id veri simile, si omnium pecudum exta eodem temporem eundem habitum se coloremque converterent Sed si eadem hora aliae pecudis iecur nitidum atque plenum est, aliae horridum et exile, quid est quod declarari possit habitu extorum et colore |
Democrito, tuttavia, molto spiritosamente vuol prenderci in giro, da filosofo della natura quale è; nulla di più arrogante di questa gente: nessuno bada a ciò che ha davanti ai piedi; scrutano le plaghe del cielo E intanto, anche Democrito ritiene che l'aspetto e il colore delle viscere ci indichino almeno la qualità di un pascolo e l'abbondanza o la scarsità di un raccolto; crede anche che le viscere denotino la salubrità dell'aria o il sopraggiungere di una pestilenza Fortunato mortale, a cui, ne sono sicuro, non mancò mai la voglia di scherzare mai possibile che un tale uomo si sia divertito a spacciare sciocchezze così grosse, fino al punto da non vedere che quella asserzione sarebbe stata verosimile soltanto se le viscere di tutti gli animali avessero assunto contemporaneamente lo stesso aspetto e lo stesso colore Ma se nello stesso momento il fegato di un animale è nitido e tondeggiante, quello di un altro è grinzoso e minuscolo, che cosa si può prevedere in base all'aspetto e al colore delle viscere |
An hoc eiusdem modi est quale Pherecydeum illud quod est a te dictum, qui, cum aquam ex puteo vidisset haustam, terrae motum dixit futurum Parum, credo, impudenter, quod, cum factus est motus, dicere audent quae vis id effecerit; etiamne futurum esse aquae iugis colore praesentiunt Multa istius modi dicuntur in scholis, sed credere omnia vide ne non sit necesse Verum sint sane ista Democritea vera; quando ea nos extis exquirimus Aut quando aliquid eius modi ab haruspice inspectis extis audivimus |
O forse questo modo di divinazione è analogo a quello di Ferecide da te ricordato, il quale, avendo osservato un po' d'acqua attinta da un pozzo, disse che vi sarebbe stato un terremoto ancora troppo poco sfacciato, credo, il comportamento di quelli che, a terremoto già avvenuto, osano dire quale forza naturale lo abbia provocato; costoro prevedono addirittura un terremoto futuro, in base al colore di una sorgente d'acqua perenne Molte cose di questo genere si insegnano nelle scuole, ma ti consiglierei di riflettere se sia il caso di credere a tutte Ma ammettiamo pure che quelle asserzioni di Democrito siano vere: quando mai noi investighiamo quelle cose mediante le viscere o quando abbiamo sentito dire che un presagio di quel genere sia stato annunciato da un arùspice dopo aver osservato le viscere |
Ab aqua aut ab igni pericula monent; tum hereditates, tum damna denuntiant; fissum familiare et vitale tractant; caput iecoris ex omni parte diligentissume considerant; si vero id non est inventum, nihil putant accidere potuisse tristius Haec observari certe non potuerunt, ut supra docui Sunt igitur artis inventa, non vetustatis, si est ars ulla rerum incognitarum; cum rerum autem natura quam cognationem habent Quae ut uno consensu iuncta sit et continens (quod video placuisse physicis, eisque maxume, qui omne, quod esset, unum esse dixerunt), quid habere mundus potest cum thesauri inventione coniunctum |
Essi ammoniscono su pericoli derivanti dall'acqua o dal fuoco; predicono talvolta delle eredità, talaltra dei dissesti finanziari; esaminano le fenditure familiari e vitali delle viscere; osservano da ogni parte con la massima attenzione la testa del fegato; se, poi, notano che essa è mancante, ritengono che nulla possa accadere di più nefasto Tutte queste cose non hanno potuto essere osservate con costanza, come ho dimostrato sopra Sono dunque ritrovati della tecnica, non dell'antichità, se pure esiste una tecnica riguardante cose sconosciute; con la natura, poi, quale legame hanno Anche ammettendo che la natura sia tutta unita da un comune consenso e formi un tutto continuo (so che questa concezione è gradita ai filosofi della natura, e specialmente a quelli che hanno sostenuto l'unità di tutto l'essere), che connessione può esserci tra il mondo e il ritrovamento di un tesoro |
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Si enim extis pecuniae mihi amplificatio ostenditur idque fit natura, primum exta sunt coniuncta mundo, deinde meum lucrum natura rerum continetur Nonne pudet physicos haec dicere |
Se l'esame delle viscere mi fa sperare un aumento del mio patrimonio e ciò avviene per effetto della natura, in primo luogo quelle viscere sono connesse con tutto l'universo, in secondo luogo il mio guadagno è incluso nella natura Questi filosofi della natura non si vergognano di dire cose simili |
Ut enim iam sit aliqua in natura rerum contagio, quam esse concedo (multa enim Stoici conligunt; nam et musculorum iecuscula bruma dicunt augeri, et puleium aridum florescere brumali ipso die et inflatas rumpi vesiculas, et semina malorum, quae in iis mediis inclusa sint, in contrarias partis se vertere; iam nervos in fidibus aliis pulsis resonare alios, ostreisque et conchylus omnibus contingere ut cum luna pariter crescant pariterque decrescant, arboresque ut hiemali tempore cum luna simul senescente, quia tum exsiccatae sint, tempestive caedi putentur; quid de fretis aut de marinis aestibus plura dicam, quorum accessus et recessus lunae motu gubernantur | Anche se nella natura vi è una connessione di tutte le parti, cosa che io sono disposto a riconoscere (gli stoici, in effetti, hanno raccolto molti esempi a favore di questa tesi: dicono che i fegatini dei topolini aumentano di volume nell'inverno; che il puleggio arido fiorisce proprio nel giorno del solstizio d'inverno e che le vescichette si gonfiano e si rompono, e che i semi delle mele, racchiusi nell'interno dei frutti, si rivolgono verso direzioni opposte gli uni agli altri; che, inoltre, se si pizzicano alcune corde della cetra, altre risuonano anch'esse; che alle ostriche e a tutti i molluschi accade di ingrossarsi e di diminuire di volume contemporaneamente al crescere e al calare della luna; che si ritiene adatta per il taglio degli alberi la stagione invernale, nel periodo in cui la luna è calante, perché il loro legno è allora ben secco; e che dire ancora degli stretti marini e delle maree, il cui flusso e riflusso è determinato dai moti della luna |
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Sescenta licet eiusdem modi proferri, ut distantium rerum cognatio naturalis appareat) - demus hoc: nihil enim huic disputationi adversatur; num etiam, si fissum cuiusdam modi fuerit in iecore, lucrum ostenditur Qua ex coniunctione naturae et quasi concentu atque consensu, quam sumpa qeian Graeci appellant, convenire potest aut fissum iecoris cum lucello meo aut meus quaesticulus cum caelo, terra rerumque natura Concedam hoc ipsum, si vis, etsi magnam iacturam causae fecero, si ullam esse convenientiam naturae cum extis concessero Sed tamen eo concesso qui evenit, ut is qui impetrire velit convenientem hostiam rebus suis immolet Hoc erat, quod ego non rebar posse dissolvi At quam festive dissolvitur |
Si possono citare innumerevoli esempi da cui risulta l'affinità naturale di cose distanti tra loro) - concediamo, dunque, tutto ciò, ché non ne risulta ostacolata la mia discussione; ma si può forse anche sostenere che, se una fenditura d'un certo tipo si nota in un fegato, ciò è presagio di un guadagno In base a quale connessione naturale, a quale armonia e, per così dire, a quale consenso (che i greci chiamano sympátheia) vi può essere una relazione fra una fenditura d'un fegato e un mio guadagnuccio, fra un mio meschino lucro e il cielo, la terra, la natura tutta quanta E, se vuoi, ammettiamo anche questo, sebbene la mia causa risulterà assai indebolita quando avrò concesso l'esistenza di una qualsiasi connessione della natura con le viscere degli animali Ma anche dopo averla ammessa, come mai, domando, càpita che un tale, volendo ottenere un auspicio favorevole, sacrifichi un animale adatto al suo scopo Questa era la difficoltà che io credevo insuperabile E invece, con quale allegra disinvoltura viene superata |
Pudet me non tui quidem, cuius etiam memoriam admiror, sed Chrysippi, Antipatri, Posidoni, qui idem istuc quidem dicunt quod est dictum a te, ad hostiam deligendam ducem esse vim quandam sentientem atque divinam, quae toto confusa mundo sit; Illud vero multo etiam melius, quod et a te usurpatum est et dicitur ab illis: cum immolare quispiam velit, tum fieri extorum mutationem, ut aut absit aliquid aut supersit; deorum enim numini parere omnia Haec iam, mihi crede, ne aniculae quidem existimant An censes eundem vitulum si alius delegerit, sine capite iecur inventurum; si alius, cum capite Haec decessio capitis aut accessio subitone fieri potest, ut se exta ad immolatoris fortunam accommodent |
Mi vergogno non per te (anzi ammiro la tua capacità di ricordare tutte queste dottrine), ma per Crisippo, Antìpatro, Posidonio, i quali dicono precisamente quel che hai detto tu: una forza cosciente e divina, diffusa per tutto l'universo, ci guida nella scelta della vittima; ma ancor più bella è l'idea che tu hai esposto e che viene enunciata da quei filosofi: quando uno sta per eseguire il sacrificio, proprio allora avviene un mutamento delle viscere, di modo che qualche parte di esse scompare o si aggiunge: ché tutto obbedisce al volere degli dèi Queste, crédimi, son cose a cui non prestan fede più nemmeno le vecchierelle Pensi davvero che il medesimo vitello, se lo sceglierà un tale, lo troverà privo della testa del fegato; se lo sceglierà un altro, lo troverà col fegato tutto intero Questa scomparsa o questa aggiunta della testa del fegato può avvenire repentinamente, in modo che le viscere si prestino ad assecondare la buona sorte del sacrificatore |
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Non perspicitis aleam quandam esse in hostiis deligendis, praesertim cum res ipsa doceat Cum enim tristissuma exta sine capite fuerunt, quibus nihil videtur esse dirius, proxuma hostia litatur saepe pulcherrume Ubi igitur illae minae superiorum extorum Aut quae tam subito facta est deorum tanta placatio Sed adfers in tauri opimi extis immolante Caesare, cor non fuisse; id quia non potuerit accidere, ut sine corde victuma illa viveret, iudicandum esse tum interisse cor, cum immolaretur Qui fit, ut alterum intellegas, sine corde non potuisse bovem vivere, alterum non videas, cor subito non potuisse nescio quo avolare |
Non vi accorgete che nella scelta delle vittime entra in giuoco un fattore casuale, tanto più che i fatti stessi lo dimostrano Difatti, quando si sono trovate delle viscere estremamente malauguranti, senza la testa del fegato (niente di più infausto, dicono), la vittima che viene sacrificata subito dopo presenta indizi ottimi E allora, dove sono andati a finire i presagi minacciosi delle viscere precedenti O come mai, all'improvviso, gli dèi si sono così interamente placati Ma tu dici che tra le viscere di un toro ben pasciuto, quando Cesare lo immolò, non si rinvenne il cuore; e siccome sarebbe stato impossibile che, prima del sacrificio, quell'animale fosse vissuto privo del cuore, bisogna, a tuo avviso, ritenere che il cuore scomparve nel momento stesso in cui il toro veniva sacrifìcato Come mai tu capisci una delle due cose, cioè che un bovino non avrebbe potuto vivere senza avere il cuore, ma non comprendi l'altra, che il cuore non avrebbe potuto tutt'a un tratto volar via non so dove |
Ego enim possum vel nescire quae vis sit cordis ad vivendum, vel suspicari contractum aliquo morbo bovis exile et exiguum et vietum cor et dissimile cordis fuisse; tu vero quid habes, quare putes, si paulo ante cor fuerit in tauro opimo, subito id in ipsa immolatione interisse An quod adspexerit vestitu purpureo excordem Caesarem, ipse corde privatus est Urbem philosophiae, mihi crede, proditis, dum castella defenditis; nam, dum haruspicinam veram esse vultis, physiologiam totam pervertitis Caput est in iecore, cor in extis: iam abscedet, simul ac molam et vinum insperseris; deus id eripiet, vis aliqua conficiet aut exedet |
Io potrei o non sapere qual è la funzione vitale del cuore, o supporre che il cuore del bove, rimpiccolito da qualche malattia, fosse esile, minuscolo, flaccido, non più simile a un cuore normale; ma tu che motivi hai di credere che, se poco prima il cuore c'era nel corpo di un toro ben pasciuto, all'improvviso sia venuto meno, proprio mentre immolavano la bestia Forse, avendo visto Cesare che, uscito di senno, aveva indossato una veste purpurea, il toro rimase anch'esso privo di cuore Credi a me, voi abbandonate al nemico la capitale della filosofia, mentre perdete il tempo a difendere qualche piccolo fortilizio: ostinandovi a sostenere la verità dell'aruspicina, sovvertite tutta la fisiologia Nel fegato c'è la testa, tra le viscere c'è il cuore: ecco, scomparirà all'improvviso, appena avrai cosparso la vittima di farro e di vino; un dio lo sottrarrà, una forza misteriosa lo consumerà o lo divorerà |
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Non ergo omnium interitus atque ortus natura conficiet, et erit aliquid quod aut ex nihilo oriatur aut in nihilum subito occidat Quis hoc physicus dixit umquam Haruspices dicunt; his igitur quam physicis credendum potius existumas Cum pluribus deis immolatur, qui tandem evenit ut litetur aliis, aliis non litetur Quae autem inconstantia deorum est, ut primis minentur extis, bene promittant secundis Aut tanta inter eos dissensio, saepe etiam inter proxumos, ut Apollinis exta bona sint, Dianae non bona Quid est tam perspicuum quam, cum fortuito hostiae adducantur, talia cuique exta esse, qualis cuique obtigerit hostia |
Non sarà dunque la natura quella che regolerà la morte e la nascita di tutti gli esseri, ma ci sarà qualcosa che o sorgerà dal nulla o cadrà improvvisamente nel nulla Quale filosofo della natura ha mai detto questo Lo dicono gli arùspici: a costoro, dunque, credi che si debba prestar fede più che ai filosofi della natura Quando si fa un sacrificio in onore di più dèi, come mai può accadere che per alcuni il sacrificio riesca propizio, per altri no E cos'è questa volubilità degli dèi, tale da minacciarci con le viscere del primo sacrificio, da farci sperar bene con quelle del secondo O c'è fra loro tanta discordia, spesso anche tra divinità imparentate, sì che le viscere delle bestie immolate ad Apollo risultano gradite, quelle a Diana sgradite Che cosa può essere così evidente come il fatto che, essendo scelte a caso le vittime condotte al sacrifizio, le viscere saranno per ciascun sacrificante tali quale sarà la vittima che gli capiterà |