Caius Appuleius Diocles: l’auriga che guadagnò 36 milioni di sesterzi

Caius Appuleius Diocles: l’auriga che guadagnò 36 milioni di sesterzi

le corse dei carri dell'antica Roma, originarie della Grecia, sono parte dei giochi olimpici e si impongono presto nella Roma repubblicana per poi trionfare in quella imperiale, dove rappresentano lo sport per antonomasia

le corse hanno luogo nell'ippodromo, o per meglio dire al circo. Il più grande è il Circo Massimo, situato fra l'Aventino e il Palatino. Più volte ricostruito, verrà ampliato fino ad ospitare 385.000 spettatori, quasi per 2/3 seduti. Uomini e donne, giovani e vecchi, liberi e schiavi, lo frequentano in una promiscuità insolita e chiassosa. Molti spettatori scommettono sui carri o sulla scuderia. L'ippodromo ha forme ovale e le curve strette alle due estremità provocano molti incidenti. Non sono rari gli sfregamenti, i colpi bassi, gli imbrogli, le cadute, le ruote che si spezzano

Auriga del V secolo a.C., Delfi

I carri possono essere tirati da uno, due, tre o quattro cavalli. Quest'ultima formula è la più spettacolare. A Roma è la corsa principale e si svolge su 7 giri. Con il passare del tempo le competizioni si fanno sempre più numerose:

  • 76 giorno all'anno e 12 corse al giorno all'epoca di Cesare
  • 175 giorno all'anno e fino a 34 corse al giorno, tre secoli dopo

I cocchieri diventano delle star. Gli aurighi erano letteralmente idolatrati e potevano accumulare una fortuna. Agli ex schiavi affrancati e arricchiti dal successo si dedicano talvolta monumenti. Grazie alle iscrizioni funebri, il nome di alcuni di questi campioni è giunto fino a noi, come nel caso di Caius Appuleius Diocles, originario della Lusitania che corse per 24 anni e partecipò a 4.237 corse vincendone 1.462 e guadagnando circa 36 milioni di sesterzi. A quanto pare un record assoluto