Veduta di Delft - Jan Veermer, 1660-61

Veduta di Delft - Jan Veermer, 1660-61

Nella pittura olandese del Seicento il paesaggio abbandona definitivamente il ruolo di servire da sfondo a qualche altro soggetto per divenire protagonista di un genere a sé stante

L'interesse per la natura, nei suoi diversi aspetti, basta a giustificare l'uso di una tela per dipingervi un bosco, il profilo di una città in lontananza, la riva di un fiume, senza che il titolo debba cercare giustificativi in una caccia di Diana, una Gerusalemme Celeste o un battesimo di Cristo.

E' una rivoluzione che rivela la tendenza ad attenuare le gerarchie fra i generi ma anche, all'interno del quadro, di ogni gerarchia tra gli elementi che lo costituiscono: alberi, mucche, barche, campanile, eventuali esseri umani stanno sullo stesso piano di importanza. Questa disponibilità ad accogliere come accettabile qualunque soggetto è esattamente quel che il resto dell'Europa, tendenzialmente italianizzante, rimprovera all'arte fiammingo-olandese. 

Vermeer con la veduta di Delft rende evidente, con un quadro solo, la sua padronanza assoluta delle tecniche più efficaci a omogeneizzare l'atmosfera senza privilegiare nessun dettaglio rispetto agli altri, ma toccandoli tutti con leggerezza e consegnando a ciascuno la dovuta dose di luce, ombra, consistenza o evanescenza a seconda della parte assegnatagli nello spettacolo complessivo.

la gloria propria dei belgi e dipingere bene i campi, quella degli italiani gli uomini e gli dèi. E' la ragione per cui si dice che l'italiano ha il cervello nella testa e il belga nella sua abile mano

Dominicus Lampsonius

Astronomo - opera di Jan Vermeer

Concerto a tre - di Jan Vermeer

Falsi quadri di Vermeer venduti ai nazisti Himmler e Goering

la collana di perle - Jan Vermeer

la toeletta di Diana - Jan Vermeer

Ragazza col turbante di Jan Vermeer