Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 01, pag 2

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 07 - Parte 01
quo facto cum optime meriti beniuolentiam retinuit, tum Mauritaniae et Numidiae ceterarumque illius tractus gentium numquam fida pace quiescentem feritatem a ualuis suis reppulit

ext Tempus deficiet domestica narrantem, quoniam imperium nostrum non tam robore corporum quam animorum uigore incrementum ac tutelam sui conprehendit

maiore itaque ex parte Romana prudentia in admiratione tacita reponatur alienigenisque huius generis exemplis detur aditus

Socrates, humanae sapientiae quasi quoddam terrestre oraculum, nihil ultra petendum a dis inmortalibus arbitrabatur quam ut bona tribuerent, quia ii demum scirent quid uni cuique esset utile, nos autem plerumque id uotis expeteremus, quod non inpetrasse melius foret: etenim densissimis tenebris inuoluta mortalium mens, in quam late patentem errorem caecas precationes tuas spargis
Con ciò non solo si conservò la benevolenza di chi aveva assai ben meritato, ma volle allontanare dai battenti della Curia la non mai doma bellicosità dei Mauritani, dei Numidi e degli altri popoli di quella zona

Se volessi soffermarmi a narrare fatti patrii di questo genere, il tempo mi verrebbe meno, poiché il nostro impero si è incrementato e si difende non tanto con la forza, quanto con la vigoria morale

Pertanto lasciamo sotto silenzio per gran parte gli esempi di saggezza romana e facciamo luogo ad alcunidi quella straniera

Socrate, che oserei chiamare un oracolo in terra di umana saggezza, pensava che nulla occorre chiedere agli dei, se non che concedano il bene, perché solo essi sanno che cosa sia utile a ciascuno, mentre noi, generalmente, chiediamo con voti quel che sarebbe meglio non aver ottenuto; e davvero, o mente dei mortali, avvolta da fittissime tenebre, come largamente errando rivolgi senza discernimento le tue invocazioni
diuitias adpetis, quae multis exitio fuerunt: honores concupiscis, qui conplures pessum dederunt: regna tecum ipsa uoluis, quorum exitus saepe numero miserabiles cernuntur: splendidis coniugiis inicis manus; at haec ut aliquando inlustrant, ita nonnumquam funditus domos euertunt

desine igitur stulta futuris malorum tuorum causis quasi felicissimis rebus inhiare teque totam caelestium arbitrio permitte, quia qui tribuere bona ex facili solent, etiam eligere aptissime possunt

Idem expedita et conpendiaria uia eos ad gloriam peruenire dicebat, qui id agerent, ut, quales uideri uellent, tales etiam essent

qua quidem praedicatione aperte monebat ut homines ipsam potius uirtutem haurirent quam umbram eius consectarentur

Idem ab adulescentulo quodam consultus utrum uxorem duceret an se omni matrimonio abstineret, respondit, utrum eorum fecisset, acturum paenitentiam
Tu desideri le ricchezze che furono per molti causa di rovina: agogni gli onori, che molti fecero crollare: nel tuo segreto pensi ed aspiri ai regni, di cui sovente vediamo patetiche rovine, metti mano a brillanti matrimoni; ma questi, come talvolta danno lustro, così in qualche caso affossano intere famiglie

Cessa, dunque, di anelare stoltamente alle future cause delle tue disgrazie quasi fossero il colmo della felicità e tutta affidati all'arbitrio degli dei, perché chi suole concedere facilmente il bene, può anche sceglierlo assai convenientemente

Diceva, poi, che giungono per la via più rapida e più breve alla gloria coloro che, quali vogliono sembrare, tali anche sono

E con questa dichiarazione egli apertamente ammoniva che gli uomini farebbero meglio a penetrare nell'essenza della virtù che a seguirne l'ombra

Richiesto da un giovane se dovesse sposarsi o astenersi dal matrimonio, rispose che, qualunque delle due cose avesse fatto, se ne sarebbe pentito
hinc te inquit solitudo, hinc orbitas, hinc generis interitus, hinc heres alienus excipiet, illinc perpetua sollicitudo, contextus querellarum, dotis exprobratio, adfinium graue supercilium, garrula socrus lingua, subsessor alieni matrimonii, incertus liberorum euentus

non passus est iuuenem in contextu rerum asperarum quasi laetae materiae facere dilectum

Idem, cum Atheniensium scelerata dementia tristem de capite eius sententiam tulisset fortique animo et constanti uultu potionem ueneni e manu carnificis accepisset, admoto iam labris poculo, uxore Xanthippe inter fletum et lamentationem uociferante innocentem eum periturum

quid ergo

inquit nocenti mihi mori satius esse duxisti

inmensam illam sapientiam, quae ne in ipso quidem uitae excessu obliuisci sui potuit
Da una parte, disse, ti attenderebbero la solitudine, la mancanza di figli, la fine della famiglia, un erede estraneo; dall'altra ansie continue, un intreccio di lamentele, il sentirti rinfacciare che tua moglie ti ha portato la dote, il cipiglio dei parenti acquisiti, la lingua lunga di tua suocera, l'insidiatore del matrimonio altrui, l'incerta riuscita dei figli

Così Socrate non permise che, su un tema tanto complesso e difficile, quello facesse una scelta a cuor leggero, come se si trattasse di materia amena

Sempre lui, dopo essere stato dalla scellerata follia degli Ateniesi condannato a morte ed aver preso dalle mani del carnefice coraggiosamente e senza batter ciglio la bevanda col veleno, quando aveva già accostate le labbra alla tazza, alla moglie Santippe che tra pianti e gemiti gridava ch'egli moriva innocente

E che dunque

disse, hai pensato che sarebbe meglio per me morire colpevole

O infinita saggezza, che non riuscì a dimenticare sé stessa nemmeno al momento di abbandonare la vita mortale

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 05 - Parte 01
Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 05 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 05 - Parte 01

ext Age quam prudenter Solo neminem, dum adhuc uiueret, beatum dici debere arbitrabatur, quod ad ultimum usque fati diem ancipiti fortunae subiecti essemus

felicitatis igitur humanae appellationem rogus consummat, qui se incursui malorum obicit

Idem, cum ex amicis quendam grauiter maerentem uideret, in arcem perduxit hortatusque est ut per omnes subiectorum aedificiorum partes oculos circumferret

quod ut factum animaduertit, cogita nunc tecum inquit quam multi luctus sub his tectis et olim fuerint et hodieque uersentur et insequentibus saeculis sint habitaturi ac mitte mortalium incommoda tamquam propria deflere

qua consolatione demonstrauit urbes esse humanarum cladium consaepta miseranda

idem aiebat, si in unum locum cuncti mala sua contulissent, futurum ut propria deportare domum quam ex communi miseriarum aceruo portionem suam ferre mallent
() Orbene, con quanta saggezza Solone pensava che nessuno, finché vive, dev'essere detto beato, dal momento che siamo soggetti fino all'ultimo giorno della nostra vita al capriccio della fortuna

La somma della felicità umana si compie sul rogo, ultimo argine all'assalto dei mali

Lo stesso Solone, vedendo un suo amico gravemente afflitto, lo condusse sull'acropoli e lo esortò a volgere lo sguardo da ogni parte sugli edifici sottostanti

Quando vide che l'aveva fatto, pensa tra te e te ora , gli disse, quanti lutti vi siano stati un tempo, ci siano oggi e in avvenire saranno sotto questi tetti e cessa di piangere sulle disgrazie dei mortali come esclusivamente tue

Con queste parole di conforto egli dimostrò che le città sono miserevoli recinti di sciagure umane

Diceva, ancora, che gli uomini, se avessero tutti messo insieme i loro mali in un sol luogo, preferirebbero riportarsi a casa i propri che prendere la loro porzione dal mucchio comune delle miserie
quo colligebat non oportere nos quae fortuito patiamur praecipuae et intolerabilis amaritudinis iudicare

ext Bias autem, cum patriam eius Prienen hostes inuasissent, omnibus, quos modo saeuitia belli incolumes abire passa fuerat, pretiosarum rerum pondere onustis fugientibus interrogatus quid ita nihil ex bonis suis secum ferret ego uero inquit bona omnia mea mecum porto: pectore enim illa gestabat, non humeris, nec oculis uisenda, sed aestimanda animo

quae domicilio mentis inclusa nec mortalium nec deorum manibus labefactari queunt, et ut manentibus praesto sunt, ita fugientes non deserunt

sensu praeualens sententia, qui tum demum beatum terrarum orbem futurum praedicauit, cum aut sapientes regnare aut reges sapere coepissent
Onde concludeva essere inopportuno per noi giudicare particolarmente ed intollerabilmente amaro ciò che ci tocca di subire dal caso

() Biante, dopo che i nemici invasero Priene, sua patria, mentre quei pochi ai quali la ferocia della guerra aveva permesso di allontanarsi indenni fuggivano carichi dei loro oggetti preziosi, interrogato perché non si portasse dietro nessuno dei propri beni, I miei beni, rispose, io li porto tutti con me : perché li portava nel cuore, non sulle spalle, non visibili all'occhio umano, ma valutabili con la mente

Essi, chiusi nella dimora del pensiero, non possono subire scosse né dalle mani dei mortali né da quelle degli dei e, come sono sempre a disposizione di chi li attende, così non abbandonano chi fugge

() Ecco ora un pensiero di Platone, scarno di parole, ma dal significato assai valido e da lui più volte ripetuto, secondo il quale il mondo raggiungerà la beatitudine, quando i filosofi cominceranno a regnare o i re ad esser filosofi

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 03 - Parte 02

ext Rex etiam ille subtilis iudicii, quem ferunt traditum sibi diadema prius quam capiti inponeret retentum diu considerasse ac dixisse o nobilem magis quam felicem pannum

quem, si quis penitus cognoscat quam multis sollicitudinibus et periculis et miseriis sit refertus, ne humi quidem iacentem tollere uelit

ext Quid Xenocratis responsum, quam laudabile

cum maledico quorundam sermoni summo silentio interesset, uno ex his quaerente cur solus linguam suam cohiberet

quia dixisse me inquit aliquando paenituit, tacuisse numquam
Fu acutamente perspicace anche quel re, di cui si narra che, prima di porsi sulla testa il diadema che gli era stato consegnato, lo tenne a lungo tra le mani osservandolo e poi disse: a benda illustre più che datrice di felicità

Se si sapesse perfettamente di che ansie e pericoli e lacrime grondi, nessuno vorrebbe nemmeno sollevarla dalla terra

() E che dire della risposta così lodevole di Senocrate

Egli ascoltava nel più profondo silenzio le maldicenze fatte da certuni, quando uno di costoro gli chiese perché, solo, tenesse a freno la lingua

Perché , rispose, di aver parlato mi sono pentito qualche volta, di aver taciuto mai
ext Aristophanis quoque altioris est prudentiae praeceptum, qui in comoedia introduxit remissum ab inferis Atheniensium Periclen uaticinantem non oportere in urbe nutriri leonem, sin autem sit altus, obsequi ei conuenire: monet enim ut praecipuae nobilitatis et concitati ingenii iuuenes refrenentur, nimio uero fauore ac profusa indulgentia pasti quo minus potentiam obtineant ne inpediantur, quod stultum et inutile sit eas obtrectare uires, quas ipse foueris

ext Mirifice etiam Thales: nam interrogatus an facta hominum deos fallerent ne cogitata quidem inquit, ut non solum manus, sed etiam mentes puras habere uellemus, cum secretis cogitationibus nostris caeleste numen adesse credidissemus

ext Ac ne quod sequitur quidem minus sapiens
() Profonda saggezza rivelò anche Aristofane, quando introdusse in una sua commedia Pericle degli Ateniesi, che, tornato dagli inferi, dichiarava con tono profetico non essere opportuno nutrire nella propria città un leone, ma che, se ve lo si è allevato, conviene adattarsi ai suoi impulsi: in realtà egli ammonisce a frenare i giovani di alta nobiltà e di sbrigliato ingegno, ma a non cercare di impedire loro, qualora siano stati allevati in un'atmosfera troppo condiscendente e con smoderata larghezza, di raggiungere il potere, perché sarebbe sciocco e inutile ostacolare quelle forze, cui sia stato dato volontario alimento

() Meravigliosamente saggia fu anche le risposta di Talete: interrogato se gli uomini riescano ad ingannare gli dei con le loro azioni, rispose: No, e nemmeno col pensiero, sì che vogliamo tener monde non solo le meni, ma anche le mente, une volta convinti che lo spirito divino è sempre presente ai nostri pensieri nascosti

() E non meno saggia pere la risposta che segue

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 02 - Parte 01

unicae filiae pater Themistoclen consulebat utrum eam pauperi, sed ornato, an locupleti parum probato conlocaret

cui is malo inquit uirum pecunia quam pecuniam uiro indigentem

quo dicto stultum monuit ut generum potius quam diuitias generi legeret

ext Age, Philippi quam probabilis epistola, in qua Alexandrum quorumdam Macedonum beniuolentiam largitione ad se adtrahere conatum sic increpuit: quae te, fili, ratio in hanc tam uanam spem induxit, ut eos tibi fideles futuros existimares, quos pecunia ad amorem tui conpulisses

a caritate istud pater, ab usu Philippus, maiore ex parte mercator Graeciae quam uictor
Il padre di une figlie unica consultava Temistocle per sapere se dovesse darla in sposa e un uomo povero me onorato oppure ricco me poco stimato

Io , rispose, a preferirei un uomo bisognoso di denaro che del denaro bisognoso di un uomo

E con queste parole ammonì quello sciocco e scegliere un genero piuttosto che le ricchezze di un genero

() Suvvia, quanto degne di approvazione non è le lettera di Filippo, in cui rimproverò Alessandro, che tentava di conquistarsi le benevolenze di alcuni Macedoni con donativi, in questi termini: e Quale ragionamento, o figlio, ti ha indotto a credere vanamente che ti sarebbero fedeli coloro che ti fossi resi amici col denaro

Come padre egli ricavava queste saggezza dall'amore per il figlio, come Filippo dall'esperienza, lui che aveva conquistato la Grecia più mercanteggiando che vincendole
ext Aristoteles autem Callisthenen auditorem suum ad Alexandrum dimittens monuit cum eo aut quam rarissime aut quam iucundissime loqueretur, quo scilicet apud regias aures uel silentio tutior uel sermone esset acceptior

at ille, dum Alexandrum Persica Macedonem salutatione gaudentem obiurgat et ad Macedonicos mores inuitum reuocare beniuole perseuerat, spiritu carere iussus seram neglecti salubris consilii paenitentiam egit

Idem Aristoteles de semet ipsos in neutram partem loqui debere praedicabat, quoniam laudare se uani, uituperare stulti esset

eiusdem est utilissimum praeceptum ut uoluptates abeuntes consideremus

quas quidem sic ostendendo minuit: fessis enim paenitentiaeque plenis animis nostris subicit, quo minus cupide repetantur
Aristotele, sul punto di congedare il suo discepolo Callistene che si recava presso Alessandro, lo ammonì a parlare con lui assai poco o nelle maniera più piacevole che gli fosse possibile, naturalmente per riuscire egli orecchi del re o più sicuro nel suo silenzio o più gradito nelle sue parole

Quello, invece, poiché rimproverò ed Alessandro di compiacersi, lui macedone, di essere riverito alle maniera persiana e continuò benevolmente e richiamarlo alle usanze macedoni contro le voglia del re, ricevette l'ordine di suicidarsi ed ebbe a pentirsi troppo tardi di aver trascurato quel seggio consiglio

Lo stesso Aristotele insegnava che di sé non bisogne mai parlare né in bene né in male, perché lodarsi è de sciocchi, offendersi da stolti

Anche suo è l'utilissimo precetto di considerare momentanei i piaceri

La dimostrazione, con le quale toglie ed essi ogni valore, è da lui fette nel senso che, offrendoli al nostro animo stanco e pentito, ne sentiamo menoil desiderio

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ext Nec parum prudenter Anaxagoras interroganti cuidam quisnam esset beatus nemo inquit ex his, quos tu felices existimas, sed eum in illo numero reperies, qui a te ex miseris constare creditur

non erit ille diuitiis et honoribus abundans, sed aut exigui ruris aut non ambitiosae doctrinae fidelis ac pertinax cultor, in recessu quam in fronte beatior

ext Demadis quoque dictum sapiens: nolentibus enim Atheniensibus diuinos honores Alexandro decernere uidete inquit ne, dum caelum custoditis, terram amittatis

ext Quam porro subtiliter Anacharsis leges araneorum telis conparabat

nam ut illas infirmiora animalia retinere, ualentiora transmittere, ita his humiles et pauperes constringi, diuites et praepotentes non alligari
() Né poco saggiamente Anassagora a un tale che gli chiedeva chi mai fosse beato: Nessuno , rispose, di coloro che tu stimi felici: lo troverai piuttosto nel numero di coloro che credi essere infelici

Quello non sarà un uomo ricco di tesori e di onori, ma un coltivatore fedele e costante o di un piccolo campo o di un sapere non vanaglorioso, più felice nel suo mondo interiore che davanti agli altri

() Saggio fu anche questo detto di Demade: poiché gli Ateniesi non volevano decretare onori divini ad Alessandro: Badate , disse, che, mentre custodite il cielo, non abbiate a perdere la terra

() Quanto acutamente Anacarsi paragonava le leggi alle ragnatele

Difatti, come gli animali più deboli ne vengono irretiti e i più forti le trapassano da parte a parte, così le leggi coerciscono gli umili e i poveri, non vincolano, invece, i ricchi e i potenti

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