se novies a divo Augusto in Germaniam missum plura consilio quam vi perfecisse sic Sugambros in deditionem acceptos, sic Suebos regemque Maroboduum pace obstrictum posse et Cheruscos ceterasque rebellium gentis, quoniam Romanae ultioni consultum esset, internis discordiis relinqui precante Germanico annum efficiendis coeptis, acrius modestiam eius adgreditur alterum consulatum offerendo cuius munia praesens obiret simul adnectebat, si foret adhuc bellandum, relinqueret materiem Drusi fratris gloriae, qui nullo tum alio hoste non nisi apud Germanias adsequi nomen imperatorium et deportare lauream posset haud cunctatus est ultra Germanicus, quamquam fingi ea seque per invidiam parto iam decori abstrahi intellegeret |
Quanto a sé, inviato ben nove volte in Germania dal divo Augusto, aveva compiuto la sua missione più con la prudenza che con la forza Così aveva accettato la resa dei Sigambri, così aveva costretto alla pace gli Svevi e il re Maroboduo Anche i Cherusci e gli altri popoli ribelli, ora che la vendetta romana aveva avuto il suo corso, si potevano lasciare alle discordie interne E alla richiesta di Germanico di avere ancora un anno per concludere le operazioni, fece un appello più pressante al suo senso della disciplina, offrendogli un secondo consolato, carica che richiedeva la sua presenza a Roma E intanto aggiungeva che, nel caso di altre guerre, era bene lasciare una possibilità di gloria al fratello Druso, il quale, in mancanza di altri nemici, solo coi Germani poteva conquistarsi il titolo di imperator e meritare la corona d'alloro Germanico non indugiò oltre, pur comprendendo che si trattava di finzioni e che lo si allontanava per gelosia dal prestigio militare già conseguito |
[27] Sub idem tempus e familia Scriboniorum Libo Drusus defertur moliri res novas eius negotii initium, ordinem, finem curatius disseram, quia tum primum reperta sunt quae per tot annos rem publicam exedere Firmius Catus senator, ex intima Libonis amicitia, invenem inprovidum et facilem inanibus ad Chaldaeorum promissa, magorum sacra, somniorum etiam interpretes impulit, dum proavom Pompeium, amitam Scriboniam, quae quondam Augusti coniunx fuerat, consobrinos Caesares, plenam imaginibus domum ostentat, hortaturque ad luxum et aes alienum, socius libidinum et necessitatum, quo pluribus indiciis inligaret |
27 Nello stesso tempo, Libone Druso, della famiglia degli Scribonii, subisce l'accusa di attentare alla stabilità politica Tratterò nei dettagli l'inizio, il percorso e la conclusione di quella vicenda, perché allora, per la prima volta, si fece ricorso a una pratica destinata a corrodere, per tanti anni, lo stato Il senatore Firmio Cato, profittando dell'intima amicizia con Libone, indusse questo giovane, sventato e facile a futili entusiasmi, a credere agli astrologhi caldei, ad aver fiducia negli incantesimi dei maghi e negli interpreti dei sogni, e mentre gli faceva apparire Pompeo come padre di suo nonno, Scribonia, in passato anche moglie di Augusto, come sua zia, i Cesari come cugini, indicandogli la casa piena di ritratti di antenati, lo spingeva al lusso e ai debiti, rendendosi a lui compagno nelle dissolutezze e nelle ristrettezze finanziarie per serrarlo in una rete di indizi più schiaccianti |
[28] Vt satis testium et qui servi eadem noscerent repperit, aditum ad principem postulat, demonstrato crimine et reo per Flaccum Vescularium equitem Romanum, cui propior cum Tiberio usus erat Caesar indicium haud aspernatus congressus abnuit: posse enim eodem Flacco internuntio sermones commeare atque interim Libonem ornat praetura, convictibus adhibet, non vultu alienatus, non verbis commotior (adeo iram condiderat); cunctaque eius dicta factaque, cum prohibere posset, scire malebat, donec Iunius quidam, temptatus ut infernas umbras carminibus eliceret, ad Fulcinium Trionem indicium detulit celebre inter accusatores Trionis ingenium erat avidumque famae malae statim corripit reum, adit consules, cognitionem senatus poscit et vocantur patres, addito consultandum super re magna et atroci |
28 Quand'ebbe racimolato sufficienti testimoni e schiavi informati su ciò, chiede udienza al principe, dopo averlo già messo al corrente sulle accuse e sull'accusato mediante il cavaliere romano Flacco Vesculario intimo di Tiberio Quest'ultimo, pur non spregiando la delazione, negò l'udienza: infatti, tramite Flacco, era sempre possibile comunicare Intanto conferisce a Libone la dignità della pretura, lo ammette alla sua tavola senza mostrare nello sguardo l'avversione e nelle parole le emozioni (fino a tanto aveva saputo nascondere l'interna ira); e, pur potendo reprimere ogni suo detto e ogni suo gesto, preferiva conoscerli, fino a che un tal Giunio, sollecitato da Libone a evocare le ombre dei morti, non denunciò il fatto a Fulcinio Trione Era costui, tra i delatori, un personaggio famigerato per ingegno e assetato d'infamia presenta subito una denuncia, si rivolge ai consoli e chiede l'istruzione di un processo in senato Vennero convocati i senatori, non senza preavviso che si trattava di questione seria e di gravità particolare |
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[29] Libo interim veste mutata cum primoribus feminis circumire domos, orare adfinis, vocem adversum pericula poscere, abouentibus cunctis, cum diversa praetenderent, eadem formidine die senatus metu et aegritudine fessus, sive, ut tradidere quidam, simulato morbo, lectica delatus ad foris curiae innisusque fratri et manus ac supplices voces ad Tiberium tendens immoto eius vultu excipitur mox libellos et auctores recitat Caesar ita moderans ne lenire neve asperare crimina videretur [30] Accesserant praeter Trionem et Catum accusatores Fonteius Agrippa et C |
29 Libone intanto, vestitosi a lutto e accompagnato da donne della prima nobiltà, bussava a varie porte, pregava i parenti, chiedeva una voce in sua difesa di fronte al pericolo, però tutti si schermivano coi pretesti più disparati, ma con identico panico Il giorno della causa in senato, stremato dalla paura e dalla depressione, oppure, secondo la versione di altri, fingendo una malattia, si fece portare in lettiga all'ingresso della curia, dove, sorretto dal fratello e in atto di tendere, tra parole di supplica, le mani verso Tiberio, viene da questi accolto con volto impenetrabile Un attimo dopo Cesare legge l'atto d'accusa coi nomi dei presentatori, con tono di voce impassibile, perché non sembrasse sminuirne o accentuarne la gravità 30 A Trione e a Cato si erano aggiunti come accusatori Fonteio Agrippa e Gaio Vibio, e litigavano fra loro a chi toccasse pronunciare la requisitoria |
Vibius , certabantque cui ius perorandi in reum daretur, donec Vibius, quia nec ipsi inter se concederent et Libo sine patrono introisset, singillatim se crimina obiecturum professus, protulit libellos vaecordes adeo ut consultaverit Libo an habiturus foret opes quis viam Appiam Brundisium usque pecunia operiret inerant et alia huiusce modi stolida vana, si mollius acciperes, misemuda uni tamen libello manu Libonis nominibus Caesarum aut senatorum additas atrocis vel occultas notas accusator arguebat negante reo adgnoscentis servos per tormenta interrogari placuit |
Alla fine, poiché nessuno di loro intendeva cedere e Libone si era presentato senza difensore, Vibio dichiarò che avrebbe solo presentato, una per una, le singole accuse, e produsse documenti così deliranti da sostenere che Libone aveva consultato gli indovini per sapere se avrebbe avuto ricchezze tali da ricoprire con monete tutta la via Appia fino a Brindisi Vi erano anche altre accuse di tal genere, insensate e infondate, oppure accuse, a voler essere buoni, miserevoli Tuttavia, in un documento l'accusatore dimostrava che Libone aveva aggiunto di suo pugno, accanto ai nomi dei Cesari e dei senatori, annotazioni terribili e misteriose Alla smentita dell'accusato, venne deciso di interrogare, sotto tortura, gli schiavi, che ne conoscevano la grafia |
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et quia vetere senatus consulto quaestio in caput domini prohibebatur, callidus et novi iuris repertor Tiberius mancipari singulos actori publico iubet, scilicet ut in Libonem ex servis salvo senatus consulto quaereretur ob quae posterum diem reus petivit domumque digressus extremas preces P Quirinio propinquo suo ad principem mandavit [31] Responsum est ut senatum rogaret cingebatur interim milite domus, strepebant etiam in vestibulo ut audiri, ut aspici possent, cum Libo ipsis quas in novissimam voluptatem adhibuerat epulis excruciatus vocare percussorem, prensare servorum dextras, inserere gladium atque illis, dum trepidant, dum refugiunt, evertentibus adpositum cum mensa lumen, feralibus iam sibi tenebris duos ictus in viscera derexit |
E poiché un vecchio decreto del senato vietava l'interrogatorio di schiavi in un processo capitale contro il padrone, Tiberio, scaltro interprete di nuovi cavilli, ordinò la vendita di ciascuno degli schiavi a un funzionario del fisco, per poter poi, com'è ovvio, farli deporre contro Libone senza violare il decreto del senato A questo punto l'accusato chiese il rinvio di un giorno, tornò a casa e affidò a Publio Quirino, suo parente, l'estrema supplica al principe 31 Gli fu risposto di rivolgersi al senato La casa intanto veniva circondata da soldati; vociavano costoro anche nell'atrio, per farsi sentire e vedere, mentre Libone, trovando un nuovo supplizio in quelle stesse vivande che s'era fatto apprestare per godersi un ultimo piacere, pregava che qualcuno lo uccidesse, afferrava la destra dei servi, cercava di mettere loro in mano una spada Costoro, nel ritirarsi in preda al panico, rovesciano un lume posto sulla mensa ed egli, in quelle tenebre per lui cariche di morte, levò il ferro a colpirsi il ventre due volte |
ad gemitum conlabentis adcurrere liberti, et caede visa miles abstitit accusatio tamen apud patres adseveratione eadem peracta, iuravitque Tiberius petiturum se vitam quamvis nocenti, nisi voluntariam mortem properavisset [32] Bona inter accusatores dividuntur, et praeturae extra ordinem datae iis qui senatorii ordinis erant tunc Cotta Messalinus, ne imago Libonis exequias posterorum comitaretur, censuit, Cn Lentulus, ne quis Scribonius cognomentum Drusi adsumeret |
Al gemito del caduto accorsero i liberti, e i soldati, constatata la morte, si allontanarono Il processo ebbe nondimeno seguito, con la stessa serietà, davanti al senato, e Tiberio giurò sulla sua intenzione di intercedere per la vita di Libone, pur colpevole, se quello non avesse affrettato di sua mano la morte 32 I suoi beni vennero divisi fra gli accusatori, e a quelli di loro che appartenevano al senato fu concessa la pretura in assegnazione straordinaria Allora Cotta Messalino propose che l'effigie di Libone non accompagnasse le esequie dei suoi discendenti, mentre Gaio Lentulo suggerì che nessuno degli Scribonii si fregiasse del nome di Druso |
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supplicationum dies Pomponii Flacci sententia constituti, dona Iovi, Marti, Concordiae, utque idumn Septembrium dies, quo se Libo interfecerat, dies festus haberetur, L Piso et Gallus Asinius et Papius Mutilus et L Apronius decrevere; quorum auctoritates adulationesque rettuli ut sciretur vetus id in re publica malum facta et de mathematicis magisque Italia pellendis senatus consulta; quorum e numero L Pituanius saxo deiectus est, in P Marcium consules extra portam Esquilinam, cum classicum canere iussissent, more prisco advertere [33] Proatus die multa in luxum civitatis dicta a Q Haterio consulari, Octavio Frontone praetura functo; decretumque ne vasa auro solida ministrandis cibis fierent, ne vestis serica viros foedaret |
Dietro proposta di Pompeo Flacco vennero fissati i giorni per le feste di ringraziamento e, su iniziativa di Lucio Planco, di Gallo Asinio, di Papio Mutilo e di Lucio Apronio, si decretarono offerte a Giove, a Marte e alla Concordia e fu deciso che il 13 di settembre, giorno del suicidio di Libone, venisse considerato giorno festivo; Ho dato conto di queste adulazioni e di chi le ha espresse, perché si sappia che da noi questo male ha radici antiche Il senato deliberò anche sulla espulsione di astrologhi e maghi dall'Italia;uno di essi, Lucio Pituanio, fu gettato dalla Rupe Tarpea, mentre i consoli procedettero all'esecuzione di Publio Marcio, secondo la prassi d'un tempo, fuori dalla porta Esquilina, dopo aver fatto suonare le trombe, per richiamare il popolo 33 Nella successiva seduta del senato, si dilungarono contro il lusso della città il consolare Quinto Aterio e l'ex pretore Ottavio Frontone; fu proibita, con un decreto, la costruzione di recipienti d'oro massiccio per servire i cibi in tavola e, per gli uomini, le vesti di seta, perché degradanti |
excessit Fronto ac postulavit modum argento, supellectili, familiae: erat quippe adhuc frequens senatoribus, si quid e re publica crederent, loco sententiae promere contra Gallus Asinius disseruit: auctu imperii adolevisse etiam privatas opes, idque non novum, sed e vetustissimis moribus: aliam apud Fabricios, aliam apud Scipiones pecuniam; et cuncta ad rem publicam referri, qua tenui angustas civium domos, postquam eo magnificentiae venerit, gliscere singulos neque in familia et argento quaeque ad usum parentur nimium aliquid aut modicum nisi ex fortuna possidentis |
Frontone andò oltre e chiese un limite al possesso di oggetti d'argento, di suppellettili e di schiavi: perché era ancora una pratica corrente, tra i senatori, esprimere il proprio parere su fatti attinenti la vita pubblica Parere contrario espresse Asinio Gallo: con la crescita dell'impero - diceva - erano aumentate anche le proprietà private, e tutto ciò non era un fatto nuovo, bensì conforme a pratiche molto antiche: altro era il valore del denaro per i Fabrizi, altro per gli Scipioni; tutto aveva come termine di paragone lo stato, che, povero, aveva visto case modestissime per i suoi cittadini, ma, salito a un livello di grande splendore, consentiva ora lo sviluppo della ricchezza dei singoli Quanto agli schiavi, agli argenti e a tutto ciò che serve per le comuni necessità, l'eccesso o la giusta misura dipendono solo dalle condizioni economiche di chi li possiede |
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distinctos senatus et equitum census, non quia diversi natura, sed ut locis ordinibus dignationibus antistent, ita iis quae ad requiem animi aut salubritatem corporum parentur, nisi forte clarissimo cuique pluris curas, maiora pericula subeunda, delenimentis curarum et periculorum carendum esse facilem adsensum Gallo sub nominibus honestis confessio vitiorum et similitudo audientium dedit adiecerat et Tiberius non id tempus censurae nec, si quid in moribus labaret, defuturum corrigendi auctorem [34] Inter quae L Piso ambitum fori, corrupta iudicia, saevitiam oratorum accusationes minitantium increpans, abire se et cedere urbe, victurum in aliquo abdito et longinquo rure testabatur; simul curiam relinquebat |
Se per censo senatori e cavalieri si distinguevano dagli altri, non era perché fossero uomini di natura speciale, ma perché, come spettavano loro, avanti agli altri, posti riservati, distinzioni, riguardi, lo stesso valeva per ciò che assicura il riposo dell'animo e la salute del corpo, a meno di non credere che chi vive più preoccupazioni e affronta maggiori pericoli non debba beneficiare di quanto serve ad alleviare affanni e rischi Questa esplicita ammissione di vizi comuni a tutti gli ascoltatori, ammantata di belle parole, garantì a Gallo un facile successo E anche Tiberio aveva aggiunto che quello non era tempo di censure e che, in caso di cedimenti sul piano del costume, non sarebbe mancata la persona capace di correggerli 34 Fu in questo contesto che Lucio Pisone, nel mettere sotto accusa gli intrighi dei tribunali, la venalità dei giudici, la violenza degli oratori, che brandivano sempre accuse contro qualcuno, affermò il proposito di andarsene dalla città, per vivere in campagna in un ritiro lontano e appartato; e intanto fece l'atto di lasciare la curia |