Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 15-17

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 01; 15-17

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 01; 15-17

[15] [1] 'Fulgores', inquis, 'quomodo fiunt, quos Graeci sela appellent

Multis, ut aiunt, modis: potest illos ventorum vis edere, potest superioris caeli fervor (nam cum late fusus sit ignis, inferiora aliquando, si sunt idonea accendi, corripit); potest stellarum motus cursu suo excitare ignem et in subiecta transmittere

Quid porro

Non potest fieri, ut aer vim igneam usque in aethera elidat, ex qua fulgor ardor ve sit vel stellae similis excursus

[2] Ex his fulgoribus quaedam praeceps eunt similia prosilientibus stellis, quaedam certo loco permanent et tantum lucis emittunt, ut fugent tenebras ac diem repraesentent, donec consumpto alimento primum obscuriora sint, deinde flammae modo, quae in se cadit, per assiduam deminutionem redigantur ad nihilum
[15][1] Come si formano, chiedi, quei fulgori che i Greci chiamano sela

In molti modi, a quanto dicono: li può produrre la forza dei venti, il calore delle zone superiori del cielo (infatti, quando il fuoco si è diffuso estesamente, assale talvolta anche le regioni inferiori, se sono infiammabili); oppure il moto delle stelle con il loro corso può accendere il fuoco e trasmetterlo alle regioni sottostanti

E poi

Non può accadere che laria emani corpuscoli infuocati che arrivino fino alletere e che generino lampi o meteore infuocate o strisce luminose simili a stelle

[2] Tra questi bagliori, alcuni precipitano come stelle cadenti, altri rimangono fermi in un luogo fisso ed emettono tanta luce da dissipare le tenebre e riprodurre il giorno, finché, consumato lalimento, dapprima diventano più scuri, poi, come una fiamma che si spegne da sé, diminuiscono progressivamente fino a ridursi a niente
Ex his quaedam in nubibus apparent, quaedam supra nubes, cum aer spissus ignem, quem propior terris diu pa verat, usque in sidera expressit

[ 3] Horum aliqua non patiuntur moram sed transcurrunt aut extinguntur subinde, qua reluxerant: haec fulgura dicuntur, quia brevis illorum facies et caduca est nec sine iniuria decidens; saepe enim fulminum noxas ediderunt

Ab his tacta nos dicimus icta sine fulmine, quae G-asteroplekta Graeci vocant

[ 4] At quibus longior mora est et ignis fortior motumque caeli sequens aut etiam proprios cursus agunt, cometas nostri putant, de quibus dictum est
Di questi, alcuni appaiono nelle nubi, altri sopra le nubi, quando laria densa ha fatto salire fino agli astri quel fuoco che aveva a lungo alimentato in prossimità della terra

[3] Di questi, alcuni non sopportano indugi, ma attraversano velocemente il cielo o si estinguono subito dopo essersi accesi nella regione in cui hanno brillato: questi sono chiamati folgori, perché la loro apparizione è breve e fugace, ma la loro caduta non avviene senza provocare danni; spesso, infatti, hanno causato gli stessi mali dei fulmini

Noi chiamiamo toccati dagli astri senza lintervento del fulmine, gli oggetti toccati da esso, che i Greci chiamano asteroplekta

[4] Ma quelli che hanno una vita più lunga e un fuoco più potente che segue il movimento del cielo o anche che seguono una propria orbita, i nostri li ritengono comete, delle quali si è già parlato
Horum genera sunt pogoniae et cyparissiae et lampades et alia omnia, quorum ignis in exitu sparsus est; dubium, an inter hos ponantur trabes et pithiae raro visi: multa enim conglobatione ignium indigent, cum ingens illorum orbis aliquantum matutini amplitudinem solis exuperet

[5] Inter haec licet ponas et quod frequenter in historiis legimus caelum ardere visum, cuius nonnumquam tam sublimis ardor est, ut inter sidera ipsa videatur, nonnumquam tam humilis, ut speciem longinqui incendii praebeat

Sub Tiberio Caesare cohortes in auxilium Ostiensis coloniae cucurrerunt tamquam conflagrantis, cum caeli ardor fuisset per magnam partem noctis parum lucidus, crassi fumidique ignis

[6] De his nemo dubitat, quin habeant flammam, quam ostendunt: certa illis substantia est
Del genere di questi sono le comete pogonie, le meteore-cipresso, le fiaccole e tutte le altre meteore il cui fuoco termina nella forma di una coda diffusa; è dubbio se fra queste si debbano mettere le travi e le botti che si vedono raramente: essi, infatti, hanno bisogno di una grande massa di fuoco, dato che la loro massa sferica supera sensibilmente le dimensioni del sole mattutino

[5] Tra questi fenomeni puoi mettere anche ciò che spesso leggiamo nelle storie, cioè che il cielo è apparso infuocato e il suo fiammeggiare è talvolta così alto da sembrare proprio in mezzo alle stelle, talvolta così basso da avere laspetto di un incendio lontano

Sotto il regno di Tiberio Cesare le coorti accorsero in aiuto della colonia di Ostia come se fosse in fiamme, mentre si trattava di una vampa celeste brillante durata gran parte della notte, di un fuoco grasso e fumoso

[6] Per queste meteore nessuno dubita che abbiano realmente la fiamma che mostrano: esse sono fatte di una sostanza ben determinata

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 07; 01-05
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 07; 01-05

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 07; 01-05

De prioribus quaeritur (de arcu dico et coronis), decipiant aciem et mendacio constent an in illis quoque verum sit, quod apparet

[7] Nobis non placet in arcu aut corona subesse aliquid corporis certi, sed illam iudicamus speculi esse fallaciam alienum corpus nihil aliud quam mentientis

Non est enim quod in speculo ostenditur

Alioquin non exiret nec alia protinus imagine obduceretur, nec innumerabiles modo interirent modo exciperentur formae

[8] Quid ergo

Simulacra ista sunt et inanis verorum corporum imitatio, quae ipsa a quibusdam ita compositis, ut hoc possint, detorquentur in pravum

Nam, ut dixi, sunt specula, quae faciem prospicientium obliquent, sunt quae in infinitum augeant, ita ut humanum habitum modumque excedant nostrorum corporum
Per le precedenti (parlo degli arcobaleni e degli aloni) ci si chiede se ingannino la vista e si fondino su unillusione o se anche in esse ciò che appare esista realmente

[7] Noi non crediamo che a fondamento di un arcobaleno o di un alone ci sia qualche elemento di una determinata sostanza, ma riteniamo che sia limmagine ingannevole di uno specchio, il quale non fa che imitare un corpo situato al di fuori di esso

Nello specchio non cè realmente, infatti, loggetto che è mostrato

Altrimenti non ne uscirebbe e non verrebbe immediatamente scacciato da unaltra immagine e non accadrebbe che innumerevoli immagini ora spariscano ora si riformino

[8] E allora

Questi sono simulacri e imitazioni vane di corpi reali, che possono essi stessi essere deformati e stravolti da specchi costruiti appositamente a tale scopo

Infatti, come ho detto, ci sono specchi che deformano la figura di chi vi si guarda, ce ne sono altri che la ingrandiscono a dismisura, al punto da farle superare i limiti e laspetto umano dei nostri corpi
[16] [1] Hoc loco volo tibi narrare fabellam, ut intellegas, quam nullum instrumentum irritandae voluptatis libido contemnat et ingeniosa sit ad incitandum furorem suum

Hostius fuit Quadra, obscenitatis in scaenam usque productae

Hunc divitem a varum, sestertii milies servum, divus Augustus indignum vindicta iudicavit, cum a servis occisus esset, et tantum non pronuntiavit iure caesum videri

[2] Non erat ille ab uno tantummodo sexu impurus, sed tam virorum quam feminarum avidus fuit, fecitque specula huius notae, cuius modo rettuli, imagines longe maiores reddentia, in quibus digitus brachii mensuram et crassitudinem excederet
[16][1] A questo punto ti voglio narrare una storiella, perché tu capisca come la dissolutezza non disdegni alcuno strumento per eccitare il piacere dei sensi e come sia ingegnosa per stimolare la propria passione

Ci fu un certo Ostio Quadra, il cui comportamento osceno fu portato fin sulle scene

Il divo Augusto giudicò che questuomo ricco, avaro, schiavo dei suoi cento milioni di sesterzi, non fosse degno di essere vendicato, pur essendo stato ammazzato dai suoi servi, e poco mancò che non proclamasse pubblicamente che era stato ucciso con fondato motivo

[2] Questuomo non era dissoluto con uno solo dei due sessi, ma fu avido tanto di maschi quanto di femmine, e si fece costruire degli specchi con queste caratteristiche di cui ho appena parlato, che riflettono immagini molto più grandi del vero, nei quali un dito supera in lunghezza e in grandezza un braccio

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 21-25

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 02; 21-25

Haec autem ita disponebat, ut cum virum ipse pateretur, a versus omnes admissarii sui motus in speculo videret ac deinde falsa magnitudine ipsius membri tamquam vera gaudebat

[3] In omnibus quidem balneis agebat ille dilectum et aperta mensura legebat viros, sed nihilominus mendaciis quoque insatiabile malum oblectabat

I nunc et dic speculum munditiarum causa repertum

Foeda dictu sunt, quae portentum illud ore suo lancinandum dixerit feceritque, cum illi specula ab omni parte opponerentur, ut ipse flagitiorum suorum spectator esset et, quae secreta quoque conscientiam premunt quaeque sibi quisque fecisse se negat, non in os tantum sed in oculos suos ingereret

[4] At hercule scelera conspectum sui reformidant
E li collocava in modo tale che, quando era lui a offrirsi a un maschio, potesse vedere in uno specchio tutti i movimenti del suo stallone, pur essendo voltato di spalle, e poi godeva della falsa grandezza del membro di quello come se fosse vera

[3] Egli si aggirava per tutti i bagni pubblici alla ricerca del suo diletto e sceglieva gli uomini conoscendo esattamente le loro misure, ma ciò nonostante si dilettava a stimolare con immagini illusorie le sue voglie sfrenate

Ora vieni a dirmi che lo specchio è stato inventato per motivi di pulizia e di eleganza

orribile a dirsi ciò che quel mostro, che si sarebbe dovuto dilaniare con la propria bocca, abbia detto e fatto, quando aveva messo tutto attorno a sé degli specchi, per poter essere egli stesso spettatore dei suoi atti sconci, per poter non solo godere con la bocca, ma anche divorare con gli occhi quegli atti che, anche quando sono consumati in segreto, opprimono la coscienza, e che nessuno ammette neppure con se stesso di aver compiuto

[4] Ma, per Ercole, la scelleratezza ha paura di vedere se stessa
In perditis quoque et ad omne dedecus expositis tenerrima est oculorum verecundia

Ille, quasi parum esset inaudita et incognita pati, oculos suos ad illa advocavit nec quantum peccabat videre contentus, specula sibi per quae flagitia sua divideret disponeretque circumdedit; et quia non tam diligenter intueri poterat, cum caput merserat inguinibusque alienis obhaeserat, opus sibi suum per imagines offerebat

[5] Spectabat illam libidinem oris sui, spectabat admissos sibi pariter in omnia viros; nonnumquam inter marem et feminam distributus et toto corpore patientiae expositus spectabat nefanda: quidnam homo impurus reliquit, quod in tenebris faceret
Anche negli uomini corrotti e usi a ogni vergogna cè un riserbo particolarmente verecondo nei confronti degli occhi

Quello, invece, come se fosse poco sottoporsi ad atti inauditi e sconosciuti, chiamò in aiuto i suoi occhi di fronte a quelle cose e, non contento di vedere il suo peccato in tutta la sua gravità, si circondò di specchi, per dividere e distribuire le varie fasi dei suoi atti osceni; e poiché non poteva osservarli con accuratezza quando aveva immerso il capo fra i genitali altrui e vi era rimasto attaccato, offriva a se stesso lo spettacolo delle sue prestazioni attraverso immagini riflesse

[5] Contemplava la lussuria della sua bocca, contemplava gli uomini che si congiungevano a lui contemporaneamente in ogni maniera; talvolta, diviso fra un maschio e un femmina e con lintero corpo abbandonato agli stupri, contemplava una scena abominevole: che cosa ha lasciato da fare nelloscurità quelluomo depravato

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Non pertimuit diem, sed illos concubitus portentuosos sibi ipse ostendit, sibi ipse approbavit: quem non putes in ipso habitu pingi noluisse

[6] Est aliqua etiam prostitutis modestia et illa corpora publico obiecta ludibrio aliquid, quo infelix patientia lateat obtendunt; adeo in quaedam lupanar quoque verecundum est

At illud monstrum obscenitatem suam spectaculum fecerat et ea sibi ostentabat, quibus abscondendis nulla satis alta nox est
Non ha avuto per niente paura della luce del giorno, ma ha mostrato a se stesso quei coiti mostruosi, che trovò perfettamente degni di approvazione: non credi che avrebbe voluto essere ritratto mentre si esibiva in quelle prestazioni

[6] Persino nelle prostitute cè un certo ritegno, e nascondono quei loro corpi offerti al pubblico oltraggio stendendo un paravento; fino a tal punto anche in un lupanare cè una certa discrezione

Invece, quel mostro aveva trasformato in spettacolo la sua oscenità e mostrava a se stesso azioni che nessuna notte, per quanto buia, sarebbe bastata a nascondere
[7] "Simul, inquit, et virum et feminam patior; nihilominus illa quoque super vacua mihi parte alicuius contumelia marem exerceo; omnia membra stupris occupata sunt: oculi quoque in partem libidinis veniant et testes eius exactoresque sint; etiam ea, quae a conspectu corporis nostri positio submovit, arte visantur, ne quis me putet nescire, quid faciam

[8] Nil egit natura, quod humanae libidini ministeria tam maligna dedit, quod aliorum animalium concubitus melius instruxit: inveniam, quemadmodum morbo meo et imponam et satisfaciam

Quo nequitiam meam, si ad naturae modum pecco

Id genus speculorum circumponam mihi, quod incredibilem magnitudinem imaginum reddat

[ 9] Si liceret mihi, ad verum ista perducerem: quia non licet, mendacio pascar
[7] Mi offro contemporaneamente, diceva, a un maschio e a una femmina; ciò nonostante, mi do da fare anche con quella parte del mio corpo rimasta libera oltraggiando qualche altro maschio: tutte le membra sono impegnate in stupri: anche gli occhi partecipino al piacere sfrenato e ne siano testimoni e sorveglianti; con artifici possa io osservare anche ciò che la posizione del nostro corpo sottrae alla vista, perché nessuno pensi che io non sappia quello che sto facendo

[8] La natura non è riuscita a nulla, perché ha dato alla libidine umana degli strumenti così scarsi, mentre ha dotato maggiormente per laccoppiamento gli altri animali: troverò il modo di prenderrmi la rivincita e di soddisfare le mie voglie morbose

A che cosa serve la mia depravazione, se pecco rispettando i limiti della natura

Disporrò attorno a me quel genere di specchi che riflettono le immagini incredibilmente ingrandite

[9] Se ne avessi la possibilità, farei diventare reali queste dimensioni: poiché non è possibile, mi pascerò di unillusione

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Obscenitas mea plus quam capit videat et patientiam suam ipsa miretur"

Facinus indignum

Hic fortasse cito et antequam videret occisus est: ad speculum suum immolandus fuit

[I7][1] Derideantur nunc philosophi, quod de speculi natura disserant; quod inquirant, quid ita facies nostra nobis et quidem in nos ob versa reddatur; quid sibi rerum natura volverit, quae, cum vera corpora edidisset, etiam simulacra eorum aspici volvit; [2] quorsus pertinuerit hanc comparare materiam excipiendarum imaginum potentem: non in hoc scilicet, ut ad speculum barbam velleremus aut ut faciem viri poliremus (in nulla re illa luxuriae negotium concessit); sed primum omnium, quia imbecilli oculi ad sustinendum comminus solem ignoraturi erant formam eius, hebetato illum lumine ostendit
Che la mia oscenità veda più di quanto può abbracciare e ammiri tutto quello a cui si espone

Che cosa sconcia e indecente

Costui forse fu ucciso rapidamente e prima che potesse vedere la scena: lo si sarebbe dovuto immolare davanti al suo specchio

[17][1] Ora si deridano i filosofi, per il fatto che discutono sulla natura dello specchio; perché ricercano perché la nostra immagine ci sia riflessa così e cioè rivolta verso di noi, quale intenzione avesse la natura che, dopo aver creato i corpi reali, ha voluto che se ne vedessero anche le immagini; [2] a che cosa abbia predisposto la materia in grado di ricevere le immagini:certamente non lo ha fatto perché noi davanti allo specchio ci facessimo la barba o perché noi maschi ci lisciassimo il viso ( in nessun campo la natura ha concesso spazio allazione della dissolutezza ) ma prima di tutto poiché i nostri deboli occhi, incapaci di sostenere direttamente la vista del sole, ne avrebbero ignorato la forma, lo mostrò avendone attenuato lo splendore

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