Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 03, pag 2

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 03

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 03
Quid enim turpius philosophia captante clamores

numquid aeger laudat medicum secantem

Tacete, favete et praebete vos curationi; etiam si exclamaveritis, non aliter audiam quam si ad tactum vitiorum vestrorum ingemescatis

Testari vultis attendere vos moverique rerum magnitudine

sane liceat: ut quidem iudicetis et feratis de meliore suffragium, quidni non permittam

Apud Pythagoram discipulis quinque annis tacendum erat: numquid ergo existimas statim illis et loqui et laudare licuisse

Quanta autem dementia eius est quem clamores imperitorum hilarem ex auditorio dimittunt

Quid laetaris quod ab hominibus his laudatus es quos non potes ipse laudare

Disserebat populo Fabianus, sed audiebatur modeste; erumpebat interdum magnus clamor laudantium, sed quem rerum magnitudo evocaverat, non sonus inoffense ac molliter orationis elapsae
Non c'è niente di più vergognoso della filosofia che va in cerca di applausi

L'ammalato può forse lodare il medico che lo opera

Tacete e sottoponetevi di buon grado alla cura; anche se griderete la vostra approvazione, vi ascolterò come se gemeste perché tasto le vostre magagne

Volete dimostrare che prestate attenzione e siete toccati dall'importanza degli argomenti discussi

Sia pure: ma perché dovrei permettere che esprimiate il vostro giudizio e approviate quello che vi sembra migliore

Nella scuola di Pitagora i discepoli dovevano tacere per cinque anni: pensi che subito dopo fosse loro lecito parlare ed esprimere lodi

Quanto è insensato l'oratore che si allontana felice per gli applausi di un pubblico ignorante

Perché ti rallegri di essere lodato da persone che non puoi a tua volta lodare

Fabiano parlava al popolo e lo ascoltavano composti; scoppiava talvolta un forte applauso di approvazione, ma lo provocava la grandezza degli argomenti, non il suono di un'eloquenza facile e gradevole
Intersit aliquid inter clamorem theatri et scholae: est aliqua et laudandi elegantia

Omnia rerum omnium, si observentur, indicia sunt, et argumentum morum ex minimis quoque licet capere: impudicum et incessus ostendit et manus mota et unum interdum responsum et relatus ad caput digitus et flexus oculorum; improbum risus, insanum vultus habitusque demonstrat

Illa enim in apertum per notas exeunt: qualis quisque sit scies, si quemadmodum laudet, quemadmodum laudetur aspexeris

Hinc atque illinc philosopho manus auditor intentat et super ipsum caput mirantium turba consistit: non laudatur ille nunc, si intellegis, sed conclamatur

Relinquantur istae voces illis artibus quae propositum habent populo placere: philosophia adoretur
Deve esserci una differenza tra l'applauso del teatro e quello della scuola: esiste una certa eleganza anche nel modo di lodare

Ogni cosa, a ben guardare, è rivelatrice e anche da particolari minimi si può dedurre l'indole di una persona: l'incedere, un movimento della mano e a volte una sola risposta o il portare un dito alla testa o il movimento degli occhi denunciano un uomo impudico; il modo di ridere rivela il malvagio; il viso e l'atteggiamento il pazzo

Questi elementi vengono alla luce attraverso segni evidenti: puoi sapere come è ciascuno, badando a come loda e a come riceve le lodi

Da ogni parte il pubblico tende le mani al filosofo e la folla degli ammiratori lo assedia: in realtà costui non viene lodato, ma acclamato

Lasciamo questi strepiti a quelle arti che vogliono riuscire gradite alla massa: la filosofia deve essere venerata
Permittendum erit aliquando iuvenibus sequi impetum animi, tunc autem cum hoc ex impetu facient, cum silentium sibi imperare non poterunt; talis laudatio aliquid exhortationis affert ipsis audientibus et animos adulescentium exstimulat

At ad rem commoveantur, non ad verba composita; alioquin nocet illis eloquentia, si non rerum cupiditatem facit sed sui

Differam hoc in praesentia; desiderat enim propriam et longam exsecutionem, quemadmodum populo disserendum, quid sibi apud populum permittendum sit, quid populo apud se

Damnum quidem fecisse philosophiam non erit dubium postquam prostituta est; sed potest in penetralibus suis ostendi, si modo non institorem sed antistitem nancta est

Vale

Quid non potest mihi persuaderi, cui persuasum est ut navigarem
Bisognerà a volte concedere ai giovani di seguire il loro impulso, ma solo quando lo faranno di slancio, quando non potranno imporsi il silenzio; simili elogi in qualche misura spronano anche il pubblico e stimolano l'animo dei giovani

Li tocchi, però la sostanza, non le belle parole; altrimenti l'eloquenza sarà loro nociva, se non provocherà desiderio di contenuti, ma compiacimento di se stessa

Rimandiamo per ora questo tema, poiché richiede una lunga e appropriata trattazione: come si debba dissertare in pubblico, che cosa ci si possa permettere di fronte al pubblico, che cosa si possa permettere al pubblico di fronte a noi

La filosofia ha senza dubbio sofferto un danno da quando si è prostituita; ma può ricomparire nei suoi santuari, purché non trovi mercanti, ma sacerdoti

Stammi bene

Sono pronto a tutto, ora che mi sono lasciato convincere a mettermi in mare

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 17-18 Parte 02

Solvi mari languido; erat sine dubio caelum grave sordidis nubibus, quae fere aut in aquam aut in ventum resolvuntur, sed putavi tam pauca milia a Parthenope tua usque Puteolos subripi posse, quamvis dubio et impendente caelo

Itaque quo celerius evaderem, protinus per altum ad Nesida derexi praecisurus omnes sinus

Cum iam eo processissem ut mea nihil interesset utrum irem an redirem, primum aequalitas illa quae me corruperat periit; nondum erat tempestas, sed iam inclinatio maris ac subinde crebrior fluctus

Coepi gubernatorem rogare ut me in aliquo litore exponeret: aiebat ille aspera esse et importuosa nec quicquam se aeque in tempestate timere quam terram

Peius autem vexabar quam ut mihi periculum succurreret; nausia enim me segnis haec et sine exitu torquebat, quae bilem movet nec effundit

Institi itaque gubernatori et illum, vellet nollet, coegi, peteret litus
Salpai col mare calmo; veramente il cielo era carico di quei nuvoloni neri che, di solito, portano acqua o vento, ma pensai di farcela a percorrere le poche miglia tra la tua Napoli e Pozzuoli, anche se il tempo era incerto e minacciava tempesta

Perciò per uscirne prima, mi diressi subito al largo verso Nisida tagliando via tutte le insenature

Quando già mi trovavo a mezza strada, quella calma che mi aveva lusingato, finì; ancora non era scoppiata la burrasca, ma il mare era mosso e andava agitandosi sempre più

Cominciai a chiedere al timoniere di sbarcarmi in qualche punto della costa: mi disse che il litorale era dovunque a picco e privo di approdi e che in mezzo alla tempesta la cosa che temeva di più era la terra

Io intanto stavo così male da non curarmi più del pericolo; mi tormentava una nausea spossante, ma senza vomito; quella che smuove la bile e non la caccia fuori

Insistetti, perciò con il timoniere e lo costrinsi, volente o nolente, a dirigersi verso terra
Cuius ut viciniam attigimus, non exspecto ut quicquam ex praeceptis Vergilii fiat, obvertunt pelago proras aut ancora de prora iacitur: memor artificii mei vetus frigidae cultor mitto me in mare, quomodo psychrolutam decet, gausapatus

Quae putas me passum dum per aspera erepo, dum viam quaero, dum facio

Intellexi non immerito nautis terram timeri

Incredibilia sunt quae tulerim, cum me ferre non possem: illud scito, Ulixem non fuisse tam irato mari natum ut ubique naufragia faceret: nausiator erat

Et ego quocumque navigare debuero vicensimo anno perveniam
Quando ne siamo in prossimità, non aspetto che venga eseguita nessuna delle manovre descritte da Virgilio, Volgono le prore al mare o si getta l'ancora dalla prora: memore della mia maestria di vecchio amante dell'acqua gelida, mi getto in mare vestito di panno come è bene per chi fa bagni freddi

Sapessi che cosa ho passato arrampicandomi su per gli scogli, cercando una via, anzi creandomela

Ho capito che i marinai non hanno torto a temere la terra

Sono incredibili le sofferenze che ho sostenuto, mentre quasi non potevo sostenere me stesso: Ulisse, sappilo, non era destinato dalla nascita a trovar mari così agitati da fare sempre naufragio: soffriva di mal di mare

Anch'io, dovunque dovrò recarmi per mare, ci arriverò dopo vent'anni

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01
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Ut primum stomachum, quem scis non cum mari nausiam effugere, collegi, ut corpus unctione recreavi, hoc coepi mecum cogitare, quanta nos vitiorum nostrorum sequeretur oblivio, etiam corporalium, quae subinde admonent sui, nedum illorum quae eo magis latent quo maiora sunt

Levis aliquem motiuncula decipit; sed cum crevit et vera febris exarsit, etiam duro et perpessicio confessionem exprimit

Pedes dolent, articuli punctiunculas sentiunt: adhuc dissimulamus et aut talum extorsisse dicimus nos aut in exercitatione aliqua laborasse

Dubio et incipiente morbo quaeritur nomen, qui ubi ut talaria coepit intendere et utrosque distortos pedes fecit, necesse est podagram fateri

Contra evenit in his morbis quibus afficiuntur animi: quo quis peius se habet, minus sentit
Non appena rimisi in sesto lo stomaco - il senso di nausea, lo sai, non finisce venendo via dal mare - non appena rinfrancai il corpo ungendolo, cominciai a riflettere tra me e me, come ci dimentichiamo dei nostri difetti anche fisici, che pure si fanno sentire spesso, nonché di quelli spirituali, che più sono grandi più restano nascosti

Una leggera febbriciattola può sfuggire; ma quando aumenta e divampa una vera febbre, anche un uomo forte e abituato a soffrire deve confessare la sua malattia

I piedi ci dolgono, avvertiamo leggere fitte alle articolazioni: ma noi ancora dissimuliamo e diciamo o che ci siamo slogati una caviglia o che ci siamo stancati facendo ginnastica

All'inizio si cerca di dare un nome alla malattia ancora incerta; ma quando comincia a interessare le caviglie e a deformare i piedi, bisogna ammettere che si tratta di podagra

Il contrario accade nelle malattie dello spirito: più uno sta male, meno se ne rende conto
Non est quod mireris, Lucili carissime; nam qui leviter dormit, et species secundum quietem capit et aliquando dormire se dormiens cogitat: gravis sopor etiam somnia exstinguit animumque altius mergit quam ut in ullo intellectu sui sit

Quare vitia sua nemo confitetur

quia etiam nunc in illis est: somnium narrare vigilantis est, et vitia sua confiteri sanitatis indicium est

Expergiscamur ergo, ut errores nostros coarguere possimus

Sola autem nos philosophia excitabit, sola somnum excutiet gravem: illi te totum dedica Dignus illa es, illa digna te est: ite in complexum alter alterius

Omnibus aliis rebus te nega, fortiter, aperte; non est quod precario philosopheris
Non c'è da stupirsene, carissimo; chi dorme un sonno leggero, durante il sonno percepisce delle immagini e dormendo a volte si accorge di dormire: un sonno profondo, invece, cancella anche i sogni e fa sprofondare la mente tanto che perdiamo coscienza di noi stessi

Perché nessuno ammette i propri difetti

Perché vi è ancora immerso: i sogni li racconta chi è sveglio e così i propri vizi li ammette solo chi è guarito

Destiamoci, dunque, e rendiamoci conto dei nostri errori

Ma solo la filosofia può destarci, può scuoterci dal nostro sonno profondo: dedicati a lei completamente, tu ne sei degno ed essa è degna di te: stringetevi l'uno all'altra

Respingi tutto il resto con forza, apertamente; non ci si può dedicare alla filosofia di tanto in tanto

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Si aeger esses, curam intermisisses rei familiaris et forensia tibi negotia excidissent nec quemquam tanti putares cui advocatus in remissione descenderes; toto animo id ageres ut quam primum morbo liberareris

Quid ergo

non et nunc idem facies

omnia impedimenta dimitte et vaca bonae menti: nemo ad illam pervenit occupatus

Exercet philosophia regnum suum; dat tempus, non accipit; non est res subsiciva; ordinaria est, domina est, adest et iubet

Alexander cuidam civitati partem agrorum et dimidium rerum omnium promittenti 'eo' inquit 'proposito in Asiam veni, ut non id acciperem quod dedissetis, sed ut id haberetis quod reliquissem'

Idem philosophia rebus omnibus: 'non sum hoc tempus acceptura quod vobis superfuerit, sed id vos habebitis quod ipsa reiecero'
Se tu fossi malato, avresti tralasciato la cura del patrimonio e dimenticato le attività forensi e non stimeresti nessuno tanto da acconsentire ad assumerti la sua difesa durante gli intervalli della malattia; cercheresti in ogni modo di liberarti quanto prima del tuo male

E allora

Non farai lo stesso anche adesso

Metti da parte ogni impedimento e dedicati alla saggezza: nessuno può arrivarvi se ha mille impegni

La filosofia esercita il suo potere; il tempo lo accorda lei, non lo riceve da noi; non è un'attività accessoria, ma fondamentale; è padrona, ci sta dappresso e ci comanda

Alessandro, a una città che gli prometteva una parte delle terre e metà di tutti i beni, rispose: Non sono venuto in Asia per accettare quello che mi avreste dato, ma perché voi aveste quello che io vi avrei lasciato

Lo stesso dice la filosofia per ogni cosa: Non ho intenzione di accettare il tempo che vi avanza: voi avrete quello che io stessa rifiuterò
Totam huc converte mentem, huic asside, hanc cole: ingens intervallum inter te et ceteros fiet; omnes mortales multo antecedes, non multo te dii antecedent

Quaeris quid inter te et illos interfuturum sit

diutius erunt

At mehercules magni artificis est clusisse totum in exiguo; tantum sapienti sua quantum deo omnis aetas patet

Est aliquid quo sapiens antecedat deum: ille naturae beneficio non timet, suo sapiens

Ecce res magna, habere imbecillitatem hominis, securitatem dei

Incredibilis philosophiae vis est ad omnem fortuitam vim retundendam

Nullum telum in corpore eius sedet; munita est, solida; quaedam defetigat et velut levia tela laxo sinu eludit, quaedam discutit et in eum usque qui miserat respuit

Vale

Longum mihi commeatum dederat mala valetudo; repente me invasit

'Quo genere

' inquis
Rivolgile tutta la tua attenzione, stalle vicino, venerala: ci sarà un grande divario tra te e gli altri; sarai superiore di molto a tutti gli uomini e gli dèi non saranno di molto superiori a te

Chiedi quale differenza ci sarà tra te e loro

Vivranno più a lungo

Ma, perbacco, ci vuole una grande abilità a racchiudere tutto in poco spazio; per il saggio la propria vita si estende quanto per dio l'eternità

Ma c'è qualcosa in cui il saggio può essere superiore a dio: quegli non teme nulla per merito della sua natura, il saggio per merito suo

Ecco una gran cosa, avere la debolezza di un uomo e la tranquillità di un dio

incredibile la forza della filosofia nel respingere ogni attacco della sorte

Nessun'arma si conficca nel suo corpo; è ben difesa e salda; certi dardi li neutralizza e, come se fossero colpi leggeri, li para con le pieghe dell'ampia veste, altri li rende vani e li respinge contro chi li aveva scagliati

Stammi bene

La malattia mi aveva accordato una lunga tregua; all'improvviso mi ha assalito ancora

Di che malattia parli

chiederai

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Prorsus merito interrogas: adeo nullum mihi ignotum est

Uni tamen morbo quasi assignatus sum, quem quare Graeco nomine appellem nescio; satis enim apte dici suspirium potest

Brevis autem valde et procellae similis est impetus; intra horam fere desinit: quis enim diu exspirat

Omnia corporis aut incommoda aut pericula per me transierunt: nullum mihi videtur molestius

Quidni

aliud enim quidquid est aegrotare est, hoc animam egerere

Itaque medici hanc 'meditationem mortis' vocant; facit enim aliquando spiritus ille quod saepe conatus est

Hilarem me putas haec tibi scribere quia effugi Tam ridicule facio, si hoc fine quasi bona valetudine delector, quam ille, quisquis vicisse se putat cum vadimonium distulit

Ego vero et in ipsa suffocatione non desii cogitationibus laetis ac fortibus acquiescere

'Quid hoc est

' inquam 'tam saepe mors experitur me
Domanda giusta: nessun male mi è sconosciuto

Ma a uno in particolare sono come destinato: non so perché dovrei usare un termine greco: difficoltà di respiro è una definizione abbastanza adatta

L'attacco è brevissimo e simile a una tempesta; finisce per lo più nel giro di un'ora: e chi mai potrebbe agonizzare a lungo

Su di me sono passati tutti i malanni e i pericoli cui è soggetto il nostro corpo, ma nessuno mi sembra più penoso

E perché no

Qualunque altra infermità significa essere malati, questa è esalare l'anima

Perciò i medici la chiamano preparazione alla morte: un giorno il respiro riesce a fare quello che ha spesso tentato

Se mi compiacessi di questa stasi come di una guarigione sarei ridicolo, quanto un individuo che pensasse di aver vinto solamente perché è riuscito a rimandare il processo

Ma io, anche quando ero sul punto di soffocare, ho sempre trovato conforto in pensieri lieti e forti

Che c'è

mi dico, La morte mi mette alla prova tanto spesso

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