Seneca, De Clementia: 02; 03-07

Seneca, De Clementia: 02; 03-07

Latino: dall'autore Seneca, opera De Clementia parte 02; 03-07

[III] [1] Et ne forte decipiat nos speciosum clementiae nomen aliquando et in contrarium abducat, videamus, quid sit clementia qualisque sit et quos fines habeat

Clementia est temperantia animi in potestate ulciscendi vel lenitas superioris adversus inferiorem in constituendis poenis

Plura proponere tutius est, ne una finitio parum rem comprehendat et, ut ita dicam, formula excidat; itaque dici potest et inclinatio animi ad lenitatem in poena exigenda

[2] Illa finitio contradictiones inveniet, quamvis maxime ad verum accedat, si dixerimus clementiam esse moderationem aliquid ex merita ac debita poena remittentem: reclamabitur nullam virtutem cuiquam minus debito facere

Atqui hoc omnes intellegunt clementiam esse, quae se flectit citra id, quod merito constitui posset
[III] [1] E perché non ci sembri ogni tanto pretestuoso il nome della clemenza e non ci porti al contrario, vediamo che cosa sia la clemenza e quale sia e quali confini abbia

La clemenza è la moderazione dellanimo nel potere di vendicarsi o una superiore mitezza nei confronti di un inferiore nello stabilire le pene

E più sicuro proporne di più, affinché una sola definizione non comprenda poco la situazione e per dire così la forma la distrugga; così può essere detta anche inclinazione dellanimo alla mitezza nello stabilire una pena

[2] Troverà delle opposizioni, sebbene si avvicini di più al vero, quella definizione, se avremo detto che la clemenza è una moderazione nel togliere qualcosa da una pena meritata e dovuta: si contesterà che nessuna virtù fa meno del dovuto in ciascuna cosa

Ma tutti capiscono che la clemenza è una cosa che si sposta lontano da ciò che può essere tributato a ragione
[IV] [1] Huic contrariam imperiti putant severitatem; sed nulla virtus virtuti contraria est

Quid ergo opponitur clementiae

Crudelitas, quae nihil aliud est quam atrocitas animi in exigendis poenis

'Sed quidam non exigunt poenas, crudeles tamen sunt, tamquam qui ignotos homines et obvios non in compendium, sed occidendi causa occidunt nec interficere contenti saeviunt, ut Busiris ille et Procrustes et piratae, qui captos verberant et in ignem vivos imponunt

' [2] Haec crudelitas quidem; sed quia nec ultionem sequitur (non enim laesa est) nec peccato alicui irascitur (nullum enim antecessit crimen), extra finitionem nostram cadit; finitio enim continebat in poenis exigendis intemperantiam animi
[IV] [1] Gli inesperti ritengono che la severità sia contraria a questa; ma nessuna virtù è contraria alla virtù

Dunque, che cosa si oppone alla clemenza

La crudeltà che non è nientaltro che la bestialità dellanimo nellinfliggere le pene

Ma taluni non danno pene, e tuttavia sono crudeli come quelli che uccidono uomini sconosciuti e innocenti non per guadagno, ma proprio per uccidere e non contenti di ammazzare incrudeliscono, come quel Busiride e Procuste e i pirati, che frustano i prigionieri e li gettano vivi nel fuoco

[2] Questa certo è la crudeltà; ma poiché non segue una vendetta (infatti non fu offesa) né si arrabbia per un qualche peccato (non ci fu nessun crimine precedente), cade al di là della nostra definizione; la definizione infatti misurava lintemperanza dellanimo nellassegnare le pene
Possumus dicere non esse hanc crudelitatem, sed feritatem, cui voluptati saevitia est; possumus insaniam vocare: nam varia sunt genera eius et nullum certius, quam quod in caedes hominum et lancinationes pervenit

[3] Illos ergo crudeles vocabo, qui puniendi causam habent, modum non habent, sicut in Phalari, quem aiunt non quidem in homines innocentes, sed super humanum ac probabilem modum saevisse

Possumus effugere cavillationem et ita finire, ut sit crudelitas inclinatio animi ad asperiora

Hanc clementia repellit longe iussam stare a se; cum severitate illi convenit

[4] Ad rem pertinet quaerere hoc loco, quid sit misericordia; plerique enim ut virtutem eam laudant et bonum hominem vocant misericordem

Et haec vitium animi est
Possiamo dire che questa non è crudeltà, ma bestialità per la quale la violenza è di piacere; possiamo chiamarla follia: infatti sono vari i suoi tipi e nessuna è più sicura di ciò che giunge alle strage e agli strazi degli uomini

[3] Dunque chiamerò crudeli quelli che hanno motivo di punire, ma non hanno misura, come in Falaride, che dicono che abbia incrudelito non certo su uomini innocenti, ma al di là di una motivazione umana e aspettabile

Possiamo sfuggire il cavillo e definire così che la crudeltà sia linclinazione dellanimo alle cose più aspre

La clemenza impone che questa sia costretta a star lontano da lei; si accorda invece con la severità

[4] E attinente alla cosa domandarsi a questo punto che cosa sia la misericordia; molti la lodano infatti come una virtù e chiamano misericordioso luomo buono

Ma anche questa è un vizio dellanimo

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Seneca, De Clementia: 01; 01-04
Seneca, De Clementia: 01; 01-04

Latino: dall'autore Seneca, opera De Clementia parte 01; 01-04

Utraque circa severitatem circaque clementiam posita sunt, quae vitare debemus; per speciem enim severitatis in crudelitatem incidimus, per speciem clementiae in misericordiam

In hoc leviore periculo erratur, sed par error est a vero recedentium

[V] [1] Ergo quemadmodum religio deos colit, superstitio violat, ita clementiam mansuetudinemque omnes boni viri praestabunt, misericordiam autem vitabunt; est enim vitium pusilli animi ad speciem alienorum malorum succidentis

Itaque pessimo cuique familiarissima est; anus et mulierculae sunt, quae lacrimis nocentissimorum moventur, quae, si liceret, carcerem effringerent

Misericordia non causam, sed fortunam spectat; clementia rationi accedit
Attorno alla severità e attorno alla clemenza sono state poste due cose che dobbiamo evitare; sotto la tipologia della severità cadiamo nella crudeltà, sotto limmagine della clemenza cadiamo nella misericordia

Si sbaglia in questo con minore pericolo, ma tuttavia è pari lerrore di chi si allontana dal vero

[V] [1] Dunque, come la religione onora gli dei e la superstizione li offende, cos tutti gli uomini buoni cercheranno clemenza e mansuetudine, ma eviteranno la misericordia, è infatti il vizio di un animo debole che si abate alla vista dei mali altrui

Così essa è molto familiare a qualunque persona molto malvagia; sono le vecchie e le donnette, che sono mosse dalle lacrime di persone colpevolissime, che, se fosse lecito, distruggerebbero il carcere

La misericordia non guarda la situazione, ma la sorte; la clemenza riguarda la razionalità
[2] Scio male audire apud imperitos sectam Stoicorum tamquam duram nimis et minime principibus regibusque bonum daturam consilium; obicitur illi, quod sapientem negat misereri, negat ignoscere

Haec, si per se ponantur, invisa sunt; videntur enim nullam relinquere spem humanis erroribus, sed omnia delicta ad poenam deducere

[3] Quod si est quidnam haec scientia, quae dediscere humanitatem iubet portumque adversus fortunam certissimum mutuo auxilio cludit

Sed nulla secta benignior leniorque est, nulla amantior hominum et communis boni attentior, ut propositum sit usui esse et auxilio nec sibi tantum, sed universis singulisque consulere
[2]So che presso gli ignoranti si ascolta con sfavore la setta degli stoici, come troppo dura e per niente capace di dare un buon consiglio a principi e re; le si obietta il fatto che dice che il sapiente non ha pietà, dice che non perdona

Queste cose, se sono analizzate di per sé, sono invise; sembra infatti che non lascino nessuna speranza allerrore umano, ma che conducano alla pena tutti i delitti

[3] Ma, se è così, che cosa è mai questa scienza che ordina di disimparare lumanità e che chiude un porto sicurissimo di aiuto scambievole contro la sorte

Ma nessuna scuola è più benigna e più mite, nessuna più amante degli uomini e più attenta al bene comune al punto che il suo proposito è di essere di consulto e aiuto e non consigliare solo sé, ma tutti ad uno ad uno

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Seneca, De Clementia: 01; 05-08
Seneca, De Clementia: 01; 05-08

Latino: dall'autore Seneca, opera De Clementia parte 01; 05-08

[4] Misericordia est aegritudo animi ob alienarum miseriarum speciem aut tristitia ex alienis malis contracta, quae accidere immerentibus credit; aegritudo autem in sapientem virum non cadit; serena eius mens est, nec quicquam incidere potest, quod illam obducat

Nihilque aeque hominem quam magnus animus decet; non potest autem magnus esse idem ac maestus

[5] Maeror contundit mentes, abicit, contrahit; hoc sapienti ne in suis quidem accidet calamitatibus, sed omnem fortunae iram reverberabit et ante se franget; eandem semper faciem servabit, placidam, inconcussam, quod facere non posset, si tristitiam reciperet

[VI] [1] Adice, quod sapiens et providet et in expedito consilium habet; numquam autem liquidum sincerumque ex turbido venit
[4] La misericordia è una malattia dellanimo alla vista delle miserie umane o una tristezza contratta a partire da mali estranei che crede capitino a chi non li merita; una malattia, però non cade in un uomo sapiente; la sua mente è serena e niente che la offuschi può accadere

Niente più che un grande animo è proprio delluomo; ma questo non può essere contemporaneamente grande e triste

[5] La tristezza ottunde le menti, le strattona, le stringe; questo non accade al sapiente neppure nelle sue disgrazie, ma rivolgerà ogni incrudelimento della sorte e lo distruggerà davanti a sé; conserverà sempre la stessa espressione placida, intatta, cosa che non potrebbe fare se raccogliesse tristezza

[VI] [1] Aggiungi il fatto che il sapiente sia prevede sia ha subito una opinione; giammai unacqua sincera viene dal torbido
Tristitia inhabilis est ad dispiciendas res, utilia excogitanda, periculosa vitanda, aequa aestimanda; ergo non miseretur, quia id sine miseria animi non fit

[2] Cetera omnia, quae, qui miserentur, volunt facere, libens et altus animo faciet; succurret alienis lacrimis, non accedet; dabit manum naufrago, exsuli hospitium, egenti stipem, non hanc contumeliosam, quam pars maior horum, qui misericordes videri volunt, abicit et fastidit, quos adiuvat, contingique ab iis timet, sed ut homo homini ex communi dabit; donabit lacrimis maternis filium et catenas solvi iubebit et ludo eximet et cadaver etiam noxium sepeliet, sed faciet ista tranquilla mente, voltu suo

[3] Ergo non miserebitur sapiens, sed succurret, sed proderit, in commune auxilium natus ac bonum publicum, ex quo dabit cuique partem
La tristezza è incapace di semplificare le cose, di escogitare cose utili, di evitare quelle pericolose, di stimare le cose giuste, dunque non ha compassione, perché ciò non accade senza un impoverimento dellanimo

[2]Farà volentieri e con animo lieto tutte le altre cose che vogliono fare quelli che hanno misericordia; darà soccorso alle altrui lacrime, non si unirà; darà una mano al naufrago, una casa allesule, unelemosina al povero, non quella offensiva che la gran parte di quelli che vogliono sembrare misericordi, getta e infastidisce quelli che aiuta, e teme di essere contagiata da loro, ma darà da cosa comunque come uomo ad un uomo; donerà ad un figlio lacrime di madre e ordinerà che siano sciolte catene e lo porterà fuori dal gioco gladiatorio e seppellirà il cadavere, anche se colpevole, ma farà queste cose con mente serena, con il suo volto

[3] Dunque il sapiente non avrà pietà, ma soccorrerà, ma gioverà, nati per laiuto comune e per il bene pubblico, di cui darà una parte a ciascuno

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Latino: dall'autore Seneca, opera De Clementia parte 01; 13-16

Etiam ad calamitosos pro portione improbandosque et emendandos bonitatem suam permittet; adflictis vero et forte laborantibus multo libentius subveniet

Quotiens poterit, fortunae intercedet; ubi enim opibus potius utetur aut viribus, quam ad restituenda, quae casus impulit

Voltum quidem non deiciet nec animum ob crus alicuius aridum aut pannosam maciem et innixam baculo senectutem; ceterum omnibus dignis proderit et deorum more calamitosos propitius respiciet

[4] Misericordia vicina est miseriae; habet enim aliquid trahitque ex ea
Trasmetterà la sua bontà anche ai disperati per loro colpa e a coloro che devono essere puniti ed emendati; ma agli afflitti e a quelli che per caso soffrono, soccorrerà molto più volentieri

Tutte le volte che potrà, andrà incontro alla sorte; dove infatti userà più forze o mezzi per restituire le cose che il caso sottrasse

Lui certo non girerà il volto né lanimo per la pelle secca di qualcuno o per una gracilità malata o per una vecchiaia appoggiata al bastone; invece sarà utile a tutte le persone deboli e guarderà propizio i sofferenti secondo il costume degli dei

[4] La misericordia è vicina alla miseria; ha infatti qualcosa e la prende da lei
Imbecillos oculos esse scias, qui ad alienam lippitudinem et ipsi subfunduntur, tam mehercules quam morbum esse, non hilaritatem, semper adridere ridentibus et ad omnium oscitationem ipsum quoque os diducere; misericordia vitium est animorum nimis miseria paventium, quam si quis a sapiente exigit, prope est, ut lamentationem exigat et in alienis funeribus gemitus

[VII] [1] 'At quare non ignoscet

' Agedum constituamus nunc quoque, quid sit venia, et sciemus dari illam a sapiente non debere

Venia est poenae meritae remissio
Sappi che sono sguarniti gli occhi che soccombono anche loro allaltrui infiammazione, tanto, per Ercole, come se fosse un morbo, non lilarità, ma il ridere a chi ride e laprire anche la bocca allo sbadiglio di tutti; la misericordia è il vizio degli animi che temono troppo la miseria, e, se qualcuno la esige da un saggio, è quasi come esigere pianto e lamenti nei funerali altrui

[VII] [1] Ma perché non perdonerà

Orsù, stabiliamo anche ora che cosa sia il perdono e sapremo che quello non deve essere concesso da un sapiente

Il perdono è la sottrazione di una pena meritata

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Hanc sapiens quare non debeat dare, reddunt rationem diutius, quibus hoc propositum est; ego ut breviter tamquam in alieno iudicio dicam: Ei ignoscitur, qui puniri debuit; sapiens autem nihil facit, quod non debet, nihil praetermittit, quod debet; itaque poenam, quam exigere debet, non donat, [2] Sed illud, quod ex venia consequi vis, honestiore tibi via tribuet; parcet enim sapiens, consulet et corriget; idem faciet, quod, si ignosceret, nec ignoscet, quoniam, qui ignoscit, fatetur aliquid se, quod fieri debuit, omisisse

Aliquem verbis tantum admonebit, poena non adficiet aetatem eius emendabilem intuens; aliquem invidia criminis manifeste laborantem iubebit incolumem esse, quia deceptus est, quia per vinum lapsus; hostes dimittet salvos, aliquando etiam laudatos, si honestis causis pro fide, pro foedere, pro libertate in bellum acciti sunt
Perché il sapiente non debba concederla, danno spiegazione in maniera più esplicita quelli che si sono proposti ciò; io parlerò brevemente come in unaffermazione estranea: Si perdona a chi dovette essere punito; ma il saggio non fa niente che non debba, non lascia niente di ciò che deve; così non condona la pena che deve esigere, [2] ma otterrà quello che vuoi conseguire dal perdono, con una via più giusta; infatti il sapiente perdonerà, consiglierà e correggerà; farà la stessa cosa che avrebbe fatto se avesse perdonato, ma non perdonerà perché chi perdona confessa di aver omesso qualcosa che sarebbe dovuta essere fatta

Ammonirà soltanto a parole qualcuno, vedendo la sua età emendabile non darà la pena, ordinerà che qualcuno che soffre cose orribili evidentemente per il crimine resti incolume, poiché fu convinto, poiché cadde a causa del vino; lascerà vivi i nemici che talvolta saranno stati lodati se si accinsero alla guerra per cause oneste, per fedeltà, per patto, per la libertà

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