Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 01, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 01
Abduc illum a privata causa ad publicam; dic mortale tibi et fragile corpusculum esse, cui non ex iniuria tantum aut ex potentioribus viribus denuntiabitur dolor: ipsae voluptates in tormenta vertuntur, epulae cruditatem afferunt, ebrietates nervorum torporem tremoremque, libidines pedum, manuum, articulorum omnium depravationes

Pauper fiam: inter plures ero

Exul fiam: ibi me natum putabo quo mittar

Alligabor: quid enim

nunc solutus sum

ad hoc me natura grave corporis mei pondus adstrinxit

Moriar: hoc dicis, desinam aegrotare posse, desinam alligari posse, desinam mori posse
Volgilo dai tuoi problemi personali a quelli generali; ripetigli che hai un corpo mortale e fragile; sofferenze possono infliggergliene non solo la violenza o la forza dei più potenti; i piaceri stessi si volgono in tormenti: i pranzi provocano indigestioni, l'ubriachezza torpore e tremiti nervosi, la lussuria può deformare piedi, mani e tutte le articolazioni

Diventerò povero: sarò tra i più

Andrò in esilio: penserò di esser nato là dove mi manderanno

Sarò incatenato: e allora

Sono forse libero adesso

La natura mi ha vincolato a questo grave peso: il corpo

Morirò: è come se tu dicessi: non correrò più il rischio di ammalarmi, di essere messo in catene, di morire
Non sum tam ineptus ut Epicuream cantilenam hoc loco persequar et dicam vanos esse inferorum metus, nec Ixionem rota volvi nec saxum umeris Sisyphi trudi in adversum nec ullius viscera et renasci posse cotidie et carpi: nemo tam puer est ut Cerberum timeat et tenebras et larvalem habitum nudis ossibus cohaerentium

Mors nos aut consumit aut exuit; emissis meliora restant onere detracto, consumptis nihil restat, bona pariter malaque summota sunt

Permitte mihi hoc loco referre versum tuum, si prius admonuero ut te iudices non aliis scripsisse ista sed etiam tibi

Turpe est aliud loqui, aliud sentire: quanto turpius aliud scribere, aliud sentire

Memini te illum locum aliquando tractasse, non repente nos in mortem incidere sed minutatim procedere
Non sono tanto ottuso da recitare a questo punto la litania epicurea e ripetere che sono falsi gli spauracchi dell'oltretomba; Issione non gira legato a una ruota, Sisifo non spinge con le spalle un masso su per una salita, a nessuno possono ogni giorno ricrescere ed essere divorate le viscere: non c'è uomo così infantile da temere Cerbero, le tenebre e gli spettri sotto forma di nudi scheletri

La morte o ci consuma o ci spoglia; se ci libera dal peso del corpo, rimane la parte migliore di noi; se ci consuma, di noi non resta niente; beni e mali scompaiono allo stesso modo

Permettimi a questo punto di citare un tuo verso; bada, però: non lo hai scritto solo per gli altri, ma anche per te

vergognoso dire una cosa e pensarne un'altra: ma scrivere una cosa e pensarne un'altra lo è ancòra di più

Ricordo che una volta hai trattato questo argomento: noi non precipitiamo all'improvviso nella morte, ma ci avviciniamo a poco a poco
Cotidie morimur; cotidie enim demitur aliqua pars vitae, et tunc quoque cum crescimus vita decrescit

Infantiam amisimus, deinde pueritiam, deinde adulescentiam

Usque ad hesternum quidquid trans;t temporis perit; hunc ipsum quem agimus diem cum morte dividimus

Quemadmodum clepsydram non extremum stilicidium exhaurit sed quidquid ante defluxit, sic ultima hora qua esse desinimus non sola mortem facit sed sola consummat; tunc ad illam pervenimus, sed diu venimus

Haec cum descripsisses quo soles ore, semper quidem magnus, numquam tamen acrior quam ubi veritati commodas verba, dixisti, mors non una venit, sed quae rapit ultima mors est

Malo te legas quam epistulam meam; apparebit enim tibi hanc quam timemus mortem extremam esse, non solam
Moriamo ogni giorno: ogni giorno ci viene tolta una parte della vita e anche quando ancora cresciamo, la vita decresce

Abbiamo perduto l'infanzia, poi la fanciullezza, poi la giovinezza

Tutto il tempo trascorso fino a ieri è ormai perduto; anche questo giorno che stiamo vivendo lo dividiamo con la morte

Come la clessidra non la vuota l'ultima goccia d'acqua, ma tutta quella defluita prima, così l'ora estrema, che mette fine alla nostra vita, non provoca da sola la morte, ma da sola la compie; noi vi giungiamo in quel momento, da tempo, però, vi siamo diretti

Dopo aver delineato questi concetti con il tuo solito linguaggio, sempre sostenuto e tuttavia mai più penetrante di quando metti le parole al servizio della verità, scrivi: La morte non viene una volta sola: quella che ci porta via è l'ultima morte

meglio che tu legga te stesso invece della mia lettera; capirai che questa da noi temuta, è la morte estrema, non la sola

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Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 01
Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 02 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 02 Parte 01

Video quo spectes: quaeris quid huic epistulae infulserim, quod dictum alicuius animosum, quod praeceptum utile

Ex hac ipsa materia quae in manibus fuit mittetur aliquid

Obiurgat Epicurus non minus eos qui mortem concupiscunt quam eos qui timent, et ait: 'ridiculum est currere ad mortem taedio vitae, cum genere vitae ut currendum ad mortem esset effeceris'

Item alio loco dicit: 'quid tam ridiculum quam appetere mortem, cum vitam inquietam tibi feceris metu mortis

' His adicias et illud eiusdem notae licet, tantam hominum imprudentiam esse, immo dementiam, ut quidam timore mortis cogantur ad mortem

Quidquid horum tractaveris, confirmabis animum vel ad mortis vel ad vitae patientiam; at in utrumque enim monendi ac firmandi sumus, et ne nimis amemus vitam et ne nimis oderimus

Etiam cum ratio suadet finire se, non temere nec cum procursu capiendus est impetus
So dove guardi: cerchi che cosa ho inserito in questa lettera, che massima coraggiosa, che insegnamento utile di un qualche autore

Ti manderò dei pensieri sull'argomento in questione

Epicuro biasima chi brama la morte non meno di chi la teme e afferma: ridicolo correre verso la morte per stanchezza della vita, quando è il tuo sistema di vita che ti fa correre incontro alla morte

E ancòra in un altro passo: Che c'è di tanto ridicolo quanto cercare la morte, se proprio per paura della morte ti sei reso la vita impossibile

Aggiungi anche un'altra considerazione simile: è tanta la stupidità, anzi la follia degli uomini, che alcuni sono spinti alla morte dal timore della morte

Medita su uno qualsiasi di questi pensieri, rafforzerai il tuo animo a sopportare o la morte o la vita; dobbiamo essere consigliati e incoraggiati sia a non amare troppo la vita, sia a non odiarla troppo

Anche quando la ragione ci spinge a farla finita, non prendiamo risoluzioni sconsiderate e avventate
Vir fortis ac sapiens non fugere debet e vita sed exire; et ante omnia ille quoque vitetur affectus qui multos occupavit, libido moriendi

Est enim, mi Lucili, ut ad alia, sic etiam ad moriendum inconsulta animi inclinatio, quae saepe generosos atque acerrimae indolis viros corripit, saepe ignavos iacentesque: illi contemnunt vitam, hi gravantur

Quosdam subit eadem faciendi videndique satietas et vitae non odium sed fastidium, in quod prolabimur ipsa impellente philosophia, dum dicimus 'quousque eadem

nempe ex pergiscar dormiam, esuriam, algebo aestuabo

Nullius rei finis est, sed in orbem nexa sunt omnia, fugiunt ac sequuntur; diem nox premit, dies noctem, aestas in autumnum desinit, autumno hiemps instat, quae vere compescitur; omnia sic transeunt ut revertantur

Nihil novi facio, nihil novi video: fit aliquando et huius rei nausia
L'uomo forte e saggio non deve fuggire dalla vita, ma uscirne: e soprattutto eviti uno stato d'animo comune a molti: la smania di morire

Lucilio mio, come per altre cose, anche per la morte c'è una propensione inconsulta: spesso assale gli uomini generosi e impavidi, spesso gli ignavi e i deboli: gli uni sprezzano la vita, gli altri ne sono gravati

In certi si insinua la sazietà di fare e di vedere sempre le stesse cose, e non l'odio, ma il disgusto della vita; vi scivoliamo spinti dalla filosofia stessa e ci chiediamo: Fino a quando le medesime cose

Mi sveglierò dormirò mangerò avrò fame, avrò freddo, avrò caldo

Niente finisce, ogni cosa è concatenata in un circolo chiuso; fugge e insegue; la notte incalza il giorno, il giorno la notte, l'estate finisce nell'autunno, l'autunno è inseguito dall'inverno, che è chiuso dalla primavera; tutto passa per ritornare

Non faccio niente di nuovo, non vedo niente di nuovo e un bel giorno tutto questo viene a nausea

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' Multi sunt qui non acerbum iudicent vivere sed supervacuum

Vale

Ci sono molti che la vita non la giudicano penosa, ma superflua

Stammi bene

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