Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 01 - 05

Livio, Ab urbe condita: Libro 39; 01 - 05

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 39; 01 - 05

[1] Dum haec, si modo hoc anno acta sunt, Romae aguntur, consules ambo in Liguribus gerebant bellum

Is hostis velut natus ad continendam inter magnorum intervalla bellorum Romanis militarem disciplinam erat; nec alia provincia militem magis ad virtutem acuebat

Nam Asia et amoenitate urbium et copia terrestrium maritimarumque rerum et mollitia hostium regiisque opibus ditiores quam fortiores exercitus faciebat

Praecipue sub imperio Cn Manlii solute ac neglegenter habiti sunt

Itaque asperius paulo iter in Thracia et exercitatior hostis magna clade eos castigavit
[1] Mentre questi avvenimenti i si svolgevano a Roma, se pure si svolsero in questanno, i due consoli erano impegnati entrambi nella guerra in Liguria

Era qui un nemico che pareva nato apposta per mantenere nei Romani lallenamento militare durante i periodi di intervallo fra le grandi guerre, e non cera provincia che stimolasse di più i soldati ad atti di valore

Infatti lAsia con le sue città ridenti, con la ricchezza del suolo e la prosperità dei commerci marittimi, anche con la raffinata agiatezza delle popolazioni nemiche loro re, serviva più ad arricchire che a temprare gli eserciti

Specialmente al comando di Cn Manlio si trovarono senza freno né energia

Perciò bastò una marcia un poco più dura in Tracia e un nemico più addestrato per dar loro la lezione di una acerba sconfitta
In Liguribus omnia erant, quae militem excitarent, loca montana et aspera, quae et ipsis capere labor erat et ex praeoccupatis deicere hostem; itinera ardua, angusta, infesta insidiis; hostis levis et velox et repentinus, qui nullum usquam tempus, nullum locum quietum aut securum esse sineret; oppugnatio necessaria munitorum castellorum, laboriosa simul periculosaque; inops regio, quae parsimonia astringeret milites, praedae haud multum praeberet

Itaque non lixa sequebatur, non iumentorum longus ordo agmen extendebat

Nihil praeter arma et viros omnem spem in armis habentes erat

Nec deerat umquam cum iis vel materia belli vel causa, quia propter domesticam inopiam vicinos agros incursabant

Nec tamen in discrimen summae rerum pugnabatur
In Liguria cera tutto quello che può tenere dei soldati in stato di allarme: luoghi montuosi e difficili, che davano già da fare a occuparli, e a scacciarne i nemici quando erano già occupati; sentieri duri e stretti, pericolosi per le possibili insidie, un nemico celere e spedito nei movimenti che ti arrivava allimprovviso e non lasciava un momento di tregua, non un luogo sicuro e tranquillo; la necessità di espugnare posizioni fortificate che portava con sé disagi e pericoli insieme, e poi una regione povera che costringeva i soldati a una vita sobria, e ben poco offriva di preda

Sicché non si vedevano al seguito vivandieri, e lunghe file di giumenti non si accodavano alle colonne in marcia

Insomma non cerano che armi, e uomini che tutto speravano dalle armi

E non mancava mai con quelle popolazioni loggetto o la spinta a combattere, perché quelli per la povertà dei loro paesi facevano incursioni néi campi vicini

E tuttavia non si combatteva nel pericolo estremo
[2] C Flaminius consul, cum Friniatibus Liguribus in agro eorum pluribus proeliis secundis factis, in deditionem gentem accepit et arma ademit

Ea quia non sincera fide tradebant, cum castigarentur, relictis vicis in montem Auginum profugerunt

Confestim secutus est consul

Ceterum effusi rursus, et pars maxima inermes, per invia et rupes deruptas praecipitantes fugerunt, qua sequi hostis non posset

Ita trans Appenninum abierunt

Qui castris se tenuerant, circumsessi et expugnati sunt

Inde trans Appenninum ductae legiones

Ibi montis quem ceperant altitudine paulisper se tutati, mox in deditionem concesserunt

Tum conquisita cum intentiore cura arma, et omnia adempta
[2] Il console C Flaminio, avuti vari scontri favorevoli coi Liguri del Frignano nel loro stesso territorio, accettò la capitolazione di quelle genti e fece loro consegnare le armi

E siccome non le consegnavano con schietta lealtà e vano richiamati allordine, lasciarono gli abitati e si ritirarono sul monte Augino

Il console immediatamente si dette a seguirli

Ma quelli, riversandosi via anche di là e in gran parte inermi, avventandosi giù per zone impraticabili e dirupi scoscesi, fuggirono per luoghi dove il nemico non potesse tener dietro

Così se ne andarono oltre lAppennino

Quanti erano rimasti nellaccampamento, furono circondati e capitolarono

Da lì le legioni furono condotte oltre lAppennino

Qui i nemici, dopo essersi per un poco messi al sicuro grazie allaltezza del monte occupato, finirono presto con larrendersi

Allora le armi furono rastrellate con maggiore impegno e sequestrate loro tutte quante

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Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 21-30
Livio, Ab urbe condita: Libro 25; 21-30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 25; 21-30

Translatum deinde ad Apuanos Ligures bellum, qui in agrum Pisanum Bononiensemque ita incursaverant, ut coli non possent

His quoque perdomitis consul pacem dedit finitimis

Et quia a bello quieta ut esset provincia effecerat, ne in otio militem haberet, viam a Bononia perduxit Arretium

M Aemilius alter consul agros Ligurum vicosque, qui in campis aut vallibus erant, ipsis montes duos Ballistam Suismontiumque tenentibus, deussit depopulatusque est

Deinde eos, qui in montibus erant, adortus primo levibus proeliis fatigavit, postremo coactos in aciem descendere iusto proelio devicit, in quo et aedem Dianae vovit

Subactis cis Appenninum omnibus, tum transmontanos adortus in his et Friniates Ligures erant, quos non adierat C Flaminiusomnes Aemilius subegit armaque ademit et de montibus in campos multitudinem deduxit
Poi la guerra fu trasferita contro i Liguri Apuani, i quali avevano preso a fare tali scorrerie nel Pisano e nel Bolognese da rendere inabitabili le regioni

Sottomessi anche questi definitivamente, il console pacificò le regioni vicine

E ora che aveva reso la provincia tranquilla, per non tenere i soldati inoperosi, tracciò una via da Bologna fino ad Arezzo

Laltro console, M Emilio, mentre i ligurioccupavano due monti, Ballista e Suismonzio, incendiò e devastò i loro campi e i villaggi posti in pianura o nelle valli

Poi, assaliti quelli dei monti, prima dette loro da fare con scaramucce, e alla fine, costrettili a scendere in campo aperto, li sconfisse in battaglia regolare, e in quelloccasione votò anche un tempio a Diana

Sottomessi tutti quelli al di qua dellAppennino, e poi assaliti gli altri oltre i monti (tra questi erano anche dei Liguri del Frign ano, che non aveva raggiunti C Flaminio), tutti Emilio li sottomise, li disarmò, li fece scendere in gran numero dai monti giù nella pianura
Pacatis Liguribus exercitum in agrum Gallicum duxit, viamque a Placentia, ut Flaminiae committeret, Ariminum perduxit

Proelio ultimo, quo cum Liguribus signis collatis conflixit, aedem Iunoni reginae vovit

Haec in Liguribus eo anno gesta

[3] In Gallia M Furius praetor insontibus Cenomanis, in pace speciem belli quaerens, ademerat arma

Id Cenomani conquesti Romae apud senatum reiectique ad consulem Aemilium, cui ut cognosceret statueretque senatus permiserat, magno certamine cum praetore habito obtinuerunt causam

Arma reddere Cenomanis, decedere provincia praetor iussus

Legatis deinde sociorum Latini nominis, qui toto undique ex Latio frequentes convenerant, senatus datus est
Ridotti allobbedienza i Liguri, trasportò lesercito nel territorio gallico, e tracciò una via da Piacenza fino a Rimini per ricongiungerla alla Flaminia

In occasione della battaglia finale, combattuta contro i Liguri in campo aperto, votò un tempio a Giunone Regina

Questi furono gli avvenimenti di quellanno in Liguria

[3] In Gallia il pretore M Furio aveva disarmato i Cenomani senza che niente avessero commesso, cercando nonostante il loro atteggiamento pacifico di farli passare per belligeranti

Protestarono quelli a Roma davanti al senato, e, rinviati dinanzi al console Emilio, cui il senato aveva rimesso lesame 6 e la decisione della controversia, ottennero ragione dopo una vivace schermaglia col pretore

Questi ebbe lordine di rendere le armi ai Cenomani e di lasciare la provincia

Dopo di ciò fu data udienza in senato ai legati della confederazione latina convenuti in gran numero da tutto il Lazio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 51 - 55
Livio, Ab urbe condita: Libro 37; 51 - 55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 51 - 55

His querentibus magnam multitudinem civium suorum Romam commigrasse et ibi censos esse, Q Terentio Culleoni praetori negotium datum est, ut eos conquireret, et quem C Claudio M Livio censoribus postve eos censores ipsum parentemue eius apud se censum esse probassent socii, ut redire eo cogeret, ubi censi essent

Hac conquisitione duodecim milia Latinorum domos redierunt, iam tum multitudine alienigenarum urbem onerante

[4] Priusquam consules redirent Romam, M Fulvius proconsul ex Aetolia redit; isque ad aedem Apollinis in senatu cum de rebus in Aetolia Cephallaniaque ab se gestis disseruisset, petit a patribus, ut, aequum censerent, ob rem publicam bene ac feliciter gestam et diis immortalibus honorem haberi iuberent et sibi triumphum decernerent
In seguito alle lagnanze di questi per il grande numero dei loro cittadini che erano immigrati a Roma e vi erano stati censiti, fu dato incarico al pretore Q Terenzio Colleone che li rintracciasse, e, se i Latini dimostrassero che uno era stato censito (o lui direttamente o il padre suo nelle loro liste sotto i censori C Claudio e M Livio o più tardi, lo costringesse a tornare dove si risultava censiti

Per effetto ditale inchiesta, dodicimila Latini ritornarono ai loro paesi, perché già a quel tempo il numero degli immigrati rendeva pletorica la città

[4] Prima che tornassero a Roma i due consoli, dallEtolia il proconsole Fulvio, il quale, fatta relazione al senato nel tempio di Apollo sui risultati militari ottenuti in Etolia e a Cefallenia, chiese ai senatori che, per i suscessi riportati in nome di Roma, si riconoscesse giusto rendere grazie agli dei e a lui decretare il trionfo
M Aburius tribunus plebis, si quid de ea re ante M Aemilii consulis adventum decerneretur, intercessurum se ostendit: eum contra dicere uelle, proficiscentemque in prouinciam ita sibi mandasse, ut ea disceptatio integra in adventum suum servaretur

Fulvium temporis iacturam facere: senatum etiam praesente consule quod vellet decreturum

Fulvius: si aut simultas M Aemilii secum ignota hominibus esset, aut quam is eas inimicitias impotenti ac prope regia ira exerceret, tamen non fuisse ferendum absentem consulem et deorum immortalium honori obstare et meritum debitumque triumphum morari, imperatorem rebus egregie gestis victoremque exercitum cum praeda et captivis ante portas stare, donec consuli ob hoc ipsum moranti redire Romam libitum esset
Ma il tribuno della plebe M Aburio manifestò lintenzione di porre il veto se si prendevano decisioni in proposito prima del ritorno del console M Emilio: questi aveva qualcosa da opporre e gli aveva lasciato lincarico, nel partire per la provincia, di far rimanere impregiudicata la questione fino al suo ritorno

Fulvio non perdeva che un po di tempo; il senato era semprea tempo a prendere le decisioni che voleva anche in presenza del console

Ma, obiettava Fulvio, anche se non si fosse saputo pubblicamente del rancore che aveva per lui M Emilio, e come egli era avvezzo a far valere certe inimicizie con una animosità da prepotente e quasi da tiranno, non sarebbe stato in ogni caso tollerabile che lassenza di un console ostacolasse gli onori da rendere agli dèi immortali e ritardasse un trionfo meritamente dovuto, che un generale reduce da gesta magnifiche e un esercito vittorioso sostassero con la preda e coi prigionieri innanzi alle porte della città in attesa che a un console, il quale andava per le lunghe a belia posta, fosse piaciuto di ritornare a Roma

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 33; 26 - 49

Verum enimuero cum sint notissimae sibi cum consule inimicitiae, quid ab eo quemquam posse aequi exspectare, qui per infrequentiam furtim senatus consultum factum ad aerarium detulerit, Ambraciam non videri vi captam, quae aggere ac vineis oppugnata sit, ubi incensis operibus alia de integro facta sint, ubi circa muros supra subterque terram per dies quindecim pugnatum, ubi a prima luce, cum iam transcendisset muros miles, usque ad noctem diu anceps proelium tenuerit, ubi plus tria milia hostium sint caesa

Iam de deorum immortalium templis spoliatis in capta urbe qualem calumniam * * ad pontifices attulerit

Nisi Syracusarum ceterarumque captarum civitatium ornamentis urbem exornari fas fuerit, in Ambracia una capta non valuerit belli ius
In questo caso poi, nota come era la sua rivalità col console, quale atto di equità ci si poteva aspettare da uno che aveva depositato nellarchivio pubblico un senatoconsulto emesso clandestinamente senza il numero legale, in cui si riteneva Ambracia non conquistata con la forza, dopo che era stata espugnata con tanto di bastioni e di vinee, dopo che opere di difesa vi erano state incendiate, altre costruite di nuovo, si era combattuto attorno alle mura per quindici giorni sopra terra e sotto terra, il combattimento era durato ancora a lungo incerto dalle prime luci dellalba (quando i soldati avevano già scalato le mura) fino alla notte, e vi erano stati uccisi più di tremila nemici

A buon conto, quale cavillo non aveva portato dinanzi ai pontefici di templi degli dèi immortali spogliati in una città conquistata

A meno che non si volesse dire che per Siracusa e le altre città conquistate era stato lecito spogliare gli edifici dei loro tesoTi darte, mentre soltanto per Ambracia, una volta presa, non valeva il diritto di guerra
Se et patres conscriptos orare et ab tribuno petere, ne se superbissimo inimico ludibrio esse sinant

[5] Undique omnes alii deprecari tribunum, alii castigare

Ti Gracchi collegae plurimum oratio movit

Ne suas quidem simultates pro magistratu exercere boni exempli esse: alienarum vero simultatum tribunum plebis cognitorem fieri turpe et indignum collegii eius potestate et sacratis legibus esse
Pregava dunque i senatori e chiedeva al tribuno che non lo lasciassero alla mercé di un avversario prepotente

[5] Chi di qua chi di là tutti cercavano di ridurre il tribuno a miglior consiglio, o ne deploravano la condotta

Moltissimo lo impressionarono le parole del collega Ti Gracco

Neppure le proprie personali inimicizie era edificante far valere in qualità di magistrato; che poi un tribuno della plebe si facesse rappresentante dei rancori altrui, questa vergogna e non era cosa degna della potestà del collegio tribunizio e delle leggi sacrate

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Suo quemque iudicio et homines odisse aut diligere et res probare aut improbare debere, non pendere ex alterius vultu ac nutu nec alieni momentis animi circumagi, adstipularique irato consuli tribunum plebei; et quid privatim M Aemilius mandaverit, meminisse, tribunatum sibi a populo Romano mandatum oblivisci, et mandatum pro auxilio ac libertate privatorum, non pro consulari regno

Ne hoc quidem cernere eum, fore ut memoriae ac posteritati mandetur eiusdem collegii alterum e duobus tribunis plebis suas inimicitias remisisse rei publicae, alterum alienas et mandatas exercuisse

His victus castigationibus tribunus cum templo excessisset, referente Ser Sulpicio praetore triumphus M Fulvio est decretus
Ognuno doveva odiare le persone, approvarne o disapprovarne la condotta secondo il suo criterio, non dipendere dal cenno e dallatteggiamento di un altro, nè lasciarsi piegare in tutte le direzioni dagli umori altrui; nè in particolare un tribuno della plebe far proprie le ire di un console, e pensare agli incarichi privati affidatigli da M Emilio, per dimenticare il tribunato affidatogli dal popolo romano, e affidato per giunta a tutela della libertà dei cittadini, non per sostenere la tirannia di un console

Neppure faceva caso quello (Aburio) al ricordo che si sarebbe lasciato ai posteri, di due tribuni plebei dello stesso anno, di cui uno aveva subordinato allinteresse pubblico le sue private inimicizie, laltro aveva fatto valere inimicizie altrui di cui era portavoce

Quando il tribuno, messo alle strette da queste critiche, si fu allontanato dal tempio, su proposta del pretore Ser Sulpicio fu decretato il trionfo a M Fulvio

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