Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 31-40

Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 31-40

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 31-40

[31] Dum haec geruntur in Italia, Cn Seruilius Geminus consul cum classe [centum uiginti] nauium circumuectus Sardiniae et Corsicae oram, et obsidibus utrimque acceptis in Africam transmisit et, priusquam in continentem escensiones faceret, Menige insula uastata et ab incolentibus Cercinam, ne et ipsorum ureretur diripereturque ager, decem talentis argenti acceptis ad litora Africae accessit copiasque exposuit

Inde ad populandum agrum ducti milites naualesque socii iuxta effusi ac si [in] insulis cultorum egentibus praedarentur

Itaque in insidias temere inlati, cum a frequentibus palantes et locorum ignari ab gnaris circumuenirentur, cum multa caede ac foeda fuga retro ad naues compulsi sunt
31 Mentre in Italia avvenivano queste cose il console Cn Servilio Gemino avendo girato intorno alle coste della Sardegna e della Corsica con una flotta di centoventi navi ed avendo ricevuto ostaggi dall'una e dall'altra isola navigò in direzione dell'Africa e, prima di sbarcare in terraferma devastata l'isola di Meninge e ricevuti dagli abitanti di Cercina dieci talenti d'argento a condizione che non incendiasse e non saccheggiasse il loro territorio, si avvicinò alle coste dell'Africa e qui sbarcò le sue truppe

Accadde poi che soldati romani e marinai alleati gettatisi a depredare quelle terre, si comportassero nello stesso modo come se si fossero sbandati a far preda in isole disabitate

Pertanto caduti imprudentemente in un'imboscata, mentre, inesperti dei luoghi, erano sparsi qua e là, furono circondati da coloro che invece conoscevano bene il terreno e furono respinti con molta strage e vergognosa fuga
Ad mille hominum cum Ti Sempronio Blaeso quaestore amissum, classis ab litoribus hostium plenis trepide soluta in Siciliam cursum tenuit, traditaque Lilybaei T Otacilio praetori, ut ab legato eius P Cincio Romam reduceretur

Ipse per Siciliam pedibus profectus freto in Italiam traiecit, litteris Q Fabi accitus et ipse et collega eius M Atilius, ut exercitus ab se exacto iam prope semenstri imperio acciperent

Omnium prope annales Fabium dictatorem aduersus Hannibalem rem gessisse tradunt; Caelius etiam eum primum a populo creatum dictatorem scribit
Furono perduti circa un migliaio di uomini insieme col questore Ti Sempronio Bleso, mentre la flotta, avendo frettolosamente lasciato le coste piene di nemici si dirigeva verso la Sicilia e il Lilibeo per essere consegnata al pretore T Otacilio e per essere ricondotta a Roma dal suo luogotenente P Sura

Servilio, partito per via di terra attraverso la Sicilia, passò lo stretto e giunse in Italia, chiamato da una lettera di Q Fabio insieme con il collega M Atilio, per ricevere in consegna l'esercito, essendo prossimo a scadere il termine di sei mesi fissato al potere del dittatore

Quasi tutti gli annalisti raccontano che Fabio condusse la guerra contro Annibale come dittatore; Celio Antipatro afferma, invece che Fabio fu il primo ad essere creato dittatore dal popolo
Sed et Caelium et ceteros fugit uni consuli Cn Seruilio, qui tum procul in Gallia prouincia aberat, ius fuisse dicendi dictatoris; quam moram quia exspectare territa iam clade ciuitas non poterat, eo decursum esse ut a populo crearetur qui pro dictatore esset

res inde gestas gloriamque insignem ducis et augentes titulum imaginis posteros, ut qui pro dictatore [creatus erat, dictator] crederetur, facile obtinuisse

[32] Consules Atilius Fabiano, Geminus Seruilius Minuciano exercitu accepto, hibernaculis mature communitis, [quod reli]quum autumni erat Fabi artibus cum summa inter se concordia bellum gesserunt
Tuttavia, a Celio e agli altri è sfuggito che al solo console Cn Servilio che era allora lontano nella provincia gallica spettava il diritto di nominare il dittatore e, poiché Roma atterrita per aver subito già tre sconfitte non poteva più sopportare indugio alcuno, si era ricorsi all'espediente di far eleggere dal popolo colui che fungesse da dittatore

Successivamente le imprese e l'insigne gloria del comandante e il fatto che i posteri abbiano dato incremento alla fama di Fabio nell'iscrizione apposta al suo ritratto, tutto ciò contribuì a far sì che colui che aveva tenuto il luogo di dittatore fosse creduto veramente il dittatore

32 Avuto in consegna l'esercito, il console Atilio quello di Fabio e Gemino Servilio quello di Minucio, e fortificati per tempo gli accampamenti invernali poiché si era alla metà dell'autunno, condussero la guerra in perfetto accordo seguendo la tattica di Fabio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 47 - 49
Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 47 - 49

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 47 - 49

Frumentatum exeunti Hannibali diuersis locis opportuni aderant, carpentes agmen palatosque excipientes; in casum uniuersae dimicationis, quam omnibus artibus petebat hostis, non ueniebant, adeoque inopia est coactus Hannibal ut, nisi cum fugae specie abeundum timuisset, Galliam repetiturus fuerit, nulla spe relicta alendi exercitus in eis locis si insequentes consules eisdem artibus bellum gererent

Cum ad Gereonium iam hieme impediente constitisset bellum, Neapolitani legati Romam uenere
Qua e là alla spicciolata sbucavano fuori al momento opportuno mentre Annibale usciva a foraggiare e, assalendo le schiere sorprendevano gli sbandati; se si presentava la circostanza di una battaglia campale, quella che il nemico cercava con tutti i mezzi, non si lasciavano trascinare in nessun modo; cosicché Annibale fu talmente stretto dalla mancanza di viveri, che, se l'allontanarsi non avesse avuto parvenza di fuga, sarebbe ritornato in Gallia non rimanendo a lui più speranza di nutrire l'esercito, se i successori degli attuali consoli avessero condotta la guerra con gli stessi una metodi

Quando ormai l'inverno aveva fermato la guerra pressi di Gereonio, a Roma giunsero alcuni ambasciatori napoletani
Ab iis quadraginta paterae aureae magni ponderis in curiam inlatae atque ita uerba facta ut dicerent: scire sese populi [Romani] aerarium bello exhauriri et, cum iuxta pro urbibus agrisque sociorum ac pro capite atque arce Italiae urbe Romana atque imperio geratur, aequum censuisse Neapolitanos, quod auri sibi cum ad templorum ornatum tum ad subsidium fortunae a maioribus relictum foret, eo iuuare populum Romanum

Si quam opem in sese crederent, eodem studio fuisse oblaturos

Gratum sibi patres Romanos populumque facturum si omnes res Neapolitanorum suas duxissent, dignosque iudicauerint ab quibus donum animo ac uoluntate eorum qui libentes darent quam re maius ampliusque acciperent
Essi portarono nella curia quaranta coppe d'oro di gran peso tenendo un discorso di questo tono; dicevano di sapere che l'erario del popolo romano si andava esaurendo a causa delle spese di guerra e, poiché si combatteva così per le città e i territori degli alleati come per la capitale e per la rocca d'Italia per la città di Roma e per il suo dominio, i Napoletani avevano ritenuto giusto che si aiutasse il popolo romano con quell'oro che a loro era stato lasciato dagli avi e per ornamento dei templi e come fondo di riserva per le avversità della fortuna

Se i romani si fossero fidati di loro per qualche aiuto militare con altrettanta premura essi l'avrebbero offerto

Cosa gradita sarebbe stata per loro che il senato e il popolo romano avessero ritenuto come proprie le sostanze dei Napoletani ed avessero giudicato degni coloro dai quali ricevevano un dono che era più grande e più splendido per l'animo e per l'intenzione di chi liberalmente l'offriva, che per l'entità della cosa stessa

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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 15 - 30

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 15 - 30

Legatis gratiae actae pro munificentia curaque; patera, quae ponderis minimi fuit, accepta

[33] Per eosdem dies speculator Carthaginiensis, qui per biennium fefellerat, Romae deprensus praecisisque manibus dimissus, et serui quinque et uiginti in crucem acti, quod in campo Martio coniurassent; indici data libertas et aeris grauis uiginti milia

Legati et ad Philippum Macedonum regem missi ad deposcendum Demetrium Pharium, qui bello uictus ad eum fugisset, et alii [in] Ligures ad expostulandum quod Poenum opibus auxiliisque suis iuuissent, simul ad uisendum ex propinquo quae in Boiis atque Insubribus gererentur

Ad Pinnem quoque regem in Illyrios legati missi ad stipendium, cuius dies exierat, poscendum aut, si diem proferri uellet, obsides accipiendos
Agli ambasciatori furono fatti ringraziamenti per l'interessamento generoso; una sola tazza fu accettata in dono, la più piccola

33 Negli stessi giorni una spia dei Cartaginesi, che per due anni era riuscita a non farsi scoprire, fu arrestata in Roma e rimandata ad Annibale con le mani tagliate; venticinque schiavi furono crocefissi per aver ordito una congiura nel Campo Marzio; al delatore furono concessi la libertà e ventimila assi di bronzo

Ambasciatori furono mandati a Filippo re di Macedonia per chiedere in consegna Demetrio di Faro che vinto in guerra, si era rifugiato presso di lui; altri messaggeri furono mandati nel paese dei Liguri a domandar spiegazione perché avevano aiutato Annibale con rifornimenti e milizie; nello stesso tempo dovevano indagare sul luogo che cosa facessero i Boi e gli Insubri

Anche a Pineo re degli Illiri furono inviati ambasciatori a richiedere il dovuto tributo, il cui termine era già scaduto; se egli voleva prorogare la data del pagamento avrebbe dovuto dare ostaggi
Adeo, etsi bellum ingens in ceruicibus erat, nullius usquam terrarum rei cura Romanos, ne longinquae quidem effugiebat

In religionem etiam uenit aedem Concordiae, quam per seditionem militarem biennio ante L Manlius praetor in Gallia uouisset, locatam ad id tempus non esse

Itaque duumuiri ad eam rem creati a M Aemilio praetore urbano, C Pupius et Caeso Quinctius Flamininus, aedem in arce faciendam locauerunt

Ab eodem praetore ex senatus consulto litterae ad consules missae ut, si iis uideretur, alter eorum ad consules creandos Romam ueniret; se in eam diem quam iussissent comitia edicturum

Ad haec a consulibus rescriptum sine detrimento rei publicae abscedi non posse ab hoste; itaque per interregem comitia habenda esse potius quam consul alter a bello auocaretur
Così per quanto sovrastasse a Roma una guerra tanto grave, tuttavia i Romani non trascuravano alcun affare politico in nessuna parte del mondo neppure nelle regioni lontane

Fu anche causa di scrupolo religioso il fatto che la costruzione del tempio della Concordia che due anni prima il pretore L Manlio aveva promesso in voto in Gallia in occasione della ribellione, non era fino a quel momento stata appaltata

pertanto i duumviri nominati a quello scopo dal pretore urbano M Emilio C Pupio e Cesone Quinzio Flaminino affidarono ad imprenditori la costruzione del tempio sulla rocca capitolina

Per incarico del senato lo stesso pretore mandò una lettera ai consoli perché se a loro sembrasse opportuno, uno dei due venisse a Roma per eleggere i nuovi consoli; egli, poi, avrebbe indetto i comizi per quel giorno che essi avessero fissato

I consoli risposero di non potere in nessun modo allontanarsi dal nemico senza danno per la repubblica; pertanto si tenessero i comizi per mezzo di un interré piuttosto che richiamare uno dei consoli dalla guerra

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 51 - 55

Patribus rectius uisum est dictatorem a consule dici comitiorum habendorum causa

Dictus L Veturius Philo M Pomponium Mathonem magistrum equitum dixit

Iis uitio creatis iussisque die quarto decimo se magistratu abdicare, ad interregnum res rediit

[34] Consulibus prorogatum in annum imperium

Interreges proditi sunt a patribus C Claudius Appi filius Cento, inde P Cornelius Asina

In eius interregno comitia habita magno certamine patrum ac plebis
Ai senatori parve più giusto che il console nominasse un dittatore per bandire i comizi

Fu eletto L Veturio Filone che, come maestro della cavalleria scelse M Pomponio Matone

Tuttavia, poiché l'elezione di costoro peccava di vizio di forma, avendo essi ricevuto l'ordine di abdicare alla magistratura entro quattordici giorni, si ritornò all'interregno

34 Ai consoli fu prorogato per un anno il potere militare

I senatori elessero come interré C Claudio Centone figlio di Appio e successivamente P Cornelio Asina

Durante l'interregno di quest'ultimo si tennero i comizi con grande competizione elettorale fra i nobili ed il nuovo ceto plebeo
C Terentio Varroni, quem sui generis hominem, plebi insectatione principum popularibusque artibus conciliatum, ab Q Fabi opibus et dictatorio imperio concusso aliena inuidia splendentem uolgus extrahere ad consulatum nitebatur, patres summa ope obstabant ne se insectando sibi aequari adsuescerent homines

Q Baebius Herennius tribunus plebis, cognatus C Terenti, criminando non senatum modo sed etiam augures, quod dictatorem prohibuissent comitia perficere, per inuidiam eorum fauorem candidato suo conciliabat

ab hominibus nobilibus, per multos annos bellum quaerentibus, Hannibalem in Italiam adductum; ab iisdem, cum debellari possit, fraude bellum trahi
Il volgo si sforzava con ogni mezzo di portare al consolato C Terenzio Varrone, come uomo della sua stessa razza, che con arti demagogiche si era conquistato le simpatie della plebe offendendo continuamente i principali cittadini; costui in seguito alla scossa subita dalla posizione e dall'autorità dittatoria di Q Fabio, si metteva in mostra col suscitare odio contro Fabio stesso; i nobili lo ostacolavano con ogni mezzo, perché la gente comune non si abituasse con le offese ingiuriose ad eguagliarsi a loro

Q Bebio Erennio, tribuno della plebe, di tendenze affini a C Terenzio accusando non solo il senato, ma anche gli àuguri perché avevano impedito al dittatore di condurre a termine i comizi, suscitando l'odio contro di loro si sforzava di guadagnare favore al suo candidato

Andava dicendo che i nobili, che da molti anni cercavano la guerra, avevano tratto a forza Annibale in Italia; che gli stessi, quando pur si poteva cessare dalle ostilità, con l'inganno e la frode trascinavano in lungo il conflitto

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Cum quattuor legionibus uniuersis pugnari posse apparuisset eo quod M Minucius absente Fabio prospere pugnasset, duas legiones hosti ad caedem obiectas, deinde ex ipsa caede ereptas ut pater patronusque appellaretur qui prius uincere prohibuisset Romanos quam uinci

Consules deinde Fabianis artibus, cum debellare possent, bellum traxisse

Id foedus inter omnes nobiles ictum nec finem ante belli habituros quam consulem uere plebeium, id est, hominem nouum fecissent

nam plebeios nobiles iam eisdem initiatos esse sacris et contemnere plebem, ex quo contemni patribus desierint, coepisse

Cui non apparere id actum et quaesitum esse ut interregnum iniretur, ut in patrum potestate comitia essent
Benché fosse risultato chiaro che, con quattro legioni riunite sotto un solo comando, si poteva combattere con successo, dal momento che M Minucio durante l'assenza di Fabio aveva felicemente combattuto, erano, invece, state esposte al nemico, perché ne facesse strage, due legioni che furono poi strappate all'eccidio da Fabio per farsi chiamare padre e salvatore, egli che aveva impedito ai Romani di vincere prima di essere vinti

I consoli poi, seguendo la tattica di Fabio, pur potendo far cessare la guerra, l'avevano trascinata in lungo

Questo era il patto sancito fra tutti i nobili; il popolo non vedrebbe perciò la fine della guerra prima che fosse eletto un console veramente plebeo vale a dire un uomo nuovo

Infatti quei plebei che ormai facevano parte della nobiltà erano iniziati agli stessi sacri misteri ed avevano cominciato a disprezzare la plebe da quando avevano cessato di essere loro stessi oggetto di spregio ai patrizi

A chi non appariva che tutto questo era fatto e cercato perché si prendesse l'iniziativa di un interregno, in modo che lo svolgimento dei comizi fosse in potere degli ottimati

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