Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 01 - 12, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 01 - 12

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 01 - 12
Interim Hernici Latinique pudore etiam, non misericordia solum, moti si nec obstitissent communibus hostibus infesto agmine Romanam urbem petentibus nec opem ullam obsessis sociis ferrent, coniuncto exercitu Romam pergunt

Ubi cum hostes non invenissent, secuti famam ac uestigia obvii fiunt descendentibus ab Tusculana in Albanam vallem

Ibi haudquaquam aequo proelio pugnatum est, fidesque sua sociis parum felix in praesentia fuit

Haud minor Romae fit morbo strages quam quanta ferro sociorum facta erat

Consul Qui unus supererat moritur; mortvi et alii clari viri, M Valerius, T Verginius Rutulus augures, Ser Sulpicius curio maximus; et per ignota capita late vagata est vis morbi, inopsque senatus auxilii humani ad deos populum ac vota vertit
Nel frattempo Ernici e Latini, spinti non solo dalla pietà ma anche dalla vergogna che certo avrebbero provato se non si fossero opposti ai nemici comuni lanciatisi in assetto di guerra contro Roma e non fossero intervenuti a fianco degli alleati stretti d'assedio, unirono i propri eserciti e si misero in marcia verso Roma

Qui, non avendo trovato nemici ma fidandosi delle informazioni avute per strada e seguendo le tracce del loro passaggio, li incontrarono mentre da Tuscolo stavano scendendo nella valle di Alba

Si combatté con forze impari e la loro lealtà per il momento portò poca fortuna agli alleati

A Roma la strage dovuta all'epidemia non fu di proporzioni minori di quella patita dagli alleati a colpi di spada

L'unico console rimasto era nel frattempo deceduto; così come morti erano pure altri personaggi illustri quali gli àuguri Marco Valerio e Tito Verginio Rutulo e il capo delle curie Servio Sulpicio; la malattia aveva colpito con tutta la sua violenza anche la folla anonima, e il senato, non potendo più contare sull'aiuto degli uomini, spinse il popolo a rivolgere le preghiere agli dèi
Iussi cum coniugibus ac liberis supplicatum ire pacemque exposcere deum, ad id quod sua quemque mala cogebant auctoritate publica euocati omnia delubra implent

Stratae passim matres, crinibus templa verrentes, veniam irarum caelestium finemque pesti exposcunt

[8] Inde paulatim, seu pace deum impetrata seu graviore tempore anni iam circumacto, defuncta morbis corpora salubriora esse incipere, uersisque animis iam ad publicam curam, cum aliquot interregna exissent, P Valerius Publicola tertio die quam interregnum inierat consules creat L Lucretium Tricipitinum et T Veturium Geminum, siue ille Vetusius fuit

Ante diem tertium idus Sextiles consulatum ineunt, iam satis ualida civitate ut non solum arcere bellum sed ultro etiam inferre posset
Ordinando che tutti, con mogli e bambini, andassero nei templi a supplicare il cielo e a chiedere la pace; così, indotti dall'autorità pubblica a fare le cose a cui già li costringevano le proprie sventure, i cittadini si affollarono in tutti i santuari

Dovunque le matrone, piegate a spazzare coi capelli sciolti i pavimenti dei templi, implorano gli dèi adirati e li supplicano di porre fine alla pestilenza

8 Da qvel momento in poi, a poco a poco, sia per la pace ottenuta dagli dèi sia per il progressivo esaurirsi della stagione malsana, i corpi nei quali il corso della malattia si era compiuto cominciavano a tornare in salute, mentre le menti si rivolgevano ai problemi dello Stato; dopo alcuni interregni, Publio Valerio Publicola, il terzo giorno del suo interregno, nomina consoli Lucio Lucrezio Tricipitino e Tito Veturio Gemino (o Vetusio, se questo era il suo nome)

Entrano in carica tre giorni prima delle idi del mese Sestile, con il paese in condizioni di salute ormai così rassicuranti da potersi permettere non solo di allestire una difesa armata ma addirittura di lanciare delle offensive
Igitur nuntiantibus Hernicis in fines suos transcendisse hostes impigre promissum auxilium

Duo consulares exercitus scripti

Veturius missus in Volscos ad bellum ultro inferendum: Tricipitinus populationibus arcendis sociorum agro oppositus non ultra quam in Hernicos procedit

Veturius primo proelio hostes fundit fugatque: Lucretium dum in Hernicis sedet praedonum agmen fefellit supra montes Praenestinos ductum, inde demissum in campos

Vastauere agros Praenestinum Gabinumque; ex Gabino in Tusculanos flexere colles

Urbi quoque Romae ingens praebitus terror, magis in re subita quam quod ad arcendam vim parum virium esset

Q Fabius praeerat urbi; is armata iuuentute dispositisque praesidiis tuta omnia ac tranquilla fecit
Perciò, quando gli Ernici vennero ad annunciare che i nemici avevano varcato i loro confini, senza alcuna esitazione fu loro promesso aiuto

Furono arruolati due eserciti consolari

Veturio fu inviato a portare la guerra nel territorio dei Volsci; Tricipitino invece, incaricato di salvaguardare qvello alleato da incursioni selvagge, non si spinge più in là della terra degli Ernici

Veturio sbaraglia e mette in fuga i nemici al primo scontro; a Lucrezio sfuggì invece un contingente di predoni nemici che dalle alture di Preneste marciava in direzione delle campagne

Dopo aver devastato i terreni coltivati intorno a Preneste e Gabi, questo gruppo di guastatori piegò dalla zona di Gabi verso i colli di Tuscolo

La cosa fu motivo di grande apprensione pure a Roma, anche se più per l'imprevedibilità della mossa che per l'effettiva penuria di risorse difensive

A capo della città c'era in quel frangente Quinto Fabio: armando i giovani e disponendo presidi nei punti nevralgici, rese ogni cosa tranquilla e sicura

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Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 41-51
Livio, Ab urbe condita: Libro 26; 41-51

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 26; 41-51

Itaque hostes praeda ex proximis locis rapta adpropinquare urbi non ausi, cum circumacto agmine redirent quanto longius ab urbe hostium abscederent eo solutiore cura, in Lucretium incidunt consulem iam ante exploratis itineribus suis instructum et ad certamen intentum

Igitur praeparatis animis repentino pavore perculsos adorti aliquanto pauciores multitudinem ingentem fundunt fugantque et compulsos in cavas valles, cum exitus haud in facili essent, circumueniunt

Ibi Volscum nomen prope deletum est

Tredecim milia quadringentos septvaginta cecidisse in acie ac fuga, mille septingentos quinqvaginta vivos captos, signa viginti septem militaria relata in quibusdam annalibus inuenio, ubi etsi adiectum aliquid numero sit, magna certe caedes fuit
Così i nemici, dopo aver fatto razzie negli immediati dintorni, non osarono avvicinarsi a Roma e ripresero, sia pur con diversioni, la strada di casa; mentre cresceva in loro un senso di sicurezza a mano a mano che aumentava la distanza da Roma, si imbatterono nel console Lucrezio che, già al corrente della direzione di marcia scelta dai nemici, li attendeva pronto a dare battaglia

Così i Romani, pur essendo in inferiorità numerica, attaccarono con giusta disposizione d'animo i nemici in preda invece a un improvviso attacco di paura; quindi, dopo averne sbaragliato il possente schieramento e averli messi in fuga verso certe valli poco spaziose da dove era difficile sfuggire, li accerchiarono

Lì poco mancò che il nome dei Volsci venisse cancellato dalla faccia della terra

In alcuni annali ho trovato che tra fuga e battaglia ci furono 13470 morti, che 1750 vennero catturati vivi e che le insegne conquistate ammontarono a 27; anche se tali cifre risentono di una certa tendenza all'esagerazione, ciononostante si trattò indubbiamente di un grande massacro
Victor consul ingenti praeda potitus eodem in statiua rediit

Tum consules castra coniungunt, et Volsci AEquique adflictas vires suas in unum contulere

Tertia illa pugna eo anno fuit

Eadem fortuna victoriam dedit; fusis hostibus etiam castra capta

[9] Sic res Romana in antiquum statum rediit, secundaeque belli res extemplo urbanos motus excitauerunt

C Terentilius Harsa tribunus plebis eo anno fuit
Il console vincitore tornò con un enorme bottino all'accampamento

Allora i due consoli si accamparono insieme, mentre Volsci ed Equi facevano confluire in un unico esercito i propri decimati reparti

La battaglia che seguì fu la terza nel corso dell'anno

La vittoria arrivò grazie alla stessa buona sorte: dopo aver disperso i nemici, ne conQuistarono anche l'accampamento

9 La potenza romana tornò così alla situazione di un tempo e l'esito favorevole della guerra suscitò all'improvviso dei contrasti interni in città

Quell'anno Gaio Terentilio Arsa era tribuno della plebe

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Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20
Livio, Ab urbe condita: Libro 21; 11-20

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 11-20

Is consulibus absentibus ratus locum tribuniciis actionibus datum, per aliquot dies patrum superbiam ad plebem criminatus, maxime in consulare imperium tamquam nimium nec tolerabile liberae civitati inuehebatur: nomine enim tantum minus invidiosum, re ipsa prope atrocius quam regium esse; quippe dvos pro uno dominos acceptos, immoderata, infinita potestate, Qui soluti atque effrenati ipsi omnes metus legum omniaque supplicia uerterent in plebem

Quae ne aeterna illis licentia sit, legem se promulgaturum ut Quinque viri creentur legibus de imperio consulari scribendis; quod populus in se ius dederit, eo consulem usurum, non ipsos libidinem ac licentiam suam pro lege habituros
Pensando che l'assenza dei consoli fosse per i tribuni la migliore occasione per darsi da fare, egli passò alcuni giorni a lagnarsi presso la plebe dell'arroganza patrizia, inveendo soprattutto contro l'autorità consolare, ritenuta eccessiva e intollerabile per un libero Stato; tale potere era infatti a sua detta solo formalmente meno detestabile - ma di fatto più crudele - di qvello dei re: al posto di un padrone adesso ne avevano due che, godendo di un'autorità priva di restrizioni e vivendo in uno stato di sfrenatezza non sottoposta a controlli, rovesciavano sulla plebe il terrore suscitato dalle leggi e dalle punizioni

Perché i consoli non dovessero godere in eterno di qvella condizione privilegiata, il tribuno disse di voler far passare una legge che prevedesse la nomina di cinque magistrati con l'incarico di approntare delle leggi che regolassero l'autorità consolare; i consoli avrebbero così goduto del potere assegnato loro dal popolo, ma non avrebbero potuto trasformare in legge qvello che invece era il loro capriccio o il loro arbitrio
Qua promulgata lege cum timerent patres ne absentibus consulibus iugum acciperent, senatus a praefecto urbis Q Fabio uocatur, Qui adeo atrociter in rogationem latoremque ipsum est inuectus ut nihil, si ambo consules infesti circumstarent tribunum, relictum minarum atque terroris sit: insidiatum eum et tempore capto adortum rem publicam

Si quem similem eius priore anno inter morbum bellumque irati di tribunum dedissent, non potvisse sisti

Mortvis duobus consulibus, iacente aegra civitate, in conluvione omnium rerum, ad tollendum rei publicae consulare imperium laturum leges fvisse, ducem Volscis AEquisque ad oppugnandam urbem futurum

Quid tandem
In séguito alla presentazione di questa legge, siccome i senatori temevano che l'assenza dei consoli li costringesse a sottostare a un simile giogo, il prefetto della città convocò il senato e lì attaccò la proposta e il suo autore con una tale veemenza che, se entrambi i consoli fossero stati presenti e avessero circondato il tribuno in maniera ostile, non avrebbero potuto aggiungere nulla alla virulenza delle sue minacce; chi davvero a sua detta rappresentava un'insidia concreta per il paese era Terentilio, reo di esser passato all'attacco sfruttando le circostanze

Se l'anno prima - quando cioè la pestilenza e la guerra infuriavano sulla città - la rabbia divina avesse imposto un tribuno simile a lui, la situazione sarebbe stata insostenibile

Coi due consoli morti e la città in preda all'infuriare del morbo e alla confusione generale, Terentilio avrebbe proposto una legge volta a privare lo Stato del potere consolare e avrebbe gvidato Equi e Volsci all'assedio di Roma

Ma alla fin fine dove voleva arrivare

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 41 - 45

Illi non licere, si quid consules superbe in aliquem civium aut crudeliter fecerint, diem dicere, accusare iis ipsis iudicibus quorum in aliquem saevitum sit

Non illum consulare imperium sed tribuniciam potestatem invisam intolerandamque facere; quam placatam reconciliatamque patribus de integro in antiqua redigi mala

Neque illum se deprecari quo minus pergat ut coeperit

'Vos' inQuit Fabius, 'ceteri tribuni, oramus, ut primum omnium cogitetis potestatem istam ad singulorum auxilium, non ad perniciem uniuersorum comparatam esse; tribunos plebis vos creatos, non hostes patribus

Nobis miserum, invidiosum vobis est, desertam rem publicam inuadi

Non ius uestrum, sed invidiam minueritis

Agite cum collega ut rem integram in aduentum consulum differat
Se i consoli si erano macchiati di arroganza o di crudeltà nei confronti di qualche cittadino, non era forse lecito trascinarli in giudizio e accusarli di fronte a un corpo giudicante che annoverasse tra i suoi membri chi aveva subito l'ingiustizia

Non il potere dei consoli, ma l'autorità dei tribuni Terentilio rendeva invisa e insopportabile; quella stessa autorità che si era pacificata e riconciliata col senato, adesso ricadeva di nuovo negli antichi mali

Ciononostante Fabio non lo avrebbe pregato di abbandonare quanto intrapreso

Esorto, gridò Fabio, voialtri tribuni a riflettere sul fatto che questa autorità vi è stata assegnata per soccorrere i singoli individvi e non per danneggiare la comunità tutta; voi siete stati eletti tribuni della plebe, non nemici del senato

Che lo Stato privo dei suoi difensori subisca attacchi è triste per noi, ma odioso per voi

Non diminvirete le vostre prerogative, ma la vostra impopolarità

Se farete in modo che il vostro collega rinvii fino al ritorno dei consoli la questione nei termini in cui oggi si trova
Ne AEqui quidem ac Volsci, morbo absumptis priore anno consulibus, crudeli superboque nobis bello institere

' Agunt cum Terentilio tribuni, dilataque in speciem actione, re ipsa sublata, consules extemplo arcessiti

[10] Lucretius cum ingenti praeda, maiore multo gloria rediit

Et auget gloriam adueniens exposita omni in campo Martio praeda, ut suum Quisque per triduum cognitum abduceret

Reliqua uendita, quibus domini non exstitere

Debebatur omnium consensu consuli triumphus; sed dilata res est, tribuno de lege agente; id antiquius consuli fuit

Iactata per aliquot dies cum in senatu res tum apud populum est; cessit ad ultimum maiestati consulis tribunus et destitit

Tum imperatori exercitvique honos suus redditus
Quando l'anno passato l'epidemia ci privò dei consoli, anche Equi e Volsci ci risparmiarono una guerra crudele e impietosa

I tribuni fanno pressione su Terentilio; quindi, dopo un apparente rinvio della proposta di legge trasformatosi poi in aperto ritiro, vennero immediatamente convocati i consoli

10 Lucrezio tornò con un enorme bottino e con ancora maggiore gloria

Questa subì poi un ulteriore incremento quando, una volta arrivato, egli espose per tre giorni il bottino lungo tutta l'estensione del Campo Marzio, in maniera tale che ciascuno potesse ritirare ciò che riconosceva come proprio

Gli oggetti che non furono rivendicati dai legittimi proprietari vennero messi all'incanto

Sul fatto che il console meritasse il trionfo erano d'accordo tutti: la cosa fu però rinviata per la proposta avanzata dal tribuno che, agli occhi di Lucrezio, appariva di primaria importanza

Del provvedimento si discusse per alcuni giorni prima in senato e poi di fronte al popolo; alla fine il tribuno decise di sottostare all'autorità del console e lasciò perdere

Solo allora l'esercito e il comandante ricevettero gli onori dovuti

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Triumphavit de Volscis AEquisque; triumphantem secutae suae legiones

Alteri consuli datum ut ouans sine militibus urbem iniret

Anno deinde insequenti lex Terentilia ab toto relata collegio novos adgressa consules est; erant consules P Volumnius Ser Sulpicius

Eo anno caelum ardere visum, terra ingenti concussa motu est

Bovem locutam, cui rei priore anno fides non fuerat, creditum

Inter alia prodigia et carne pluit, quem imbrem ingens numerus avium interuolitando rapvisse fertur; quod intercidit, sparsum ita iacuisse per aliquot dies ut nihil odor mutaret

Libri per duumviros sacrorum aditi; pericula a conuentu alienigenarum praedicta, ne Qui in loca summa urbis impetus caedesque inde fierent; inter cetera monitum ut seditionibus abstineretur
Lucrezio ottenne il trionfo su Volsci ed Equi e nel corteo trionfale venne accompagnato dalle sue legioni

All'altro console fu concesso di entrare a Roma con gli onori dell'ovazione ma privo dei soldati

L'anno successivo la legge terentiliana venne di nuovo presentata dall'intero collegio dei tribuni contro i consoli appena eletti Publio Volumnio e Sergio Sulpicio

Qvell'anno si videro prodigi di fuoco nel cielo e la terra venne sconvolta da un terremoto di notevole intensità

Si credette che una vacca avesse parlato, cosa a cui nell'anno precedente nessuno aveva prestato fede

Tra gli altri eventi prodigiosi si assistette anche a una pioggia di carne che, a quanto pare, venne intercettata da un enorme stormo di uccelli finito in volo proprio lì nel mezzo; qvel che invece cadde a terra rimase sparpagliato sul suolo per alcuni giorni senza però imputridire

I duumviri addetti ai riti sacri consultarono i libri sibillini e predissero che un gruppo di stranieri sarebbe stato motivo di pericolo e avrebbe sferrato un attacco alla cittadella con conseguente spargimento di sangue; ammonirono anche di astenersi dagli scontri tra fazioni

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