Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ; 11 - 24, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 02 ; 11 - 24

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02 ; 11 - 24

Utrimque constitit fides; et Romani pignus pacis ex foedere restituerunt, et apud regem Etruscum non tuta solum sed honorata etiam virtus fuit, laudatamque virginem parte obsidum se donare dixit; ipsa quos vellet legeret

Productis omnibus elegisse impubes dicitur; quod et virginitati decorum et consensu obsidum ipsorum probabile erat eam aetatem potissimum liberari ab hoste quae maxime opportuna iniuriae esset

Pace redintegrata Romani novam in femina virtutem novo genere honoris, statua equestri, donavere; in summa Sacra via fuit posita virgo insidens equo

[14] Huic tam pacatae profectioni ab urbe regis Etrusci abhorrens mos traditus ab antiquis usque ad nostram aetatem inter cetera sollemnia manet, bona Porsennae regis vendendi
Entrambe le parti mantennero la parola: i Romani riconsegnarono il pegno di pace, come previsto dal trattato, e il re etrusco non solo protesse la ragazza, ma ne onorò il coraggio con questa forma di riconoscimento: le avrebbe donato parte degli ostaggi e lei stessa poteva scegliere quali portarsi con sé

Quando li ebbe tutti davanti, pare che abbia preferito gli adolescenti, sia perché la scelta era più in sintoni con la sua età, sia perché avrebbe probabilmente avuto l'approvazione degli ostaggi stessi, in quanto la cosa migliore era togliere al nemico chi si trovava nell'età maggiormente esposta a possibili rischi

Una volta ristabilita la pace, i Romani immortalarono quell'atto di coraggio nuovo in una donna con un onore anch'esso nuovo: in cima alla Via Sacra le fu dedicata una statua equestre che rappresentava una ragazza in groppa a un cavallo

14 Questa ritirata così pacifica degli Etruschi da Roma stride con l'usanza, giunta insieme ad altre fino ai giorni nostri dai tempi antichi, di mettere in vendita i beni di Porsenna
Cuius originem moris necesse est aut inter bellum natam esse neque omissam in pace, aut a mitiore crevisse principio quam hic prae se ferat titulus bona hostiliter vendendi

Proximum vero est ex iis quae traduntur Porsennam discedentem ab Ianiculo castra opulenta, conuecto ex propinquis ac fertilibus Etruriae arvis commeatu, Romanis dono dedisse, inopi tum urbe ab longinqua obsidione; ea deinde, ne populo immisso diriperentur hostiliter, venisse, bonaque Porsennae appellata, gratiam muneris magis significante titulo quam auctionem fortunae regiae quae ne in potestate quidem populi Romani esset

Omisso Romano bello Porsenna, ne frustra in ea loca exercitus adductus videretur, cum parte copiarum filium Arruntem Ariciam oppugnatum mittit
giocoforza che una pratica simile sia nata durante la guerra e poi sia stata mantenuta in tempo di pace, oppure abbia avuto origine a séguito di qualche episodio meno cruento dell'aggiudicazione dei beni tolti in guerra al nemico, cui la formula fa esplicito riferimento

La versione più verisimile tra quelle tramandate è questa: quando Porsenna evacuò il Gianicolo, abbandonò il suo accampamento ricco di vettovaglie provenienti dalla vicina e fertile campagna etrusca, e ne fece dono ai Romani, ridotti alla fame dal lungo assedio; Tutto quanto c'era fu venduto per evitare che il popolo lo razziasse come si razzia una terra nemica; Il nome che toccò a quegli oggetti -beni di Porsenna - fu più dovuto alla riconoscenza per il dono che a un'asta delle proprietà reali (le quali, per altro, non appartenevano neppure al popolo romano)

Abbandonata la guerra con Roma, Porsenna, per non dare l'idea di aver portato le sue truppe invano in quella zona, invia il figlio Arrunte ad assediare Aricia con parte dell'esercito
Primo Aricinos res necopinata perculerat; arcessita deinde auxilia et a Latinis populis et a Cumis tantum spei fecere, ut acie decernere auderent

Proelio inito, adeo concitato impetu se intulerant Etrusci ut funderent ipso incursu Aricinos: Cumanae cohortes arte adversus vim usae declinauere paululum, effuseque praelatos hostes conversis signis ab tergo adortae sunt

Ita in medio prope iam victores caesi Etrusci

Pars perexigua, duce amisso, quia nullum propius perfugium erat, Romam inermes et fortuna et specie supplicum delati sunt

Ibi benigne excepti divisique in hospitia

Curatis volneribus, alii profecti domos, nuntii hospitalium beneficiorum: multos Romae hospitum urbisque caritas tenvit
Sulle prime l'attacco senza preavviso paralizzò gli abitanti di Aricia; Poi però, ricevuti rinforzi dalle tribù latine e da Cuma, acquisirono una tale fiducia nei propri mezzi che osavano affrontare il nemico in campo aperto

Lo scontro era soltanto agli inizi quando gli Etruschi sferrarono un attacco talmente poderoso da sbaragliare gli Aricini al primo vero urto; Le coorti venute da Cuma, opponendo la tattica alla forza bruta, operarono un lieve scarto laterale e si lasciarono superare dai nemici che avanzavano disordinatamente; quindi, tornando sui propri passi, li assalirono alle spalle

Così gli Etruschi, rimasti presi tra due fuochi, furono fatti a pezzi nonostante ormai avessero quasi in mano la vittoria

I pochissimi superstiti, privi del loro comandante e di un qualsiasi rifugio più vicino, si trascinarono fino a Roma, disarmati e nelle condizioni e nell'aspetto tipici dei supplici

Furono accolti benignamente e ospitati qua e là presso privati

Una volta rimessisi in sesto, alcuni tornarono a casa e riferirono l'accoglienza fraterna ricevuta; Molti invece rimasero a Roma, per l'affetto che li legava alla città e ai loro ospiti

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Livio, Ab urbe condita: Libro 02; 39 - 47

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02; 39 - 47

His locus ad habitandum datus quem deinde Tuscum vicum appellarunt

[15] Sp Larcius inde et T Herminius, P Lucretius inde et P Valerius Publicola consules facti

Eo anno postremum legati a Porsenna de reducendo in regnum Tarquinio venerunt; quibus cum responsum esset missurum ad regem senatum legatos, missi confestim honoratissimus quisque ex patribus

Non quin breviter reddi responsum potuerit non recipi reges, ideo potius delectos patrum ad eum missos quam legatis eius Romae daretur responsum, sed ut in perpetuum mentio eius rei finiretur, neu in tantis mutuis beneficiis in vicem animi sollicitarentur, cum ille peteret quod contra libertatem populi Romani esset, Romani, nisi in perniciem suam faciles esse vellent, negarent cui nihil negatum vellent
Il quartiere, che venne loro assegnato perché vi abitassero, in séguito prese il nome di Vico Etrusco

15 Publio Lucrezio e Publio Valerio Publicola furono quindi eletti consoli

Quell'anno Porsenna fece l'ultimo tentativo diplomatico per restaurare i Tarquini sul trono; Poiché il senato rispose ai legati che avrebbe mandato un'ambasceria al re, furono subito inviati i senatori più eminenti

Non perché fosse difficile dare una risposta concisa (Niente re a Roma), ma piuttosto perché era meglio che una delegazione del senato la desse a lui personalmente piuttosto che ai suoi legati a Roma; Con una mossa del genere l'annosa questione non si sarebbe più presentata, né si sarebbe corso il rischio di rovinare i buoni rapporti tra i due popoli con un'irritazione reciproca; Irritazione per altro giustificatissima in quanto Porsenna chiedeva qualcosa di lesivo della libertà romana, mentre i Romani, a meno di fare dell'aperto autolesionismo, dovevano dire di no alla richiesta di un uomo cui non avrebbero voluto negare nulla
Non in regno populum Romanum sed in libertate esse

Ita induxisse in animum, hostibus portas potius quam regibus patefacere; ea esse vota omnium ut qui libertati erit in illa urbe finis, idem urbi sit

Proinde si salvam esse vellet Romam, ut patiatur liberam esse orare

Rex verecundia victus 'quando id certum atque obstinatum est' inquit, 'neque ego obtundam saepius eadem nequiquam agendo, nec Tarquinios spe auxilii, quod nullum in me est, frustrabor

Alium hinc, seu bello opus est seu quiete, exsilio quaerant locum, ne quid meam vobiscum pacem distineat'

Dictis facta amiciora adiecit; obsidum quod reliquum erat reddidit; agrum Veientem, foedere ad Ianiculum icto ademptum, restituit

Tarquinius spe omni reditus incisa exsulatum ad generum Mamilium Octavium Tusculum abiit
A Roma il tempo dei re era finito: ora c'era la libertà repubblicana

Perciò si era deciso di aprire le porte ai propri nemici piuttosto che ai re; Questo era il voto unanime di tutti: la fine della libertà sarebbe stata anche la fine di Roma

Se quindi gli stava a cuore il bene di Roma, lo pregavano di non calpestare la loro libertà

Vinto dal senso del rispetto, il re rispose: Siccome vi vedo assolutamente irremovibili, non vi importunerò più su una questione senza vie d'uscita né illuderò più i Tarquini con la speranza di un aiuto che non è in mio potere garantirgli

Qualunque siano le loro intenzioni, risolvere il problema con la guerra o con la diplomazia, dovranno cercarsi un'altra sede per il loro esilio, in modo che nulla possa incrinare i nostri rapporti

Le sue parole furono segvite da ulteriori dimostrazioni di amicizia: restituì gli ultimi ostaggi e il territorio di Veio avuto a séguito del trattato stipulato sul Gianicolo

Tarquinio, invece, persa ogni speranza di poter rientrare, si ritirò in esilio a Tuscolo, presso il genero Ottavio Mamilio

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Romanis pax fida cum Porsenna fuit

[16] Consules M Valerius P Postumius

Eo anno bene pugnatum cum Sabinis; consules triumpharunt

Maiore inde mole Sabini bellum parabant

Adversus eos et ne quid simul ab Tusculo, unde etsi non apertum, suspectum tamen bellum erat, repentini periculi oreretur, P Valerius quartum T Lucretius iterum consules facti

Seditio inter belli pacisque auctores orta in Sabinis aliquantum inde virium transtulit ad Romanos

Namque Attius Clausus, cui postea Appio Claudio fuit Romae nomen, cum pacis ipse auctor a turbatoribus belli premeretur nec par factioni esset, ab Inregillo, magna clientium comitatus manu, Romam transfugit
Così, tra i Romani e Porsenna la pace non ebbe più ostacoli

16 Consoli Marco Valerio e Publio Postumio

Quell'anno si combatté con successo contro i Sabini e i due consoli ottennero il trionfo

Poi i Sabini si prepararono a una guerra di ben altre proporzioni

Per fronteggiare questo pericolo e per evitare altre imprevedibili minacce da parte degli abitanti di Tuscolo, i quali, pur senza aver dichiarato guerra sembrava avessero tutte le intenzioni di farlo, furono eletti consoli Publio Valerio, per la quarta volta, e Tito Lucrezio, alla sua seconda esperienza

In campo sabino, tra gli interventisti e i fautori della pace, esplose un contrasto e una buona parte di loro passò ai Romani

Infatti, Azio Clauso, in séguito conosciuto a Roma come Appio Claudio, capo del partito della pace, piegato dalle turbolenze degli interventisti e incapace di opporvi una qualche resistenza, abbandonò Inregillo e con un gruppo consistente di clienti si venne a stabilire a Roma
His civitas data agerque trans Anienem; Vetus Claudia tribus-additis postea novis tribulibus-qui ex eo venirent agro appellati

Appius inter patres lectus, haud ita multo post in principum dignationem pervenit

Consules infesto exercitu in agrum Sabinum profecti cum ita vastatione, dein proelio adflixissent opes hostium ut diu nihil inde rebellionis timeri posset, triumphantes Romam redierunt

P Valerius, omnium consensu princeps belli pacisque artibus, anno post Agrippa Menenio P Postumio consulibus moritur, gloria ingenti, copiis familiaribus adeo exigvis, ut funeri sumptus deesset; de publico est datus

Luxere matronae ut Brutum

Eodem anno duae coloniae Latinae, Pometia et Cora, ad Auruncos deficiunt
A loro fu concessa la cittadinanza e un appezzamento di terreno al di là dell'Aniene; In questa sede formarono quella che in séguito, grazie all'immissione di nuovi membri, venne chiamata la vecchia tribù claudia

Appio, accolto in senato, in breve tempo ne divenne uno dei membri più autorevoli

I consoli gvidarono una campagna militare in territorio sabino, e tanto le devastazioni prima, quanto poi le disfatte inflitte in campo aperto al nemico furono così clamorose da rassicurare del tutto circa possibili future ribellioni in quella zona; A fine campagna i consoli tornarono a Roma in trionfo

L'anno successivo, durante il consolato di Menenio Agrippa e Publio Postumio, morì Publio Valerio, universalmente considerato il migliore degli strateghi e degli statisti; Pur avendo raggiunto il massimo degli onori, era così povero da non potersi pagare nemmeno il funerale che fu celebrato a spese dello Stato

Le donne lo piansero come avevano pianto Bruto

Quello stesso anno, due colonie latine, Pomezia e Cora, defezionano passando dalla parte degli Aurunci

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Cum Auruncis bellum initum; fusoque ingenti exercitu, qui se ingredientibus fines consulibus ferociter obtulerat, omne Auruncum bellum Pometiam compulsum est

Nec magis post proelium quam in proelio caedibus temperatum est; et caesi aliquanto plures erant quam capti, et captos passim trucidauerunt; ne ab obsidibus quidem, qui trecenti accepti numero erant, ira belli abstinvit

Et hoc anno Romae triumphatum

[17] Secuti consules Opiter Verginius Sp Cassius Pometiam primo vi, deinde vineis aliisque operibus oppugnarunt

In quos Aurunci magis iam inexpiabili odio quam spe aliqua aut occasione coorti, cum plures igni quam ferro armati excucurrissent, caede incendioque cuncta complent
Fu subito guerra; Dopo la disfatta di un ingente esercito aurunco andato ad affrontare con determinazione le truppe consolari che ne avevano invaso il territorio, l'intero conflitto si concentrò su Pomezia

Non ci fu un attimo di requie né prima né durante la battaglia; Il numero dei caduti superò di gran lunga quello dei prigionieri, E questi ultimi vennero passati per le armi senza troppe sottigliezze; Nessuna pietà nemmeno per i trecento ostaggi che erano stati consegnati

Anche quell'anno Roma vide un trionfo

17 I consoli dell'anno successivo, Opitro Virginio e Spurio Cassio, tentarono di conquistare Pomezia prima con la forza e poi con delle vigne e con altri mezzi d'assalto

Durante l'assedio subirono un attacco degli Aurunci, i quali, spinti più dall'implacabilità dell'odio che da una qualche speranza di sfruttare favorevolmente l'occasione, li assalirono armati quasi tutti di tizzoni ardenti al posto delle spade e seminarono morte e incendi dappertutto
Vineis incensis, multis hostium volneratis et occisis, consulum quoque alterum-sed utrum auctores non adiciunt-gravi volnere ex equo deiectum prope interfecerunt

Romam inde male gesta re reditum; inter multos saucios consul spe incerta vitae relatus

Interiecto deinde haud magno spatio, quod volneribus curandis supplendoque exercitui satis esset, cum ira maiore, tum viribus etiam auctis Pometiae arma inlata

Et cum vineis refectis aliaque mole belli iam in eo esset ut in muros evaderet miles, deditio est facta

Ceterum nihilo minus foeda, dedita urbe, quam si capta foret, Aurunci passi; principes securi percussi, sub corona venierunt coloni alii, oppidum dirutum, ager veniit
Diedero fuoco alle vigne, ferirono e uccisero molti nemici, e addirittura uno dei consoli - anche se nelle fonti non si specifica quale dei due - fu disarcionato, ferito gravemente e per poco non perse la vita

Dopo quella disfatta si fece ritorno a Roma; Moltissimi i feriti rimpatriati e con loro anche il console, sospeso tra la vita e la morte

Non molto tempo dopo - quanto ci volle per curare le ferite e rimettere in sesto i ranghi dell'esercito -, si tornò all'attacco di Pomezia, con più rabbia e determinazione e con un'armata più consistente

Avevano già riattato le vigne e le altre apparecchiature e gli uomini stavano per fare breccia nelle mura, quando la città si arrese

Per gli Aurunci non ci fu nessuna pietà: nonostante la resa, subirono la stessa sorte che sarebbe toccata loro se la città fosse caduta a séguito di un assalto; I personaggi più in vista furono decapitati, mentre il resto dei coloni vennero venduti come schiavi; La città fu rasa al suolo e la terra messa all'incanto

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Consules magis ob iras graviter ultas quam ob magnitudinem perfecti belli triumpharunt

[18] Insequens annus Postumum Cominium et T Largium consules habuit

Eo anno Romae, cum per ludos ab Sabinorum iuventute per lasciviam scorta raperentur, concursu hominum rixa ac prope proelium fuit, parvaque ex re ad rebellionem spectare videbatur

Super belli Sabini metum id quoque accesserat quod, triginta iam coniurasse populos concitante Octavio Mamilio satis constabat

In hac tantarum expectatione rerum sollicita civitate, dictatoris primum creandi mentio orta

Sed nec quibus consulibus quia ex factione Tarquiniana essent-id quoque enim traditur-parum creditum sit, nec quis primum dictator creatus sit, satis constat
I consoli ebbero il trionfo più per aver vendicato implacabilmente gli affronti subiti che per l'importanza del successo ottenuto in guerra

18 L'anno successivo ebbe come consoli Postumio Cominio e Tito Largio

Durante la celebrazione dei giochi a Roma, dato che un gruppo di giovani sabini infoiati cercò di portarsi via delle prostitute, ci fu subito un assembramento di uomini e scoppiò una rissa così simile a una battaglia vera e propria da dar l'impressione di non essere un episodio insignificante bensì una minaccia di riapertura delle ostilità

Ma il pericolo di una nuova guerra coi Latini non era il solo allarme: infatti si sapeva ormai per certo che trenta città latine, istigate da Ottavio Mamilio, avevano formato una coalizione

La tensione generale dovuta a Queste cupe notizie portò a suggerire per la prima volta la nomina di un dittatore

Circa l'anno e il nome dei consoli sospettati di essere filotarquiniani (si parla anche di questo) non c'è accordo tra le fonti, né si sa con certezza chi sia stato il primo dittatore

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