I grandi temi di Plauto

I grandi temi di Plauto

Il 17 dicembre 217 a.C. è il giorno e anno della rifondazione e fissazione della festa dei Saturnali

Non che i Saturnali fossero «scenici», ospitassero cioè regolari rappresentazioni teatrali, sebbene una particolare forma di teatralità, domestica e improvvisata, non ne fosse affatto esclusa. La loro importanza per la storia del teatro romano e, in particolare, per quello di Plauto sta nel fatto che essi, raccogliendo e unificando non pochi tratti "carnevaleschi" già presenti in varia misura nei riti di altre festività, divennero la festa di tutti per eccellenza, la festa della sospensione del tempo, di una magica irrealtà in cui, semel in anno, il copricapo d'obbligo diventava, per tutti, il pileus, il berretto conico di feltro altrimenti riservato agli schiavi affrancati. La festa in cui a tutti era consentito di mangiare e bere a dismisura, o giocare a dadi o scherzare, in obbedienza a un "re" di bisboccia, sorteggiato con quegli stessi dadi, nei modi più bizzarri e inconsueti. Il 17 dicembre il caso (i dadi) prendeva il posto della necessità, la favolosa età aurea di Saturno prendeva il posto della ferrea età di Giove, cioè della storia attuale, la divisione tra liberi e schiavi spariva e per una volta gli schiavi potevano sedere alla tavola dei padroni, non per concessione, ma da pari a pari, tanto da poter dire loro liberamente tutto ciò che non avrebbero osato in nessun altro momento. Per una volta infine, come ci ricorda Seneca nella sua epistola sulla schiavitù, «agli schiavi era consentito amministrare la giustizia (ius dicere), trasformando la casa in un piccolo stato» (Epistulae ad Lucilium 47). Per quel giorno, così, gli schiavi diventavano i consoli, i senatori, i magistrati, i giudici di un'immaginaria respublica di dimensioni domestiche. È appunto questo clima "carnevalesco", di sospensione del tempo reale e di ribaltamento delle parti, uno dei tratti dominanti del teatro di Plauto. Come nel giorno dei Saturnali, sulla scena plautina la signoria della legge appartiene a tutti coloro che sembrano i meno indicati a possederla. I parassiti, ad esempio, questi cittadini a mezza via tra accattoni e saltimbanchi, in Plauto non fanno che legiferare riformulando le leggi dello Stato a vantaggio immediato del proprio ventre. Mentre qui uno schiavo sentenzia sulla cosa pubblica, lì una schiava si occupa di garantire la parità dei diritti e dei doveri fra marito e moglie in materia di fedeltà coniugale, e altrove si parla, per bocca un adulescens, di un «tribunale giovanile» cui spetterà di sancire per legge che ai vecchi sia proibito frequentare le cortigiane e che, viceversa, nessun padre possa proibire al figlio di andarsi a divertire con chi vuole.