Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 05; 11-20

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 05; 11-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 11-20
[11] Cuius multiplex ratio disputandi rerumque varietas et ingeni magnitudo Platonis memoria et litteris consecrata plura genera effecit dissentientium philosophorum, e quibus nos id potissimum consecuti sumus, quo Socratem usum arbitrabamur, ut nostram ipsi sententiam tegeremus, errore alios levaremus et in omni disputatione, quid esset simillimum veri, quaereremus

Quem morem cum Carneades acutissime copiosissimeque tenuisset, fecimus et alias saepe et nuper in Tusculano, ut ad eam consuetudinem disputaremus

Et quadridui quidem sermonem superioribus ad te perscriptum libris misimus, quinto autem die cum eodem in loco consedissemus, sic est propositum, de quo disputaremus: [V][12] -Non mihi videtur ad beate vivendum satis posse virtutem

At hercule Bruto meo videtur, cuius ego iudicium, pace tua dixerim, longe antepono tuo
[11] E la multiforme razionalità di lui, la varietà del parlare e delle iniziatve e la grandezza dellingegno, consacrati dalla memoria e dalle lettere di Platone, procurò molti tipi di filosofi contrastanti, tra i quali noi seguimmo soprattutto quello che credevamo avesse usato Socrate, per nascondere noi stessi la nostra opinione, togliere gli altri dallerrore e cercare in ogni discussione che cosa sia più simile alla verità

E avendo mantenuto questa abitudine in modo attentissimo e generosissimo Carneade, facemmo anche altre volte e ora nella villa di Tuscoli in modo tal da attenerci a quella consuetudine

E nei quattro giorni ti dedicammo il discorso scritto in quattro libri, ma in questo quinto giorno, essendoci riuniti nello stesso posto, si propose così largomento di cui discutere: [V][12] Non mi sembra che la virtù sia sufficiente per vivere bene-

Ma per Ercole così pare al mio Bruto, la cui opinione antepongo di gran lunga alla tua (possa averlo detto con tua approvazione)
- Non dubito, nec id nunc agitur, tu illum quantum ames, sed hoc, quod mihi dixi videri, quale sit, de quo a te disputari volo

Nempe negas ad beate vivendum satis posse virtutem

Prorsus nego

- Quid

ad recte honeste laudabiliter, postremo ad bene vivendum satisne est praesidi in virtute

Certe satis

- Potes igitur aut, qui male vivat, non eum miserum dicere aut, quem bene fateare, eum negare beate vivere

Quidni possim

nam etiam in tormentis recte honeste laudabiliter et ob eam rem bene vivi potest, dum modo intellegas, quid nunc dicam 'bene

' Dico enim constanter graviter sapienter fortiter

Haec etiam in eculeum coiciuntur, quo vita non adspirat beata

[13] -Quid igitur
- Non ne dubito, ma non si discute ora quanto tu lo stimi, ma quale sia ciò che ti ho detto che mi sembra, di cui voglio che sia discusso da te

- Dunque tu neghi che la virtù sia bastevole per vivere bene

- Lo nego certo

-Perché

- Per vivere rettamente, onestamente, lodevolmente, infine anche bene, cè abbastanza sicurezza nella virtù

- Sì, certo

- Dunque o puoi dire che non è misero chi vive male o puoi negare che viva beatamente chi hai riconosciuto che vive bene

- Perché non potrei

Infatti si può vivere onestamente, rettamente, lodevolmente e per ciò anche bene anche nei tormenti se solo capisci che cosa io intenda ora per bene

Infatti intendo con coerenza, serietà, saggezza, forza

Queste cose si gettano anche sulla tortura, dove la vita beata non le respira

[13] E che dunque
solane beata vita, quaeso, relinquitur extra ostium limenque carceris, cum constantia gravitas fortitudo sapientia reliquaeque virtutes rapiantur ad tortorem nullumque recusent nec supplicium nec dolorem

Tu, si quid es facturus, nova aliqua conquiras oportet; ista me minime movent, non solum quia pervulgata sunt, sed multo magis, quia, tamquam levia quadam vina nihil valent in aqua, sic Stoicorum ista magis gustata quam potata delectant

Velut iste chorus virtutum in eculeum impositus imagines constituit ante oculos cum amplissima dignitate, ut ad eas cursim perrectura nec eas beata vita a se desertas passura videatur; cum autem animum ab ista pictura imaginibusque virtutum ad rem veritatemque traduxeris, hoc nudum relinquitur, possitne quis beatus esse, quam diu torqueatur
- Forse la sola vita beata, ti chiedo, è lasciata fuori dalle mura e dal confine del carcere, mentre la coerenza, la serietà, la forza la saggezza e le altre virtù sono rapite verso la tortura e non ricusano nessun tormento e nessun dolore

- Bisogna che, se hai intenzione di far qualcosa, trovi qualcosa di nuovo; queste argomentazioni mi muovono poco non solo perchè sono state già proposte, ma molto di più perchè, come i vini leggeri non valgono niente nellacqua, così queste cose degli Stoici piacciono più gustate che bevute

Come questo coro di virtù messe sul cavalletto della tortura mise davanti agli occhi immagini di grandissima virtù, tanto che sembra che la vita felice vada di corsa a loro e che non sopporti che siano allontanate da sé; ma, avendo riportato lanimo da questo quadretto e dalle immagini delle virtù alla situazione e alla realtà, questo è lasciato nudo, se possa essere beato uno per tutto il tempo in cui è torturato

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Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 333-395
Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 333-395

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 01; 333-395

[14] Quam ob rem hoc nunc quaeramus; virtutes autem noli vereri ne expostulent et querantur se a beata vita esse relictas

Si enim nulla virtus prudentia vacat, prudentia ipsa hoc videt, non omnis bonos esse etiam beatos, multaque de M Atilio Q Caepione M Aquilio recordatur, beatamque vitam, si imaginibus potius uti quam rebus ipsis placet, conantem ire in eculeum retinet ipsa prudentia negatque ei cum dolore et cruciatu quicquam esse commune

[VI] [15] -Facile patior te isto modo agere, etsi iniquum est praescribere mihi te, quem ad modum a me disputari velis

Sed quaero, utrum aliquid actum superioribus diebus an nihil arbitremur

Actum vero, et aliquantum quidem

- Atqui, si ita est, profligata iam haec et paene ad exitum adducta quaestio est

Quo tandem modo
[14] Perciò riflettiamo ora su questo e non temere che le virtù protestino e si lamentino di essere state abbandonate dalla vita felice

Se infatti nessuna virtù è priva di buonsenso, il buonsenso stesso vede questo che non tutti i buoni sono anche felici e ricorda molte cose riguardo a Marco Atilio, Quinto Cepione e Marco Aquilio e se preferisci utilizzare le immagini più degli stessi argomenti, lo stesso buonsenso trattiene una vita felice che si appresta ad andare sul cavalletto e dice che non ha nulla in comune con il dolore e la sofferenza

[VI] [15] Sopporto facilmente che tu ti comporti in questo modo, anche se è ingiusto che tu mi ordini in che modo vuoi che da me sia argomentato

Ma chiedo se crediamo che sia stato fatto qualcosa nei giorni scorsi oppure niente

- Si è fatto, certo, e anche abbastanza

- E se è così la questione è già stata dibattuta e quasi condotta a termine

- E come
- Quia motus turbulenti iactationesque animorum incitatae et impetu inconsiderato elatae rationem omnem repellentes vitae beatae nullam partem relinquunt

Quis enim potest mortem aut dolorem metuens, quorum alterum saepe adest, alterum semper impendet, esse non miser

Quid, si idem, quod plerumque fit paupertatem ignominiam infamiam timet, si debilitatem caecitatem, si denique, quod non modo singulis homininibus, sed potentibus populis saepe contigit, servitutem

potest ea timens esse quisquam beatus

[16] Quid, qui non modo ea futura timet, verum etiam fert sustinetque praesentiaadde eodem exilia luctus orbitates: qui rebus his fractus aegritudine eliditur, potest tandem esse non miserrimus

Quid vero
- Perché movimenti inconsulti e strappi degli animi sovragitate e spinte con impeto inconsulto, mentre scacciano ogni razionalità, non lasciano nessuno spazio alla vita felice

Chi può infatti non essere triste se teme la morte e il dolore, luno dei quali cè sempre, laltra sovrasta sempre

E che cosa, se lo stesso, cosa che spesso accade, teme la povertà, lignominia, il disprezzo, se teme la debolezza e la cecità, se infine, cosa che non tocca solo singoli uomini, ma anche popoli potenti, teme la servitù

Temendo queste cose, qualcuno può essere felice

[16] E che cosa, chi non solo teme le cose future, ma anche sostiene e sopporta le presenti- e aggiungi a questo gli esili, i lutti, le sterilità: chi, sconvolto da queste cose è travagliato dallamarezza, può tuttavia non essere sventuratissimo

E che, certo

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 01-10

illum, quem libidinibus inflammatum et furentem videmus, omnia rabide adpetentem cum inexplebili cupiditate, quoque affluentius voluptates undique hauriat, eo gravius ardentiusque sitientem, nonne recte miserrimum dixeris

quid

elatus ille levitate inanique lactitia exultans et temere gestiens nonne tanto miserior quanto sibi videtur beatior

Ergo ut hi miseri, sic contra illi beati, quos nulli metus terrent, nullae aegritudines exedunt, nullae libidines incitant, nullae futtiles laetitiae exultantes languidis liquefaciunt voluptatibus

Ut maris igitur tranquillitas intellegitur nulla ne minima quidem aura fluctus commovente, sic animi quietus et placatus status cernitur, cum perturbatio nulla est, qua moveri queat
E non diresti a ragione sventuratissimo quello che vediamo infiammato dalle passione e impazzito, che cerca tutte le cose rabbiosamente con un desiderio insaziabile, e tanto più riccamente da ogni lato goda di piacere, tanto più gravemente e ardentemente ne ha sete

E che

E quello, che è fuor di sé per la gioia ed esulta di vuota letizia e gode in maniera sconsiderata non ti sembra tanto più misero quanto più si crede felice

Dunque, come questi sono sventurati, così al contrario sono felici quelli che nessun timore atterrisce, nessuna asperità schiaccia, nessuna passione anima, nessuna gioia futile li liquefa mentre esultano in languidi piacere

Dunque, come la tranquillità del mare è intesa, quando neppure la più piccola brezza di vento la muove, così uno stato dellanimo è quieto e placato quando non cè nessun turbamento da cui possa essere scosso
[17] Quodsi est qui vim fortunae, qui omnia humana, quae cuique accidere possunt, tolerabilia ducat, ex quo nec timor eum nec angor attingat, idemque si nihil concupiscat, nulla ecferatur animi inani voluptate, quid est cur is non beatus sit

et si haec virtute efficiuntur, quid est cur virtus ipsa per se non efficiat beatos

[VII]Atqui alterum dici non potest, quin i, qui nihil metuant, nihil angantur, nihil concupiscant, nulla impotenti laetitia ecferantur, beati sint, itaque id tibi concedo

Alterum autem iam integrum non est; superioribus enim disputationibus effectum est vacare omni animi perturbatione sapientem

[18] -Nimirum igitur confecta res est; videtur enim ad exitum venisse quaestio

Propemodum id quidem
[17] E se cè uno che considera tollerabile la forza della casualità o tutte le cose umane, che possono capitare a chiunque, e da ciò non lo tocchi nè paura nè dolore, e se lo stesso non desideri niente non sia preso da nessun piacere di un animo vuoto, che cè perchè costui non sia felice

E se queste cose accadono per virtù, perchè la vurtù stessa di per sè non crea persone felici

VII] E non si può dire diversamente se non che quelli che non temono niente, non soffrono niente, non desiderano niente, non sono presi da nessuna gioia vana, siano felici, quindi ti concedo ciò

Laltra questione non è nuova; infatti nelle discussioni precedenti si stabilì che il sapiente è privo di ogni turbamento dellanimo

[18] Dunque fin troppo si perfezionò la cosa; mi sembra che la questione sia giunta alla fine

Quasi, certo

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 51-60

- Verum tamen mathematicorum iste mos est, non est philosophorum

Nam geometrae cum aliquid docere volunt, si quid ad eam rem pertinet eorum quae ante docuerunt, id sumunt pro concesso et probato, illud modo explicant, de quo ante nihil scriptum est; philosophi quamcumque rem habent in manibus, in eam quae conveniunt, congerunt omnia, etsi alio loco disputata sunt

Quod ni ita esset, cur Stoicus, si esset quaesitum, satisne ad beate vivendum virtus posset, multa diceret
- Tuttavia, in realtà questo è il costume dei matematici, non dei filosofi

Infatti i geometra, quando vogliono insegnare qualcosa, se cè qualcosa che pertiene a quellargomento di cui parlarono prima, lo assumono come concesso e approvato, spiegano solo quello di cui non fu mai scritto niente; i filosofi, qualunque cosa abbiano in mano, riuniscono tutte le discussioni, anche se furono discusse in altro luogo, in quella che stabilirono

E se non fosse così perchè uno stoico, se gli fosse richiesto, direbbe molte cose sulla questione se la virtù possa essere bastevole per vivere bene
Cui satis esset rispondere se ante docuisse nihil bonum esse nisi quod honestum esset, hoc probato consequens esse beatam vitam virtute esse contentam, et quo modo hoc sit consequens illi, sic illud huic, ut, si beata vita virtute contenta sit, nisi honestum quod sit, nihil aliud sit bonum

[19] Sed tamen non agunt sic; nam et de honesto et de summo bono separatim libri sunt, et cum ex eo efficiatur satis magnam in virtute ad beate vivendum esso vim, nihilo minus hoc agunt separatim

Propriis enim et suis argumentis et admonitionibus tractanda quaeque res est, tanta praesertim

Cave enim putes ullam in philosophia vocem emissam clariorem ullumve esse philosophiae promissum uberius aut maius

Nam quid profitetur

o di boni
E a lui sarebbe sufficiente rispondere di aver insegnato prima che niente è buono se non ciò che è onesto e, approvato ciò, che è conseguente che la vita felice è stata portata dalla virtù e come ciò sia conseguente a quello e questo a quello al punto che, se la vita felice è stata prodotta dalla virtù, nientaltro può essere buono se non ciò che è onesto

[19] E tuttavia non fanno così, infatti ci sono libri separatamente sullonestà e sul sommo beno, e, sebbene da ciò si evinca abbastanza che nella virtù cè una grande forza per vivere bene, non di meno trattano ciò separatamente

Ciascuna cosa, soprattutto se così importante, deve essere trattata con propri e personali argomenti e moniti

Infatti, credi che nella filosofia nessuna voce più limpida fu emessa e che niente di più ricco o maggiore della filosofia fu promesso

Infatti che cosa dichiara

O dei buoni

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 01; 502-526

perfecturam se, qui legibus suis paruisset, ut esset contra fortunam semper armatus, ut omnia praesidia haberet in se bene beateque vivendi, ut esset semper denique beatus

[20] Sed videro, quid efficiat; tantisper hoc ipsum magni aestumo, quod pollicetur

Nam Xerxes quidem refertus omnibus praemiis donisque fortunae, non equitatu, non pedestribus copiis, non navium moltitudine, non infinito pondere auri contentus praemium proposuit, qui invenisset novam voluptatemqua ipsa non fuit contentus; neque enim umquam finem inveniet libido -, nos vellem praemio elicere possemus, qui nobis aliquid adtulisset, quo hoc firmius crederemus
Che perfezionerà chi avrà obbedito alle sue leggi in modo da essere sempre armato contro la sorte, da avere in sè tutti i presidi per vivere bene e felicemente, di essere sempre e comunque felice

[20] Ma vedrò che cosa farà; per ora stimo grande la stessa cosa che promise

Infatti Serse, pieno di tutti i premi e dei doni di fortuna, non contento della cavalleria, non delle truppe a piedi, non della moltitudine delle navi, non dellinfinito peso delloro, propose un premio a chi trovasse un nuovo piacere (e di questa stessa cosa non fu contento; infatti il piacere non troverà mai fine), vorrei che noi potessimo insignire di un premio chi ci avrà fornito qualcosa che crederemo pià sicuro di ciò

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