Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 21-30, pag 2

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 04; 21-30

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 04; 21-30
Nam cum est concupita pecunia nec adhibita continuo ratio quasi quaedam Socratica medicina, quae sanaret eam cupiditatem, permanat in venas et inhaeret in visceribus illud malum, existitque morbus et aegrotatio, quae evelli inveterata non possunt, eique morbo nomen est avaritia; [25] similiterque ceteri morbi, ut gloriae cupiditas, ut mulierositas, ut ita appellem eam quae Graece filoguni a dicitur, ceterique similiter morbi aegrotationesque nascuntur Infatti essendo stato desiderato il denaro e non essendo stata fornita continuamente la razionalità quasi come una medicina socratica che sanasse quel desiderio, si attesta nelle vene e si attacca alle viscere quel male e vien fuori la malattia e la tristezza che, una volta attecchita non possono trarre fuori, e quel morbo si chiama avarizia; [25] allo stesso modo altre malattie, come il desiderio di gloria, come il dongiovannismo (chiameri così quella cosa che alla maniera greca è detta philogynia), e nascono altri morbi e tristezze dello stesso tipo
Quae autem sunt his contraria, ea nasci putantur a metu, ut odium mulierum, quale in misgu nw Atili est, in hominum universum genus, quod accepimus de Timone qui misa nqrwpoj appellatur, ut inhospitalitas est: quae omnes aegrotationes animi ex quodam metu nascuntur earum rerum quas fugiunt et oderunt E si crede che le cose che sono contrarie a queste nascano dalla paura, come lodio per le donne, quale si trova nel misogino di Atilio, nella razza di tutti gli uomini, cosa che apprendiamo riguardo a Timone che p chiamato misantropo, come linospitalità: malattie dellanimo che nascono tutte da un certo timore di quelle cose che fuggono e odiano
[26] Definiunt autem animi aegrotationem opinationem vehementem de re non expetenda, tamquam valde expetenda sit, inhaerentem et penitus insitam [26] Definiscono infermità, inoltre, unopinione forte riguardo una cosa da non ricercare come se dovesse essere perseguita con vigore, inerente e quasi insita

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 61-70

Quod autem nascitur ex offensione, ita definiunt: opinionem vehementem de re non fugienda inhaerentem et penitus insitam tamquam fugienda; haec autem opinatio est iudicatio se scire, quod nesciat Definiscono così ciò che nasce dallavversione: unopinione forte, inerente e quasi insita riguardo a una cosa da non fuggire come se fosse da fuggire; inoltre questa opinione è la presunzione di sapere ciò che non si sa
Aegrotationi autem talia quaedam subiecta sunt: avaritia, ambitio, mulierositas, pervicacia, ligurritio, vinulentia, cuppedia, et si qua similia Allinfermità sono soggette cose di questo tipo: lavarizia, lambizione, lessere donnaiolo, la pervicacia, lamor di gola e del vino e dei dolci e se cè qualcosa di simile

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 01; 429-501

Est autem avaritia opinatio vehemens de pecunia, quasi valde expetenda sit, inhaerens et penitus insita, similisque est eiusdem generis definitio reliquarum Infatti lavarizia è una presunzione violenta sul denaro, come se dovesse essere ricercato, inerente e quasi insita e la definizione delle cose rimanenti dello stesso tipo è simile
[27] Offensionum autem definitiones sunt eius modi, ut inhospitalitas sit opinio vehemens valde fugiendum esse hospitem, eaque inhaerens et penitus insita; similiterque definitur et mulierum odium, ut Hippolyti, et, ut Timonis, generis humani [27] Le definizioni delle offese, così, sono di tal fatta che linospitalità sia lopinione forte che lospite deve essere decisamente fuggito, ed è inerente e quasi insita; allo stesso modo è definito anche lodio delle donne, come quello di Ippolito, e, come di Timone, di tutto il genere umano

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Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 05; 01-10

[XII] Atque ut ad valetudinis similitudinem veniamus eaque conlatione utamur aliquando, sed parcius quam solent Stoici: ut sunt alii ad alios morbos procliviores - itaque dicimus gravidinosos quosdam, torminosos, non quia iam sint, sed quia saepe sint - alii ad metum, alii ad aliam perturbationem; ex quo in aliis anxietas, unde anxii, in aliis iracundia dicitur [XII] Ma per arrivare alla similitudine della salute ed usare un po questo paragone, ma in maniera un po più parca di quanto sono soliti fare gli Stoici: come ci sono alcuni più inclina ad una malattia ed altri ad unaltra (così definiamo certi soggetti al raffreddore, altri soggetti a dissenteria, non perché lo siano già, ma perché lo sono spesso) così alcuni sono esposti al terrore, altri ad un altro turbamento, e da questo si dice che ci sia ansietà in quelli, da cui si dice ansiosi, e iracondia in altri
Quae ab ira differt, estque aliud iracundum esse, aliud iratum, ut differt anxietas ab angore (neque enim omnes anxii, qui anguntur aliquando, nec, qui anxii, semper anguntur), ut inter ebrietatem interest, aliudque est amatorem esse, aliud amantem Essere iracondi è una cosa che differisce dallira, essere irati è unaltra, come lansietà differisce dallangoscia (infatti non sono ansiosi Tutte quelli che si agitano ogni tanto e anche quelli che sono ansiosi non sono sempre agitati), come cè differenza fra lebbrezza e lalcolismo, ed una cosa è essere un amatore, unaltra un amante

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Atque haec aliorum ad alios morbos proclivitas late patet; nam pertinet ad omnes perturbationes; [28] in multis etiam vitiis apparet, sed nomen res non habet E questa predisposizione degli uni ad alcune malattie appare largamente; infatti è comune a tutti i turbamenti; [28] appare anche in molti vizi, ma la cosa non ha nome

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