Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 02

Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 02

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 02

87 Utrum igitur utilius vel Fabricio, qui talis in hac urbe qualis Aristides Athenis fuit, vel senatui nostro qui numquam utilitatem a dignitate seiunxit, armis cum hoste certare an venenis

Si gloriae causa imperium expetundum est, scelus absit, in quo non potest esse gloria; sin ipsae opes expetuntur quoquo modo, non poterunt utiles esse cum infamia

Non igitur utilis illa L Philippi Q f sententia, quas civitates L Sulla pecunia accepta ex senatus consulto liberavisset, ut eae rursus vectigales essent, neque iis pecuniam, quam pro libertate dederant, redderemus

Ei senatus est assensus

Turpe imperio

Piratarum enim melior fides quam senatus

At aucta vectigalia, utile igitur

Quousque audebunt dicere quicquam utile, quod non honestum
87 Sarebbe stato più utile, dunque, sia per Fabrizio, che in questa città fu come Aristide in Atene, sia per il nostro senato, che non disgiunse mai l'utilità della dignità, combattere il nemico con le armi o col veleno

Se si deve mirare alla supremazia per la gloria, si bandisca il delitto, in cui non può esistere gloria; se si mira alla potenza in qualunque modo, non potrà giovare, se sarà unita all'infamia

Non fu, dunque, utile il provvedimento di Lucio Filippo, figlio di Quinto, in base al quale le città che Lucio Silla, per decreto del senato, aveva esentato dal tributo dietro pagamento di una somma di denaro, diventavano di nuovo tributarie, senza che venisse restituito loro il denaro versato per l'esenzione

Il senato diede il suo consenso

vergogna per il nostro governo

Vale più la parola dei pirati di quella del senato

Ma si aumentarono le entrate; quindi il provvedimento fu utile

Fino a quando oseranno dire che qualche cosa è utile, senza essere onesta
88 Potest autem ulli imperio, quod gloria debet fultum esse et benevolentia sociorum, utile esse odium et infamia

Ego etiam cum Catone meo saepe dissensi

Nimis mihi praefracte videbatur aerarium vectigaliaque defendere, omnia publicanis negare, multa sociis, cum in hos benefici esse deberemus, cum illis sic agere, ut cum colonis nostris soleremus, eoque magis, quod illa ordinum coniunctio ad salutem rei publicae pertinebat

Male etiam Curio, cum causam Transpadanorum aequam esse dicebat, semper autem addebat vincat utilitas

Potius doceret non esse aequam, quia non esset utilis rei publicae, quam cum utilem diceret non esse, aequam fateretur

89 Plenus est sextus liber de officiis Hecatonis talium quaestionum, sitne boni viri in maxima caritate annonae familiam non alere
88 E' possibile che ad un impero, che deve fondarsi sulla gloria e sulla simpatia degli alleati, siano utili l'odio e l'infamia

Io mi sono trovato spesso in disaccordo anche col mio amico Catone

mi sembrava che sostenesse con troppa intrasigenza gli interessi dell'erario e del bilancio, e che negasse tutto ai pubblicani, molto agli alleati, mentre verso questi dovevano essere benefici, verso quelli comportarci come eravamo soliti fare con i nostri coloni, tanto più perché quella concordia di classi interessava la salute dello Stato

Si comportava male anche Curione, quando diceva che la causa dei Transpadani era giusta, ma aggiungeva sempre: Vinca l'utilità

Piuttosto egli avrebbe dovuto dimostrare che non era giusta, perché non era utile allo Stato, anziché riconoscere che era giusta, mentre diceva che non era utile

89 Il sesto libro Sui doveri di Ecatone è pieno di questioni simili: se sia proprio di un uomo onesto non nutrire i propri schiavi in un periodo di estrema carestia
In utramque partem disputat, sed tamen ad extremum utilitate, ut putat, officium dirigit magis quam humanitate

Quaerit, si in mari iactura facienda sit, equine pretiosi potius iacturam faciat an servuli vilis

Hic alio res familiaris, alio ducit humanitas

Si tabulam de naufragio stultus arripuerit, extorquebitne eam sapiens, si potuerit

Negat, quia sit iniurium

Quid

dominus navis eripietne suum

Minime, non plus quam navigantem in alto eicere de navi velit, quia sua sit

Quoad enim perventum est eo, quo sumpta navis est, non domini est navis, sed navigantium

90 Quid

si una tabula sit, duo naufragi, eique sapientes, sibine uterque rapiat an alter cedat alteri

Cedat vero, sed ei, cuius magis intersit vel sua vel rei publicae causa vivere

Quid
Egli discute il pro e il contro, tuttavia alla f ine regola il dovere più in base all'utilità che all'umanità

Si domanda se, nel caso che si dovesse gettare in mare parte del carico , si debba gettare un cavallo di valore o uno schiavo di poco prezzo

In questo caso divergono le vie del patrimonio e dell'umanità

Se uno sciocco avesse afferrato una tavola in un naufragio, un saggio gliela dovrebbe sottrarre, se potesse

risponde di no, perché si tratterebbe di un'ingiustizia

Che cosa

Allora il padrone della nave potrebbe portargliela via, perché è sua

Per niente affatto, come non potrebbe in alto mare gettar giù dalla nave un passeggero, perché la nave è sua

Difatti sin quando non si è giunti alla destinazione, per cui la nave è stata noleggiata, essa non è dei proprietario, ma dei passeggeri

90 Che cosa

Dunque, se ci fosse un'unica tavola e due naufraghi, tutti e due sapienti, entrambi dovrebbero afferrarla o uno dovrebbe cedere all'altro

Bisogna cederla, ma a colui la cui vita è di maggiore importanza per sé o per lo Stato

Che cosa

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Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04
Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 01 - Parte 04

si haec paria in utroque

Nullum erit certamen, sed quasi sorte aut micando victus alteri cedet alter

Quid

si pater fana expilet, cuniculos agat ad aerarium, indicetne id magistratibus filius

Nefas id quidem est, quin etiam defendat patrem si arguatur

Non igitur patria praestat omnibus officiis

Immo vero, sed ipsi patriae conducit pios habere cives in parentes

Quid

si tyrannidem occupare, si patriam prodere conabitur pater, silebitne filius

Immo vero obsecrabit patrem, ne id faciat

Si nihil proficiet, accusabit, minabitur etiam; ad extremum, si ad perniciem patriae res spectabit, patriae salutem anteponet saluti patris

91 Quaerit etiam, si sapiens adulterinos nummos acceperit imprudens pro bonis, cum id nescierit, soluturusne sit eos, si cui debeat, pro bonis
E se in entrambi queste caratteristiche fossero uguali

Non vi sarà alcuna lotta, ma l'uno dovrebbe cedere all'altro quasi per sorteggio o giocando alla morra

Che cosa

E se un padre depredasse templi o scavasse gallerie verso l'erario, il figlio dovrebbe denunziare il fatto ai magistrati

Ciò sarebbe, in verità, un delitto, ché anzi dovrebbe difendere il padre, se accusato

La patria, dunque, non è superiore a tutti i doveri

Si, ma è nell'interesse della patria stessa avere i cittadini affezionati ai propri genitori

Che cosa

E se un padre cercasse di divenir tiranno, di tradire la patria, il figlio dovrebbe tacere

No, piuttosto scongiurerà il padre a non farlo

se non riuscirà in niente, lo accuserà, lo minaccerà pure: alla fine, se l'affare metterà in pericolo l'esistenza della patria, anteporrà la salvezza della patria a quella del padre

91 Si chiede anche questo: se un saggio ha ricevuto senza accorgersene monete false per buone, quando verrà a saperlo potrà darle in pagamento come buone, a qualche debitore
Diogenes ait, Antipater negat, cui potius assentior

Qui vinum fugiens vendat sciens, debeatne dicere

Non necesse putat Diogenes, Antipater viri boni existimat

Haec sunt quasi controversiae iura Stoicorum

In mancipio vendundo dicendane vitia, non ea, quae nisi dixeris, redhibeatur mancipium iure civili, sed haec, mendacem esse, aleatorem, furacem, ebriosum

Alteri dicenda videntur, alteri non videntur

92 Si quis aurum vendens orichalcum se putet vendere, indicetne ei vir bonus aurum illud esse, an emat denario, quod sit mille denarium

Perspicuum est iam et quid mihi videatur et quae sit inter eos philosophos, quos nominavi, controversia

Pacta et promissa semperne servanda sint, qvae nec vi nec dolo malo, ut praetores solent, facta sint
Diogene dice di sì, Antipatro di no, ed io sono d'accordo piuttosto con quest'ultimo

Se uno vendesse, sapendolo, vino che sta per inacidire, dovrebbe dirlo

Diogene non lo reputa necessario, Antipatro lo ritiene compito di un galantuomo

Queste sono, per così dire, questioni giuridiche controverse per gli Stoici

Nella vendita di uno schiavo è necessario dichiararne i difetti, non quelli che, taciuti, provocherebbero, secondo il codice civile, la restituzione dello schiavo, ma questi altri, l'essere menzognero, giuocatore, facile ai furti, ubriacone

Alcuni ritengono che sia necessario dichiararli, altri no

92 Se uno vendendo oro, credesse di vendere ottone, il galantuomo dovrebbe avvertirlo che si tratta di oro o dovrebbe acquistare per un denaro ciò che ne vale mille

E' chiaro, ormai, quale sia la mia opinione e quale la controversia tra i suddetti filosofi

Ci si chiede se debbano essere sempre mantenuti i patti e le promesse che, secondo la formula dei pretori, non siano stati fatti né con la violenza né con la frode

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Si quis medicamentum cuipiam dederit ad aquam intercutem pepigeritque, si eo medicamento sanus factus esset, ne illo medicamento umquam postea uteretur, si eo medicamento sanus factus sit et annis aliquot post inciderit in eundem morbum nec ab eo, quicum pepigerat, impetret, ut iterum eo liceat uti, quid faciendum sit

Cum sit is inhumanus, qui non concedat, nec ei quicquam fiat iniuriae, vitae et saluti consulendum

93 Quid

si qui sapiens rogatus sit ab eo, qui eum heredem faciat, cum ei testamento sestertium milies relinquatur, ut antequam hereditatem adeat luce palam in foro saltet, idque se facturum promiserit, quod aliter heredem eum scripturus ille non esset, faciat quod promiserit necne
Se qualcuno avesse dato ad un altro una farmaco per l'idropisia, ed avesse pattuito che costui, guarendo per mezzo di quel farmaco, non ne avrebbe più fatto uso in seguito, nel caso che fosse sopravvenuta la guarigione per merito di quel farmaco, e a distanza di qualche anno fosse nuovamente ricaduto nella stessa malattia, senza poter ottenere da colui, col quale aveva stipulato il patto, il permesso d'usare nuovamente la stessa medicina, che si dovrebbe fare

Poiché è inumano colui che non lo concede e non subisce alcuna ingiustizia, bisogna che si provveda alla vita e alla salute

93 E che

Se un sapiente fosse richiesto da uno che volesse nominarlo erede, lasciandogli per testamento cento milioni di sesterzi, di danzare pubblicamente nel foro in pieno giorno, prima di prendere possesso dell'eredità, e il sapiente avesse promesso di farlo perché, in caso contrario, quel tale non lo nominerebbe erede nel testamento, dovrebbe mantenere la sua promessa o no
Promisisse nollem et id arbitror fuisse gravitatis; quoniam promisit, si saltare in foro turpe ducet, honestius mentietur, si ex hereditate nihil ceperit, quam si ceperit, nisi forte eam pecuniam in rei publicae magnum aliquod tempus contulerit, ut vel saltare, cum patriae consulturus sit, turpe non sit

94 Ac ne illa quidem promissa servanda sunt, quae non sunt iis ipsis utilia, quibus illa promiseris

Sol Phaetonti filio, ut redeamus ad fabulas, facturum se esse dixit, quidquid optasset

Optavit, ut in currum patris tolleretur; sublatus est; atque is ante quam constitit ictu fulminis deflagravit; quanto melius fuerat in hoc promissum patris non esse servatum

Quid

quod Theseus exegit promissum a Neptuno
Preferirei che non avesse fatto una simile promessa e penso che ciò sarebbe stato indizio di serietà; ma dal momento che ha promesso, se riterrà vergognoso danzare, sarà più onesta la menzogna non prendendo niente dall'eredità che prendendola, a meno che non voglia destinare quel denaro a qualche grave necessità dello Stato, di modo che non sia turpe neppure danzare, per venire in aiuto della patria

94 Ma non devono esser mantenute neppure quelle promesse che non sono di utilità a coloro ai quali sono state fatte

Per ritornare ai miti, il Sole disse al figlio Fetonte che avrebbe esaudito qualunque suo desiderio

egli volle salire sul cocchio del padre; vi fu fatto salire; ma prima di mettersi a sedere fu colpito e bruciato da un fulmine

E che

Quanto sarebbe stato meglio che in questo caso non fosse stata mantenuta la promessa paterna

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Cui cum tres optationes Neptunus dedisset, optavit interitum Hippolyti filii, cum is patri suspectus esset de noverca; quo optato impetrato, Theseus in maximis fuit luctibus

95 Quid

quod Agamemnon cum devovisset Dianae, quod in suo regno pulcherrimum natum esset illo anno, immolavit Iphigeniam, qua nihil erat eo quidem anno natum pulchrius

Promissum potius non faciendum, quam tam taetrum facinus admittendum fuit

Ergo et promissa non facienda nonnumquam neque semper deposita reddenda

Si gladium quis apud te sana mente deposuerit, repetat insaniens, reddere peccatum sit, officium non reddere

Quid

si is, qui apud te pecuniam deposuerit, bellum inferat patriae, reddasne depositum

Non credo, facies enim contra rem publicam, quae debet esse carissima
E che dire della promessa che Teseo pretese da Nettuno; avendogli Nettuno concesso tre desideri, chiese la morte del figlio Ippolito, poiché questi era stato sospettato dal padre di illecita relazione con la matrigna; ottenuto l'adempimento di questo desiderio, Teseo piombò nel maggiore dei lutti

95 Che

E che dire di Agamennone, avendo offerto in voto a Diana quello che di più bello fosse nato nel suo regno in quell'anno, immolò Ifigenia, della quale, almeno in quell'anno, niente era nato di più bello

avrebbe dovuto fare a meno dì promettere, anziché commettere un delitto così infame

Non sempre, dunque, bisogna promettere e non sempre bisogna restituire ciò che si è avuto in deposito

Se uno sano di mente avesse depositato presso di te una spada e, divenuto folle, te la richiedesse, sarebbe una colpa il restituirla, dovere il non restituirla

E che

Se uno, che avesse depositato del denaro presso dì te, muovesse guerra alla patria, dovresti restituirgli la somma depositata

Credo di no, perché agiresti contro lo Stato, che deve starti a cuore più d'ogni cosa
Sic multa, quae honesta natura videntur esse, temporibus fiunt non honesta

Facere promissa, stare conventis, reddere deposita commutata utilitate fiunt non honesta

Ac de iis quidem, quae videntur esse utilitates contra iustitiam simulatione prudentiae, satis arbitror dictum

96 Sed quoniam a quattuor fontibus honestatis primo libro officia duximus, in eisdem versemur, cum docebimus, ea, quae videantur esse utilia neque sint, quam sint virtutis inimica

Ac de prudentia quidem, quam vult imitari malitia, itemque de iustitia, quae semper est utilis, disputatum est

Reliquae sunt duae partes honestatis quarum altera in animi excellentis magnitudine et praestantia cernitur, altera in conformatione et moderatione continentiae et temperantiae
Così molte azioni, che sembrerebbero oneste per natura, diventano in particolari circostanze disoneste

mantenere le promesse, attenersi ai patti, restituire i depositi, cambiate le utilità diventano azioni disoneste

Ed anche di quelle azioni che, per una finzione di prudenza, sembrano essere utili, pur contrastando la giustizia, credo di aver parlato a sufficienza

96 Ma poiché nel primo libro abbiamo derivato i doveri dalle quattro fonti dell'onesto, dobbiamo attenerci ad essi nel dimostrare quanto siano nemiche della virtù quelle azioni che sembrano utili ma non lo sono

Si è parlato pure della prudenza, che la malizia vorrebbe imitare, e ugualmente della giustizia, che è sempre utile

Restano due specie di onestà, delle quali la prima si manifesta nella grandezza e nella nobiltà di un animo sommo, la seconda nella disposizione giusta e moderata della continenza e della temperanza

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97 Utile videbatur Ulixi, ut quidem poetae tragici prodiderunt, nam apud Homerum, optimum auctorem, talis de Ulixe nulla suspicio est, sed insimulant eum tragoediae simulatione insaniae militiam subterfugere voluisse

Non honestum consilium, at utile, ut aliquis fortasse dixerit, regnare et Ithacae vivere otiose cum parentibus, cum uxore, cum filio

Ullum tu decus in cotidianis laboribus cum hac tranquillitate conferendum putas

Ego vero istam contemnendam et abiciendam, quoniam quae honesta non sit ne utilem quidem esse arbitror

98 Quid enim auditurum putas fuisse Ulixem, si in illa simulatione perseverasset

Qui cum maximas res gesserit in bello, tamen haec audiat ab Aiace Cuius ipse princeps iuris iurandi fuit,Quod omnes scitis, solus neglexit fidem ; furere adsimulare, ne coiret, institit
97 Ulisse parve attaccato all'utile, almeno secondo i poeti tragici; difatti in Omero, autore degno della massima fede, non esiste alcun sospetto simile: ma le tragedie lo accusano di aver voluto evitare la milizia fingendosi pazzo

Decisione non onesta, ma utile, potrà forse dire qualcuno, regnare e vivere ad Itaca in pace coi genitori, la moglie e il figlio

E tu credi che la gloria che ci si procura nei travagli e nei pericoli d'ogni giorno possa essere messa a confronto con questa tranquillità

Io, in verità, ritengo che sia da disprezzare e da gettar via, perché penso che una cosa disonesta non sia neppure utile

98 Che parole, secondo te, si sarebbe sentito dire Ulisse, se avesse perseverato in quella sua finzione

Egli che, pur avendo compiuto grandissime imprese in guerra, tuttavia si sente dire da Aiace: Del giuramento, di cui egli fu promotore, come tutti sapete, solo tradi la fede, si diede a fingersi pazzo, per non unirsi a noi

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Cicerone, In Verrem: 02; 04-106-110

Cicerone, In Verrem: 02; 21-25

Cicerone, De Oratore: Libro 01; 01-05

Cicerone, In Verrem: 01; 01-05

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