Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04, pag 2

Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 01 - Parte 04
Panaetius quidem Africanum auditorem et familiarem suum solitum ait dicere, ut equos propter crebras contentiones proeliorum ferocitate exultantes domitoribus tradere soleant, ut iis facilioribus possint uti, sic homines secundis rebus effrenatos sibique praefidentes tamquam in gyrum rationis et doctrinae duci oportere, ut perspicerent rerum humanarum imbecillitatem varietatemque fortunae

Atque etiam in secundissimis rebus maxime est utendum consilio amicorum isque maior etiam quam ante tribuenda auctoritas

Isdemque temporibus cavendum est ne assentatoribus patefaciamus aures neve adulari nos sinamus, in quo falli facile est

tales enim nos esse putamus, ut iure laudemur

Ex quo nascuntur innumerabilia peccata, cum homines inflati opinionibus turpiter irridentur et in maximis versantur erroribus
Racconta Panezio che l'Africano, suo discepolo ed amico, soleva dire: come i cavalli, vibranti di selvaggia fierezza per il frequente slanciarsi nelle battaglie, li affidiamo di solito ai domatori per averli più docili alla mano, così gli uomini, imbaldanziti dalle molte fortune e troppo fiduciosi nelle proprie forze, dobbiamo condurli, per così dire, alla scuola della ragione e della saggezza, perché vi imparino l'instabilità delle cose umane e la mutabilità della fortuna

Anzi, quanto più ci assiste la fortuna, tanto più noi dobbiamo ricorrere al consiglio degli amici, concedendo loro anche maggiore autorità che nel passato

E in tale stato felice, guardiamo di non prestar l'orecchio agli adulatori e di non lasciarci lusingare da essi: bevendo le loro parole, è facile cadere in inganno

Perché noi ci crediamo così brave persone da meritare ogni più alta lode

E da questo smarrimento, nascono innumerevoli guai, quando gli uomini, gonfi della loro presunzione, si avvolgono nei più grandi errori e restano infine col danno e con le beffe
Sed haec quidem hactenus

Illud autem sic est iudicandum, maximas geri res et maximi animi ab iis, qui res publicas regant, quod earum administratio latissime pateat ad plurimosque pertineat; esse autem magni animi et fuisse multos etiam in vita otiosa, qui aut investigarent aut conarentur magna quaedam seseque suarum rerum finibus continerent aut interiecti inter philosophos et eos, qui rem publicam administrarent, delectarentur re sua familiari, non eam quidem omni ratione exaggerantes neque excludentes ab eius usu suos potiusque et amicis impertientes et rei publicae, si quando usus esset
Ma di ciò basti; un'ultima considerazione

Se gli uomini di Stato compiono le più grandi e magnanime imprese, perché il governo della cosa pubblica si estende su un più vasto campo e riguarda un maggior numero di persone, tuttavia vi furono e vi sono molti uomini di grande animo anche nella vita privata: anzitutto, coloro che tentano col pensiero ardue ricerche filosofiche o scientifiche, tenendosi però ben chiusi nella cerchia dei loro studi; poi, coloro che, posti in mezzo tra i filosofi e gli uomini politici, si dilettano di amministrare le proprie sostanze, non accrescendole però a dismisura con qualunque mezzo, né escludendo dal godimento di esse i propri congiunti; anzi, facendone partecipi gli amici e lo Stato, quando lo richieda il bisogno
quae primum bene parta sit nullo neque turpi quaestu neque odioso, tum quam plurimis, modo dignis, se utilem praebeat] deinde augeatur ratione, diligentia, parsimonia [nec libidini potius luxuriaeque quam liberalitati et beneficentiae pareat

Haec praescripta servantem licet magnifice, graviter animoseque vivere atque etiam simpliciter, fideliter, + vere hominum amice

[] Sequitur ut de una reliqua parte honestatis dicendum sit, in qua verecundia et quasi quidam ornatus vitae, temperantia et modestia omnisque sedatio perturbationum animi et rerum modus cernitur

hoc loco continetur id, quod dici latine decorum potest; Graece enim prepon dicitur
E queste sostanze, prima di tutto, siano acquistate onestamente, cioè con mezzi né indegni né odiosi; [poi, si rendano utili a quanti più è possibile, purchè meritevoli]; si accrescano quindi con l'accortezza, con la diligenza e con la parsimonia; [e non servano al capriccio e al lusso invece che alla generosità e alla beneficenza]

Chi osserva tutti questi precetti può ben vivere con magnificenza, con dignità e con fìducioso coraggio, e al tempo stesso con semplicità, con lealtà, con vera filantropia

Rimane da trattare della quarta ed ultima parte dell'onestà, cioè di quella parte che comprende in sé, anzitutto il ritegno, e poi - come ornamento della vita - la temperanza e la moderazione, vale a dire il pieno acquietamento delle passioni e la giusta misura in ogni cosa

Questa parte dell'onesto contiene quella virtù che i Greci chiamano prepon e che noi possiamo chiamare decoro

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Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01
Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 01

[] Huius vis ea est, ut ab honesto non queat separari; nam et quod decet honestum est et quod honestum est decet, qualis autem differentia sit honesti et decori, facilius intellegi quam explanari potest

Quicquid est enim, quod deceat, id tum apparet, cum antegressa est honestas ; itaque non solum in hac parte honestatis, de qua hoc loco disserendum est, sed etiam in tribus superioribus quid deceat apparet

Nam et ratione uti atque oratione prudenter et agere quod agas considerate omnique in re quid sit veri videre et tueri decet, contraque falli, errare, labi, decipi tam dedecet quam delirare et mente esse captum; et iusta omnia decora sunt, iniusta contra, ut turpia, sic indecora
Essa è tale per sua natura che non può separarsi dall'onesto: poiché ciò che è decoroso è onesto e ciò che è onesto è decoroso; e la differenza che passa tra l'onestà e il decoro, è più facile a intendere che a spiegare

In verità, tutto ciò che ha il carattere del decoro, non appare se non quando lo precede l'onestà: ecco perché, non solo in questa parte dell'onestà, della quale dobbiamo ora trattare, ma anche nelle tre precedenti si manifesta il decoro

Il sapiente uso della ragione e della parola, il meditare ogni azione, e in ogni cosa cercare e osservare la verità, e ad essa attenersi, è decoroso, mentre al contrario l'ingannarsi e l'errare, il cadere in fallo e il lasciarsi raggirare è altrettanto indecoroso quanto l'uscir di strada e uscire di senno; e così ogni azione giusta è decorosa, e ogni azione ingiusta, com'é disonesta, così è anche indecorosa
Similis est ratio fortitudinis : quod enim viriliter animoque magno fit, id dignum viro et decorum videtur, quod contra, id ut turpe sic indecorum

[] Quare pertinet quidem ad omnem honestatem hoc, quod dico, decorum, et ita pertinet, ut non recondita quadam ratione cernatur, sed sit in promptu

est enim quiddam, idque intellegitur in omni virtute, quod deceat; quod cogitatione magis a virtute potest quam re separari

ut venustas et pulchritudo corporis secerni non potest a valitudine, sic hoc, de quo loquimur, decorum totum illud quidem est cum virtute confusum, sed mente et cogitatione distinguitur

[] Est autem eius discriptio duplex; nam et generale quoddam decorum intellegimus, quod in omni honestate versatur, et aliud huic subiectum, quod pertinet ad singulas partes honestatis
Allo stesso modo si comporta la fortezza: tutte le azioni generosi e magnanime appaiono degne dell'uomo e decorose: le azioni contrarie, invece, come sono disoneste, così offendono il decoro

Questo decoro, dunque, di cui sto parlando, appartiene a ogni specie di onestà, e vi appartiene in tal modo che ciò non si scorge soltanto per via di astrusi ragionamenti, ma è di piena evidenza per tutti

Difatti, in ogni virtù c'è qualche cosa che ha il carattere del decoro; ma questo decoro può separarsi dalla virtù più in teoria che in pratica

Come la grazia e la bellezza del corpo non si possono separare dalla buona salute, così questo decoro, di cui parliamo, è bensì intimamente congiunto con la virtù, eppure se ne distingue per via d'astrazione mentale

Ora, il decoro è di due specie, giacché per decoro o conveniente intendiamo tanto un carattere generale che risiede in tutto l'onesto, quanto un carattere particolare, a quello subordinato, che appartiene alle singole parti dell'onesto

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 02

Atque illud superius sic fere definiri solet, decorum id esse, quod consentaneum sit hominis excellentiae in eo, in quo natura eius a reliquis animantibus differat

quae autem pars subiecta generi est, eam sic definiunt, ut id decorum velint esse, quod ita naturae consentaneum sit, ut in eo moderatio et temperantia appareat cum specie quadam liberali

[] Haec ita intellegi, possumus existimare ex eo decoro, quod poetae sequuntur, de quo alio loco plura dici solent, sed tum servare illud poetas, quod deceat, dicimus, cum id quod quaque persona dignum est, et fit et dicitur

Ut si Aeacus aut Minos diceret: oderint, dum metuant, aut: natis sepulchro ipse est parens, indecorum videretur, quod eos fuisse iustos accepimus; at Atreo dicente plausus excitantur, est enim digna persona oratio
Del primo si suol dare pressapoco questa definizione: è decoro ciò che è conforme all'eccellenza dell'uomo, in quanto la sua natura differisce da quella degli altri esseri viventi

La parte speciale, invece, è definita così: decoro è ciò che è conforme alla particolare natura di ciascuno, così che in esso appaiono moderazione e temperanza con un certo aspetto di nobiltà Che tale sia la vera nozione del decoro (conveniente), noi possiamo argomentarlo da quel decoro al quale tendono i poeti

Di questo speciale decoro si suole parlare diffusamente altrove; qui io noterò soltanto che esso è rispettato dai poeti quando appunto i singoli personaggi agiscono e parlano in modo conforme al loro proprio carattere

Così, per esempio, se Eaco o Minosse dicessero Mi odino, purché mi temano; oppure: Ai figliuoli è tomba il corpo del padre, l'espressione parrebbe sconveniente, perché, come sappiamo, quelli furono uomini giusti; ma se lo dice Atreo, scoppiano applausi, perché il suo linguaggio è conforme al suo carattere
Sed poetae quid quemque deceat, ex persona iudicabunt; nobis autem personam imposuit ipsa natura magna cum excellentia praestantiaque animantium reliquarum

[] Quocirca poetae in magna varietate personarum etiam vitiosis quid conveniat et quid deceat videbunt, nobis autem cum a natura constantiae, moderationis, temperantiae, verecundiae partes datae sint cumque eadem natura doceat non neglegere, quemadmodum nos adversus homines geramus, efficitur ut et illud, quod ad omnem honestatem pertinet, decorum quam late fusum sit appareat et hoc, quod spectatur in uno quoque genere virtutis
Ma i poeti, dal carattere dei singoli personaggi, comprenderanno quali tratti convengano a ciascuno di essi; noi, invece, dobbiamo conservare quel carattere che appunto la natura ci ha imposto e che, per la sua grande nobiltà, ci innalza sopra tutti gli altri esseri viventi

Perciò i poeti, nella grande varietà dei caratteri, vedranno essi quale condotta e quale linguaggio convengano propriamente anche ai personaggi viziosi; noi, invece, non dobbiamo che osservare la legge della natura; la natura ci assegna le parti della coerenza, della moderazione, della temperanza e della discrezione; e ancora sempre la natura ci insegna a considerare attentamente come dobbiamo comportarci in rapporto agli altri uomini; ebbene, da tutto questo appare in chiara luce quanto vasto sia il campo su cui si estende il decoro, sia quello generale che riguarda l'onestà tutta quanta, sia quello particolare che si manifesta in ogni singola virtù

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Ut enim pulchritudo corporis apta compositione membrorum movet oculos et delectat hoc ipso, quod inter se omnes partes cum quodam lepore consentiunt, sic hoc decorum, quod elucet in vita, movet approbationem eorum, quibuscum vivitur, ordine et constantia et moderatione dictorum omnium atque factorum

[] adhibenda est igitur quaedam reverentia adversus homines et optimi cuiusque et reliquorum

nam neglegere quid de se quisque sentiat, non solum arrogantis est sed etiam omnino dissoluti

est autem quod differat in hominum ratione habenda inter iustitiam et verecundiam

Iustitiae partes sunt non violare homines, verecundiae non offendere, in quo maxime vis perspicitur decori

His igitur eitis quale sit id, quod decere dicimus, intellectum puto
Come la bellezza del corpo, per l'armonica disposizione delle membra, attira gli sguardi e infonde piacere, appunto perché tutte le parti si accordano tra loro con una certa grazia, così quel decoro, che risplende nella vita, suscita l'approvazione di coloro coi quali viviamo, in virtù dell'ordine, della coerenza e della temperanza che informano ogni nostro detto e ogni nostro atto

Pertanto, nei nostri rapporti con gli uomini, noi dobbiamo usare un rispettoso riguardo, non solo verso i migliori, ma anche verso gli altri

Perché il non curarsi della pubblica opinione, è indizio non solo di arroganza, ma addirittura di sfrontatezza

Peraltro, nei rapporti tra uomo e uomo, v'è una certa differenza tra giustizia e discrezione

Compito della giustizia è di non recar danno agli altri; compito della discrezione è di non recar molestia; e appunto in ciò si manifesta principalmente l'essenza del decoro

Esposti, adunque, questi principi, io credo che il nostro concetto del decoro sia abbastanza chiarito
Officium autem, quod ab eo ducitur, hanc primum habet viam, quae deducit ad convenientiam conservationemque naturae; quam si sequemur ducem, nunquam aberrabimus sequemurque et id, quod acutum et perspicax natura est, et id, quod ad hominum consociationem accommodatum, et id, quod vehemens atque forte

Sed maxima vis decori in hac inest parte, de qua disputamus

Neque enim solum corporis, qui ad naturam apti sunt, sed multo etiam magis animi motus probandi, qui item ad naturam accommodati sunt

Duplex est enim vis animorum atque natura; una pars in appetitu posita est, quae est orme Graece, quae hominem huc et illuc rapit, altera in ratione, quae docet et explanat, quid faciendum fugiendumque sit

Ita fit, ut ratio praesit, appetitus obtemperet
Ora la prima strada che si presenta al dovere derivante dal decoro, è quella che conduce a una piena e stabile armonia con le leggi della natura: poiché, se prenderemo la natura per guida, noi non ci allontaneremo mai dalla retta via e conseguiremo quelle tre virtù che abbiamo già esaminate: la naturale perspicacia ed acutezza della mente, una condotta adeguata alla convivenza civile, la forza e il vigore del carattere

Ma la maggior forza del decoro risiede in questa parte della quale discutiamo, cioè nella temperanza

Perché, se sono da lodare i movimenti del corpo, quando sono conformi a natura, tanto più sono da lodare quelli dell'animo, quando egualmente si accordano con la natura

Due sono, invero, le potenze naturali dell'animo: l'una è riposta nell'istinto (i Greci la chiamano o)rmh = impulso), e trascina ciecamente l'uomo qua e là; l'altra risiede nella ragione, che insegna e dimostra quello che si debba fare e quello che è da evitare

[Onde avviene che la ragione comanda e l'istinto obbedisce

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Omnis autem actio vacare debet temeritate et neglegentia nec vero agere quicquam, cuius non possit causam probabilem reddere

Haec est enim fere discriptio officii

Efficiendum autem est, ut appetitus rationi oboediant eamque neque praecurrant nec propter pigritiam aut ignaviam deserant sintque tranquilli atque omni animi perturbatione careant

Ex quo elucebit omnis constantia omnisque moderatio

Nam qui appetitus longius evagantur et tamquam exultantes sive cupiendo sive fugiendo non satis a ratione retinentur, ii sine dubio finem et modum transeunt relinquunt enim et abiciunt oboedientiam nec rationi parent, cui sunt subiecti lege naturae; a quibus non modo animi perturbantur, sed etiam corpora
Ogni nostra azione deve essere assolutamente priva di temerità e di negligenza; noi non dobbiamo far nulla di cui non possiamo fornire una plausibile ragione

Questa, invero, è quasi la definizione del dovere]

Anzitutto bisogna fare in modo che gl'istinti obbediscano alla ragione: senza precederla né lasciarla da parte per pigrizia o per viltà, ma se ne stiano tranquilli, liberi e franchi da ogni turbamento

Per tal modo risplenderanno in tutta la loro luce la fermezza e la temperanza

Difatti, quegli istinti che vanno fuor di strada e, come cavalli imbizzarriti per eccesso di bramosia o di paura, non son tenuti abbastanza a freno dalla ragione, oltrepassano senza dubbio il limite e la misura: abbandonano e rifiutano l'obbedienza, ribellandosi alla ragione, a cui son pure sottoposti per legge di natura; sì che questi sfrenati istinti turbano non solo l'animo, ma anche il corpo

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