Cicerone, De legibus: Libro 02, Par 01 -30, pag 3

Cicerone, De legibus: Libro 02, Par 01 -30

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 02, Par 01 -30
Virginesque Vestales in urbe custodiunto ignem foci publici sempitemum

' 'Quoque haec privatim et publice modo rituque fiant, discunto ignari a publicis sacerdotibus

Eorum autem genera sunto tria: unum quod praesit caerimoniis et sacris, alterum quod interpretetur fatidicorum et vatium ecfata incognita, quae eorum senatus populusque asciverit Interpretes autem Iovis optumi maxumi, publici augures, signis et auspiciis operam danto, disciplinam tenento

[21] sacerdotesque vineta virgetaque et salutem populi auguranto, quique agent rem duelli quique popularem, auspicium praemonento ollique obtemperanto

Divorumque iras providento sisque apparento, caelique fulgura regionibus ratis temperanto, urbemque et agros et templa liberata et effata habento
E le vergini Vestali nella città custodiscano il fuoco perenne del focolare pubblico

- In quale modo e secondo quale rito questo si faccia in pubblico ed in privato, lo apprendano i profani dai pubblici sacerdoti

Di questi, tre siano i tipi, uno che presieda le cerimonie ed i sacrifici, l'altro interpreti le oscure risposte degli indovini e dei vati, che saranno approvate dal senato e dal popolo; inoltre gli interpreti di Giove Ottimo Massimo, i pubblici àuguri, facciano previsioni dai presagi e dagli auspici, osservino la regola

[21] i sacerdoti, facciano pronostici per i vigneti, i vincheti e la salute del popolo, e quelli che si occuperanno di duelli o deliberazioni per il popolo, consultino gli auspici e li osservino

Prevedano le ire degli dèi e obbediscano, e distinguano le folgori, determinate le regioni del cielo; tengano purificati e consacrati la città, le campagne, i templi
Quaeque augur iniusta nefasta vitiosa dira deixerit, inrita infectaque sunto, quique non paruerit, capital esto

' 'Foederum pacis belli indotiarum ratorum fetiales iudices non sunto, bella disceptanto

' 'Prodigia portenta ad Etruscos haruspices si senatus iussit deferunto, Etruriaque principes disciplinam doceto

Quibus divis creverint, procuranto, idemque fulgura atque obstita pianto

' 'Nocturna mulierum sacrificia ne sunto praeter olla quae pro populo rite fient Neve quem initianto nisi ut adsolet Cereri Graeco sacro

[22] 'Sacrum commissum quod neque expiari poterit impie commissum esto; quod expiari poterit publici sacerdotes expianto
Tutto ciò che l'augure avrà dichiarato iniquo, nefasto, irrituale, di cattivo augurio, sia privo di effetto e come non fatto; e chi non l'osservi, a morte sia condannato

Della ratifica degli atti di pace, di guerra, di tregua siano i feziali giudici, messaggeri, discutano della guerra

-Riferiscano i prodigi, i portenti ad aruspici etruschi, se il senato lo comandò, e l'Etruria ammaestri nella disciplina gli ottimati

Agli dèi cui sia stato attribuito per decreto, facciano sacrifici ed i medesimi facciano espiazioni delle folgori e delle cose folgorate

- Non vi siano riti notturni di donne, salvo quelli che legalmente si faranno secondo decreto del popolo; né inizino alcuno secondo il rito greco, se non a Cerere, come consentito dall'usanza

[22]- Un sacrilegio commesso che non potrà essere espiato, sia come una empietà commessa; quello che potrà essere espiato, lo espiino i pubblici sacerdoti
' 'Loedis publicis quod sive curriculo et certatione corporum cantu et fidibus et tibiis fiat, popularem laetitiam moderanto eamque cum divum honore iungunto

' 'Ex patriis ritibus optuma colunto

ë 'Praeter Idaeae Matris famulos eosque iustis diebus ne quis stipem cogito

' 'Sacrum sacrove commendatum qui clepsit rapsitve, parricida esto

' 'Periurii poena divina exitium, humana dedecus

' 'Incestum pontifices supremo supplicio sanciunto

' 'Impius ne audeto placare donis iram deorum

' ',Caute vota reddunto ' 'Poena violati iuris esto

' ' Nequis agrum consecrato

' 'Auri, argenti, eboris sacrandi modus esto

' 'Sacra privata perpetua manento

' 'Deorum Manium iura sancta sunto

nos leto datos divos habento Sumptum in ollos luctumque minuunto

[23] Atticus Conclusa quidem est a te magna lex sane quam brevi
- Nei pubblici giochi, ove avvengano, sia con corse, sia con gare ginniche, moderino la popolare letizia nel canto e nelle cetre e nei flauti, e questa uniscano alle onoranze agli dèi

- Dei patrii riti coltivino gli ottimi

- Eccetto i servi della madre Idea, e questi in giorni fissati per legge, nessuno faccia collette

-Chi ruberà o rapirà cosa sacra o consacrata, sia parricida

- Dello spergiuro pena divina sia la morte, quella umana l'infamia

- I pontefici puniscano con la pena massima l'incesto

- L'empio non osi placare l'ira divina con doni

- Vi sia cautela nel fare voti; vi sia una pena per un diritto violato

Perciò nessuno consacri campagne

Vi sia un limite nel consacrare oro, argento, avorio

- I riti privati siano perpetui

- Inviolabili siano i diritti degli dèi Mani

Considerino dèi i buoni deceduti; per essi siano ridotti la spesa ed il lutto

[23] Attico: - Hai sintetizzato una grande legge nella forma più breve

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Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20
Cicerone, De legibus: Libro 03, Par 01 - 20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De legibus parte Libro 03, Par 01 - 20

Sed ut mihi quidem videtur, non multum discrepat ista constitutio religionum a legibus Numae nostrisque moribus

Marcus An censes, quom in illis de re publica libris persuadere videatur Africanus, omnium rerum publicarum nostram veterem illam fuisse optumam, non necesse esse optumae rei publicae leges dare consentaneas

Atticus Immo prorsus ita censeo

Marcus Ergo adeo expectate leges, quae genus illud optumum rei publicae contineant, et si quae forte a me hodie rogabuntur, quae non sint in nostra re publica nec fuerint, tamen erunt fere in more maiorum, qui tum ut lex valebat

[24] Atticus Suade igitur si placet istam ipsam legem, ut ego 'ut ei tu rogas' possim dicere

Marcus Ain tandem Attice

Non es dicturus aliter

Atticus Prorsus maiorem quidem rem nullam sciscam aliter, in minoribus si voles remittam hoc tibi
Ma, a parere mio, questa costituzione religiosa non differisce molto dalle leggi di Numa e dalle nostre usanze

Marco: - Poiché in quei libri sullo Stato sembra che l'Africano dichiari, di tutti gli ordinamenti civili, che quello nostro antico è stato il migliore, forse non ritieni che si debbano attribuire leggi adeguate ad un ottimo Stato

Attico: - In realtà la penso esattamente così

Marco: - Ed allora aspettatevi delle leggi che governino quel tipo ottimo di Stato, e se per caso io oggi ne proporrò alcune che non esistono né esisteranno nel nostro Stato, esse tuttavia sono esistite più o meno come consuetudine degli antenati, che aveva allora forza di legge

[24] Attico: - Illustra dunque, se credi, proprio codesta legge, affinchè io possa pronunziare il Sia come proponi

Marco: - Questo tu dici

Non hai intenzione di dire qualcosa di diverso, Attico

Attico: - Certamente non mi pronunzierò mai diversamente sulle questioni più importanti, ed in quelle di minor importanza, se vuoi, mi rimetterò a te
Quintus Atque mea quidem sententia est

Marcus At ne longum fiat videte

Atticus Utinam quidem

Quid enim agere malimus

Marcus Caste iubet lex adire ad deos, animo videlicet in quo sunt omnia; nec tollit castimoniam corporis, sed hoc oportet intellegi, quom multum animus corpori praestet, observeturque ut casto corpore adeatur, multo esse in animis id servandum magis

Nam illud vel aspersione aquae vel dierum numero tollitur, animi labes nec diuturnitate evanescere nec amnibus ullis elui potest

[25] Quod autem pietatem adhiberi, opes amoveri iubet, significat probitatem gratam esse deo, sumptum esse removendum

Quom enim paupertatem cum divitiis etiam inter homines esse aequalem velimus, cur eam sumptu ad sacra addito deorum aditu arceamus
Quinto: - Sono anch'io dello [stesso] avviso

Marco: - Ma badate che non diventi cosa lunga

Attico: - Magari fosse così

Che cosa infatti potremmo preferire di fare

Marco: - La legge ordina di accostarsi con purezza agli dèi, purezza d'animo naturalmente, poiché in essa tutto è compreso; non esclude però la purezza del corpo, ma occorre che si capisca questo, cioè che, essendo l'anima considerata superiore al corpo, se ci si deve presentare con purezza di corpo, questo principio sarebbe molto più necessario osservarlo nell'anima

Quello infatti può essere purificato o con lustrazioni o col trascorrere di un certo numero di giorni; ma la macchia dell'anima non può né svanire col tempo né detergersi con l' acqua di un fiume

[25] Il fatto poi che essa imponga di usare la pietà e di eliminare il fasto, significa che l'onestà è gradita a dio, e che il lusso deve essere tenuto lontano

Quindi, anche tra gli uomini vogliamo che povertà e ricchezza si equivalgano; e perché allora vorremmo tener lontana la prima dall'accostamento agli dèi, aggiungendo lusso al culto

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Praesertim cum ipsi deo nihil minus gratum futurum sit, quam non omnibus patere ad se placandum et colendum viam

Quod autem non iudex sed deus ipse vindex constituitur, praesentis poenae metu religio confirmari videtur

Suosque deos aut novos aut alienigenas coli confusionem habet religionum et ignotas caerimonias nos sacerdotibus

[26] Nam patribus acceptos deos ita placet coli, si huic legi paruerint ipsi patres

Delubra esse in urbibus censeo, nec sequor magos Persarum quibus auctoribus Xerses inflammasse templa Graeciae dicitur, quod parietibus includerent deos, quibus omnia deberent esse patentia ac libera, quorumque hic mundus omnis templum esset et domus
tanto più che nulla sarebbe meno gradito al dio di questo, che la via per placarlo e onorarlo non fosse aperta a tutti

E che non un giudice, ma il dio stesso si è costituito vindice, è dovuto al fatto che il sentimento religioso sembra essere rafforzato dal timore di una punizione immediata

Venerare poi gli dèi personali, o nuovi o forestieri, comporterebbe la confusione dei culti e dei riti sconosciuti ai nostri sacerdoti

[26] Si stabilisce infatti che siano venerati gli dèi tramandati dai padri, a condizione che i padri stessi abbiano seguito questa legge

Io ritengo che nelle città vi debbano essere dei templi, e non concordo con i magi dei Persiani, per consiglio dei quali si dice che Serse bruciò i templi della Grecia, perché rinchiudevano entro pareti quegli dèi ai quali tutto dovrebbe essere aperto e libero, e dei quali tutto questo mondo è tempio e sede
Melius Graii atque nostri, qui ut augerent pietatem in deos, easdem illos urbis quas nos incolere voluerunt Adfert enim haec opinio religionem utilem civitatibus, si quidem et illud bene dictum est a Pythagora doctissimo viro, tum maxume et pietatem et religionem versari in animis, cum rebus divinis operam daremus, et quod Thales qui sapientissimus in septem fuit, homines existimare oportere, omnia cernerent deorum esse plena; fore enim omnis castioris, veluti quom in fanis essent maxime religiosis

Est enim quaedam opinione species deorum in oculis, non solum in mentibus

[27] Eandemque rationem luci habent in agris, neque ea quae a maioribus prodita est cum dominis tum famulis, posita in fundi villaeque conspectu, religio Larum repudianda est
Meglio si comportarono invece gli Elleni ed i nostri padri, i quali vollero che essi abitassero le stesse città nostre, affinché aumentasse la pietà verso gli dèi; questa credenza sostiene infatti che il culto sia utile alle città, se, come disse il dottissimo Pitagora, proprio allora la pietà ed il culto maggiormente si radicano negli animi, cioè quando ci dedichiamo alle cose divine; e ricordiamo il detto di Talete, uno dei sette sapienti, che gli uomini sono convinti che tutto [quanto] vedono debba essere pieno di dèi; tutti saranno infatti più puri, come se si trovassero in templi che ispirano la massima religiosità

Secondo questo concezione infatti, si presenta una certa immagine degli dèi non soltanto negli animi, ma anche innanzi agli occhi

[27] Identica giustificazione hanno nelle campagne i boschi sacri Né si deve ripudiare il culto tramandato dagli antenati tanto per i padroni quanto per i servi, quello dei Lari, la cui sede sta di fronte alla villa e al podere

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Iam ritus familiae patrumque servare, id est, quoniam antiquitas proxume accedit ad deos, a dis quasi traditam religionem tueri

Quod autem ex hominum genere consecratos, sicut Herculem et ceteros, coli lex iubet, indicat omnium quidem animos inmortalis esse, sed fortium bonorumque divinos

[28] Bene vero quod Mens, Pietas, Virtus, Fides consecrantur humanae, quarum ommum Romae dedicata publice templa sunt, ut illas qui habeant -- habent autem omnes boni -- deos ipsos in animis suis conlocatos putent

Nam illud vitiosum Athenis quod Cylonio scelere expiato, Epimenide Crete suadente, fecerunt Contumeliae fanum et Inpudentiae,

Virtutes enim, non vitia consecrari decet
Quindi osservare i riti della famiglia e degli antenati significa questo, conservare un culto quasi tramandato dagli stessi dèi, perché gli antichi vengono a trovarsi assai vicino agli dèi

La legge prescrive poi di onorare quanti tra gli uomini vennero divinizzati, come Ercole e gli altri, indicando così che le anime di tutti sono immortali, ma divine soltanto quelle dei forti e dei buoni

[28] Ed è bene che siano consacrate la Ragione, la Pietà, la Virtù, la Fede; a tutte queste sono dedicati in Roma dei templi in maniera tale che, tutti quelli che le posseggono - e le posseggono tutti i buoni - pensino di avere nel loro animo gli dèi stessi

Colpevole azione fu, in realtà quella degli Ateniesi; per espiare il delitto commesso contro Cilene, dietro consiglio del cretese Epimenide essi innalzarono un tempio all'Offesa ed all'Impudenza, [e per di più grande, e fece consacrare nei ginnasi le statue degli Amorini e dei Cupidi, consiglio audace che la Grecia accettò]

Sarebbe logico infatti consacrare le virtù, non i vizi
Araque vetusta in Palatio Febris et altera Esquiliis Malae Fortunae detest, atque omnia eius modi repudianda sunt

Quodsi fingenda nomina, Vicaepotae potius vincendi atque potiundi, Statae standi, cognominaque Statoris et Invicti Iovis, rerumque expetendarum nomina, Salutis, Honoris, Opis, Victoriae, quoniamque exspectatione rerum bonarum erigitur animus, recte etiam Spes a Calatino consecrata est

Fortunaque sit vel Huiusce diei -- nam valet in omnis dies -- , vel Respiciens ad opem ferendam, vel Fors in quo incerti casus significantur magis, vel Primigenia a gignendo comes

[29] Tum feriarum festorumque dierum ratio in liberis requietem habet litium et iurgiorum, in servis operum et laborum; quas conpositio anni conferre debet ad perfectionem operum rusticorum
E l'antico altare alla Febbre sul Palatino e l'altro sull'Esquilino alla Cattiva Fortuna e tutte le opere di questo genere per noi esecrabili sono da ripudiare

Infatti, se sarà necessario personificare dei nomi, lo saranno piuttosto quello di Vica Pota, da vincere ed impadronirsi, di Stata da conservare, di Giove Statore ed Invitto e di quante altri beni sono desiderabili, della Salute, dell'Onore, dell'Abbondanza, della Vittoria E poiché l'animo si conforta nell'attesa dei beni, giustamente fu consacrata da Calatino anche la Speranza

E sia divinizzata anche la Fortuna, o Quella del giorno - infatti vale per tutti i giorni -, o Quella che guarda indietro per recar aiuto, o la Fortuita, con cui si rappresentano piuttosto gli avvenimenti incerti, o la Primigenia, la prima nascita, compagna ora nel momento del concepimento

[29] L'osservanza delle ferie, cioè dei giorni festivi, comporta per gli uomini liberi la tregua delle liti e delle contese, per i servi quella dei lavori e delle fatiche; ed il calendario annuale deve metterle in relazione con il termine dei lavori agricoli

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Quod tempus ut sacrificiorum libamenta serventur fetusque pecorum quae dicta in lege sunt, diligenter habenda ratio intercalandi est, quod institutum perite a Numa posteriorum pontificum neglegentia dissolutum est

Iam illud ex institutis pontificum et haruspicum non mutandum est, quibus hostiis immolandum quoique deo, cui maioribus, cui lactentibus, cui maribus, cui feminis

Plures autem deorum omnium, singuli singulorum sacerdotes et respondendi iuris et conficiendarum religionum facultatem adferunt

Quomque Vesta quasi focum urbis, ut Graeco nomine est appellata -- quod nos prope idem Graecum, interpretatum nomen tenemus -- , conplexa sit, ei colendae virgines praesint, ut advigiletur facilius ad custodiam ignis, et sentiant mulieres naturam feminarum omnem castitatem pati
Bisogna stare attenti ai giorni intercalari per il periodo in cui vengono presentate le offerte sacrificali ed i nati del bestiame, secondo le norme della legge; tale regola, stabilita egregiamente da Numa, venne poi vanificata dalla negligenza dei pontefici successivi

Ed ancora, delle prescrizioni dei pontefici e degli aruspici non bisogna mutare nulla di quanto concerne la scelta delle vittime da sacrificare a ciascun dio, a chi offrire le adulte ed a chi le lattanti, a chi i maschi ed a chi le femmine

Inoltre parecchi sacerdoti per tutti gli dèi ed uno particolare per ciascuno, danno la possibilità di interpretare le norme giuridiche e di celebrare i riti

Poiché Vesta, come fu chiamata con un nome greco - che noi mantenemmo quasi tale e quale senza tradurlo -, presiede al focolare della città, sia circondata, le stiano accanto sei fanciulle per vigilare più facilmente la custodia del fuoco e perché le donne sappiano che anche la natura femminile può affrontare l'assoluta castità

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