Tacito, Dialogus de oratoribus: 01-10, pag 2

Tacito, Dialogus de oratoribus: 01-10

Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 01-10
Sive accuratam meditatamque profert orationem, est quoddam sicut ipsius dictionis, ita gaudii pondus et constantia; sive novam et recentem curam non sine aliqua trepidatione animi attulerit, ipsa sollicitudo commendat eventum et lenocinatur voluptati

Sed extemporalis audaciae atque ipsius temeritatis vel praecipua iucunditas est; nam [in] ingenio quoque, sicut in agro, quamquam [grata sint quae] diu serantur atque elaborentur, gratiora tamen quae sua sponte nascuntur
Se pronuncia un'orazione elaborata e meditata, la gioia che ne deriva, proprio come il discorso pronunciato, ha un che di solido e di durevole; se produce invece, non senza qualche tremore, una composizione nuova, appena terminata, la stessa emozione gioca a favore del successo e aggiunge raffinatezza al piacere

Ma il compiacimento prodotto dall'audacia, anzi dalla temerità dell'improvvisazione, è senza dubbio il più grande; perché il talento è come la terra: per quanto altre piante vengano seminate e cresciute con lungo e accurato lavoro, più gradite sono quelle che nascono spontaneamente
[7] Equidem, ut de me ipso fatear, non eum diem laetiorem egi, quo mihi latus clavus oblatus est, vel quo homo novus et in civitate minime favorabili natus quaesturam aut tribunatum aut praeturam accepi, quam eos, quibus mihi pro mediocritate huius quantulaecumque in dicendo facultatis aut reum prospere defendere aut apud centumviros causam aliquam feliciter orare aut apud principem ipsos illos libertos et procuratores principum tueri et defendere datur

tum mihi supra tribunatus et praeturas et consulatus ascendere videor, tum habere quod, si non [ultro] oritur, nec codicillis datur nec cum gratia venit

Quid

fama et laus cuius artis cum oratorum gloria comparanda est

Quid
[7] 'E per parlare della mia persona, non il giorno in cui mi è stato concesso il laticlavio, non quello in cui io, uomo nuovo e nato in una città che godeva di scarso favore a Roma, ho ricevuto la questura e il tribunato e la pretura, sono stati per me giorni più lieti di quelli in cui, nei limiti delle mie capacità oratorie, per quanto modeste siano, mi è dato di difendere con successo un accusato o perorare felicemente una causa davanti ai centumviri o proteggere e difendere dinnanzi al principe quei temibili liberti e i procuratori imperiali

Allora mi sembra di elevarmi oltre i tribunati, le preture e i consolati, allora mi sembra di possedere quello che non ha origine fuori di noi, che non può essere concesso con un certificato imperiale né venire a seguito del favore popolare

Ma via

Quale arte garantisce una fama e un successo paragonabili alla gloria degli oratori

Ma via
Non inlustres sunt in urbe non solum apud negotiosos et rebus intentos, sed etiam apud iuvenes vacuos et adulescentis, quibus modo recta indoles est et bona spes sui

Quorum nomina prius parentes liberis suis ingerunt

Quos saepius vulgus quoque imperitum et tunicatus hic populus transeuntis nomine vocat et digito demonstrat

Advenae quoque et peregrini iam in municipiis et coloniis suis auditos, cum primum urbem attigerunt, requirunt ac velut adgnoscere concupiscunt

[8] Ausim contendere Marcellum hunc Eprium, de quo modo locutus sum, et Crispum Vibium (libentius enim novis et recentibus quam remotis et oblitteratis exemplis utor) non minores esse in extremis partibus terrarum quam Capuae aut Vercellis, ubi nati dicuntur
Non sono forse famosi a Roma, e non solo presso gli uomini d'affari, impegnati nella vita attiva, ma anche tra i giovani e i meno giovani, pur che abbiano un retto sentire e facciano ben sperare di sé

E i nomi di chi vanno prima ripetendo i genitori ai loro figli

Anche il volgo ignorante e la gente che lavora chi chiama e chi addita più spesso al loro passaggio

Anche gli stranieri e i viandanti, che ne hanno già sentito parlare nei municipi e nelle colonie, appena arrivati a Roma, chiedono di loro e vogliono, per così dire, riconoscerli

[8] Oserei sostenere che questo Eprio Marcello, di cui ho appena parlato, e Crispo Vibio (preferisco in effetti ricorrere a esempi moderni e di fresca data che a quelli del passato e dimenticati) godono nelle più lontane parti della terra di una notorietà non minore che a Capua o a Vercelli, dove si dice che siano nati

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Tacito, Dialogus de oratoribus: 31-42

Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 31-42

Nec hoc illis alterius [bis alterius] ter milies sestertium praestat, quamquam ad has ipsas opes possunt videri eloquentiae beneficio venisse, [sed] ipsa eloquentia; cuius numen et caelestis vis multa quidem omnibus saeculis exempla edidit, ad quam usque fortunam homines ingenii viribus pervenerint, sed haec, ut supra dixi, proxima et quae non auditu cognoscenda, sed oculis spectanda haberemus E questa notorietà non si deve ai duecento milioni di sesterzi dell'uno o ai trecento dell'altro, benché appaia credibile che siano giunti a tanta ricchezza grazie all'eloquenza, bensì proprio alla loro eloquenza; in effetti, l'essenza divina e il potere soprannaturale della parola ci hanno, in tutte le età, fornito molti esempi della fortuna a cui possono elevarsi gli uomini con la forza dell'ingegno; ma gli esempi ora citati sono vicinissimi a noi, e li possiamo conoscere non per averne sentito parlare, ma perché li abbiamo sotto gli occhi
Nam quo sordidius et abiectius nati sunt quoque notabilior paupertas et angustiae rerum nascentis eos circumsteterunt, eo clariora et ad demonstrandam oratoriae eloquentiae utilitatem inlustriora exempla sunt, quod sine commendatione natalium, sine substantia facultatum, neuter moribus egregius, alter habitu quoque corporis contemptus, per multos iam annos potentissimi sunt civitatis ac, donec libuit, principes fori, nunc principes in Caesaris amicitia agunt feruntque cuncta atque ab ipso principe cum quadam reverentia diliguntur, quia Vespasianus, venerabilis senex et patientissimus veri, bene intellegit [et] ceteros quidem amicos suos iis niti, quae ab ipso acceperint quaeque ipsis accumulare et in alios congerere promptum sit, Marcellum autem et Crispum attulisse ad amicitiam suam quod non a principe acceperint nec accipi possit Quanto è più bassa e spregiata la loro origine e quanto più sono notorie la povertà e le ristrettezze che li hanno circondati sul nascere, tanto più costituiscono un esempio di luminosa evidenza, valido a dimostrare i vantaggi pratici offerti dall'eloquenza del vero oratore;perché, senza la raccomandazione dei natali, senza il solido sostegno della ricchezza, senza una moralità ineccepibile, entrambi, e uno dei due spregiato anche per il fisico, da molti anni sono ormai i più potenti della città e, dopo essere stati principi del foro, finché è loro piaciuto, sono ora i primi nell'amicizia di Cesare, si permettono tutto quello che vogliono e sono amati dallo stesso principe non senza rispetto; vespasiano infatti, vecchio venerabile e tenace nella ricerca del vero, ben comprende che tutti i suoi altri amici hanno il loro sostegno nei benefici ricevuti da lui e che da lui dipende accrescerli o riversarli su altri; mentre Marcello e Crispo hanno contribuito all'amicizia che li unisce con qualcosa di non proveniente dal principe e che non potrebbero da lui ricevere

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Tacito, Dialogus de oratoribus: 21-30

Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 21-30

Ninimum inter tot ac tanta locum obtinent imagines ac tituli et statuae, quae neque ipsa tamen negleguntur, tam hercule quam divitiae et opes, quas facilius invenies qui vituperet quam qui fastidiat

His igitur et honoribus et ornamentis et facultatibus refertas domos eorum videmus, qui se ab ineunte adulescentia causis forensibus et oratorio studio dederunt

[9] Nam carmina et versus, quibus totam vitam Maternus insumere optat (inde enim omnis fluxit oratio), neque dignitatem ullam auctoribus suis conciliant neque utilitates alunt; voluptatem autem brevem, laudem inanem et infructuosam consequuntur

licet haec ipsa et quae deinceps dicturus sum aures tuae, Materne, respuant, cui bono est, si apud te Agamemnon aut Iason diserte loquitur

Quis ideo domum defensus et tibi obligatus redit
Fra tanti pregi, e così significativi, un posto ben piccolo occupano le immagini degli avi e le iscrizioni e le statue; eppure sono cose non trascurabili affatto, come lo sono certo la ricchezza e la potenza, di cui è più facile trovare chi le biasimi che non chi le disdegni davvero

Questi sono dunque gli onori, i segni di distinzione e le ricchezze di cui vediamo piene le case di quanti, fin dalla prima giovinezza, si sono dedicati alle cause forensi e alla professione dell'oratore

[9] Perché le poesie e i versi, in cui Materno desidera consumare la sua intera vita - e questo è il punto di partenza di tutto il discorso - non procurano alcuna posizione di prestigio ai loro autori e non accrescono i vantaggi concreti; il piacere che ne ottengono è breve e la gloria vuota e senza profitto

assai probabile, Materno, che le tue orecchie rifiutino di ascoltare queste parole e quelle che dirò in seguito; ma, se un Agamennone e un Giasone parlano a regola d'arte, chi ne trae vantaggio

Chi, per questo, torna a casa sentendosi difeso con successo e ti è obbligato
Quis Saleium nostrum, egregium poetam vel, si hoc honorificentius est, praeclarissimum vatem, deducit aut salutat aut prosequitur

Nempe si amicus eius, si propinquus, si denique ipse in aliquod negotium inciderit, ad hunc Secundum recurret aut ad te, Materne, non quia poeta es, neque ut pro eo versus facias; hi enim Basso domi nascuntur, pulchri quidem et iucundi, quorum tamen hic exitus est, ut cum toto anno, per omnes dies, magna noctium parte unum librum excudit et elucubravit, rogare ultro et ambire cogatur, ut sint qui dignentur audire, et ne id quidem gratis; nam et domum mutuatur et auditorium exstruit et subsellia conducit et libellos dispergit
Prendiamo il nostro amico Saleio, poeta egregio o, se l'espressione è più onorevole, vate preclarissimo: ebbene, chi lo riaccompagna a casa, chi va a rendergli omaggio al mattino o lo scorta per strada

Sta pur certo che, se un suo amico o un parente o infine egli stesso si troverà in qualche difficoltà, ricorrerà a Secondo qui presente o a te, Materno, non perché tu sei poeta, né perché tu faccia versi in sua difesa; a Basso, infatti, i versi gli nascono in casa, e sono belli e seducenti, per quanto la conclusione finale è che, quando per un anno intero, lavorando giorno dopo giorno e per gran parte delle notti, ha foggiato con lunga elucubrazione un unico libro, si vede costretto ad andare attorno e supplicare perché qualcuno si degni di ascoltarlo leggere; ciò con l'aggiunta di spese, perché gli tocca affittare un locale, allestire la sala, noleggiare le sedie e distribuire gli inviti

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Tacito, Dialogus de oratoribus: 11-20

Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 11-20

Et ut beatissimus recitationem eius eventus prosequatur, omnis illa laus intra unum aut alterum diem, velut in herba vel flore praecerpta, ad nullam certam et solidam pervenit frugem, nec aut amicitiam inde refert aut clientelam aut mansurum in animo cuiusquam beneficium, sed clamorem vagum et voces inanis et gaudium volucre

laudavimus nuper ut miram et eximiam Vespasiani liberalitatem, quod quingenta sestertia Basso donasset

Pulchrum id quidem, indulgentiam principis ingenio mereri: quanto tamen pulchrius, si ita res familiaris exigat, se ipsum colere, suum genium propitiare, suam experiri liberalitatem

adice quod poetis, si modo dignum aliquid elaborare et efficere velint, relinquenda conversatio amicorum et iucunditas urbis, deserenda cetera officia utque ipsi dicunt, in nemora et lucos, id est in solitudinem secedendum est
E anche supposto che la sua lettura riscuota un felicissimo successo, nel giro di uno o due giorni, tutta quella gloria, come una pianta tagliata ancora in erba o quand'è in fiore, non giunge a produrre alcun frutto reale e tangibile; e il poeta non ne ricava né amicizia, né clienti, né gratitudine durevole nell'animo di chi ne ha tratto beneficio, ma acclamazioni fuggevoli, vuoti complimenti e una gioia effimera

Abbiamo lodato poco fa, come meravigliosa e magnifica, la generosità di Vespasiano, perché ha donato a Basso cinquecentomila sesterzi

Bella cosa è certo meritare con l'ingegno la condiscendenza di un principe: ma quanto è più bello, quando le condizioni familiari lo esigano, corteggiare se stessi, propiziare il proprio genio e far prova della propria generosità

Un poeta, se intende elaborare e produrre qualcosa di degno, deve rinunciare alla frequentazione degli amici e al fascino della città, deve abbandonare ogni altro dovere e, come appunto i poeti dicono, ritirarsi nelle selve e nei boschi, cioè in solitudine
[10] Ne opinio quidem et fama, cui soli serviunt et quod unum esse pretium omnis laboris sui fatentur, aeque poetas quam oratores sequitur, quoniam mediocris poetas nemo novit, bonos pauci

Quando enim rarissimarum recitationum fama in totam urbem penetrat

Nedum ut per tot provincias innotescat

Quotus quisque, cum ex Hispania vel Asia, ne quid de Gallis nostris loquar, in urbem venit, Saleium Bassum requirit

Atque adeo si quis requirit, ut semel vidit, transit et contentus est, ut si picturam aliquam vel statuam vidisset

Neque hunc meum sermonem sic accipi volo, tamquam eos, quibus natura sua oratorium ingenium denegavit, deterream a carminibus, si modo in hac studiorum parte oblectare otium et nomen inserere possunt famae
[10] Neppure la notorietà e la fama, l'unico fine a cui si piegano e che protestano essere la sola ricompensa della loro fatica, arridono ai poeti come agli oratori, perché nessuno conosce i poeti mediocri e pochi conoscono quelli buoni

Quando mai, infatti, la fama di una recitazione di versi, pure straordinaria, si diffonde per tutta la città

E non parliamo della possibilità che si dispieghi nelle numerose province

Quante persone venute a Roma dalla Spagna o dall'Asia, per non dire dei nostri Galli, chiedono di Saleio Basso

E anche se capita che qualcuno chieda di lui, una volta che l'ha visto passa oltre ed è pago, come se avesse visto un dipinto o una statua

Non voglio, però, che si intenda il mio discorso come se io stessi cercando di distogliere dalla poesia quelli cui la natura ha negato il talento oratorio, se possono, con questa particolare attività intellettuale, occupare piacevolmente il tempo libero e inserire il proprio nome tra quelli famosi
Ego vero omnem eloquentiam omnisque eius partis sacras et venerabilis puto, nec solum cothurnum vestrum aut heroici carminis sonum, sed lyricorum quoque iucunditatem et elegorum lascivias et iamborum amaritudinem [et] epigrammatum lusus et quamcumque aliam speciem eloquentia habeat, anteponendam ceteris aliarum artium studiis credo

Sed tecum mihi, Materne, res est, quod, cum natura tua in ipsam arcem eloquentiae ferat, errare mavis et summa adepturus in levioribus subsistis
Il mio pensiero è che sia sacra e venerabile tutta l'espressione colta della parola e ogni suo aspetto, e non solo la vostra tanto cara tragedia e la sonorità dell'epica, ma anche la dolcezza della poesia lirica e il gioco seducente dell'elegia e la mordacità dei giambi e il tono scherzoso degli epigrammi e, a mio parere, qualunque altra forma assuma l'espressione colta della parola è da anteporsi alla pratica di altre arti

Ma me la prendo con te, Materno, per il fatto che, mentre le tue doti naturali ti portano alle vette dell'eloquenza, preferisci vagabondare e, pur avendo già toccato la cima, ti arresti sul pendio