Tacito, Dialogus de oratoribus: 01-10

Tacito, Dialogus de oratoribus: 01-10

Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 01-10
[1] Saepe ex me requiris, Iuste Fabi, cur, cum priora saecula tot eminentium oratorum ingeniis gloriaque floruerint, nostra potissimum aetas deserta et laude eloquentiae orbata vix nomen ipsum oratoris retineat; neque enim ita appellamus nisi antiquos, horum autem temporum diserti causidici et advocati et patroni et quidvis potius quam oratores vocantur

Cui percontationi tuae respondere et tam magnae quaestionis pondus excipere, ut aut de ingeniis nostris male existimandum [sit], si idem adsequi non possumus, aut de iudiciis, si nolumus, vix hercule auderem, si mihi mea sententia proferenda ac non disertissimorum, ut nostris temporibus, hominum sermo repetendus esset, quos eandem hanc quaestionem pertractantis iuvenis admodum audivi
[1] Spesso mi chiedi, Giusto Fabio, come mai, mentre tempi precedenti hanno visto fiorire in tutta la loro gloria i talenti di tanti oratori eccezionali, proprio la nostra età, abbandonata e rimasta come orfana del prestigio dell'eloquenza, riesca con fatica a conservare il nome stesso di oratore; questo nome, infatti, lo diamo solo agli uomini del passato e chiamiamo invece i buoni parlatori del nostro tempo causidici e avvocati e patroni: tutto, ma non oratori

Far fronte a questa tua domanda e addossarmi il carico di un problema così grave - che indurrebbe a esprimere un giudizio sfavorevole sulle nostre capacità, nel caso che non ne siamo all'altezza, oppure sulla nostra sensibilità, nel caso che non vogliamo esserlo - è cosa per cui davvero non mi sentirei il coraggio, qualora dovessi esprimere il mio punto di vista e non, invece, riprendere la conversazione svoltasi tra alcune persone - ottimi parlatori, almeno per il nostro tempo - dalle quali io, giovane allora, ho ascoltato una trattazione approfondita proprio di tale questione
Ita non ingenio, sed memoria et recordatione opus est, ut quae a praestantissimis viris et excogitata subtiliter et dicta graviter accepi, cum singuli diversas [vel easdem] sed probabilis causas adferrent, dum formam sui quisque et animi et ingenii redderent, isdem nunc numeris isdemque rationibus persequar, servato ordine disputationis

Neque enim defuit qui diversam quoque partem susciperet, ac multum vexata et inrisa vetustate nostrorum temporum eloquentiam antiquorum ingeniis anteferret
Pertanto, non l'intelligenza è in gioco, bensì lo sono la memoria e i ricordi, per ripercorrere ora i concetti sottilmente escogitati e le parole ponderate che ho ascoltato da uomini eminenti, i quali, nel manifestare ciascuno il proprio animo e il carattere individuale, adducevano motivazioni tra loro diverse, ma tutte plausibili

Ora rispetterò l'ordine della discussione, il suo andamento e gli argomenti prodotti; c'è stato, infatti, anche chi ha sostenuto il punto di vista opposto e, dopo aver strapazzato e irriso il prestigio dell'antichità, ha posto l'eloquenza contemporanea al di sopra del talento degli antichi
[2] Nam postero die quam Curiatius Maternus Catonem recitaverat, cum offendisse potentium animos diceretur, tamquam in eo tragoediae argumento sui oblitus tantum Catonem cogitasset, eaque de re per urbem frequens sermo haberetur, venerunt ad eum Marcus Aper et Iulius Secundus, celeberrima tum ingenia fori nostri, quos ego utrosque non modo in iudiciis studiose audiebam, sed domi quoque et in publico adsectabar mira studiorum cupiditate et quodam ardore iuvenili, ut fabulas quoque eorum et disputationes et arcana semotae dictionis penitus exciperem, quamvis maligne plerique opinarentur, nec Secundo promptum esse sermonem et Aprum ingenio potius et vi naturae quam institutione et litteris famam eloquentiae consecutum [2] Era il giorno seguente a quello in cui Curiazio Materno aveva fatto pubblica lettura del suo Catone, quando correva voce che i potenti si fossero adombrati per il modo in cui, nel trattare quell'argomento tragico, si era dimenticato di sé, per pensare solo come Catone; molto si parlava di questo fatto nella città, quando andarono da lui Marco Apro e Giulio Secondo, luminari allora del nostro foro, entrambi i quali io ascoltavo attentamente non solo nei processi, ma che frequentavo anche nella vita privata e in pubblico per l'appassionato desiderio di apprendere e acceso da giovanile entusiasmo; ero al punto da raccogliere avidamente anche le loro conversazioni private e le dissertazioni e le confidenze sui segreti esercizi della parola, benché molti, malignamente, ritenessero che l'eloquio di Secondo non fosse fluido e che Apro avesse ottenuto rinomanza nell'eloquenza più per talento innato e per forza naturale che grazie a un solido tirocinio culturale

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Tacito, Dialogus de oratoribus: 31-42
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Latino: dall'autore Tacito, opera Dialogus de oratoribus parte 31-42

Nam et Secundo purus et pressus et, in quantum satis erat, profluens sermo non defuit, et Aper omni eruditione imbutus contemnebat potius litteras quam nesciebat, tamquam maiorem industriae et laboris gloriam habiturus, si ingenium eius nullis alienarum artium adminiculis inniti videretur

[3] Igitur ut intravimus cubiculum Materni, sedentem ipsum[que], quem pridie recitaverat librum, inter manus habentem deprehendimus

Tum Secundus 'nihilne te' inquit, 'Materne, fabulae malignorum terrent, quo minus offensas Catonis tui ames

An ideo librum istum adprehendisti, ut diligentius retractares, et sublatis si qua pravae interpretationi materiam dederunt, emitteres Catonem non quidem meliorem, sed tamen securiorem

'Tum ille 'leges' inquit 'quid Maternus sibi debuerit, et adgnosces quae audisti
La verità è che Secondo poteva vantare un linguaggio limpido e conciso e fluente quanto bastava; Apro, da parte sua, pur fornito di vasta erudizione, più che ignorare, spregiava la cultura letteraria, convinto di ottenere maggior credito di abnegazione e di impegno se si pensava che il suo talento naturale non aveva bisogno di puntellarsi ad altro tipo di sapere

[3] Entrati, dunque, nella camera di Materno, lo trovammo seduto con in mano proprio il libro che il giorno prima aveva letto in pubblico

E Secondo gli disse: 'Materno, le chiacchiere dei maligni non ti distolgono dall'amare le offese del tuo Catone

O hai ripreso in mano questo libro per rivederlo con maggior cura e, dopo aver soppresso i passi che hanno dato adito ad una malevola interpretazione, pubblicare un Catone non certo migliore, ma almeno non così pericoloso

'Egli allora: 'Leggerai che cosa Materno abbia ritenuto come dovere verso se stesso e riconoscerai ciò che hai ascoltato
Quod si qua omisit Cato, sequenti recitatione Thyestes dicet; hanc enim tragoediam disposui iam et intra me ipse formavi

Atque ideo maturare libri huius editionem festino, ut dimissa priore cura novae cogitationi toto pectore incumbam

'Adeo te tragoediae istae non satiant,' inquit Aper 'quo minus omissis orationum et causarum studiis omne tempus modo circa Medeam, ecce nunc circa Thyestem consumas, cum te tot amicorum causae, tot coloniarum et municipiorum clientelae in forum vocent, quibus vix suffeceris, etiam si non novum tibi ipse negotium importasses, [ut] Domitium et Catonem, id est nostras quoque historias et Romana nomina Graeculorum fabulis adgregares

[4] Et Maternus: 'perturbarer hac tua severitate, nisi frequens et assidua nobis contentio iam prope in consuetudinem vertisset
E se Catone non è riuscito a dire qualcosa, lo dirà Tieste nella prossima lettura: perché questa è la tragedia che ho già progettato e già delineato nella mia mente

Mi affretto ad approntare l'edizione di questo libro, per dedicarmi tutto quanto al nuovo progetto, appena libero dal lavoro precedente

''Dunque,' disse Apro, 'non sei ancora sazio di queste tragedie; anzi, trascurando la professione di oratore e di avvocato, consumi tutto il tuo tempo intorno ora alla Medea, ora, ecco, al Tieste, mentre ti chiamano nel foro tante cause di amici e la protezione dovuta a tante colonie e tanti municipi; sarebbe già per te oneroso far fronte a tutti gli impegni, anche se non ti fossi addossato un nuovo compito con il Domizio e il Catone, quello cioè di associare storie nostre e nomi romani ai soggetti di questi Greculi

[4] E Materno: 'La tua severità mi turberebbe, se le discussioni, tra noi frequenti e continue, non fossero diventate consuetudine

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Nam nec tu agitare et insequi poetas intermittis, et ego, cui desidiam advocationum obicis, cotidianum hoc patrocinium defendendae adversus te poeticae exerceo

Quo laetor magis oblatum nobis iudicem, qui me vel in futurum vetet versus facere, vel, quod iam pridem opto, sua quoque auctoritate compellat, ut omissis forensium causarum angustiis, in quibus mihi satis superque sudatum est, sanctiorem illam et augustiorem eloquentiam colam

[5] 'Ego vero' inquit Secundus, 'antequam me iudicem Aper recuset, faciam quod probi et moderati iudices solent, ut in iis cognitionibus [se] excusent, in quibus manifestum est alteram apud eos partem gratia praevalere

Quis enim nescit neminem mihi coniunctiorem esse et usu amicitiae et assiduitate contubernii quam Saleium Bassum, cum optimum virum tum absolutissimum poetam
Così tu non smetti di attaccare e incalzare i poeti, mentre io, cui tu rimproveri negligenza nel mio dovere di avvocato, esercito una quotidiana difesa della poesia contro di te

Perciò, tanto più mi rallegro che ci sia stato offerto un giudice, il quale o mi proibisca di scrivere versi per il futuro, oppure mi costringa anche, con la sua influenza, a realizzare un sogno lungamente accarezzato: lasciare il ristretto ambito delle liti giudiziarie, su cui ho già sudato abbastanza e anche troppo, e coltivare l'eloquenza nella sua forma più sacra e più alta

[5] 'Ma io,' disse Secondo, 'prima che Apro mi ricusi come giudice, seguirò la pratica normale dei giudici onesti ed equilibrati: astenersi dai processi in cui è manifesto che una delle due parti gode di maggiori simpatie dell'altra

Chi, infatti, non sa che nessuno mi è più legato, per consuetudine di amicizia e comunanza di vita, di Saleio Basso, non solo il migliore degli uomini, ma anche poeta perfetto
Porro si poetica accusatur, non alium video reum locupletiorem

'Securus sit' inquit Aper 'et Saleius Bassus et quisquis alius studium poeticae et carminum gloriam fovet, cum causas agere non possit

Ego enim, quatenus arbitrum litis huius [inveniri], non patiar Maternum societate plurium defendi, sed ipsum solum apud [omnes] arguam, quod natus ad eloquentiam virilem et oratoriam, qua parere simul et tueri amicitias, adsciscere necessitudines, complecti provincias possit, omittit studium, quo non aliud in civitate nostra vel ad utilitatem fructuosius [vel ad voluptatem dulcius] vel ad dignitatem amplius vel ad urbis famam pulchrius vel ad totius imperii atque omnium gentium notitiam inlustrius excogitari potest
Orbene, se si fa il processo alla poesia, non vedo accusato più degno di credito

''Lasciamo in pace,' disse Apro, 'Saleio Basso e chiunque altro nutre amore per la poesia e aspira a diventare famoso coi suoi versi, visto che non sa trattare le cause

Io, infatti, dal momento che non si è riusciti a trovare un arbitro di questa contesa, non accetterò che sia difeso Materno associando a lui altre persone, ma accuserò lui solo davanti a voi tutti, perché egli, nato all'eloquenza virile, quella dell'oratore, con la quale si possono acquistare a un tempo e conservare amicizie, garantirsi buone relazioni, tenere province sotto la propria ala, egli rinuncia a una professione, di cui nella nostra città non se ne può immaginare un'altra più capace di dare benefici pratici o più dolce per le soddisfazioni che offre, o più prestigiosa o più bella per acquistare rinomanza in Roma o in grado di garantire una reputazione più brillante ovunque nell'impero e presso tutti i popoli

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Nam si ad utilitatem vitae omnia consilia factaque nostra derigenda sunt, quid est tutius quam eam exercere artem, qua semper armatus praesidium amicis, opem alienis, salutem periclitantibus, invidis vero et inimicis metum et terrorem ultro feras, ipse securus et velut quadam perpetua potentia ac potestate munitus

cuius vis et utilitas rebus prospere fluentibus aliorum perfugio et tutela intellegitur: sin proprium periculum increpuit, non hercule lorica et gladius in acie firmius munimentum quam reo et periclitanti eloquentia, praesidium simul ac telum, quo propugnare pariter et incessere sive in iudicio sive in senatu sive apud principem possis

Quid aliud infestis patribus nuper Eprius Marcellus quam eloquentiam suam opposuit
In effetti, se le nostre scelte e le nostre azioni devono mirare all'utilità della vita, cosa c'è di più sicuro che esercitare un'arte, grazie alla quale si ha sempre un'arma pronta per proteggere gli amici, aiutare gli estranei, salvare chi è in pericolo, mentre permette, invece, di portare sgomento e terrore nei malevoli e negli avversari, stando tranquillo al riparo di un potere e di un'autorità per così dire perpetua

E mentre la tua vita scorre felice, l'efficacia e l'utilità di quest'arte si manifestano nell'offrire rifugio e protezione agli altri; ma se un pericolo minaccia proprio te, allora davvero non armatura né spada è più salda difesa in battaglia di quanto sia l'eloquenza per un accusato in pericolo, sicura difesa a un tempo e arma d'offesa, che ti consente insieme di stare sulla difensiva e di partire all'attacco o in una corte di giustizia o in senato o di fronte al principe

Cos'altro ha opposto recentemente Eprio Marcello all'ostilità del senato, se non la propria eloquenza
Qua accinctus et minax disertam quidem, sed inexercitatam et eius modi certaminum rudem Helvidii sapientiam elusit

plura de utilitate non dico, cui parti minime contra dicturum Maternum meum arbitror

[6] Ad voluptatem oratoriae eloquentiae transeo, cuius iucunditas non uno aliquo momento, sed omnibus prope diebus ac prope omnibus horis contingit

Quid enim dulcius libero et ingenuo animo et ad voluptates honestas nato quam videre plenam semper et frequentem domum suam concursu splendidissimorum hominum

idque scire non pecuniae, non orbitati, non officii alicuius administrationi, sed sibi ipsi dari

ipsos quin immo orbos et locupletes et potentis venire plerumque ad iuvenem et pauperem, ut aut sua aut amicorum discrimina commendent
Agguerrito e minaccioso ha avuto buon gioco della filosofia di Elvidio, capace di parlare ma privo di esercizio e, in scontri del genere, di esperienza

Non mi dilungo sui vantaggi pratici, perché ritengo che su questo aspetto dell'eloquenza il mio amico Materno non avrà niente da opporre

[6] 'Ora passo al piacere che procura l'eloquenza di un vero oratore: si tratta di un diletto che non dura un istante fuggevole, ma è di quasi tutti i giorni, anzi di quasi tutte le ore

Infatti, per un animo libero e generoso, nato per i nobili piaceri, cosa c'è di più dolce che vedere la propria casa sempre piena e affollata dalle personalità più in vista che vi accorrono

E sapere che è un omaggio reso non alla ricchezza né all'assenza di eredi, né all'essere titolare di qualche carica pubblica, ma solo alla propria persona

Anzi, chi non ha eredi e i ricchi e i potenti spesso si presentano da un giovane, magari povero, per affidargli nel momento critico gli interessi propri e quelli degli amici
ullane tanta ingentium opum ac magnae potentiae voluptas quam spectare homines veteres et senes et totius orbis gratia subnixos in summa rerum omnium abundantia confitentis, id quod optimum sit se non habere

iam vero qui togatorum comitatus et egressus

Quae in publico species

Quae in iudiciis veneratio

Quod illud gaudium consurgendi adsistendique inter tacentis et in unum conversos

coire populum et circumfundi coram et accipere adfectum, quemcumque orator induerit

vulgata dicentium gaudia et imperitorum quoque oculis exposita percenseo: illa secretiora et tantum ipsis orantibus nota maiora sunt
Ingenti ricchezze e un potere grande non danno forse un piacere pari a quello di vedere uomini maturi d'antico nome ed esperienza, forti della devozione espressa loro dal mondo intero, ammettere, nel pieno della disponibilità di ogni bene, di non possedere il bene più prezioso di tutti

E quanta gente in toga lo accompagna quando esce

Che figura fa in pubblico

Di che deferente rispetto gode in tribunale

Che gioia è alzarsi in piedi e stagliarsi in mezzo a persone che tacciono, con addosso gli occhi di tutti

Vedere la gente accorrere e fargli ressa attorno e vivere, come proprio, quel sentimento, qualunque sia, di cui l'oratore ha voluto rivestirsi

Sto elencando gioie ben note, che stanno sotto gli occhi anche degli incompetenti: ma ve ne sono ben altre, maggiori, più segrete e note solo a chi parla