[1] Interea rex Parthorum Vologaeses, cognitis Corbulonis rebus regemque alienigenam Tigranen Armeniae impositum, simul fratre Tiridate pulso spretum Arsacidarum fastigium ire ultum volens, magnitudine rursum Romana et continui foederis reverentia diversas ad curas trahebatur, cunctator ingenio et defectione Hyrcanorum, gentis validae, multisque ex eo bellis inligatus atque illum ambiguum novus insuper nuntius contumeliae exstimulat: quippe egressus Armenia Tigranes Adiabenos, conterminam nationem, latius ac diutius quam per latrocinia vastaverat, idque primores gentium aegre tolerabant: eo contemptionis descensum, ut ne duce quidem Romano incursarentur, sed temeritate obsidis tot per annos inter mancipia habiti |
1 Frattanto il re dei Parti Vologese, informato dei successi di Corbulone e dell'imposizione in Armenia del re straniero Tigrane, benché fosse desideroso di vendicare l'insulto recato alla potenza degli Arsacidi con la cacciata del fratello Tiridate, era, per converso, indotto in opposte apprensioni dalla grandezza di Roma e dal rispetto imposto da una continua alleanza, senza contare la sua natura esitante e l'intralcio prodotto dalla defezione di un popolo potente, gli Ircani, e dalle molteplici guerre derivatene A scuoterlo dalla sua incertezza, giunse la notizia di una nuova provocazione: Tigrane, uscito dall'Armenia, aveva sottoposto a saccheggi il popolo confinante degli Adiabeni, con azioni troppo profonde e prolungate per essere considerate semplici razzie, e i capi delle popolazioni legate ai Parti mordevano il freno: erano evidentemente così scaduti nella considerazione da subire incursioni non a opera di un comandante romano, ma grazie all'impudenza di un ostaggio tenuto a Roma per tanti anni in conto di schiavo |
accendebat dolorem eorum Monobazus, quem penes Adiabenum regimen, quod praesidium aut unde peteret rogitans: iam de Armenia concessum, proxima trahi; et nisi defendant Parthi, levius servitium apud Romanos deditis quam captis esse Tiridates quoque, regni profugus, per silentium aut modice querendo gravior erat: non enim ignavia magna imperia contineri; virorum armorumque faciendum certamen; id in summa fortuna aequius quod validus, et sua retinere privatae domus, de alienis certare regiam laudem esse |
Attizzava il loro risentimento Monobazo, il re in carica tra gli Adiabeni, con le sue domande su quale aiuto cercare e dove: avevano già sgombrato l'Armenia e adesso era la volta delle regioni vicine; se non intervenivano i Parti a difenderli, meglio la schiavitù dopo la resa che dopo la cattura E Tiridate, profugo anch'egli dal regno, faceva ancor più pesare la sua presenza col silenzio o in contenute recriminazioni: i grandi imperi non si tengono - sosteneva - con la mancanza di iniziativa; il confronto di uomini in armi è inevitabile; per chi sta al vertice del potere la giustizia coincide con la forza e, se conservare i propri beni dà merito a un privato, contendere per quelli degli altri è la gloria di un re |
[2] Igitur commotus his Vologaeses concilium vocat et proximum sibi Tiridaten constituit atque ita orditur: 'hunc ego eodem mecum patre genitum, cum mihi per aetatem summo nomine concessisset, in possessionem Armeniae deduxi, qui tertius potentiae gradus habetur (nam Medos Pacorus ante ceperat), videbarque contra vetera fratrum odia et certamin[a] familiae nostrae penates rite composuisse prohibent Romani et pacem numquam ipsis prospere lacessitam nunc quoque in exitium suum abrumpunt non ibo infitias: aequitate quam sanguine, causa quam armis retinere parta maioribus malueram si cunctatione deliqui, virtute corrigam vestra quidem vis et gloria [in] integro est, addita modestiae fama, quae neque summis mortalium spernenda est et a dis aestimatur’ |
2 Da ciò indotto, Vologese convoca il consiglio, fa sedere vicino a sé Tiridate e così esordisce: Questo principe, nato dal mio stesso padre, mi ha ceduto, per riguardo all'età, il sommo potere, ed io, poiché Pacoro aveva già preso la Media, l'ho condotto alla conquista dell'Armenia, che occupa nei nostri domini il terzo posto; mi sembrava di avere così, superando gli antichi odi e le rivalità fraterne, pacificato la nostra famiglia Ma ce lo impediscono i Romani e rompono, ancora una volta, e a loro rovina, quella pace mai turbata con loro vantaggio Non voglio negarlo: avrei preferito conservare le conquiste degli antenati con la giustizia e non col sangue, con la ragione invece che con le armi Se ho sbagliato esitando, farò ammenda col valore La vostra forza e la vostra gloria non ne sono scalfite, e in più vi si riconosce il pregio della moderazione, che gli uomini più potenti non devono spregiare e che anche gli dèi apprezzano |
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simul diademate caput Tiridatis evinxit, promptam equitum manum, quae regem ex more sectatur, Monaesi nobili viro tradidit, adiectis Adiabenorum auxiliis, mandavitque Tigranen Armenia exturba[re], dum ipse positis adversus Hyrcanos discordiis vires intimas molemque belli ciet, provinciis Romanis minitans [3] Quae ubi Corbuloni certis nuntiis audita sunt, legiones duas cum Verulano Severo et Vettio Bolano subsidium Tigrani mittit, occulto praecepto, compositius cuncta quam festinantius agerent quippe bellum habere quam gerere malebat, scripseratque Caesari proprio duce opus esse, qui Armeniam defenderet: Syriam ingruente Vologaese acriore in discrimine esse |
Ciò detto, cinge del diadema reale il capo di Tiridate e affida a Monese, un uomo della nobiltà, insieme a reparti di Adiabeni, l'efficientissima guardia dei cavalieri, che costituisce la tradizionale scorta del re, e gli dà il compito di cacciare Tigrane dall'Armenia: egli intanto, composti i dissensi con gli Ircani, avrebbe mobilitato le forze interne e scatenato, a minaccia delle province romane, tutto il suo grande potenziale di guerra 3 Appena ebbe conferma di tali fatti, Corbulone invia due legioni sotto Verulano Severo e Vezzio Bolano, in aiuto a Tigrane, con segrete istruzioni di agire pensando più alla sicurezza che alla rapidità Preferiva, infatti, essere in stato di guerra piuttosto che combatterla e aveva scritto a Cesare che, per difendere l'Armenia, occorreva un comandante con quell'incarico specifico: i rischi maggiori infatti, di fronte all'attacco di Vologese, erano corsi dalla Siria |
atque interim reliquas legiones pro ripa Euphratis locat, tumultuariam provincialium manum armat, hostiles ingressus praesidiis intercipit et quia egena aquarum regio est, castella fontibus imposita; quosdam rivos congestu harenae abdidit [4] Ea dum a Corbulone tuendae Syriae parantur, acto raptim agmine Mon[a]eses, ut famam sui praeiret, non ideo nescium aut incautum Tigranen offendit occupaverat Tigranocertam, urbem copia defensorum et magnitudine moenium validam ad hoc Nicephorius amnis haud spernenda latitudine partem murorum ambit, et ducta ingens fossa, qua fluvio diffidebatur inerantque milites et provisi ante commeatus, quorum subvectu pauci avidius progressi et repentinis hostibus circumventi ira magis quam metu ceteros accenderant |
Nell'attesa, schiera le altre legioni lungo il corso dell'Eufrate, arma reparti di provinciali reclutati in fretta e dispone presidi, per bloccare l'ingresso dei nemici E poiché la regione è scarsa d’acque, innalza fortilizi a protezione delle sorgenti e interra alcuni rivi sotto cumuli di sabbia 4 Mentre così Corbulone si preparava a difendere la Siria, Monese, fatto avanzare rapidissimo il suo esercito, per precedere la notizia del suo arrivo, non riuscì peraltro a cogliere Tigrane di sorpresa o impreparato Quest'ultimo aveva occupato Tigranocerta, città solida per numero di difensori e imponenza di mura lambita in parte, oltre a ciò, dal fiume Niceforio, che ha un'ampiezza considerevole; e, per il settore in cui non si poteva contare sul fiume, venne scavato un ampio fossato Dentro la città stavano soldati e rifornimenti ammucchiati in precedenza; durante il loro accumulo, un gruppetto di uomini, spintisi, per troppa avidità, molto avanti, venne circondato dai nemici, apparsi all'improvviso; il che aveva prodotto negli altri più dispetto che paura |
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sed Partho ad exsequendas obsidiones nulla comminus audacia: raris sagittis neque clausos exterret et semet frustratur Adiabeni cum promovere scalas et machinamenta inciperent, facile detrusi, mox erumpentibus nostris caeduntur [5] Corbulo tamen, quamvis secundis rebus suis, moderandum fortunae ratus misit ad Vologaesen, qui expostularent vim provinciae inlatam: socium amicumque regem, cohortes Romanas circumsederi omitteret potius obsidionem, aut se quoque in agro hostili castra positurum Casperius centurio in eam leg[at]ionem delectus apud oppidum Nisibin, septem et triginta milibus passuum a Tigranocerta distantem, adit regem et mandata ferociter edidit Vologaesi vetus et penitus infixum erat arma romana vitandi, nec praesentia prospere fluebant |
Manca peraltro ai Parti l'audacia per gli scontri ravvicinati, richiesti dagli assedi: il loro discontinuo lancio di frecce non impensierisce gli assediati e mette a nudo la loro impotenza Tentarono gli Adiabeni di avvicinare scale e macchine da guerra: furono prima ributtati giù e poi, con sortite, sterminati 5 Corbulone tuttavia ritenne, nonostante i successi, di non forzare la fortuna e mandò un messo a Vologese per chiedere ragione dell'attacco subìto in una zona sotto controllo romano Lamentava che un re alleato e amico e coorti romane subissero un assedio: o lo si toglieva o anche lui avrebbe invaso il territorio nemico Il centurione Casperio, scelto per quella missione, incontrò il re presso la città di Nisibi, distante trentasette miglia da Tigranocerta, e gli comunicò con fiera durezza il messaggio Proposito non nuovo e convinto di Vologese era di evitare lo scontro coi Romani, e del resto, al presente, le cose non filavano lisce per lui |
inritum obsidium, tutus manu et copiis Tigranes, fugati qui expugnationem sumpserant, missae in Armeniam legiones, et alia pro Syria paratae ultro inrumpere; sibi imbecillum equitem pabuli inopia; nam exorta vi locustarum aberat quicquid herbidum aut frondosum igitur metu abstruso mitiora obtendens, missurum ad imperatorem Romanum legatos super petenda Armenia et firmanda pace respondet; Mon[a]esen omittere Tigranocertam iubet, ipse retro concedit [6] Haec plures ut formidine regis et Corbulonis minis patrata ac magnifica extollebat alii occulte pepigisse interpretabantur, ut omisso utrimque bello et abeunte Vologaese Tigranes quoque Armenia abscederet cur enim exercitum Romanum a Tigranocertis deductum cur deserta per otium quae bello defenderant |
un assedio andato a vuoto, Tigrane al sicuro con armi e viveri, la rotta di quanti avevano tentato di espugnare la città, l'invio di legioni in Armenia e altre, ai confini della Siria, pronte all'invasione; da parte sua, una cavalleria indebolita da mancanza di foraggio, perché un'invasione di cavallette aveva distrutto ogni filo d'erba e ogni fronda Nascondendo dunque le preoccupazioni e ostentando intenzioni concilianti, risponde che avrebbe inviato ambasciatori all'imperatore romano, per le sue pretese sull'Armenia e per consolidare la pace; ordina a Monese di abbandonare Tigranocerta, ed egli stesso ripiega 6 Questa conclusione era magnificata dai più come risultato della paura del re e delle minacce di Corbulone Altri ci volevano vedere accordi segreti, per cui, cessata la guerra dalle due parti, al rientro di Vologese, dovesse andarsene anche Tigrane dall'Armenia Come spiegare, se no, il ritiro dell'esercito romano da Tigranocerta Perché abbandonare, raggiunta la pace, ciò che si era difeso nel corso della guerra |
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an melius hibernavisse in extrema Cappadocia, raptim erectis tuguriis, quam in sede regni modo retenti dilata prorsus arma, ut Vologaeses cum alio quam cum Corbulone certaret, Corbulo meritae tot per annos gloriae non ultra periculum faceret nam, ut rettuli, proprium ducem tuendae Armeniae poposcerat, et adventare Caesennius Paetus audiebatur iamque aderat, copiis ita divisis, ut quarta et duodecima legiones addita quinta, quae recens e Moesis excita erat, simul Pontica et Galatarum Cappadocumque auxilia Paeto oboedirent, tertia et sexta et decima legiones priorque Syriae miles apud Corbulonem manerent; cetera ex rerum usu sociarent partirenturve |
Avrebbero forse passato le truppe un inverno migliore nell'estrema Cappadocia, in tuguri improvvisati, che non nella capitale di un regno da poco recuperato Avevano evidentemente rimandato lo scontro, Vologese per vedersela con un generale diverso da Corbulone, Corbulone per non compromettere la gloria conquistata in tanti anni Infatti, aveva richiesto, come già detto, un comandante col compito specifico di difendere l'Armenia, e circolava la voce che sarebbe arrivato Cesennio Peto Anzi era già arrivato, e le truppe furono divise in modo che la quarta e la dodicesima legione, più la quinta, appena richiamata dalla Mesia, oltre a reparti ausiliari del Ponto, della Galazia e della Cappadocia, fossero agli ordini di Peto, mentre le legioni terza, sesta e decima e gli ausiliari già reclutati in Siria rimanessero con Corbulone; gli altri reparti potevano essere uniti o divisi secondo necessità |
sed neque Corbulo aemuli patiens, et Paetus, cui satis ad gloriam erat, si proximus haberetur, despiciebat gesta, nihil caedis aut praedae, usurpatas nomine tenus urbium expugnationes dictitans: se tributa ac leges et pro umbra regis Romanum ius victis impositurum [7] Sub idem tempus legati Vologaesis, quos ad principem missos memoravi, revertere inriti bellumque propalam sumptum a Parthis nec Paetus detrectavit, sed duabus legionibus, quarum quartum Funisulanus Vettonianus eo in tempore, duodecimam Calavius Sabinus regebant, Armeniam intrat tristi omine |
Ma Corbulone non tollerava un rivale, e Peto, alla cui gloria doveva bastare essere considerato secondo, sminuiva le imprese dell'altro, ripetendo che non s'erano viste stragi di nemici e bottino e che le espugnazioni di città erano solo nominali: lui sì avrebbe imposto tributi e leggi e il potere di Roma sui vinti, invece di un re fantoccio 7 In quello stesso periodo, gli ambasciatori di Vologese, inviati, come già ricordato, dal principe, ritornarono a mani vuote, e i Parti ripresero apertamente le ostilità Non stette a guardare Peto che, con due sole legioni, la quarta agli ordini di Funisolano Vettoniano e la dodicesima di Calavio Sabino, entra in Armenia con funesti presagi |
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nam in transgressu Euphratis, quem ponte tramittebant, nulla palam causa turbatus equus, qui consularia insignia gestabat, retro evasit; hostiaque, quae muniebantur hibernaculis adsistens, semifacta opera fuga perrupit seque vallo extulit; et pila militum arsere, magis insigni prodigio, quia [Parthus] hostis missilibus telis decertat [8] Ceterum Paetus spretis ominibus, necdum satis firmatis hibernaculis, nullo rei frumentariae provisu, rapit exercitum trans montem Taurum reciperandis, ut ferebat, Tigranocertis vastandisque regionibus, quas Corbulo integras omisisset |
Infatti, nel passare l'Eufrate, attraversato su ponte, senza alcun evidente motivo si imbizzarrì il cavallo che portava le insegne consolari e fuggì indietro; e un animale destinato al sacrificio, nei pressi dei lavori di fortificazione del campo invernale, travolse, fuggendo, le opere ancora incomplete e si gettò oltre la palizzata; infine, i giavellotti di alcuni soldati emanarono fuoco, e fu il prodigio più impressionante, perché i Parti, il nemico, combattono con armi da lancio 8 Peto invece, sprezzati i presagi, senza garantire difese sufficienti ai campi invernali e senza predisporre provvista alcuna di vettovaglie, lancia l'esercito oltre la catena del Tauro, a riprendere, come diceva, Tigranocerta e a saccheggiare le regioni lasciate intatte da Corbulone |