Schiava dell’harem - Giuseppe Molteni

Schiava dell’harem - Giuseppe Molteni

l'artista insiste sulle valenze sentimentali dell'immagine, su un dramma che è tutto concentrato nello sguardo, facendo passare in secondo piano lo splendore cromatico del dipinto

Molteni mette in gioco tutto il suo naturale talento nel modulare le pieghe per catturare i mezzi toni, i riflessi luminosi, le trasparenze, le infinite sfumature delle stoffe cangianti. Raffinata è la luce che dà uno straordinario rilievo plastico al turbante per poi lasciare in ombra, con un forte rilievo psicologico, il volto. Quel turbante che incornicia il volto è l'elemento che domina la raffinata composizione

Il termine harem indica in arabo un luogo sacro dove le donne di una famiglia risiedono e si riferisce anche agli spazi sacri musulmani che descrivono santuari inviolabili, come le città sante della Mecca e di Medina, nel senso che questi spazi sono vietati a non musulmani. L'harem imperiale Ottomano o, in generale, l'harem nelle famiglie musulmane fu oggetto di rappresentazioni esagerate nelle opere letterarie e artistiche occidentali, che nel ridussero la definizione ad uno spazio di piacere sessuali senza limiti.

In realtà, l'harem Imperiale Ottomano costituiva una complessa realtà politica organizzata con una rigida gerarchia sotto la guida della valide Sultan (la madre del sultano). In collaborazione con gli eunuchi che custodivano l'harem, la valide Sultan si occupava:

  • dell'ordine al suo interno
  • di attività come la formazione delle ragazze
  • la scelta delle compagne del sultano
  • l'impegno in vari investimenti economici
  • oltre al patrocinio delle Arti all'attività di beneficenza
La valide Sultan aveva un enorme potere sul sultano e sulle altre elite al potere. Poteva anche fornire alleanze alla casa ottomana attraverso i matrimoni delle ragazze sotto la sua supervisione. In breve, il futuro della dinastia era nelle sue mani

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