Lucrezio, De rerum natura: Libro 03 Parte 01, pag 3

Lucrezio, De rerum natura: Libro 03 Parte 01

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 03 Parte 01
Haec igitur natura tenetur corpore ab omni ipsaque corporis est custos et causa salutis; nam communibus inter se radicibus haerent nec sine pernicie divelli posse videntur

quod genus e thuris glaebis evellere odorem haud facile est, quin intereat natura quoque eius, sic animi atque animae naturam corpore toto extrahere haut facile est, quin omnia dissoluantur

inplexis ita principiis ab origine prima inter se fiunt consorti praedita vita, nec sibi quaeque sine alterius vi posse videtur corporis atque animi seorsum sentire potestas, sed communibus inter eas conflatur utrimque motibus accensus nobis per viscera sensus

Praeterea corpus per se nec gignitur umquam nec crescit neque post mortem durare videtur
Questa natura dell'anima è dunque tenuta insieme da tutto il corpo, e al corpo è essa stessa custode e causa di conservazione; giacché mediante comuni radici aderiscono tra loro e si vede che non possono essere distaccati senza rovina

Come dai grani d'incenso non è possibile staccare l'odore senza che se ne distrugga anche la natura, così non è possibile trarre fuori da tutto il corpo la natura della mente e dell'anima senza che tutto si dissolva

Con primi principi così intrecciati tra loro fin dalla prima origine si sviluppano, dotati di vita con sorte comune, ed è evidente che le potenze del corpo e dell'animo non possono sentire separatamente, ciascuna per sé, senza la forza dell'altra, ma per movimenti comuni tra loro è suscitato, da entrambe le parti, il senso acceso in noi attraverso la carne

Inoltre, il corpo da sé né mai si genera, né cresce, né dopo la morte si vede durare
non enim, ut umor aquae dimittit saepe vaporem, qui datus est, neque ea causa convellitur ipse, sed manet incolumis, non, inquam, sic animai discidium possunt artus perferre relicti, sed penitus pereunt convulsi conque putrescunt

ex ineunte aevo sic corporis atque animai mutua vitalis discunt contagia motus, maternis etiam membris alvoque reposta, discidium [ut] nequeat fieri sine peste maloque; ut videas, quoniam coniunctast causa salutis, coniunctam quoque naturam consistere eorum

Quod super est, siquis corpus sentire refutat atque animam credit permixtam corpore toto suscipere hunc motum quem sensum nominitamus, vel manifestas res contra verasque repugnat

quid sit enim corpus sentire quis adferet umquam, si non ipsa palam quod res dedit ac docuit nos

'at dimissa anima corpus caret undique sensu
Non come l'acqua, infatti, che spesso lascia andar via il calore che le fu comunicato, né per ciò è sconvolta essa stessa, ma rimane intatta, non così, dico, le membra abbandonate possono sopportare la separazione dell'anima, ma a fondo sconvolte periscono e cadono in putrefazione

Così fin dall'inizio della vita il corpo e l'anima nei mutui contatti apprendono i movimenti vitali, quando sono ancora nascosti nelle membra e nel grembo della madre, sì che la separazione non può avvenire senza danno e rovina; puoi quindi vedere che, siccome è congiunta la causa della conservazione, anche la loro natura risulta congiunta

Del resto, se qualcuno nega che il corpo senta e crede che sia l'anima che, commista a tutto il corpo, concepisca questo moto a cui diamo il nome di senso, egli combatte contro fatti pur veri e manifesti

Infatti chi mai chiarirà cosa sia il sentire del corpo, se non ciò che ci ha manifestato e insegnato la realtà stessa

Ma, quando l'anima se n'è staccata, il corpo è del tutto privo di senso
' perdit enim quod non proprium fuit eius in aevo multaque praeterea perdit quom expellitur aevo

Dicere porro oculos nullam rem cernere posse, sed per eos animum ut foribus spectare reclusis, difficilest, contra cum sensus ducat eorum; sensus enim trahit atque acies detrudit ad ipsas, fulgida praesertim cum cernere saepe nequimus, lumina luminibus quia nobis praepediuntur

quod foribus non fit; neque enim, qua cernimus ipsi, ostia suscipiunt ullum reclusa laborem

praeterea si pro foribus sunt lumina nostra, iam magis exemptis oculis debere videtur cernere res animus sublatis postibus ipsis

Illud in his rebus nequaquam sumere possis, Democriti quod sancta viri sententia ponit, corporis atque animi primordia singula primis adposita alternis, variare ac nectere membra

esso perde, infatti, ciò che non fu suo proprio nella vita, e molte altre cose perde quando è cacciato fuori della vita

Dire poi che gli occhi non possono discernere alcuna cosa, ma che per essi l'animo guarda come per porte aperte, è difficile, giacché il senso loro guida in parte contraria; il senso infatti ci tira e spinge ad attribuire la vista alle pupille stesse, tanto più che spesso non possiamo discernere cose lucenti, perché la vista è in noi impedita dalla luce

Il che non accade alle porte; giacché gli usci, per cui noi guardiamo, non subiscono alcun travaglio per il fatto che sono aperti

D'altronde, se i nostri occhi sono come porte, allora, è evidente, l'animo, tolti gli occhi, dovrebbe discernere meglio le cose, giacché sarebbero stati rimossi gli stipiti stessi

A questo proposito non potresti in alcun modo accogliere ciò che afferma l'opinione di Democrito, uomo venerabile, secondo cui i primi principi del corpo e dell'animo, giustapposti a uno a uno, si susseguono alternandosi e intrecciano le membra

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