Nell'antichità il tormento ha generato miti meravigliosi: gli uomini hanno sempre cercato di spiegarsi le cause - e le possibili soluzioni-per affrontare quel malessere che attanaglia tutti noi, quell'inquietudine strisciante da cui non ci liberiamo mai.
Si tratta di una kylix, conservata al museo gregoriano etrusco in Vaticano, in cui sono raffigurati Prometeo e Atlante - pare l'unica rappresentazione conosciuta in cui siano presenti entrambi i Titani -, ciascuno rappresentato nel momento cruciale del proprio supplizio
Atlante si è alleato con Crono contro Zeus e, uscitone sconfitto, viene condannato a sostenere la Terra sulle spalle. Un tormento atroce, che nelle rappresentazioni antiche il titano sembra sempre soffrire con grande dignità. Qui la sua posa si adegua alla forma circolare del contenitore. Piegato sulle gambe, regge la roccia con una certa agilità. L'unico segnale della sua fatica è un particolare davvero curioso: quella mano destra che preme sulla schiena all'altezza dell'osso sacro. E' lì che il peso scarica di più. L'artista deve aver visto tante volte gli atleti olimpionici allenarsi con il sollevamento di macigni, tronchi o altri oggetti che potevano - secondo le indicazioni di Ippocrate - forgiare il loro fisico e favorire la resistenza in qualsiasi gara. I piedi leggermente scartati di Atlante, il suo busto perfettamente allineato, le dita che pigiano sul coccige: siamo di fronte ad un movimento che descrive la realtà nei minimi dettagli.L'espressione del tormento è soltanto invocata, Non c'è pericolo di esserne coinvolti. La reticenza degli antichi in fatto di emozioni non si smentisce mai, perché l'obiettivo di questa immagine non è alterare i sentimenti di chi li osserva, ma immortalare il momento più significativo di una storia. Il titano si è macchiato della colpa più grave, la superbia. La sua pena non avrà mai fine ed è irreversibile. il suo tormento lo schiaccerà in eterno.
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Non meglio sembra sia andata a Prometeo, che in questa tazza è legato ad una colonna troppo bassa per poter stare eretto. Anche lui è costretto a flettere le ginocchia, in una posizione che sottomette i muscoli ad una tensione insopportabile. E' il momento della giornata in cui un'aquila viene a trovarlo per mangiargli il fegato (qui in realtà spicca la carne dal petto).
Il pasto deve essere molto succulento, come dimostrano le gocce di sangue che si addensano sul pavimento. e in questo dettaglio che converge il senso della scena- E' e così insolito vedere in un dipinto antico scorrere del sangue che potremmo quasi dire di trovarci di fronte ad una rarità. Ormai ai piedi di Prometeo se n'è accumulato così tanto da aver creato una vera pozza: il suo fegato ogni notte si rigenera per essere consumato il giorno dopo dal rapace. Un tormento senza fine, che soltanto Ercole mosso a pietà, riuscirà ad interrompere liberandolo dalle catene che lo bloccano.
Amato molto più di Atlante, Prometeo è il personaggio tormentato più longevo della storia, quello a cui celebri autori antichi hanno dedicato tragedie strazianti - Eschilo una intera trilogia - e pittori moderni una folta serie di capolavori.