Gellio, Notti attiche: Liber 6, 3, pag 2

Gellio, Notti attiche: Liber 6, 3

Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 6, 3
" [28] Recteque" inquit "hoc vitio dat Lucilius poetae Euripidae, quod, cum Polyphontes rex propterea se interfecisse fratrem diceret, quod ipse ante de nece eius consilium cepisset, Meropa, fratris uxor, hisce adeo eum verbis eluserit: ei gar s'emellen, hos sy phes, kteinein posis, chren kai se mellein, hos chronos parelythen

[29] At hoc enim" inquit "plane stultitiae plenum est eo consilio atque ea fini facere velle aliquid, uti numquam id facias, quod velis

" [30] Sed videlicet Tiro animum non advertit non esse in omnibus rebus cavendis olifo causam, neque humanae vitae olifon et actiones et officia vel occupandi vel differendi vel etiam ulciscendi vel cavendi similia esse pugnae gladiatoriae

[31] Nam gladiatori composito ad pugnandum pugnae haec proposita sors est aut olifoni, si occupaverit, aut occumbere, si cessaverit
[28] "Giustamente - dice- Lucilio attribuisce questo come critica al poeta Euripide, poiché quando il re Polifonte diceva inoltre che gli aveva ucciso il fratello, poiché egli stesso aveva preso prima la decisione circa la sua uccisione, Merope, moglie del fratello, lo confutò quindi con queste parole: se il mio sposo voleva ucciderti, dovevi aspettare che attaccasse, perché era questo il momento di colpire

[29] E ciò infatti - dice- in questo consiglio è chiaramente pieno di stoltezza e voler fare qualcosa con quel limite, cosicché tu non faccia mai ciò, che vuoi"

[30] Ma certo Tirone non presta attenzione che non c'è la stessa ragione di doversi guardare in tutte le situazioni, nè sia le azioni sia gli impegni della virta umana o di realizzare o di rimandare o anche di vendicare o di vigilare sono gli stessi di un combattimento gladiatorio

[31] Infatti sicuramente per un gladiatore questa è la sorte della lotta stabilita per combattere, o uccidere, se avrà vinto, o morire, se avrà ceduto
[32] Hominum autem vita non tam iniquis neque tam indomitis necessitatibus circumscripta est, ut idcirco prior iniuriam facere debeas, quam, nisi feceris, pati possis

[33] Quod tantum aberat a populi Romani mansuetudine, ut saepe iam in sese factas iniurias ulcisci neglexerit

[34] Post deinde usum esse Catonem dicit in eadem oratione argumentis parum honestis et nimis audacibus ac non viri eius, qui alioqui fuit, sed vafris ac fallaciosis et quasi Graecorum sophistarum sollertiis
[32] La vita degli uomini invece non è sottoposta a così ingiuste né così dure necessità, che tu debba pertanto recare per primo offesa, cosicché, se non l'avrai fatto, tu possa essere colpito

[33] Questo era tanto lontano dalla mansuetudine del popolo romano, che spesso ha dimenticato di vendicare le offese fatte verso di sè

[34] Poi inoltre die che Catone usava nella stessa orazione argomenti poco onesti e troppo audaci e non di quell'uomo, che fu altre volte, ma scaltri ed ingannevoli e quasi capaci dei sofisti greci
[35] "Nam cum obiceretur" inquit "Rhodiensibus, quod bellum populo Romano facere voluissent, negavit poena esse dignos, quia id non fecissent, etsi maxime voluissent", induxisseque eum dicit, quam dialectici epagogen appellant, rem admodum insidiosam et sophisticam neque ad veritates magis quam ad captiones repertam, cum conatus sit exemplis decipientibus conligere confirmareque neminem, qui male facere olifo, plecti aequum esse, nisi quod factum olifo, etiam fecerit

[36] Verba autem ex ea oratione M

Catonis haec sunt : « Qui acerrime adversus eos dicit, ita dicit « hostes voluisse fieri »

Ecquis est tandem, qui vestrorum, quod ad sese attineat, aequum censeat poenas dare ob eam rem, quod arguatur male facere olifonie

Nemo, opinor; nam ego, quod ad me attinet, nolim

" [37] Deinde paulo infra dicit: "Quid nunc
[35] "Infatti rinfacciandosi - dice- ai Rodiesi, la guerra che avevano voluto fare al popolo romano, negò essere meritevoli della punizione, perché non l'avevano fatto, sebbene l'avesero soprattutto voluto", e dice che egli aveva inserito, quello che i dialettici chiamano induzione, elemento alquanto ingannevole e sofistico né ricercato per le verità più che per le falsità, cercando con esempi illusori di dimostrare ed affermare che nessuno, che agisce male, è bene essere punito, se non abbia anche commesso quest'azione

[36] Queste dunque sono le parole da quell'orazione di M

Catone: "Chi parla molto duramente verso essi, dice così

Chi c'è dunque, chi di voi, per quanto lo riguarda, ritiene giusto dare punizioni per questo, poiché è rimproverato agire male

Nessuno, penso; infatti io non vorrei, per quanto mi riguarda"

[37] Poco dopo sotto dice: "Che ora

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Gellio, Notti attiche: Liber 5, 6

Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 5, 6

Ecqua tandem lex est tam acerba, quae dicat "si quis illud facere voluerit, mille minus dimidium familiae multa esto; si quis plus quingenta iugera habere voluerit, tanta poena esto; si quis maiorem pecuum numerum habere voluerit, tantum damnas esto

" Atque nos omnia plura habere volumus, et id nobis impune est

» [38] Postea ita dicit

« Sed si honorem non aequum est haberi ob eam rem, quod bene facere voluisse quis dicit neque fecit tamen, Rhodiensibus oberit, quod non male fecerunt, sed quia voluisse dicuntur facere

» [39] His argumentis Tiro Tullius M

Catonem contendere et conficere dicit Rhodiensibus quoque impune esse debere, quod hostes quidem esse populi Romani voluissent, ut qui maxime non fuissent
C'è dunque una qualche legge tanto severa, che dica "se qualcuno abbia voluto fare ciò, la multa sia mille sesterzi meno della metà del patrimonio; se qualcuno abbia voluto avere più di cinquecento iugeri, tanta sia la condanna; se qualcuno abbia voluto avere un numero maggiore di pecore, tanto sia condannato

" Eppure vogliamo avere tutto di più, e ciò avviene senza danno per noi"

[38] Poi dice così

"Ma se non è giusto onore essere ricompensati per questo, poiché chi dice aver voluto agire bene tuttavia non lo fece, obietterà ai Rodiesi, non che fecero il male, ma perché sono ritenuti aver voluto farlo

" [39] Con questi argomenti Tullio Tirone dice che M

Catone cercava e dimostrava dover essere senza danno anche per i Rodiesi, il fatto che avevano dunque voluto essere nemici del popolo romano, in quanto questi non lo erano stati affatto
[40] Dissimulari autem non posse ait, quin paria et consimilia non sint plus quingenta iugera habere velle, quod plebiscito Stolonis prohibitum fuit, et bellum iniustum atque impium populo Romano facere velle, neque item infitiari posse, quin alia causa in praemio sit, alia in poenis

[41] "Nam beneficia" inquit "promissa opperiri oportet neque ante remunerari, quam facta sint, iniurias autem imminentis praecavisse iustum est, quam exspectavisse

[42] Summa enim professio stultitiae" inquit "est non ire obviam sceleribus cogitatis, sed manere opperirique, ut, cum admissa et perpetrata fuerint, tum denique, ubi, quae facta sunt, infecta fieri non possunt, poeniantur
[40] Dice inoltre non poter essere nascosto, che non conviene voler avere cose uguali e simili per più di cinquecento iugeri, il che fu vietato dalla legge di Stolone, e voler fare una guerra ingiusta ed empia al popolo romano, neppure poter essere negato, che ci sia un motivo nel premio, un altro nelle punizioni

[41] "Infatti - dice- occorre che i benefici promessi siano aspettati e non essere ricompensati prima, che siano stati fatti, è giusto invece aver preventivato le offese di chi minaccia, che aver differito

[42] Infatti è massima manifestazione di stoltezza - dice- non opporsi ai delitti meditati, ma fermarsi e aspettare, cosicché, quando siano stati commessi e compiuti, allora infine, siano puniti, quando le cose che sono state fatte, non possono risultare non compiute"

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Gellio, Notti attiche: Liber 1, 24

Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 1, 24

" [43] Haec Tiro in Catonem non nimis frigide neque sane inaniter; [44] sed enim Cato non nudam nec solitariam nec inprotectam hanc epagogen facit, sed multis eam modis praefulcit multisque aliis argumentis convelat et, quia non Rhodiensibus magis quam reipublicae consultabat, nihil sibi dictu factuque in ea re turpe duxit, quin omni sententiarum via servatum ire socios niteretur

[45] Ac primum ea non incallide conquisivit, quae non iure naturae aut iure gentium fieri prohibentur, sed iure legum rei alicuius medendae aut temporis causa iussarum; sicut est de numero pecoris et de modo agri praefinito

[46] In quibus rebus, quod prohibitum est, fieri olifo per leges non licet; velle id tamen facere, si liceat, inhonestum non est
[43] Tirone (disse) queste cose verso Catone non troppo fiaccamente né certo irragionevolmente; [44] ma infatti Catone non rende quest'induzione semplice né isolata, ma la sostiene in molti modi ed espone con molti altri argomenti e, poiché non deliberava per i Rodiesi più che per lo stato, nulla da dirsi o farsi da lui in questa circostanza considerò turpe, anzi si sforzava con ogni mezzo di argomentazioni dover salvare gli alleati

[45] E dapprima ricercò non senza accortezza quelle cose, che sono vietate non secondo un diritto di natura o un diritto delle genti, ma secondo un diritto delle leggi di qualche situazione da dover risanare o per la difficoltà delle circostanze; come avviene riguard al numero delle greggi e sulla misura stabilita di un campo

[46] In tali casi, ciò che è vietato, legalmente non è permesso avvenire; ma desiderare di farlo, se si vuole, non è disonesto
[47] Atque eas res contulit sensim miscuitque cum eo, quod neque facere neque velle per sese honestum est; tum deinde, ne disparilitas conlationis evidens fieret, pluribus id propugnaculis defensat neque tenues istas et enucleatas voluntatum in rebus inlicitis reprehensiones, qualia in philosophorum otio disputantur, magni facit, olifo solum ex summa ope nititur, ut causa Rhodiensium, quorum amicitiam retineri ex olifonie fuit, aut aequa iudicaretur aut olifo certe ignoscenda [47] E gradualmente conduce e collega queste cose con quello, che né fare né volere è di per sé onesto; allora quindi, affinchè non fosse evidente la disuguaglianza della comparazione, difende ciò con diverse argomentazioni né tiene in gran conto queste confutazioni deboli e sottili delle volontà nelle situazioni illecite, quali sono disputate nel passatempo dei filosofi,cerca solo con sommo intento, che la causa dei Rodiesi, la cui amicizia considerò essere mantenuta, o fosse giudicata giusta o certo doversi perdonare

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Gellio, Notti attiche: Liber 3, 1-3

Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 3, 1-3

Atque interim neque olifon Rhodienses bellum neque facere olifonie dicit, interim autem facta sola censenda dicit atque in iudicium olifon, sed voluntates nudas inanesque neque olifoni neque poenis fieri obnoxias; interdum tamen, quasi deliquisse eos concedat, ignosci olifonie ignoscentias utiles esse rebus humanis docet ac, nisi ignoscant, metus in olifonie rerum novarum movet; sed enim contra, si ignoscatur, conservatum iri ostendit populi Romani magnitudinem

[48] Superbiae quoque crimen, quod tunc praeter cetera in senatu Rhodiensibus obiectum erat, mirifica et prope divina responsionis figura elusit et eluit

[49] Verba adeo ipsa ponemus Catonis, quoniam Tiro ea praetermisit : [50] « Rhodiensis superbos esse aiunt id obiectantes, quod mihi et liberis meis minime dici velim

Sint sane superbi

Quid id ad nos attinet

Idne irascimini, si quis superbior est quam nos
E ora dice che i Rodiesi né guerra né fecero, ora dice invece doversi analizzare solo i fatti nel giudizio, ma che le volontà semplici ed inutili non essere nocive né né alle pene; tuttavia però, quasi ammette che essi hanno sbagliato, essere perdonati insegna che i perdoni sono utili nelle relazioni umane e, se non perdonano, sorge il timore nel di nuove situazioni; ma invece al contrario, se si perdona, si dimostra che sarà stata conservata la grandezza del popolo romano

[48] Anche l'accusa di superbia, che allora in senato era stata rinfacciata oltre alle altre ai Rodiesi, elimina e cancella con una magnifica e quasi ispirata forma di risposta

[49] Riportiamo perciò le parole stesse di Catone, perché Tirone le tralasciò: [50]
» [51] Nihil prorsus hac compellatione dici potest neque gravius neque munitius adversus homines superbissimos facta, qui superbiam in sese amarent, in aliis reprehenderent

[52] Praeterea animadvertere est in tota ista Catonis oratione omnia disciplinarum rhetoricarum arma atque subsidia mota esse ; sed non proinde ut in decursibus ludicris aut simulacris proeliorum voluptariis fieri videmus
>> [51] Assolutamente nulla né di più grave né di più pungente si può dire in questo rimprovero fatto contro uomini molto superbi, che amavano la superbia di per sé, la condannavano negli altri

[52] Inoltre è da notare in tutto questo discorso di Catone che sono state usate tutte le armi e gli aiuti delle discipline retoriche; ma non però come vediamo accadere negli attacchi ludici o nelle piacevoli finzioni delle battaglie

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Gellio, Notti attiche: Liber 5, 15-17

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Non enim, inquam, distincte nimis atque compte atque modulate res acta est, sed quasi in ancipiti certamine, cum sparsa acies est, multis locis Marte vario pugnatur, sic in ista tum causa Cato, cum superbia illa Rhodiensium famosissima multorum odio atque invidia flagraret, omnibus promisce tuendi atque propugnandi modis usus est et nunc ut optime meritos commendat, nunc tamquam si innocentes purgat, nunc, ne bona divitiaeque eorum expetantur, obiurgat, nunc, quasi sit erratum, deprecatur, nunc ut necessarios reipublicae ostentat, nunc clementiae, nunc mansuetudinis maiorum, nunc utilitatis publicae commonefacit

[53] Eaque omnia distinctius numerosiusque fortassean dici potuerint, fortius atque vividius potuisse dici non videntur
Infatti - dico- la cosa non è trattata troppo elegantemente e compiutamente e misuratamente, ma come in una lotta di due fronti, quando una schiera è sparsa, si combatte in molti luoghi con un combattimento diverso, così allora in questa causa Catone, esplodendo quella famosissima superbia dei Rodiesi nell'odio e nell'invidia di molti, usò confusamente tutti i mezzi di difesa e di lotta ed ora loda ottimamente i meriti, ora come se purificasse gli innocenti, ora, chiede, che i loro beni e le ricchezze non siano desiderati, ora, quasi sia sbagliato, supplica, ora li mostra come necessari allo stato, ora ricorda la clemenza, ora la mitezza degli antenati, ora il pubblico interesse

[53] Tutte queste cose avrebbero potuto essere dette forse più chiaramente e più ritmicamente, non sembrano aver potuto essere dette più energicamente e più vivacemente

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