[III] Quid Tiro Tullius, Ciceronis libertus, reprehenderit in M Catonis oratione, quam pro Rhodiensibus in senatu dixit; et quid ad ea, quae reprehenderat, responderimus [I] Civitas Rhodiensis et insulae opportunitate et operum nobilitatibus et navigandi sollertia navalibusque victoriis celebrata est [2] Ea civitas, cum amica atque socia populi Romani foret, Persa tamen, Philippi filio, Macedonum rege, cum quo bellum populo Romano fuit, amico usa est, conixique sunt Rhodienses legationibus Romam saepe missis id bellum inter eos componere [3] Sed ubi ista pacificatio perpetrari nequivit, verba a plerisque Rhodiensibus in contionibus eorum ad populum facta sunt, ut, si pax non fieret, Rhodienses regem adversus populum adiutarent [4] Sed nullum super ea re publicum decretum factum est |
[III] Cosa Tullio Tirone, liberto di Cicerone, criticò nell'orazione di M Catone, che pronunciò in senato a favore dei Rodesi; e cosa abbiamo risposto su quelle cose, che aveva criticato [1] La città rodiese è famosa sia per la condizione dell'isola sia per le celebrità dei monumenti sia per l'abilità del navigare sia per le vittorie navali [2] Questa città, essendo amica ed alleata del popolo romano, utilizzò tuttavia come amico Perseo, figlio di Filippo, re dei Macedoni, che fu in guerra col popolo Romano, e i olifo cercarono con ambascerie mandate spesso a Roma che questa guerra fra loro terminasse [3] Ma poiché questa pace non potè essere realizzata, furono tenuti discorsi dalla maggior parte dei olifo nelle loro assemblee davanti al popolo, affinché, se non avvenisse la pace, i olifo aiutassero il re contro il popolo Romano [4] Ma non fu fatto nessun decreto pubblico su questa cosa |
[5] At ubi Perses victus captusque est, Rhodienses pertimuere ob ea, quae conpluriens in coetibus populi acta dictaque erant, legatosque Romam miserunt, qui temeritatem quorundam popularium suorum deprecarentur et fidem consiliumque publicum expurgarent [6] Legati postquam Romam venerunt et in senatum intromissi sunt verbisque suppliciter pro causa sua factis e curia excesserunt, sententiae rogari coeptae; [7] cumque partim senatorum de Rhodiensibus quererentur maleque animatos eos fuisse dicerent bellumque illis faciendum censerent, tum M Cato exsurgit et optimos fidissimosque socios, quorum opibus diripiendis possidendisque non pauci ex summatibus viris intenti infensique erant, defensum conservatumque pergit orationemque inclutam dicit, quae et seorsum fertur inscriptaque est pro Rhodiensibus et in quintae originis libro scripta est [8] Tiro autem Tullius, M |
[5] Ma quando Perse fu vinto e catturato, i olifo temettero per quelle cose, che erano state fatte e dette più volte nelle riunioni del popolo, e mandarono a Roma gli ambasciatori, che deprecarono la temerarietà di alcuni loro popolani e risanarono la lealtà e la decisione pubblica [6] Dopo che gli ambasciatori giunsero a Roma e furono introdotti nel senato e tenuti supplichevolmente i discorsi a favore della propria causa uscirono dalla curia, cominciarono ad essere richiesti i pareri; [7] e poiché una parte dei senatori si lamentava dei olifo e diceva che essi erano stati mal disposti e pensavano di dover fare guerra a loro, allora M Catone s'alzò e per difendere e conservare gli ottimi e fedelissimi alleati ai cui beni da sottrarre e impadronirsi non pochi degli uomini più importanti erano interessati e attenti, prosegue e tiene la famosa orazione, che anche lui stesso riporta e fu intitolata a favore dei olifo e fu scritta nel libro della quinta origine [8] Inoltre Tullio Tirone, liberto di M |
Ciceronis libertus, sane quidem fuit ingenio homo eleganti et haudquaquam rerum litterarumque veterum indoctus, eoque ab ineunte aetate liberaliter instituto adminiculatore et quasi administro in studiis litterarum Cicero usus est [9] Sed profecto plus ausus est, quam ut tolerari ignoscique possit [10] Namque epistulam conscripsit ad Q Axium, familiarem patroni sui, confidenter nimis et calide, in qua sibimet visus est orationem istam pro Rhodiensibus acri subtilique iudicio percensuisse [11] Ex ea epistula lubitum forte nobis est reprehensiones eius quasdam attingere: maiore scilicet venia reprehensuri Tironem, cum ille reprehenderit Catonem |
Cicerone, fu certo uomo di raffinato ingegno e non ignaro delle azioni e delle antiche letterature, e costui istruito convenientemente da giovane età Cicerone usò come assistente e quasi collaboratore negli studi delle lettere [9] Ma certo osò più, di quanto potesse essere tollerato e scusato [10] Infatti scrisse una lettera a Q Assio, amico del suo patrono, in cui troppo temerariamente e caldamente gli sembrò aver esaminato tale orazione a favore dei olifo con aspro e sottile ingegno [11] Da questa lettera ci piace forse respingere alcune sue critiche: certo con maggior comprensione ci accingiamo a criticare Tirone, poiché egli critica Catone |
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[12] Culpavit autem primum hoc, quod Cato "inerudite et anagogos", ut ipse ait, principio nimis insolenti nimisque acri et obiurgatorio usus sit, cum vereri sese ostendit, ne patres gaudio atque laetitia rerum prospere gestarum de statu mentis suae deturbati non satis consiperent neque ad recte intellegendum consulendumque essent idonei [13] "In principiis autem" inquit "patroni, qui pro reis dicunt, conciliare sibi et complacare iudices debent sensusque eorum exspectatione causae suspensos rigentesque honorificis verecundisque sententiis commulcere, non iniuris atque imperiosis minationibus confutare " [14] Ipsum deinde principium apposuit, cuius verba haec sunt: "Scio solere plerisque hominibus rebus secundis atque prolixis atque prosperis animum excellere atque superbiam atque ferociam augescere atque crescere |
[12] Dapprima dunque criticò questo, che Catone "erroneamente e maldestramente", come lui stesso dice, abbia usato un esordio troppo insolente e troppo severo e critico, poiché dimostra che egli teme, che i senatori turbati dalla condizione della propria mente per la gioia e la felicità in favore degli eventi non valutassero sufficientemente né fossero idonei a capire e decidere rettamente [13] "Negli esordi poi - dice - i patrocinatori, che parlano a favore degli imputati, devono conciliarsi e accattivarsi i giudici e addolcire i loro sentimenti incerti e rigidi nell'attesa della causa con discorsi onorevoli e rispettosi, non confutare con offese e rigide minacce" [14] Poi riporta lo stesso inizio, le cui parole sono queste: "So che a molti uomini l'animo suole inebriarsi per gli eventi favorevoli e duraturi e fortunati e che la superbia e la crudeltà aumentano e crescono |
Quo mihi nunc magnae curae est, quod haec res tam secunde processit, ne quid in consulendo advorsi eveniat, quod nostras secundas res confutet, neve haec laetitia nimis luxuriose eveniat Advorsae res edomant et docent, quid opus siet facto, secundae res laetitia transvorsum trudere solent a recte consulendo atque intellegendo Quo maiore opere dico suadeoque, uti haec res aliquot dies proferatur, dum ex tanto gaudio in potestatem nostram redeamus " [15] "Quae deinde Cato iuxta dicit, ea" inquit "confessionem faciunt, non defensionem, neque propulsationem translationemve criminis habent, sed cum pluribus aliis communicationem, quod scilicet nihil ad purgandum est |
Per questo ora è per me di grande preoccupazione, che questa cosa proceda tanto felicemente, che nel decidere non avvenga qualcosa di contrario, che contrasti le nostre condizioni favorevoli, né questa gioia risulti troppo eccessivamente Le cose avverse domano ed insegnano, quale azione sia da farsi, le cose favorevoli per la gioia sogliono spingere trasversalmente dal giusto nel comprendere e capire Con quanto maggiore impegno dico e consiglio, che questa questione sia rinviata per alcuni giorni, finché da tanta gioia torniamo nella nostra facoltà" [15] "Quindi Catone dice poi quelle cose - aggiunge- che ammettono una colpa, non una difesa, né hanno una confutazione o una trasposizione della colpa, ma la collaborazione con molti altri, perché certo nulla dev'essere scusato |
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Gellio, Notti attiche: Liber 1, 24
Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 1, 24
Atque etiam" inquit "insuper profitetur Rhodienses, qui accusabantur, quod adversus populum Romanum regi magis cupierint faverintque, id eos cupisse atque favisse utilitatis suae gratia, ne Romani Perse quoque rege victo ad superbiam ferociamque et inmodicum modum insolescerent " [16] Eaque ipsa verba ponit, ita ut infra scriptum: "Atque ego quidem arbitror Rhodienses noluisse nos ita depugnare, uti depugnatum est, neque regem Persen vinci Sed non Rhodienses modo id noluere, sed multos populos atque multas nationes idem noluisse arbitror atque haut scio an partim eorum fuerint, qui non nostrae contumeliae causa id noluerint evenire; sed enim id metuere, si nemo esset homo, quem vereremur, quidquid luberet, faceremus, ne sub solo imperio nostro in servitute nostra essent Libertatis suae causa in ea sententia fuisse arbitror |
Ed anche - dice- si considera poi che i olifo, che erano accusati, perché avevano preferito e favorito più il re contro il popolo romano, che essi avevano preferito e favorito ciò per il proprio vantaggio, affinché i Romani vinto anche il re Perse non accrescessero in modo esagerato l'orgoglio e la superbia" [16] Riporta quelle stesse parole, così come scritto sotto: "Eppure penso che i olifo non volessero che noi combattessimo così, come si combattè, né che il re Perse fosse vinto Ma non solo i olifo non vollero ciò, ma penso che molti popoli e molti paesi non volessero la stessa cosa e non so se ci furono in parte di quelli, che non abbiano voluto che accadesse ciò a causa della nostra offesa; ma temere infatti ciò, se non ci fosse nessun uomo, che temessimo, faremmo qualunque cosa piacesse, affinchè non fossero sotto il nostro solo comando in nostra servitù Penso esserci stato il motivo della propria libertà in quella decisione |
Atque Rhodienses tamen Persen publice numquam adiuvere Cogitate, quanto nos inter nos privatim cautius facimus Nam unusquisque nostrum, si quis advorsus rem suam quid fieri arbitrantur, summa vi contra nititur, ne advorsus eam fiat; quod illi tamen perpessi " [17] Sed quod ad principium reprehensum attinet, scire oportuit Tironem defensos esse Rhodienses a Catone, sed ut a senatore et consulari et censorio viro, quidquid optimum esse publicum existimabat, suadente, non ut a patrono causam pro reis dicente [18] Alia namque principia conducunt reos apud iudices defendenti et clementiam misericordiamque undique indaganti, alia, cum senatus de republica consulitur, viro auctoritate praestanti, sententiis quorundam iniquissimis permoto et pro utilitatibus publicis ac pro salute sociorum graviter ac libere indignanti simul ac dolenti |
E tuttavia i olifo non aiutarono mai pubblicamente Perse Riflettete, di quanto noi fra di noi privatamente agiamo più cautamente Infatti ciascuno di noi, se qualcuno pensa che qualcosa sia fatta contro la propria condizione, reagisce contro con la massima forza, affinché non avvenga contro essa; quelli invece tolleranti di ciò" [17] Ma la critica che attiene all'esordio, occorre che Tirone sappia che i olifo erano difesi da Catone, ma come senatore, ed ex console e censore, che consigliava qualunque cosa pubblica riteneva fosse ottima, non come patrocinatore che trattava la causa a favore degli imputati [18] Infatti alcuni esordi per chi difende portano gli imputati davanti ai giudici e per chi cerca ovunque clemenza e misericordia, altri, quando il senato è consultato sullo stato, per l'uomo che è fornito di autorità, colpito dai pareri molto ingiusti di alcuni e profondamente e sinceramente indignato ed insieme addolorato per i vantaggi pubblici e la salvezza degli alleati |
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Gellio, Notti attiche: Liber 3, 1-3
Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 3, 1-3
[19] Quippe recte et utiliter in disciplinis rhetorum praecipitur iudices de capite alieno deque causa ad sese non pertinenti cognituros, ex qua praeter officium iudicandi nihil ad eos vel periculi vel emolumenti redundaturum est, conciliandos esse ac propitiandos placabiliter et leniter existimationi salutique eius, qui apud eos accusatus est [20] At cum dignitas et fides et utilitas omnium communis agitur ob eamque rem aut suadendum quid ut fiat, aut fieri iam coepto differendum est, tum qui se in eiusmodi principiis occupat, ut benivolos benignosque sibi auditores paret, otiosam operam in non necessariis verbis sumit [21] Iamdudum enim negotia, pericula ipsa reipublicae communia consiliis eos capiendis conciliant, et ipsi potius sibi exposcunt consultoris benivolentiam |
[19] Pertanto giustamente ed utilmente negli insegnamenti dei retori si consiglia che i giudici sul punto di esprimersi su una persona estranea e su una causa che non riguarda loro stessi, da cui oltre il compito di giudicare nulla o di un pericolo o di speranza sta per riversarsi verso loro, devono essere conciliati e propiziati benevolmente e dolcemente per la valutazione e la salvezza di colui, che fu accusato presso di loro [20] Ma quando si tratta la dignità e la fedeltà e il vantaggio comune di tutti e per tale motivo ottenere o doversi suggerire qualcosa affinchè sia fatta, o già iniziata doversi rimandare, allora Chi s'interessa ai principi di tal genere, affinché si renda benevoli e bendisposti gli uditori, svolge un compito inutile in parole non necessarie [21] Infatti gli affari, i pericoli stessi comuni della repubblica ormai li conciliano ai consigli da prendere, e gli stessi chiedono piuttosto per sé la benevolenza dell'oratore |
[22] Sed quod ait confessum Catonem noluisse Rhodienses ita depugnari, ut depugnatum est, neque regem Persem a populo Romano vinci, atque id eum dixisse non Rhodienses modo, sed multas quoque alias nationes noluisse, sed id nihil ad purgandum extenuandumve crimen valere, iam hoc primum Tiro inprobe mentitur [23] Verba ponit Catonis et aliis tamen eum verbis calumniatur [24] Non enim Cato confitetur noluisse Rhodienses victoriam esse populi Romani, sed sese arbitrari dixit id eos noluisse, quod erat procul dubio opinionis suae professio, non Rhodiensium culpae confessio |
[22] Ma poiché dice che Catone aveva ammesso che i Rodiesi non volevano si combattesse così, come si combattè, né che il re Perse fosse vinto dal popolo romano, e che lui aveva detto che non solo i Rodiesi, ma anche molti altri paesi non volevano ciò, ma che ciò non serviva nulla a scusare ed attenuare la colpa, già Tirone ingiustamente inganna dapprima su ciò [23] Cita le parole di Catone e tuttavia lo calunnia con altre parole [24] Infatti Catone non afferma che i Rodiesi non volessero che ci fosse la vittoria del popolo romano, ma disse che egli pensava che essi non volessero ciò, che era senza dubbio la dichiarazione della sua opinione, non la confessione della colpa dei Rodiesi |
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Gellio, Notti attiche: Liber 5, 15-17
Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 5, 15-17
[25] In qua re, ut meum quidem iudicium est, non culpa tantum vacat, sed dignus quoque laude admirationeque est, cum et ingenue ac religiose dicere visus est contra Rhodienses, quod sentiebat, et parta sibi veritatis fide ipsum illud tamen, quod contrarium putabatur, flexit et transtulit, ut eos idcirco vel maxime aequum esset acceptiores carioresque fieri populo Romano, quod cum et utile is esset et vellent regi esse factum, nihil tamen adiuvandi eius gratia fecerint [26] Postea verba haec ex eadem oratione ponit: "Ea nunc derepente tanta beneficia ultro citroque, tantam amicitiam relinquemus quod illos dicimus voluisse facere, id nos priores facere occupabimus " [27] "Hoc" inquit "enthymema nequam et vitiosum est Responderi enim potuit: "occupabimus certe; nam si non occupaverimus, opprimemur, incidendumque erit in insidias, a quibus ante non caverimus |
[25] In tale circostanza, certo com'è il mio giudizio, non manca solo la colpa, ma è degno anche di ammirazione e lode, poiché sembrò dire sia semplicemente sia coscienziosamente verso i Rodiesi, ciò che sentiva, e procuratasi la fiducia della verità quella stessa cosa tuttavia, che era considerata contraria, cambiò e trasformò, affinchè fosse perciò soprattutto giusto che essi sembrassero al popolo romano più graditi e più cari, poiché non fecero nulla tuttavia per il suo aiuto, che fosse sia utile a loro sia volendo essere fatto al re [26] Dopo queste parole cita dalla stessa orazione: "Ora abbandoniamo subito tutti questi benefici di qua e di là, tanta amicizia Diciamo che quelli vollero fare ciò, noi per primi c'interessiamo a farlo " [27] "Quest'argomentazione - dice- è ingiusta e inutile Infatti potè essere replicato: "Certo agiremo; infatti se non avremo agito, saremo oppressi, e si dovrà cadere nelle insidie, da cui prima non ci tutelammo" |