Cleopatra - Elisabetta Sirani, 1664

Cleopatra - Elisabetta Sirani, 1664

Come nel racconto di Plinio il Vecchio, la regina d'Egitto è colta nel momento in cui, per vincere una scommessa con Marco Antonio su chi dei due sia in grado di offrire all'altro il banchetto più costoso, non esita a sciogliere in una coppa d'aceto un orecchino di perla dal valore inestimabile. Sa bene che con quella trovata la vittoria e già sua

Lo si legge chiaramente nei suoi occhi scuri rivolti verso l'amante, il quale probabilmente la fissa a sua volta esterrefatto da qualche parte al di fuori del quadro, dato che la pittrice non ha ritenuto importante inserirlo nella scena. Ciò che le interessava era puntare i riflettori solo su di lei.

La Cleopatra di Elisabetta è una donna vincente, molto sensuale e consapevole della propria avvenenza, che mette spavaldamente in mostra offrendo alla piena luce il seno perfetto. La Sirani è ormai un artista estremamente sicura delle proprie capacità. Le ostenta indugiando nella ricercatezza dell'abito indossato dalla sua protagonista, una morbida orchestra di stoffa e preziose che abbracciano la triade dei colori primari con effetti tattili, cangiante, preziosismi. Lo conferma con compiaciuti tocchi da virtuosa nel bordo e nei riflessi della coppa di vetro e del vaso che occhieggia quasi invisibile dietro il tendaggio sullo sfondo.

Anche la pittrice è ormai regina nel suo studio. I successi non mancano, le commesse sono sempre più prestigiose. Elisabetta, che ha ricevuto persino l'onore di essere ammessa all'accademia romana di San Luca, è ormai una delle artiste più ricercate del suo tempo. Può dunque permettersi di forzare la mano al genitore, il quale ha già accettato di buon grado la sua proposta di insegnare alle due sorelle i primi rudimenti di pittura.

Quello che Elisabetta ha in mente non è però solo una bottega familiare sul modello delle sorelle Anguissola. Il suo progetto è molto più ambizioso ed è qualcosa a cui nessuna donna prima di allora aveva mai usato dar vita. Appena ottenuto il benestare del capofamiglia, lo studio di via Urbana si trasforma in un vivace cenacolo culturale al femminile, una piccola accademia aperta a donne di ogni estrazione sociale, desiderose di imparare i segreti dell'arte. Elisabetta ha consacrato al lavoro tutta la sua esistenza, ha rinunciato a vedere il mondo, non si sposerà mai. 

Possiamo solo immaginare cosa Elisabetta sarebbe stata capace di realizzare se le fosse stato concesso di vivere più a lungo. Ma a soli 27 anni, un giorno d'estate del 1665, atrosi dolori le trafiggono lo stomaco conducendola rapidamente alla morte. Il cordoglio è enorme, il funerale solenne e la sua tomba è collocata nella Basilica di San Domenico accanto a quella di Guido Reni.

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