Nam si ista sequimur, quod Platonis Politian nuper apud me mures corroserunt, de re publica debui pertimescere, aut, si Epicuri de voluptate liber rosus esset, putarem annonam in macello cariorem fore An vero illa nos terrent, si quando aliqua portentosa aut ex pecude aut ex homine nata dicuntur Quorum omnium, ne sim longior, una ratio est Quicquid enim oritur, qualecumque est, causam habeat a natura necesse est, ut, etiamsi praeter consuetudinem exstiterit, praeter naturam tamen non possit exsistere Causam igitur investigato in re nova atque admirabili, si poteris; si nullam reperies, illud tamen exploratum habeto, nihil fieri potuisse sine causa, eumque terrorem, quem tibi rei novitas adtulerit, naturae ratione depellito |
Se ci mettiamo per questa strada, dovrei disperare delle sorti dello Stato per il fatto che, poco tempo fa, i topi hanno rosicchiato in casa mia la Repubblica di Platone, oppure, se mi avessero rosicchiato il libro di Epicureo Sul piacere, avrei dovuto prevedere che al mercato i prezzi sarebbero rincarati O ci spaventeremo se talvolta ci dicono che qualche creatura mostruosa è nata da un animale o da un essere umano Di tutti questi fenomeni (non voglio dilungarmi troppo) una sola è la spiegazione Tutto ciò che nasce, di qualunque genere sia, ha necessariamente origine dalla natura, di modo che, anche se risulta inconsueto, non può tuttavia essere sorto al di fuori della natura Ricercane dunque la causa, se ci riuscirai, in qualcosa di insolito e di strano; se non ne troverai alcuna, tieni per fermo in ogni caso che nulla può avvenire senza causa, e scaccia via dal tuo animo, senza ricorrere al soprannaturale, quel terrore che ti avrà arrecato la stranezza del fatto |
Ita te nec terrae fremitus nec caeli discessus nec lapideus aut sanguineus imber nec traiectio stellae nec faces visae terrebunt Quarum omnium causas si a Chrysippo quaeram, ipse ille divinationis auctor numquam illa dicet facta fortuito naturalemque rationem omnium reddet; nihil enim fieri sine causa potest; nec quicquam fit, quod fieri non potest; nec, si id factum est quod potuit fieri, portentum debet videri; nulla igitur portenta sunt Nam si, quod raro fit, id portentum putandum est, sapientem esse portentum est; saepius enim mulam peperisse arbitror quam sapientem fuisse Illa igitur ratio concluditur: nec id quod non potuerit fieri factum umquam esse, nec, quod potuerit, id portentum esse; ita omnino nullum esse portentum |
Così né i boati sotterranei né il fendersi della volta celeste né la pioggia di pietre o di sangue né una stella cadente né l'apparire di fiamme nel cielo ti spaventeranno Se io chiedessi a Crisippo le cause di tutti questi fenomeni, anche lui, quel famoso sostenitore della divinazione, non direbbe mai che sono avvenuti a caso, e di tutti indicherebbe una causa naturale;nulla, infatti, può avvenire senza causa; né avviene cosa alcuna che non possa avvenire; né, se è avvenuto ciò che poteva avvenire, si può considerarlo un prodigio; dunque non esistono prodigi Ché se si deve considerare come un prodigio ciò che avviene di rado, un uomo saggio è un prodigio: credo, in effetti, che una mula abbia partorito più spesso di quanto sia esistito un uomo saggio Si compie, dunque, questa argomentazione: né ciò che non può essere esistito è giammai esistito, né ciò che può essere esistito è un prodigio: pertanto, non esiste alcun prodigio |
Quod etiam coniector quidam et interpres portentorum non inscite respondisse dicitur ei qui [cum] ad eum rettulisset quasi ostentum quod anguis domi vectem circumiectus fuisset: Tum esset inquit ostentum, si anguem vectis circumplicavisset Hoc ille responso satis aperte declaravit nihil habendum esse, quod fieri posset, ostentum C Gracchus ad M Pomponium scripsit, duobus anguibus domi comprehensis, haruspices a patre convocatos Qui magis anguibus quam lacertis, quam muribus Quia sunt haec cotidiana, angues non item; quasi vero referat, quod fieri potest, quam id saepe fiat |
Una risposta di questo genere si dice che la desse, con molta arguzia, un interprete di prodigi a un tale che gli aveva riferito, come se si trattasse di un prodigio, che in casa sua un serpente si era avvolto intorno alla sbarra di chiusura d'una porta: Sarebbe stato un prodigio se la sbarra si fosse attorcigliata intorno al serpente Con questa risposta fece intendere chiaramente che nulla, che possa accadere, dev'essere considerato un prodigio Gaio Gracco scrisse a Marco Pomponio che suo padre aveva chiamato gli arùspici perché in casa sua erano stati presi due serpenti Come mai tanto trambusto per dei serpenti e non per delle lucertole, per dei topi Perché questi sono animali che càpita di vedere tutti i giorni, i serpenti no; come se, dal momento che un evento può accadere, abbia importanza il considerare quanto spesso accada |
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Ego tamen miror, si emissio feminae anguis mortem adferebat Ti Graccho, emissio autem maris anguis erat mortifera Corneliae, cur alteram utram emiserit Nihil enim scribit respondisse haruspices, si neuter anguis emissus esset, quid esset futurum At mors insecuta Gracchum est Causa quidem, credo, aliqua morbi gravioris, non emissione serpentis; neque enim tanta est infelicitas haruspicum, ut ne casu quidem umquam fiat quod futurum illi esse dixerint |
Ma io non capisco una cosa: se il lasciare andar via il serpente femmina era causa di morte per Tiberio Gracco padre, il lasciare andar via il maschio era invece letale per Cornelia, perché egli lasciò andar via uno dei due serpenti Per quel che scrive Gaio Gracco, gli arùspici non dissero affatto che cosa sarebbe avvenuto se nessuno dei due animali fosse stato lasciato andare Ma tu dirai, sta di fatto che sùbito dopo avvenne la morte del vecchio Gracco Morì, credo, a causa di qualche malattia particolarmente grave, non per aver lasciato andar via un serpente; poiché gli arùspici non sono sfortunati fino al punto che non possa accadere nemmeno una volta per caso ciò che essi hanno predetto |
Nam illud mirarer, si crederem, quod apud Homerum Calchantem dixisti ex passerum numero belli Troiani annos auguratum; de quoius coniectura sic apud Homerum, ut nos otiosi convertimus, loquitur Agamemnon: Ferte, viri, et duros animo tolerate labores, auguris ut nostri Calchantis fata queamus scire ratosne habeant an vanos pectoris orsus Namque omnes memori portentum mente retentant, qui non funestis liquerunt lumina fatis |
Di quest'altra cosa, sì, mi meraviglierei, se ci credessi, cioè del fatto che, come hai ricordato, Calcante, secondo Omero, predisse il numero degli anni della guerra di Troia in base al numero dei passeri; su quella sua profezia così parla Agamennone in Omero (te ne do la traduzione che ho fatto in un momento di riposo): Non cedete, o guerrieri, e sopportate con coraggio i duri travagli, in modo che possiamo sapere se le profezie del nostro indovino Calcante abbiano una fonte d'ispirazione veridica o siano invece vane Ché tutti quelli che non hanno abbandonato la luce per un funesto destino serbano bene nella memoria quel portento |
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Argolicis primum ut vestita est classibus Aulis quae Priamo cladem et Troiae pestemque ferebant, nos circum latices gelidos, fumantibus aris, aurigeris divom placantes numina tauris sub platano umbrifera, fons unde emanat aquai, vidimus immani specie tortuque draconem terribilem, Iovis ut pulsu penetraret ab ara; qui platani in ramo foliorum tegmine saeptos corripuit pullos; quos cum consumeret octo, nona super tremulo genetrix clangore volabat; cui ferus immani laniavit viscera morsu Hunc, ubi tam teneros volucris matremque peremit, qui luci ediderat, genitor Saturnius idem abdidit et duro formavit tegmine saxi Nos autem timidi stantes mirabile monstrum vidimus in mediis divom vorsarier aris |
Appena Aulide si era ricoperta di navi argoliche, che recavano rovina e sterminio a Priamo e a Troia, noi, mentre vicino a gelide acque ci propiziavamo la volontà degli dèi col sacrificio di tori dalle corna dorate sulle are fumanti, al riparo di un platano ombroso, donde sgorgava una sorgente d'acqua, vedemmo un drago dall'aspetto feroce e dalle spire gigantesche, come se per volere di Giove uscisse da sotto l'ara; esso ghermì degli uccellini nascosti da fitte foglie, su un ramo del platano; mentre ne divorava otto, il nono - la madre degli altri - volava lì sopra con tremule strida; e anche a lei la belva dilaniò le viscere con un orrendo morso Quando poi ebbe ucciso gli uccellini così teneri e la loro madre, lo stesso padre Saturnio che lo aveva fatto uscire alla luce, lo nascose alla nostra vista e lo irrigidì ricoprendolo di una dura scorza di pietra della stessa sua forma Noi, paralizzati dal terrore, avevamo visto l'immane mostro aggirarsi frammezzo alle are degli dèi |
Tum Calchas haec est fidenti voce locutus: 'Quidnam torpentes subito obstipuistis, Achivi Nobis haec portenta deum dedit ipse creator tarda et sera nimis, sed fama ac laude perenni Nam quot avis taetro mactatas dente videtis, tot nos ad Troiam belli exanclabimus annos; quae decumo cadet et poena satiabit Achivos ' Edidit haec Calchas; quae iam matura videtis Quae tandem ista auguratio est ex passeribus annorum potius quam aut mensuum aut dierum Cur autem de passerculis coniecturam facit, in quibus nullum erat monstrum, de dracone silet, qui, id quod fieri non potuit, lapideus dicitur factus Postremo quid simile habet passer annis |
Allora Calcante disse con voce fiduciosa: 'Come mai, o achivi, siete rimasti d'un tratto intorpiditi dal terrore Il creatore stesso degli dèi ci ha mandato questo prodigio, lento ad avverarsi e di esito tardivo fin troppo, ma segno di fama e di gloria perenne Giacché, per quanti uccelli voi avete visti uccisi dall'orribile dente, per altrettanti anni di guerra noi soffriremo sotto le mura di Troia; nel decimo anno essa cadrà e pagando il fio sazierà gli achivi' Queste cose disse Calcante; vedete che ormai sono prossime a compiersi Ma che sorta di augurio è questo, che dal numero dei passeri deduce per l'appunto il numero degli anni piuttosto che quello dei mesi o dei giorni E perché basa la sua profezia sui passerotti, che non costituivano nulla di prodigioso, mentre non fa parola del drago, il quale, cosa che non poté accadere, divenne, a quanto si legge, di pietra E infine, che analogia c'è tra un passero e un susseguirsi di anni |
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Nam de angue illo,qui Sullae apparuit immolanti, utrumque memini, et Sullam, cum in expeditionem educturus esset, immolavisse, et anguem ab ara exstitisse, eoque die rem praeclare esse gestam non haruspicis consilio, sed imperatoris Atque haec ostentorum genera mirabile nihil habent; quae cum facta sunt, tum ad coniecturam aliqua interpretatione revocantur, ut illa tritici grana in os pueri Midae congesta, aut apes, quas dixisti in labris Platonis consedisse pueri, non tam mirabilia sint quam coniecta belle; quae tamen vel ipsa falsa esse vel ea, quae praedicta sunt, fortuito cecidisse potuerunt |
Giacché, quanto a quel serpente che apparve a Silla mentre compiva un sacrificio, mi ricordo di tutt'e due le cose: l'una, che Silla, in procinto di iniziare la spedizione militare, fece un sacrificio, e un serpente sbucò da sotto l'altare; l'altra, che in quello stesso giorno fu riportata una brillante vittoria, per l'accortezza non dell'arùspice, ma del comandante Questi tipi di prodigi non hanno niente di strano; una volta accaduti gli eventi, vengono utilizzati come profezia mediante qualche interpretazione, sicché quei chicchi di grano ammucchiati in bocca a Mida, o le api che, come hai detto, si posarono sulle labbra di Platone bambino, non sono prodigi, ma piuttosto oggetto di previsione felicemente riuscita; del resto, fatti simili possono essere di per sé falsi, oppure le predizioni che se ne trassero possono essersi verificate per caso |
De ipso Roscio potest illud quidem esse falsum ut circumligatus fuerit angui, sed ut in cunis fuerit anguis non tam est mirum, in Solonio praesertim, ubi ad focum angues nundinari solent Nam quod haruspices responderint nihil illo clarius, nihil nobilius fore, miror deos immortales histrioni futuro claritatem ostendisse, nullam ostendisse Africano Atque etiam a te Flaminiana ostenta collecta sunt Quod ipse et equus eius repente conciderit, non sane mirabile hoc quidam Quod evelli primi hastati signum non potuerit, timide fortasse signifer evellebat, quod fidenter infixerat Nam Dionysi equus quid attulit admirationis, quod emersit e flumine quodque habuit apes in iuba |
Anche quanto a Roscio può essere falso che sia stato avvolto nelle spire di un serpente, ma che nella sua culla vi fosse un serpente non è tanto strano, specialmente nel Solonio, dove i serpenti sogliono radunarsi presso il focolare, come noi al mercato Quanto, poi, al responso degli arùspici - che non vi sarebbe stato nessuno più famoso, nessuno più insigne di lui - mi meraviglio che gli dèi immortali abbiano predetto la gloria a un futuro attore, non l'abbiano minimamente predetta a Scipione l'Africano Hai anche enumerato i prodigi riguardanti Flaminio Che egli e il suo cavallo siano caduti tutt'a un tratto, non è davvero un gran miracolo Quanto al fatto che l'insegna del primo manipolo di astati non poté essere divelta da terra, può darsi che il portatore dell'insegna desse prova di una certa timidezza nel divellerla, mentre l'aveva infissa di buona lena Quanto al cavallo di Dionisio, c'era tanto da meravigliarsi per il fatto che emerse dal fiume e che delle api si posarono sulla sua criniera |
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Sed quia brevi tempore regnare coepit, quod acciderat casu vim habuit ostenti At Lacedaemoniis in Herculis fano arma sonuerunt eiusdemque dei Thebis valvae clausae subito se aperuerunt, eaque scuta, quae fuerant sublime fixa, sunt humi inventa Eorum cum fieri nihil potuerit sine aliquo motu, quid est, cur divinitus ea potius quam casu facta esse dicamus At in Lysandri statuae capite Delphis exstitit corona ex asperis herbis, et quidem subito Itane Censes ante coronam herbae exstitisse quam conceptum esse semen Herbam autem asperam credo avium congestu, non humano satu; iam quicquid in capite est, id coronae simile videri potest |
Ma siccome poco dopo divenne re, ciò che era accaduto per caso assunse il valore d'un prodigio Ma, dirai ancora, agli spartani accadde che le armi appese nel tempio di Ercole risonassero e che a Tebe le porte del tempio di questo stesso dio, che eran chiuse, si spalancassero all'improvviso e gli scudi, che erano infissi tanto in alto nelle pareti, venissero trovati a terra Siccome nulla di tutto ciò poté avvenire senza qualche scossa, che ragione c'è di dire che quegli eventi accaddero per volere della divinità anziché per caso Ma a Delfi, sulla testa della statua di Lisandro, comparve una corona di erbe selvatiche, e, per di più, improvvisamente Davvero Pensi che una corona d'erba possa essere sorta prima che ne sia stato concepito il seme Del resto, io credo che dell'erba selvatica non sia stata seminata da uomini, ma ammucchiata da uccelli; d'altronde, tutto ciò che si trova su una testa può apparire simile a una corona |