Nam quod eodem tempore stellas aureas Castoris et Pollucis Delphis positas decidisse neque eas usquam repertas esse dixisti, furum id magis factum quam deorum videtur Simiae vero Dodonaeae improbitatem historiis Graecis mandatam esse demiror Quid minus mirum quam illam monstruosissumam bestiam urnam evertisse, sortes dissupavisse Et negant historici Lacedaemoniis ullum ostentum hoc tristius accidisse Nam illa praedicta Veientium, si lacus Albanus redundasset isque in mare fluxisset, Romam perituram; si repressus esset, Veios, ita aqua Albana deducta ad utilitatem agri suburbani, non ad arcem urbemque retinendam |
Quanto poi al fatto che le stelle d'oro, insegne di Càstore e Pollùce, poste a Delfi, caddero e non si trovarono più in nessun luogo, come hai rammentato, questa mi pare un'impresa di ladri piuttosto che di dèi Che, poi, la dispettosità di una scimmia di Dodona sia stata tramandata dagli storici greci, è cosa che non finisce di stupirmi Che c'è di strano in questo, che quella bruttissima bestia abbia rovesciato l'urna e sparpagliato qua e là le sorti E gli storici dicono che agli spartani non accadde alcun prodigio più malaugurante di questo Quanto a quelle predizioni fatte ai veienti, che, se il lago Albano fosse traboccato e si fosse riversato in mare, Roma sarebbe andata incontro alla rovina; se invece l'acqua fosse stata trattenuta, la rovina sarebbe toccata a Veio,;io credo che; l'acqua del lago Albano fu incanalata per irrigare la campagna attorno a Roma, non per salvare la roccaforte e la città |
At paulo post audita vox est monentis ut providerent ne a Gallis Roma caperetur; ex eo Aio Loquenti aram in nova via consecratam Quid ergo, Aius iste Loquens, quom eum nemo norat, et aiebat et loquebatur et ex eo nomen invenit; posteaquam et sedem et aram et nomen invenit, obmutuit Quod idem dici de Moneta potest; a qua praeterquam de sue plena quid umquam moniti sumus Satis multa de ostentis; auspicia restant et sortes, eae quae ducuntur, non illae quae vaticinatione funduntur, quae oracla verius dicimus; de quibus tum dicemus, cum ad naturalem divinationem venerimus Restat etiam de Chaldaeis; sed primum auspicia videamus Difficilis auguri locus ad contra dicendum |
Ma poco dopo fu udita una voce che ammoniva i romani di provvedere perché Roma non fosse presa dai Galli; perciò fu consacrata nella Via Nuova un'ara in onore di Aio Loquente Ma che dire del fatto che Aio Loquente, finché nessuno lo conosceva, parlava e discorreva e in seguito a ciò ebbe questo nome; quando però ottenne la sua ara e il suo nome, ammutolì La stessa cosa si può dire della dea Moneta; dalla quale, eccettuata l'esortazione a sacrificare una scrofa gravida, quale ammonimento abbiamo mai ricevuto Dei prodigi ho parlato anche troppo; rimangono gli auspicii e le sorti: intendo le sorti che vengono estratte a caso, non quelle che vengono largite durante un vaticinio, le quali più appropriatamente si chiamano responsi di oracoli; di questi parleremo quando saremo arrivati alla divinazione naturale Rimane da dire qualcosa anche sui Caldei; ma innanzi tutto prendiamo in esame gli auspicii un compito imbarazzante, per un àugure, polemizzare su questo argomento |
Marso fortasse, sed Romano facillumus Non enim sumus ii nos augures, qui avium reliquorumve signorum observatione futura dicamus Et tamen credo Romulum, qui urbem auspicato condidit, habuisse opinionem esse in providendis rebus augurando scientiam (errabat enim multis in rebus antiquitas), quam vel usu iam vel doctrina vel vetustate immutatam videmus; retinetur autem et ad opinionem vulgi et ad magnas utilitates rei publicae mos, religio, disciplina, ius augurium, collegio auctoritas Nec vero non omni supplicio digni P Claudius L Iunius consules, qui contra auspicia navigaverunt; parendum enim religioni fuit nec patrius mos tam contumaciter repudiandus |
Per un àugure marso forse sì, ma per un romano è facilissimo Noi non siamo di quegli àuguri che predicono il futuro in base all'osservazione degli uccelli e degli altri indizi E tuttavia credo che Romolo, il quale fondò la città prendendo gli auspicii, abbia creduto che esistesse una scienza augurale capace di prevedere il futuro (su molte cose gli antichi erravano): una scienza che, come vediamo, ha subito ormai dei mutamenti o, per l'uso stesso che se ne è fatto, o per nuove dottrine, o per il lungo tempo trascorso; si conservano però - per non urtare le credenze popolari e per il grande vantaggio che ne deriva allo Stato - le pratiche, l'osservanza dei riti, le regole, il diritto augurale e l'autorità del collegio Né io nego che siano stati meritevoli di ogni più grave pena i consoli Publio Claudio e Lucio Giunio, i quali presero il mare contro gli auspicii: era doveroso obbedire alle prescrizioni religiose e non si doveva contravvenire alle usanze patrie in modo così arrogante |
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Iure igitur alter populi iudicio damnatus est, alter mortem sibi ipse conscivit Flaminius non paruit auspiciis, itaque periit cum exercitu At anno post Paulus paruit; num minus cecidit in Cannensi pugna cum exercitu Etenim, ut sint auspicia, quae nulla sunt, haec certe, quibus utimur, sive tripudio sive de caelo, simulacra sunt auspiciorum, auspicia nullo modo Q Fabi, te mihi in auspicio esse volo Respondet: Audivi Hic apud maiores adhibebatur peritus, nunc quilubet Peritum autem esse necesse est eum qui, silentium quid sit, intellegat; id enim silentium dicimus in auspiciis, quod omni vitio caret |
Giustamente, dunque, l'uno fu condannato per giudizio del popolo, l'altro si dette egli stesso la morte Flaminio, tu ancora ricordi, non obbedì agli auspicii, e perciò morì, lui e il suo esercito Ma l'anno dopo Paolo obbedì: e forse per questo scampò alla morte con tutto l'esercito nella battaglia di Canne E invero, anche se gli auspicii valessero (e invece non valgono affatto), certamente quelli ai quali ricorriamo noi, siano il tripudio o i segni provenienti dal cielo, sono simulacri di auspicii, auspicii no di certo Quinto Fabio, voglio che tu mi assista nell'auspicio Quello risponde: Ho udito Al tempo dei nostri antenati, per questa funzione ci si valeva d'un esperto; oggi si prende uno qualsiasi L'esperto dev'essere uno che sappia che cos'è il silenzio; chiamiamo silenzio, nel cerimoniale degli auspicii, la situazione in cui niente turba la cerimonia |
Hoc intellegere perfecti auguris est; illi autem qui in auspicium adhibetur, cum ita imperavit is, qui auspicatur: Dicito, silentium esse videbitur, nec suspicit nec circumspicit; statim respondet silentium esse videri Tum ille: Dicito, si pascentur Pascuntur Quae aves Aut ubi Attulit, inquit, in cavea pullos is, qui ex eo ipso nominatur pullarius Haec sunt igitur aves internuntiae Iovis Quae pascantur necne, quid refert Nihil ad auspicia; sed quia, cum pascuntur, necesse est aliquid ex ore cadere et terram pavire (terripavium primo, post terripudium dictum est; hoc quidem iam tripudium dicitur) - cum igitur offa cecidit ex ore pulli, tum auspicanti tripudium solistimum nuntiatur |
Rendersi conto di ciò è còmpito del perfetto àugure; ma quello a cui viene affidata al giorno d'oggi questa mansione, quando il magistrato che prende gli auspicii ordina: Dimmi quando ti sembrerà che vi sia il 'silenzio', non perde tempo né a guardare in alto né attorno; risponde sùbito che gli sembra che il silenzio ci sia Allora l'altro: Di' quando gli uccelli mangeranno Stanno mangiando Ma quali uccelli E dove Ha portato, dicono, i polli rinchiusi in una gabbia colui che, per questo suo ufficio, viene chiamato pullario Questi, dunque, sono gli uccelli messaggeri di Giove Se essi mangino o no, che valore ha Ciò non ha alcun rapporto con gli auspicii; ma siccome, quando mangiano, è inevitabile che qualche pezzetto di cibo caschi loro fuori dalla bocca e percuota la terra (ciò fu detto dapprima terripavio, poi terripudio; ora è chiamato tripudio), - quando dunque un pezzo di farina impastata cade dalla bocca del pollo, ecco che a colui che prende gli auspicii viene annunziato il tripudio solìstimo |
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Ergo hoc auspicium divini quicquam habere potest, quod tam sit coactum et expressum Quo antiquissumos augures non esse usos argomento est, quod decretum collegii vetus habemus omnem avem tripudium facere posse Tum igitur esset auspicium, si modo esset ei liberum se ostendisse; tum avis illa videri posset interpres et satelles Iovis; nunc vero inclusa in cavea et fame enecta si in offam pultis invadit, et si aliquid ex eius ore cecidit, hoc tu auspicium aut hoc modo Romulum auspicari solitum putas Iam de caelo servare non ipsos censes solitos qui auspicabantur |
Può dunque aver qualcosa di divinatorio questo auspicio, così coatto e tratto a forza Che i più antichi àuguri non siano ricorsi a esso, lo dimostra il fatto che conserviamo tuttora un vecchio decreto del nostro collegio, secondo il quale da ogni uccello si può ottenere il tripudio Allora, sì, sarebbe un vero auspicio, a condizione che l'uccello fosse libero di mostrarsi; allora quell'uccello potrebbe sembrare un interprete e ministro di Giove; ora invece, chiuso in gabbia e stremato dalla fame, se si butta a divorare un pastone di farina, e se un pezzetto di cibo gli cade di bocca, credi che questo sia un auspicio o che in questo modo Romolo fosse solito trarre gli auspicii Non credi, inoltre, che coloro che un tempo prendevano gli auspicii compissero da sé l'osservazione di ciò che veniva dal cielo |
Nunc imperant pullario; ille renuntiat fulmen sinistrum, auspicium optumum quod habemus ad omnis res praeterquam ad comitia; quod quidem institutum rei publicae causa est, ut comitiorum vel in iudiciis populi vel in iure legum vel in creandis magistratibus principes civitatis essent interpretes At Ti Gracchi litteris Scipio et Figulus consules, cum augures iudicassent eos vitio creatos esse, magistratu se abdicaverunt Quis negat augurum disciplinam esse Divinationem nego |
Ora la fanno fare al pullario: quegli riferisce che è caduto un fulmine proveniente da sinistra, che consideriamo come il migliore auspicio, tranne per i comizi; questa eccezione fu stabilita per motivi politici, perché i più potenti nello Stato fossero gli interpreti dei comizi nei processi popolari o nell'approvazione delle leggi o nell'elezione dei magistrati Ma, tu obietterai, in séguito a una lettera inviata da Tiberio Gracco i consoli Scipione e Figulo dovettero rinunciare alla carica, perché gli àuguri avevano sentenziato che erano stati eletti con una procedura irregolare Ma chi nega l'esistenza di una dottrina degli àuguri E la divinazione che io nego |