4 maggio 1260: ha inizio la pratica dell’autoflagellazione in pubblico

4 maggio 1260: ha inizio la pratica dell’autoflagellazione in pubblico

questa data sancisce l'inizio di questo delirio collettivo. Quel giorno Ranieri Fasani riesce a ottenere dal governo comunale di Perugia l'autorizzazione ad organizzare processioni pubbliche in cui i partecipanti avrebbero cantato e si sarebbero percorsi per espiare le colpe terrene e prepararsi al giudizio universale

praticare l'autoflagellazione, procurarsi un tormento fisico dai segni indelebili, sembra essere l'unico modo per procurarsi il perdono di Dio per una colpa di cui gli uomini si macchiano appena vengono al mondo. Partecipare dello stesso dolore che ha colpito Cristo, quando prima della crocifissione è stato battuto e deriso a una colonna, e uno strumento di salvezza dell'anima che altrimenti sarebbe naturalmente condannata all'inferno. La mortificazione del corpo diventa un viatico per il Paradiso.

Questa pratica godrà di una diffusione fulminea. Nel giro di pochi mesi contagerà quasi tutta l'Italia centro settentrionale e, valicando le Alpi, farà proseliti anche in Francia, Germania, Austria e Ungheria.

Eppure la flagellazione, mediante il flagellum di strisce di cuoio o la scopa di ramoscelli, era già in uso a partire dall'ottavo secolo come ci testimoniano i libri penitenziali. Tuttavia assumeva raramente aspetti pubblici perché si preferiva riservarla al momento privato dell'ascesi individuale. Costituiva di fatto una ammissione di colpa e si tendeva a tenerla nascosta.

Giovanni Martinelli - Cristo alla colonna

Ciò che costituisce la novità dell'atteggiamento dei flagellanti di Ranieri Fasani non è tanto l'aver scelto la fustigazione come forma penitenziale di espiazione quanto l'averla resa pubblica, coinvolgendo in questa sua iniziativa tutta la comunità perugina e in primo luogo il consiglio comunale.

Con quel pubblico riconoscimento ben presto il movimento passa nelle città vicine di Assisi e Spoleto per poi proseguire per Gubbio, Montefeltro, Bologna e Imola e diffondersi nell'Italia centro settentrionale nel giro di pochi mesi. Nelle Marche ha un successo superiore a qualsiasi aspettativa tanto da superare anche lo scetticismo di certi signori che temono il dilagare incontrollato di queste manifestazioni collettive prive di una reale regia.

A poco vale la condanna di Papa Clemente VII che nel nel 1349 ordina il carcere per questi comportamenti isterici nel tentativo di debellare tale fanatismo. I flagellanti resteranno ancora a lungo, con alterne fortune e adattamenti al mutare del clima politico e religioso

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