Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 02

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 02

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 07 - Parte 02

qui ad bellum inferendum Romanis maxima cupiditate accensus, cum aliquot aduersis proeliis contusos animos suorum et ob id paci proniores animaduerteret, insidiosa ratione quo uolebat conpulit: nam cum spectandorum ludorum gratia magna Volscorum multitudo Romam conuenisset, consulibus dixit uehementer se timere ne quid hostile subito molirentur monuitque ut essent cautiores et protinus ipse urbe egressus est

quam rem consules ad senatum detulerunt; qui, tametsi nulla suspicio suberat, auctoritate tamen Tulli commotus ut ante noctem Volsci abirent decreuit

qua contumelia inritati facile inpelli potuerunt ad rebellandum

ita mendacium uersuti ducis simulatione beniuolentiae inuolutum duos simul populos fefellit, Romanum, ut insontes notaret, Volscum, ut deceptis irasceretur
Ardendo dal desiderio di far guerra ai Romani e vedendo i suoi avviliti per l'esito sfavorevole di alcune battaglie e perciò più inclini alla pace , con un piano insidioso li spinse a fare quel che voleva: difatti, essendo un gran numero di Volsci venuto a Roma per assistere agli spettacoli pubblici, disse ai consoli di temer molto che i suoi non progettassero qualche atto di ostilità e, avvertitili di essere più cauti, se ne uscì da Roma

Informato dai consoli, il senato, sebbene non ci fossero precisi sospetti, mosso tuttavia dall'autorità di Tullo, ordinò che i Volsci lasciassero Roma prima di notte

Ma, irritati da questa calunniosa offesa, essi poterono essere facilmente indotti a compiere atti di violenza

In tal modo la bugia dell'astuto generale, ammantata da falsa benevolenza, ingannò nello stesso tempo due popoli, il romano sì da fargli condannare degli innocenti, il volsco sì che se la prendesse con degli ingannati
init Illa uero pars calliditatis egregia et ab omni reprehensione procul remota, cuius opera, quia appellatione uix apte exprimi possunt, Graeca pronuntiatione strategemata dicantur

Omnibus militaribus copiis Tullus Hostilius Fidenas adgressus, quae surgentis imperii nostri incunabula crebris rebellationibus torpere passae non sunt finitimisque tropaeis ac triumphis alitam uirtutem eius spes suas ulterius promouere docuerunt, Mettius Fufetius dux Albanorum dubiam et suspectam semper societatis suae fidem repente in ipsa acie detexit: deserto enim Romani exercitus latere in proximo colle consedit, pro adiutore speculator pugnae futurus, ut aut uictis insultaret aut uictores fessos adgrederetur

non erat dubium quin ea res militum nostrorum animos debilitatura esset, cum eodem tempore et hostes confligere et auxilia deficere cernerent
() Un aspetto dell'astuzia del tutto particolare ed assolutamente immune da biasimi consiste in quelli che, non potendosi opportunamente definire con parola, chiameremo con termine greco stratagemmi

Avendo Tullo Ostilio assalito Fidene con tutte le truppe che non lasciarono languire nell'ozio il nostro nascente impero, ma alimentandone la virtù con vittorie e trionfi riportati sui popoli vicini lo resero consapevole dei suoi futuri destini , Mettio Fufezio, capo degli Albani, svelò d'un tratto sul campo, come si era del resto sempre sospettato, la sua slealtà di alleato: abbandonata l'ala dello schieramento romano, si appostò su un colle vicino, intenzionato a far da spettatore della battaglia invece che ad intervenire in aiuto; sarebbe, poi, saltato sui vinti o avrebbe assalito i vincitori stanchi

Indubbiamente ciò era destinato a fiaccare il morale dei nostri soldati, una volta che si rendessero conto del contemporaneo assalto nemico e del tradimento degli alleati
itaque ne id fieret Tullus prouidit: concitato enim equo omnes pugnantium globos percucurrit praedicans suo iussu secessisse Mettium eumque, cum ipse signum dedisset, inuasurum Fidenatium terga

quo imperatoriae artis consilio metum fiducia mutauit proque trepidatione alacritate suorum pectora repleuit
Pertanto Tullo provvide a scongiurare questo pericolo: spronato il cavallo, passò accanto a tutti i gruppi di combattenti, gridando che Mettio si era ritirato dietro suo ordine, ma che a un suo segnale avrebbe assalito i Fidenati alle spalle

Con questo stratagemma egli fece mutare la paura in fiducia e provocò nei suoi entusiasmo invece che trepidazione

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 06 - Parte 01
Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 06 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 06 - Parte 01

Et ne continuo a nostris regibus recedam, Sextus Tarquinius Tarquini filius indigne ferens, quod patris uiribus expugnari Gabii nequirent, ualentiorem armis excogitauit rationem, qua interceptum illud oppidum Romano imperio adiceret: subito namque se ad Gabinos contulit tamquam parentis saeuitiam et uerbera, quae uoluntate sua perpessus erat, fugiens, ac paulatim unius cuiusque fictis et compositis blanditiis adliciendo beniuolentiam, ut apud omnes plurimum posset consecutus, familiarem suum ad patrem misit indicaturum quemadmodum cuncta in sua manu haberet et quaesiturum quidnam fieri uellet

iuuenili calliditati senilis astutia respondit, si quidem re eximie delectatus Tarquinius, fidei autem nuntii parum credens nihil respondit, sed seducto eo in hortum maxima et altissima papauerum capita baculo decussit
() Per restare ancora nell'àmbito dei nostri re, Sesto Tarquinio, figlio di Tarquinio, mal sopportando che Gabii non potesse essere espugnata dalle forze di suo padre, escogitò un mezzo più efficace delle armi, con cui impadronirsi di quella città e annetterla al dominio di Roma: si recò improvvisamente a Gabii, quasi che volesse sottrarsi alla crudeltà e alle battiture del padre cui si era sottoposto volontariamente , e insinuandosi con false lusinghe nel cuore di ciascun cittadino se ne procurò la benevolenza, così da avere presso tutti la massima influenza; allora mandò un suo famiglio al padre con l'incarico di fargli sapere che era padrone della situazione e di chiedergli che mai volesse fame

Alla furbizia del giovane corrispose la scaltrezza del vecchio, se Tarquinio, oltremodo lieto del fatto, fidandosi poco della lealtà del messaggero, non rispose verbo, ma, trattolo in disparte nel giardino di casa, decapitò col bastone i più grandi e più alti fiori dei papaveri
cognito adulescens silentio simul ac patris facto causam alterius, alterius argumentum peruidit nec ignorauit praecipi sibi ut excellentissimum quemque Gabinorum aut exilio summoueret aut morte consumeret

ergo spoliatam bonis propugnatoribus ciuitatem tantum non uinctis manibus ei tradidit

Illud quoque maioribus et consilio prudenter et exitu feliciter prouisum: cum enim urbe capta Galli Capitolium obsiderent solamque potiendi eius spem in fame eorum repositam animaduerterent, perquam callido genere consilii Romani usi unico perseuerantiae inritamento uictores spoliauerunt: panes enim iacere conpluribus e locis coeperunt

quo spectaculo obstupefactos infinitamque frumenti abundantiam nostris superesse credentes ad pactionem omittendae obsidionis conpulerunt
Il giovane, venuto a conoscenza del silenzio e, a un tempo, del gesto di suo padre, capì il motivo dell'una cosa e il significato dell'altra e seppe che l'ordine ricevuto era o di cacciare in esilio i maggiorenti di Gabii o di trucidarli

Così, privata la città dei migliori difensori, la consegnò a lui pressoché in catene

() Alla saggezza dei nostri avi si deve pure il buon esito nella circostanza che segue: poiché, presa Roma, i Galli assediavano il Campidoglio e capivano che l'unica speranza d'impadronirsene era riposta nella fame degli assediati, i Romani, ricorrendo a un piano assai astuto, privarono i vincitori dell'unico motivo che li spingeva a perseverare: cominciarono, infatti, a gettare da più parti dei pani

A questo spettacolo i Galli, sbalorditi e convinti che i nostri avessero provviste di grano in abbondanza, furono indotti a venire a patti per la cessazione dell'assedio

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 03 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 03 - Parte 01

misertus est tunc profecto Iuppiter Romanae uirtutis, praesidium ab astutia mutuantis, cum summa alimentorum inopia proici praesidia inopiae cerneret

igitur ut uafro, ita periculoso consilio salutarem exitum dedit

Idemque Iuppiter postea praestantissimorum ducum nostrorum sagacibus consiliis propitius aspirauit: nam cum alterum Italiae latus Hannibal laceraret, alterum inuasisset Hasdrubal, ne duorum fratrum iunctae copiae intolerabili onere fessas simul res nostras urguerent, hinc Claudii Neronis uegetum consilium, illinc Liui Salinatoris inclyta prouidentia effecit: Nero enim conpresso a se in Lucanis Hannibale praesentiam suam, quoniam ita ratio belli desiderabat, mentitus hosti ad opem collegae ferendam per longum iter celeritate mira tetendit
Certo in quella circostanza Giove ebbe compassione del valore romano che cercava aiuto nell'astuzia, giacché vedeva che pur nell'estrema carenza di cibi si faceva sperpero dei rimedi a quella mancanza

E così egli concesse salutare esito a quel piano, quanto scaltro, tanto pieno di rischi

Lo stesso Giove, in seguito, ispirò favorevolmente le sagaci decisioni dei nostri migliori generali: Ad esempio, mentre Annibale devastava un versante dell'Italia ed Asdrubale aveva invaso l'altro, da una parte il vivace intuito di Claudio Nerone, dall'altra la famosa preveggenza di Livio Salinatore fecero in modo che le forze dei due fratelli non soverchiassero con un peso intollerabile la nostra situazione già malferma: difatti Nerone, dopo avere ridotto Annibale ad operare tra i Lucani, simulando ivi al nemico la sua presenza perché così esigeva il piano strategico , si diresse con un viaggio lungo e meravigliosamente celere a portare aiuto al suo collega Salinatore
Salinator in Vmbria apud Metaurum flumen proximo die dimicaturus summa cum dissimulatione Neronem castris noctu recepit: tribunos enim a tribunis, centuriones a centurionibus, equites ab equitibus, pedites a peditibus excipi iussit ac sine ulla tumultuatione solo uix unum exercitum capiente alterum inseruit

quo euenit ne Hasdrubal cum duobus se consulibus proeliaturum prius sciret quam utriusque uirtute prosterneretur

ita illa toto terrarum orbe infamis Punica calliditas Romana elusa prudentia Hannibalem Neroni, Hasdrubalem Salinatori decipiendum tradidit

Memorabilis etiam consilii Q Metellus

qui, cum pro consule bellum in Hispania aduersus Celtiberos gereret urbemque Contrebiam caput eius gentis uiribus expugnare non posset, intra pectus suum multum ac diu consiliis agitatis uiam repperit, qua propositum ad exitum perduceret
Salinatore avrebbe il giorno dopo combattuto in Umbria presso il Metauro, e accolse di notte Nerone nel suo campo quanto più nascostamente gli fu possibile: ordinò, cioè, ai tribuni di accogliere i tribuni, ai centurioni i centurioni, ai cavalieri i cavalieri, ai fanti i fanti e senza alcuna confusione fece entrare due eserciti in un'area che a stento ne avrebbe compreso uno

Così avvenne che Asdrubale non seppe che avrebbe combattuto contro due consoli, prima di essere sgominato dal valore dell'uno e dell'altro

In questo modo la ben nota astuzia punica, famosa dovunque, ingannata dalla preveggenza romana, fece ingannare Annibale da parte di Nerone, Asdrubale da parte di Salinatore

) Degno di ricordo per il suo piano è anche Quinto Metello

Questo guerreggiando come proconsole contro i Celtiberi in Spagna e non riuscendo ad espugnare con le proprie forze la loro capitale, Contrebia, dopo aver molto e a lungo meditato tra di sé varie soluzioni, trovò una via per condurre ad effetto il suo proposito

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 05 - Parte 01

itinera magno impetu ingrediebatur, deinde alias atque alias regiones petebat: hos obsidebat montes, paulo post ad illos transgrediebatur, cum interim tam suis omnibus quam ipsis hostibus ignota erat causa inopinatae eius ac subitae fluctuationis

interrogatus quoque a quodam amicissimo sibi quid ita sparsum et incertum militiae genus sequeretur, absiste inquit istud quaerere: nam si huius consilii mei interiorem tunicam consciam esse sensero, continuo eam cremari iubebo

quorsum igitur ea dissimulatio erupit aut quem finem habuit

postquam uero et exercitum suum ignorantia et totam Celtiberiam errore implicauit, cum alio cursum direxisset, subito ad Contrebiam reflexit eamque inopinatam et attonitam oppressit

ergo nisi mentem suam dolos scrutari coegisset, ad ultimam ei senectutem apud moenia Contrebiae armato sedendum foret
Si poneva impetuosamente in marcia in una direzione, poi cambiava ripetutamente itinerario: ora occupava certi monti, poco dopo si dirigeva alla volta di altri, ed intanto tutti i suoi, come i nemici, non conoscevano il perché dei suoi imprevedibili ed improvvisi spostamenti

Anche quando fu interrogato da un suo intimo amico per qual motivo seguisse una tattica così dispersiva ed incoerente, Smetti , gli rispose, di farmi domande come queste: se mi accorgerò che la parte interna della mia tunica è al corrente del mio piano, la farò cremare immediatamente

Come, dunque, andò a finire il suo trucco o quale ne fu l'esito

Dopo che ebbe lasciato all'oscuro di ogni spiegazione l'esercito e nell'incertezza tutta la Celtiberia, diresse altrove il cammino, ma tornò poi improvvisamente a Contrebia e inaspettatamente la prese d'assalto tra lo stupore di quei cittadini

In conclusione, se non avesse costretto la sua mente a cercare una via d'uscita tra gli stratagemmi, sarebbe rimasto accampato in armi presso Contrebia fino a tarda età
ext Agathocles autem Syracusarum rex audaciter callidus: cum enim urbem eius maiore ex parte Karthaginienses occupassent, exercitum suum in Africam traiecit, ut metum metu, uim ui discuteret, nec sine effectu: nam repentino eius aduentu perculsi Poeni libenter incolumitatem suam salute hostium redemerunt pactique sunt ut eodem tempore et Africa Siculis et Sicilia Punicis armis liberaretur

age si Syracusarum moenia tueri perseuerasset

Sicilia belli malis urgueretur, bona pacis fruenda securae Karthagini reliquisset

nunc inferendo quae patiebatur, dum alienas potius lacessit opes quam suas tuetur, quo aequiore animo regnum deseruit, eo tutius recepit

ext Quid, Hannibal Cannensem populi Romani aciem nonne prius quam ad dimicandum descenderet conpluribus astutiae copulatam laqueis ad tam miserabilem perduxit exitum
Agatocle, tiranno di Siracusa, fu uomo audacemente scaltro: quando i Cartaginesi occuparono gran parte della sua città, egli trasportò il suo esercito in Africa per scrollare la paura con la paura e la violenza con la violenza, e non senza risultato: poiché i Cartaginesi, sbigottiti dal suo improvviso sbarco, volentieri barattarono la propria incolumità con quella dei nemici e convennero di liberare a un tempo l'Africa dai Siciliani e la Sicilia dai Cartaginesi

Suvvia, e s'egli avesse continuato a difendere le mura di Siracusa

La Sicilia sarebbe stata rovinata dai mali della guerra e Cartagine sarebbe stata lasciata a godersi tranquillamente i vantaggi della pace

Ma ricambiando quello che subiva, mentre sfidava le forze altrui più che proteggere le proprie, quanto più tranquillamente aveva abbandonato il regno, tanto più sicuramente lo recuperò

() Orbene, Annibale, prima di scendere a battaglia presso Canne, non irretì nella fitta tela dei suoi stratagemmi l'esercito romano, preparandogli quel risultato così disastroso

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ante omnia enim prouidit ut et solem et puluerem, qui ibi uento multus excitari solet, aduersum haberet

deinde partem copiarum suarum inter ipsum proelii tempus de industria fugere iussit, quam cum a reliquo exercitu abrupta legio Romana sequeretur, trucidandam eam ab his, quos in insidiis collocauerat, curauit

postremo cccc equites subornauit, qui simulata transitione petierunt consulem, a quo iussi more transfugarum depositis armis in ultimam pugnae partem secedere destrictis gladiis, quos inter tunicas et loricas abdiderant, poplites pugnantium Romanorum ce ciderunt

haec fuit Punica fortitudo, dolis et insidiis et fallacia instructa

quae nunc certissima circumuentae uirtutis nostrae excusatio est, quoniam decepti magis quam uicti sumus
Innanzi tutto egli provvide a che i Romani avessero di fronte il sole e la polvere, che in quel luogo suole sollevarsi fitta ad opera dei vento

Come seconda cosa ordinò a parte delle sue forze di volgere in ritirata a bella posta nel cuore stesso dello scontro: e allorché una legione romana, staccatasi dal resto dell'esercito, tenne loro dietro inseguendole, la fece fare a pezzi dai suoi che aveva posto in agguato

Infine subornò quattrocento cavalieri, i quali, fingendo di avere disertato, si presentarono al console e all'ordine da questi impartito di consegnare le armi come suol farsi con i disertori e di ritirarsi nella parte estrema del campo di battaglia, impugnarono le spade che avevano nascosto tra le tuniche e le corazze e recisero le ginocchia dei combattenti romani

In ciò consistettero le forti gesta dei Cartaginesi, costruite sugli inganni, sugli agguati e sulla frode

Questa è, pertanto, la più sicura scusante per il nostro valore circuìto, ché fummo più ingannati che vinti

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