Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 02, pag 4

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 02

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 07 - Parte 02
utpote qui populo nummos sparserit togamque uelut tragicam uestem in foro trahens maximo cum hominum risu conspectus fuerit ac multa his consentanea fecerit

testamento filium instituit heredem, quod Ti Longus sanguine ei proximus hastae iudicio subuertere frustra conatus est: magis enim centumuiri quid scriptum esset in tabulis quam quis eas scripsisset considerandum existimauerunt

Vita Tuditani demens, Aebutiae autem, quae L Meneni Agrippae uxor fuerat, tabulae testamenti plenae furoris: nam cum haberet duas simillimae probitatis filias Pletoniam et Afroniam, animi sui potius inclinatione prouecta quam ullis alterius iniuriis aut officiis conmota, Pletoniam tantum modo heredem instituit: filiis etiam Afroniae ex admodum amplo patrimonio xx nummum legauit
come colui che gettò manciate di monete al popolo e fu visto, tra le risate generali, trascinare la toga nel Foro come fosse un costume da tragedia e molte altre cose fece simili a questa

Nel suo testamento egli istituì erede ed invano Tiberio Longo, il suo più prossimo congiunto, cercò d'invalidarlo in tribunale: i centumviri credettero di dover considerare più quel che era stato scritto che chi avesse scritto sulle tavole

() Se Tuditano fu un folle, pieno di follia fu il testamento di Ebuzia, che era stata moglie di Lucio Menenio Agrippa: difatti, pur avendo due figlie ugualmente oneste Pletonia ed Afronia, facendosi influenzare più dalla sua simpatia che spingere dalle offese o dagli interventi di altri, istituì erede solo Pletonia e legò, dell'amplissimo patrimonio che aveva, ventimila sesterzi anche ai figli di Afronia
Afronia tamen cum sorore sacramento contendere noluit testamentumque matris patientia honorare quam iudicio conuellere satius esse duxit, eo se ipsa indigniorem iniuria ostendens quo eam aequiore animo sustinebat

Minus mirandum errorem muliebrem Q Metellus fecit: is namque plurimis et celeberrimis eiusdem nominis uiris in urbe nostra uigentibus, Claudiorum etiam familia, quam artissimo sanguinis uinculo contingebat, florente, Carrinatem solum heredem reliquit, nec hac re testamentum eius quisquam adtemptauit
Questa, tuttavia, non volle litigare con la sorella previo deposito e ritenne che fosse meglio rispettare pazientemente la volontà testamentaria della madre che impugnarla con un processo, dimostrando di essere tanto meno degna di quell'affronto, quanto maggiore era la moderazione con cui lo sopportava

() Rese meno notevole l'errore di questa donna Quinto Metello: il quale, pur trovandosi in Roma numerosi e ragguardevolissimi cittadini del suo casato, pur essendo in fiore anche la famiglia dei Claudii a lui legati da strettissimi vincoli di sangue, lasciò unico erede Carrinate; né alcuno, ciò malgrado, impugnò il testamento
Item Pompeius Reginus uir transalpinae regionis, cum testamento fratris praeteritus esset et ad coarguendam iniquitatem eius binas tabulas testamentorum suorum in comitio incisas habita utriusque ordinis maxima frequentia recitasset, in quibus magna ex parte heres frater erat scriptus, praelegabaturque ei centies et quinquagies sestertium, multum ac diu inter adsentientes indignationi suae amicos questus, quod ad hastae iudicium adtinuit, cineres fratris quietos esse passus est

et erant ab eo instituti heredes neque sanguine Regino pares neque proximi, sed alieni et humiles, ut non solum flagitiosum silentium, sed etiam praelatio contumeliosa uideri posset

Aeque felicis inpunitatis, sed nescio an taetrioris haec delicti testamenta
() Parimenti Pompeo Regino, transalpino di nascita, essendo stato trascurato dal testamento del fratello, dopo aver letto in presenza di ambedue gli ordini al gran completo per rimproverarne l'ingiustizia consumata ai suoi danni le due sue tavole testamentarie incise nel Comizio, dove suo fratello era designato erede di gran parte dei beni e riceveva, a prescindere dal testamento, un legato di quindici milioni di sesterzi, si lamentò molto e a lungo tra i suoi amici, consenzienti con lui nello sdegno; ma, per quanto attenne al giudizio da celebrare presso i centumviri, lasciò riposare in pace le ceneri del fratello

Eppure gli eredi designati non erano pari a Regino in consanguineità né parenti molto stretti, ma estranei e di bassa condizione, sicché non solo quel silenzio poteva sembrare scandaloso, ma anche la preferenza offensiva

() Rimasero felicemente impuniti, ma non so se non siano stati più delittuosi, i testamenti che seguono

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Q Caecilius, L Luculli promptissimo studio maximaque liberalitate et honestum dignitatis gradum et amplissimum patrimonium consecutus, cum prae se semper tulisset unum illum sibi esse heredem, moriens etiam anulos ei suos tradidisset, Pomponium Atticum testamento adoptauit omniumque bonorum heredem reliquit

sed fallacis et insidiosi cadauer populus Romanus ceruicibus reste circumdatum per uias traxit

itaque nefarius homo filium quidem et heredem habuit quem uoluit, funus autem et exequias quales meruit
Quinto Cecilio, dopo aver raggiunto per l'affettuoso interessamento e l'estrema generosità di Lucio Lucullo un decoroso grado nella sua carriera ed aver accumulato un ingente patrimonio, non aveva mai fatto mistero di lasciarlo unico erede e gli aveva persino consegnato, in punto di morte, i suoi anelli; e invece si lesse nel testamento che aveva adottato Pomponio Attico e lo lasciava erede di tutti i suoi beni

Ma il popolo romano trasportò per le vie della città il cadavere di quel furbastro mentitore con una fune che gli passava intorno al collo

Pertanto quell'empio ebbe, sì, il figlio e l'erede che volle, ma anche ebbe il funerale e le esequie che si era meritati
Neque aliis dignus fuit T Marius Vrbinas, qui ab infimo militiae loco beneficiis diui Augusti imperatoris ad summos castrensis honores perductus eorumque uberrimis quaestibus locuples factus, non solum ceteris uitae temporibus ei se fortunas suas relinquere, a quo acceperat, praedicauit, sed etiam pridie quam expiraret idem istud ipsi Augusto dixit, cum interim ne nomen quidem eius tabulis testamenti adiecit

L autem Valerius, cui cognomen Heptachordo fuit, togatum hostem Cornelium Balbum expertus, utpote opera eius et consilio conpluribus priuatis litibus uexatus ad ultimumque subiecto accusatore capitali crimine accusatus, praeteritis aduocatis et patronis suis solum heredem reliquit
() Non altro meritò Tito Mario Urbinate, che, giunto per gli interventi del divo Augusto dalla condizione infima di soldato ai più alti gradi dell'esercito e alla ricchezza che i relativi guadagni comportavano, per tutto il resto della sua vita non solo andò pubblicamente dicendo che avrebbe lasciato in eredità i suoi beni a colui dal quale li aveva ricevuti, ma anche il giorno prima di morire ripeté la stessa cosa ad Augusto, quando invece nelle tavole del testamento non ne fece nemmeno il nome

() Lucio Valerio, che fu soprannominato Settecorde, dopo avere sperimentato nella vita civile l'inimicizia di Cornelio Balbo, perseguitato come ne fu con l'opera e col pensiero in liti private e da lui accusato, tramite un falso accusatore, persino di delitto capitale, trascurati avvocati e patroni, lasciò a lui solo i propri beni in eredità

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nimirum consternatio quaedam animum eius transuersum egit: amauit enim sordes suas et dilexit pericula et damnationem uotis expetiuit, auctorem harum rerum beniuolentia, propulsatores odio insecutus

T Barrus Lentulo Spintheri, cuius amantissimum animum liberalissimamque amicitiam senserat, decedens anulos suos perinde atque unico heredi tradidit, quem nulla ex parte heredem relinquebat

quantum illo momento temporis conscientia, si modo uires, quas habere creditur, possidet, a taeterrimo homine supplicium exegit

inter ipsam enim fallacis et ingratae culpae cogitationem spiritum posuit, quasi tortore aliquo mentem eius intus cruciante, quod animaduertebat e uita ad mortem transitum suum et superis dis inuisum esse et inferis detestabilem futurum
Naturalmente una forma di follia fece dare di volta al suo cervello: perché, così facendo, amò le sue miserie, predilesse i processi e si augurò di essere condannato, trattando invece benevolmente il responsabile di tutti i suoi guai e avendo in odio i suoi difensori

() Tito Barro diede, in punto di morte, i suoi anelli, come per averlo eletto suo unico erede, a Lentulo Spintere, del quale aveva sperimentato il più grande affetto e la più generosa amicizia: e invece non gli lasciava in eredità proprio nulla

Ma in quel momento quanto grave supplizio non deve avere inflitto a quell'uomo esecrando il rimorso, se davvero questo sentimento possiede le forze che gli si attribuiscono

Egli esalò l'anima, meditando sul suo peccato di fallacia e d'ingratitudine, come se un carnefice gli tormentasse la coscienza, perché capiva bene che il suo trapasso dalla vita alla morte era inviso agli dei superi e sarebbe stato detestato dagli inferi
M uero Popilius senatori ordinis Oppium Gallum ab ineunte aetate familiarissimum sibi moriens pro uetusto iure amicitiae et uultu benigno respexit et uerbis magnum prae se amorem ferentibus prosecutus est, unum etiam de multis, qui adsidebant, ultimo conplexu et osculo dignum iudicauit insuperque anulos quoque suos ei tradidit, uidelicet ne quid ex ea hereditate, quam non erat aditurus, amitteret

quos Oppius, uir diligens, sed morientis amici plenum contumeliae ludibrium, in locellum repositos et a praesentibus adsignatos diligentissime heredibus illius exheres ipse reddidit

quid hoc ioco inhonestius aut quid intempestiuius

senator populi Romani curia egressus, homo uitae fructibus continuo cariturus sanctissima iura familiaritatis morte pressis oculis et spiritu supremos anhelitus reddente scurrili lusu suggillanda sibi desumpsit
() Marco Popilio, appartenente all'ordine senatorio, in punto di morte rivolse benevolmente lo sguardo e parlò con affettuosissime parole ad Oppio Gallo, suo intimo e vecchio amico sin dall'adolescenza e giudicò anche lui solo degno dell'ultimo abbraccio e bacio dei molti che assistevano al trapasso; per di più gli consegnò gli anelli, naturalmente perché non avesse a perder nulla di quell'eredità di cui non sarebbe mai entrato in possesso

Oppio, persona diligente, ma principale oggetto della grave offesa dell'amico morente, ripose gli anelli in una scatoletta che fece lui stesso sigillare in sua presenza e poi proprio lui, il diseredato, li consegnò agli eredi di Popilio

Quale scherzo meno decoroso e più inopportuno di questo

Un senatore che lasciava la Curia del popolo romano, un uomo che sarebbe stato per sempre privo delle gioie della vita, quando i suoi occhi erano gravati dalla morte e la sua anima mandava gli ultimi aneliti, volle prendersi il gusto di oltraggiare con una buffonata i venerandi diritti dell'amicizia

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