interim Gotarzes Daharum Hyrcanorumque opibus auctus bellum renovat, coactusque Vardanes omittere Seleuciam Bactrianos apud campos castra contulit (9) Tunc distractis Orientis viribus et quonam inclinarent incertis, casus Mithridati datus est occupandi Armeniam, vi militis Romani ad excindenda castellorum ardua, simul Hibero exercitu campos persultante nec enim restitere Armenii, fuso qui proelium ausus erat Demonacte praefecto paululum cunctationis attulit rex minoris Armeniae Cotys, versis illuc quibusdam procerum; dein litteris Caesaris coercitus, et cuncta in Mithridaten fluxere, atrociorem quam novo regno conduceret |
Intanto Gotarze, con l'appoggio dei Dai e degli Ircani, riprende la guerra, mentre Vardane, costretto ad abbandonare Seleucia, pose il campo nella pianura della Battriana 9 In quel momento, quando le forze d'Oriente erano divise e incerte sulla parte da cui schierarsi, si offrì a Mitridate l'occasione di occupare l'Armenia, col potenziale militare romano impiegato a espugnare le fortezze arroccate sui monti, mentre l'esercito degli Iberi batteva le pianure Dopo la sconfitta del satrapo Demonatte, l'unico che avesse osato scendere in campo, gli Armeni non opposero resistenza Qualche rallentamento lo causò il re dell'Armenia minore, Coti, al quale si erano rivolti alcuni notabili, ma fu obbligato a cedere da un messaggio di Claudio, e tutta la situazione si risolse a favore di Mitridate, dimostratosi però troppo duro per le esigenze di stabilità di un nuovo regno |
at Parthi imperatores cum pugnam pararent, foedus repente iaciunt cognitis popularium insidiis quas Gotarzes fratri patefecit; congressique primo cunctanter, dein complexi dextras apud altaria deum pepigere s fraudem inimicorum ulcisci atque ipsi inter se concedere potiorque Vardanes visus retinendo regno: at Gotarzes ne quid aemulationis existeret penitus in Hyrcaniam abiit regressoque Vardani deditur Seleucia septimo post defectionem anno, non sine dedecore Parthorum quos una civibas tam diu eluserat (10) Exim validissimas praefecturas invisit; et reciperare Armeniam avebat, ni a Vibio Marso, Syriae legato, bellum minitante cohibitus foret atque interim Gotarzes paenitentia concessi regni et vocante nobilitate, cui in pace durius servitium est, contrahit copias |
Intanto, mentre si preparavano allo scontro, i due capi dei Parti, alla notizia di una cospirazione dei loro sudditi, svelata da Gotarze al fratello, stabiliscono un'intesa; il loro incontro fu inizialmente pieno di riserve, poi si strinsero le destre e, di fronte agli altari degli dèi, giurarono di vendicarsi dell'inganno dei loro nemici, stabilendo un reciproco accordo Vardane parve il più qualificato ad avere il regno e Gotarze, per dissipare ogni rivalità, si ritirò nell'interno dell'Ircania Al ritorno di Vardane, Seleucia, sette anni dopo la ribellione, si arrese, non senza disonore per i Parti, tenuti in scacco, e tanto a lungo, da un'unica città 10 Vardane ispezionò poi le prefetture più importanti; sognava di riprendere l'Armenia, ma fu trattenuto, con la minaccia di guerra, dal legato della Siria Vibio Marso Frattanto Gotarze s'ebbe a pentire di aver ceduto il regno e, sotto la pressione dei nobili, per i quali la servitù, in tempo di pace, è più dura, raccoglie truppe |
et hinc contra itum ad amnem Erinden; in cuius transgressu multum certato pervicit Vardanes, prosperisque proeliis medias nationes subegit ad flumen Sinden, quod Dahas Ariosque disterminat ibi modus rebus secundis positus: nam Parthi quamquam victores longinquam militiam aspernabantur igitur extructis monimentis, quibus opes suas testabatur nec cuiquam ante Arsacidarum tributa illis de gentibus parta, regreditur ingens gloria atque eo ferocior et subiectis intolerantior; qui dolo ante composito incautum venationique intentum interfecere, primam intra iuventam, sed claritudine paucos inter senum regum, si perinde amorem inter popularis quam metum apud hostis quaesivisset nece Vardanis turbatae Parthorum res inter ambiguos quis in regnum acciperetur |
Lo scontro si verificò al fiume Erinde; nel duro combattimento impegnato per attraversarlo ne uscì vincitore Vardane, il quale, in un seguito di successi, pose sotto controllo le popolazioni intermedie fino al fiume Sinde, che separa i Dai dagli Ari Qui la sua fortuna trovò un limite: infatti, i Parti, benché vincitori, recalcitravano di fronte a campagne troppo lontane Perciò Vardane, innalzati monumenti a testimonianza della sua potenza e del fatto che nessuno degli Arsacidi, prima di lui, aveva imposto tributi a quei popoli, rientra onusto di gloria e, di conseguenza, tanto più altezzoso e perciò intollerabile per i sudditi; i quali, ordito un complotto, lo uccisero durante una caccia, quando, impegnato in essa, si lasciò cogliere impreparato: era ancora molto giovane, ma sarebbe stato pari, per fama, ai pochi re giunti a tarda età, se avesse cercato di suscitare tra i connazionali un affetto pari alla paura istillata nei suoi nemici Con l'assassinio di Vardane la situazione tra i Parti divenne caotica, per l'incertezza esistente circa la successione al regno |
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Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01
Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 01 - Parte 01
multi ad Gotarzen inclinabant, quidam ad Meherdaten prolem Phraatis, obsidio nobis datum: dein praevaluit Gotarzes; potitusque regiam per saevitiam ac luxum adegit Parthos re s mittere ad principem Romanum occultas preces, quis permitti Meherdaten patrium ad fastigium orabant (11) Isdem consulibus ludi saeculares octingentesimo post Romam conditam, quarto et sexagesimo quam Augustus ediderat, spectati sunt utriusque principis rationes praetermitto, satis narratas libris quibus res imperatoris Domitiani composui nam is quoque edidit ludos saecularis iisque intentius adfui sacerdotio quindecimvirali praeditus ac tunc praetor; quod non iactantia refero sed quia collegio quindecimvirum antiquitus ea cura et magistratus potissimum exequebantur officia caerimoniarum |
Molti si schierarono per Gotarze, alcuni a favore di Meerdate, figlio di Fraate e nostro ostaggio; finì per prevalere Gotarze: s'impossessò della reggia e, coi suoi modi crudeli e la sua dissolutezza, indusse i Parti a inviare, al principe romano, segrete richieste, perché fosse concesso a Meerdate di occupare il trono di suo padre 11 Nello stesso anno si poté assistere ai ludi secolari, ottocento anni dalla fondazione di Roma e sessantaquattro dalla loro istituzione, a opera di Augusto Tralascio di esporre i calcoli dei due principi, cosa del resto già fatta nei libri da me scritti sull'imperatore Domiziano Anch'egli, infatti, celebrò i ludi secolari, e me ne dovetti occupare molto da vicino per la mia carica sacerdotale di quindecemviro e per quella, contemporanea, di pretore; non dico questo per vanto personale, ma perché la responsabilità di essi era, da sempre, affidata al collegio dei quindecemviri, e a quei magistrati in particolare spettava l'organizzazione delle cerimonie |
sedente Claudio circensibus ludis, cum pueri nobiles equis ludicrum Troiae inirent interque eos Britannicus imperatore genitus et L Domitius adoptione mox in imperium et cognomentum Neronis adscitus, favor plebis acrior in Domitium loco praesagii acceptus est vulgabaturque adfuisse infantiae eius dracones in modum custodum, fabulosa et externis miraculis adsimilata: nam ipse, haudquaquam sui detractor, unam omnino anguem in cubiculo visam narrare solitus est (12) Verum inclinatio populi supererat ex memoria Germanici, cuius illa reliqua suboles virilis; et matri Agrippinae miseratio augebatur ob saevitiam Messalinae, quae semper infesta et tunc commotior quo minus strueret crimina et accusatores novo et furori proximo amore distinebatur |
Presenziava Claudio ai giochi del circo, aperti dal gioco di Troia, rappresentato da giovani nobili a cavallo, fra i quali Britannico, figlio dell'imperatore e Lucio Domizio, assunto poi, per adozione e col nome di Nerone, all'impero; le simpatie popolari, più spiccate, per quest'ultimo furono accolte col valore di un presagio Correva l'aneddoto che su di lui, bambino, avessero vegliato, come custodi, dei serpenti; ma è leggenda costruita a imitazione di eventi miracolosi di popoli stranieri; infatti lo stesso Nerone, per nulla disposto a sminuirsi, era solito raccontare che nella stanza da letto non s'era notato altro che un unico serpente 12 In realtà le simpatie del popolo erano un riflesso del ricordo di Germanico, di cui Nerone era l'unico discendente maschile; e la pietà verso sua madre Agrippina cresceva in rapporto alla durezza di Messalina, che, sempre ostile e allora più del solito scatenata nel montare contro di lei accuse e accusatori, era però, in quel momento, distratta da un nuovo e pressoché folle amore |
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nam in C Silium, iuventutis Romanae pulcherrimum, ita exarserat ut Iuniam Silanam, nobilem feminam, matrimonio eius exturbaret vacuoque adultero poteretur neque Silius flagitii aut periculi nescius erat: sed certo si abnueret exitio et non nulla fallendi spe, simul magnis praemiis, operire futura et praesentibus frui pro solacio habebat illa non furtim sed multo comitatu ventitare domum, egressibus adhaerescere, largiri opes honores; postremo, velut translata iam fortuna, servi liberti paratus principis apud adulterum visebantur (13) At Claudius matrimonii sui ignarus et munia censoria usurpans, theatralem populi lasciviam severis edictis increpuit, quod in Publium Pomponium consularem (is carmina scaenae dabat) inque feminas inlustris probra iecerat |
S'era, infatti, innamorata di Gaio Silio, il più bel giovane romano, al punto da fargli ripudiare la moglie Giulia Silana, donna di nobile famiglia, per godersi l'amante senza più legami Silio non era ignaro né dello scandalo né del rischio; ma un rifiuto equivaleva a morte sicura, mentre d'altro canto restava una qualche speranza di non essere scoperto; intanto, colmo di doni, si consolava, chiudendo gli occhi al futuro e godendo il presente Messalina frequentava la sua casa, non di nascosto, ma con un grande seguito; sempre appiccicata a lui in ogni sua uscita, lo copriva di ricchezze e di onori; alla fine, come se il potere fosse già passato in mani altrui, si potevano vedere i servi, i liberti, lo sfarzo della corte in casa dell'adultero 13 E Claudio, ignaro del proprio scandalo matrimoniale, emise, nel suo ruolo di censore, severi editti contro le intemperanze del popolo a teatro, perché erano stati indirizzati insulti al consolare Publio Pomponio (autore di testi teatrali) e a donne della nobiltà |
et lege lata saevitiam creditorum coercuit, ne in mortem parentum pecunias filiis familiarum faenori darent fontisque aquarum Simbruinis collibus deductos urbi intulit ac novas litterarum formas addidit vulgavitque, comperto Graecam quoque litteraturam non simul coeptam absolutamque (14) Primi per figuras animalium Aegyptii sensus mentis effingebant (ea antiquissima monimenta memoriae humanae impressa saxis cernuntur), et litterarum semet inventores perhibent; inde Phoenicas, quia mari praepollebant, intulisse Graeciae gloriamque adeptos, tamquam reppererint quae acceperant quippe fama est Cadmum classe Phoenicum vectum rudibus adhuc Graecorum populis artis eius auctorem fuisse |
Fece votare una legge contro l'esosità dei creditori, contenente il divieto di dare prestiti ai figli di famiglia, con l'obbligo di restituzione alla morte dei genitori Portò a Roma, incanalandole, le acque dei colli Simbruini introdusse nuove lettere nell'alfabeto e cercò di divulgarle, dopo aver scoperto che neppure l'alfabeto greco era nato già completo in un solo giorno 14 Gli Egiziani per primi rappresentarono le idee con figure di animali - e noi vediamo questi antichissimi documenti del pensiero umano incisi nella pietra - e perciò si vantano di essere stati gli inventori della scrittura, mentre più tardi i Fenici, padroni del mare, l'avrebbero portata in Grecia, acquistando gloria, come se avessero inventato ciò che, in realtà, avevano appreso fama, poi, che sia stato Cadmo, approdato con navi fenicie, ad introdurre quell'arte tra gli ancor primitivi popoli della Grecia |
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quidam Cecropem Atheniensem vel Linum Thebanum et temporibus Troianis Palamedem Argivum memorant sedecim litterarum formas, mox alios ac praecipuum Simoniden ceteras repperisse at in Italia Etrusci ab Corinthio Demarato, Aborigines Arcade ab Evandro didicerunt; et forma litteris Latinis quae veterrimis Graecorum sed nobis quoque paucae primum fuere, deinde additae sunt quo exemplo Claudius tres litteras adiecit, quae usui imperitante eo, post oblitteratae, aspiciuntur etiam nunc in aere +publico+ dis plebiscitis per fora ac templa fixo |
Alcuni ricordano che l'ateniese Cecrope o il tebano Lino e, al tempo della guerra di Troia, l'argivo Palamede inventarono un alfabeto di sedici lettere e che poi altri, e in particolare Simonide, abbiano ritrovato tutte le rimanenti In Italia, gli Etruschi le appresero da Demarato di Corinto, gli Aborigeni dall'arcade Evandro; sicché la forma delle lettere latine è quella, antichissima, dei Greci Anche da noi i caratteri furono in principio pochi, poi se ne aggiunsero altri E fu seguendo tale esempio, che Claudio aggiunse tre lettere che, impiegate durante il suo principato e poi cadute in oblio, sono ancora oggi visibili nelle tavole di bronzo affisse nelle piazze e nei templi, per rendere noti i plebisciti |
(15) Rettulit deinde ad senatum super collegio haruspicum, ne vetustissima Italiae disciplina per desidiam exolesceret: saepe adversis rei publicae temporibus accitos, quorum monitu redintegratas caerimonias et in posterum rectius habitas; primoresque Etruriae sponte aut patrum Romanorum impulsu retinuisse scientiam et in familias propagasse: quod nunc segnius fieri publica circa bonas artes socordia, et quia externae superstitiones valescant et laeta quidem in praesens omnia, sed benignitati deum gratiam referendam, ne ritus sacrorum inter ambigua culti per prospera oblitterarentur factum ex eo senatus consultum, viderent pontifices quae retinenda firmandaque haruspicum |
15 Claudio riferì poi in senato sul collegio degli aruspici, onde impedire la scomparsa, per incuria, di un sapere antichissimo in Italia; spesso - argomentava - nei momenti difficili per lo stato, si sono fatti venire aruspici, grazie alla cui competenza alcuni riti sono stati rinnovati e altri rettificati, per il futuro, nel cerimoniale; le maggiori autorità etrusche, o per iniziativa propria o perché indotte dai senatori romani, avevano conservato, tramandandole di famiglia in famiglia, quel sapere: sapere che ora rischiava di perdersi nel disinteresse collettivo per quella nobile professione e per il prevalere di pratiche religiose straniere Al presente la situazione era sì buona, ma se ne doveva ringraziare la benevolenza degli dèi, evitando di dimenticare, nel tempo della prosperità, quei riti sacri praticati nei momenti difficili Seguì un senatoconsulto, per cui si affidava ai pontefici l'esame su quanto, dell'arte degli aruspici, andava mantenuto e consolidato |
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(16) Eodem anno Cheruscorum gens regem Roma petivit, amissis per interna bella nobilibus et uno reliquo stirpis regiae, qui apud urbem habebatur nomine Italicus paternum huic genus e Flavo fratre Arminii, mater ex Actumero principe Chattorum erat; ipse forma decorus et armis equisque in patrium nostrumque morem exercitus igitur Caesar auctum pecunia, additis stipatoribus, hortatur gentile decus magno animo capessere: illum primum Romae ortum nec obsidem, sed civem ire externum ad imperium ac primo laetus Germanis adventus atque eo quod nullis discordiis imbutus pari in omnis studio ageret celebrari, coli, modo comitatem et temperantiam, nulli invisa, saepius vinolentiam ac libidines, grata barbaris, usurpans |
16 In quello stesso anno il popolo dei Cherusci chiese a Roma un re, perché avevano perso tutti i nobili nelle guerre civili e ne restava uno solo di stirpe regia, di nome Italico, che viveva a Roma Per parte di padre discendeva da Flavo, fratello di Arminio, in linea materna da Actumero, principe dei Catti; bello d'aspetto, sapeva maneggiare le armi e cavalcare secondo i modi della sua terra e secondo i nostri Cesare lo fornisce di denaro e gli assegna una guardia del corpo, esortandolo ad assumere il suo ruolo di capo tra i suoi, baldo e sicuro; egli era il primo che, nato a Roma e lì non vissuto come ostaggio, andava, quale cittadino, ad assumere il trono in un paese straniero Italico, col suo arrivo, produsse inizialmente gioia tra i Germani e, poiché non era coinvolto in lotte di fazione ed egualmente attento verso tutti, veniva festeggiato e onorato, nel suo mostrarsi affabile ed equilibrato, cosa che a nessuno dispiace, e per il suo indulgere al vino e ai piaceri, come amano i barbari |