dein metu ne ad perniciem ultro traherentur, desistunt, Pallas per ignaviam, Callistus prioris quoque regiae peritus et potentiam cautis quam acribus consiliis tutius haberi: perstitit Narcissus, solum id immutans ne quo sermone praesciam criminis et accusatoris faceret ipse ad occasiones intentus, longa apud Ostiam Caesaris mora, duas paelices, quarum is corpori maxime insueverat, largitione ac promissis et uxore deiecta plus potentiae ostentando perpulit delationem subire (30) Exim Calpurnia (id paelici nomen), ubi datum secretum, genibus Caesaris provoluta nupsisse Messalinam Silio exclamat; simul Cleopatram, quae id opperiens adstabat, an comperisset interrogat, atque illa adnuente cieri Narcissum postulat |
Ma poi, nel timore di procurarsi la rovina con le proprie mani, desistettero, Pallante per viltà, Callisto per le esperienze fatte nella precedente corte e sapendo che è più sicuro il potere fondato sulla cautela che non sui gesti radicali; persistette solo Narcisso, con l'unica modificazione del piano, quella di non dire una parola che potesse far capire in anticipo a Messalina l'accusa e l'accusatore Spiava dunque l'occasione e la colse nel prolungato soggiorno di Claudio ad Ostia: con doni, promesse e col miraggio che la loro influenza sarebbe cresciuta, se la moglie fosse stata tolta di mezzo, spinse alla delazione due cortigiane, ai cui abbracci il principe s'era abituato 30 Dunque appena Calpurnia - questo il nome della cortigiana - ebbe occasione di appartarsi con lui, si prostra ai piedi di Cesare e gli dice apertamente che Messalina ha sposato Silio; subito a Cleopatra, che non aspettava altro, chiede se avesse saputo qualcosa; al cenno affermativo di lei, chiede che sia chiamato Narcisso |
is veniam in praeteritum petens quod ei Vettios, Plautios dissimulavisset, nec nunc adulteria obiecturum ait, ne domum servitia et ceteros fortunae paratus reposceret frueretur immo his set redderet uxorem rumperetque tabulas nuptialis 'an discidium' inquit ' tuum nosti nam matrimonium Silii vidit populus et senatus et miles; ac ni propere agis, tenet urbem maritus' (31) Tum potissimumquemque amicorum vocat, primumque rei frumentariae praefectum Turranium, post Lusium Getam praetorianis impositum percontatur quis fatentibus certatim ceteri circumstrepunt, iret in castra, firmaret praetorias cohortis, securitati ante quam vindictae consuleret satis constat co pavore offusum Claudium ut identidem interrogaret an ipse imperii potens, an Silius privatus esset |
Costui, domandando perdono per aver taciuto, in passato, sui Vezzii e sui Plauzi, afferma che non avrebbe denunciato l'adulterio di Silio, e tanto meno avrebbe avanzato la richiesta che restituisse la casa, i servi e gli altri ornamenti del fasto imperiale Poteva pure goderseli, purché restituisse la moglie e rompesse il contratto nuziale Non sai disse che si tratta del tuo divorzio Il popolo, il senato, i soldati hanno visto il matrimonio di Silio; se non ti affretti ad agire, il marito di lei ha Roma nelle sue mani 31 Chiama allora a sé gli amici più autorevoli e interroga anzitutto il prefetto dell'annona Turranio e poi il comandante dei pretoriani Lusio Geta Essi ammettono la verità e gli altri, attorno a lui, escono in una ridda di incitamenti: doveva andare alla caserma, assicurarsi la fedeltà delle truppe pretorie e pensare alla sicurezza prima che alla vendetta Claudio - e il fatto è certo - era così sopraffatto dalla paura che continuava a chiedere se il potere era nelle sue mani e se Silio era un privato cittadino |
at Messalina non alias solutior luxu, adulto autumno simulacrum vindemiae per domum celebrabat urgeri prela, fluere lacus; et feminae pellibus accinctae adsultabant ut sacrificantes vel insanientes Bacchae; ipsa crine fluxo thyrsum quatiens, iuxtaque Silius hedera vinctus, gerere cothurnos, iacere caput, strepente circum procaci choro ferunt Vettium Valentem lascivia in praealtam arborem conisum, interrogantibus quid aspiceret, respondisse tempestatem ab Ostia atrocem, sive coeperat ea species, seu forte lapsa vox in praesagium vertit (32) Non rumor interea, sed undique nuntii incedunt, qui gnara Claudio cuncta et venire promptum ultioni adferrent igitur Messalina Lucullianos in hortos, Silius dissimulando metu ad munia fori digrediuntur |
Messalina intanto, più sfrenata che mai, celebrava - era autunno avanzato - dentro la sua casa, con uno spettacolo, la festa della vendemmia Si premevano torchi, straripavano i tini del mosto tra danze di donne cinte di pelli, come baccanti intente al sacrificio o in preda al furore; Messalina agitava follemente, coi capelli disciolti, un tirso e, accanto, Silio, cinto d'edera e calzato di coturni, agitava il capo in mezzo agli strepiti di un coro procace Raccontano che a Vezzio Valente, arrampicato, in quel clima lascivo, su un alto albero, abbiano chiesto che cosa vedesse, e lui, di risposta: Una terribile tempesta da Ostia, sia che realmente fosse in vista, sia che questa casuale battuta abbia assunto il valore di un presagio 32 Non voci arrivano, intanto, ma persone, da ogni parte, a informare che Claudio era al corrente di tutto e veniva deciso alla vendetta Messalina se ne va nei giardini di Lucullo, Silio, per dissimulare la paura, agli affari del foro |
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Tacito, Annales: Libro 01 - Parte 01
Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 01 - Parte 01
ceteris passim dilabentibus adfuere centuriones, inditaque sunt vincla, ut quis reperiebatur in publico aut per latebras Messalina tamen, quamquam res adversae consilium eximerent, ire obviam et aspici a marito, quod saepe subsidium habuerat,haud segniter intendit misitque ut Britannicus et Octavia in complexam patris pergerent et Vibidiam, virginum Vestalium vetustissimam, oravit pontificis maximi auris adire, clementiam expetere atque interim, tribus omnino comitantibus--id repente solltudinis erat--spatium urbis pedibus emensa, vehiculo, quo purgamenta hortorum eripiuntur, Ostiensem viam intrat nulla cuiusquam misericordia quia flagitiorum deformitas praevalebat (33) Trepidabatur nihilo minus a Caesare: quippe Getae praetorii praefecto haud satis fidebant, ad honesta seu prava iuxta levi |
Ed ecco arrivare, nella fuga generale, i centurioni, che mettono in catene quanti lì trovano, alla luce del sole o rintanati Messalina tuttavia, benché la situazione avversa le impedisse di ragionare con calma, s'affrettò a muovere incontro al marito, a farsi vedere da lui, il che spesso le era stato di aiuto, e mandò a dire a Britannico e Ottavia di andare ad abbracciare il padre Scongiurò Vibidia, la più anziana delle vestali, di chiedere udienza al pontefice massimo, per implorare clemenza Intanto, con un séguito di tre persone in tutto, perché di colpo le si era fatto il vuoto intorno, dopo aver attraversato a piedi tutta la città, imbocca la via per Ostia, su un carro di quelli impiegati per i rifiuti dei giardini; nessuno provava pietà per lei: più forte era l'orrore delle sue vergogne 33 Non meno forte l'agitazione in Cesare: scarsa era la fiducia ispirata dal prefetto del pretorio Geta, altrettanto disponibile al bene e al male |
ergo Narcissus, adsumptis quibus idem metus, non aliam spem incolumitatis Caesaris adfirmat quam si ius militum uno illo die in aliquem libertorum transferret, seque offert suscepturum ac ne, dum in urbem vehitur, ad paenitentiam a L Vitellio et Largo Caecina mutaretur, in eodem gestamine sedem poscit adsumiturque (34) Crebra post haec fama fuit, inter diversas principis voces, cum modo incusaret flagitia uxoris, aliquando ad memoriam coniugii et infantiam liberorum revolveretur, non aliud prolocutum Vitellium quam ïo facinus, o scelus' instabat quidem Narcissus aperire ambages et veri copiam facere: sed non ideo pervicit quin suspensa et quo ducerentur inclinatura responderet exemploque eius Largus Caecina uteretur |
Narcisso allora, spalleggiato da quanti vivevano la sua stessa paura, afferma che l'unica speranza di incolumità rimasta al principe stava nel trasferire, per quel solo giorno, il comando dei pretoriani nelle mani di un liberto, e si offerse di assumerlo Per evitare poi che, durante il percorso verso Roma, Lucio Vitellio e Largo Cecina facessero cambiare parere a Claudio, chiede un posto nella stessa vettura e lo ottiene 34 Corse in seguito insistente la voce che, in mezzo ai contraddittori sfoghi del principe, il quale se la prendeva ora con l'infame condotta della moglie e ora tornava al pensiero del matrimonio e ai figli ancora bambini, Vitellio non abbia esclamato altro se non Che vergogna, Che delitto Narcisso insisteva perché chiarisse quelle parole enigmatiche e svelasse il suo vero pensiero, ma non riuscì a ottenere che risposte equivoche e interpretabili come si voleva, mentre Largo Cecina si comportava nello stesso modo |
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et iam erat in aspectu Messalina clamitabatque audiret Octaviae et Britannici matrem, cum obstrepere accusator, Silium et nuptias referens; simul codicillos libidinum indices tradidit, quis visus Caesaris averteret nec multo post urbem ingredienti offerebantur communes liberi, nisi Narcissus amoveri eos iussisset Vibidiam depellere nequivit quin multa cum invidia flagitaret ne indefensa coniunx exitio daretur igitur auditurum principem et fore diluendi criminis facultatem respondit: iret interim virgo et sacra capesseret (35) Mirum inter haec silentium Claudi, Vitellius ignaro propior: omnia liberto oboediebant patefieri domum adulteri atque illuc deduci imperatorem iubet |
Già era apparsa Messalina e gridava che Claudio ascoltasse la madre di Ottavia e di Britannico, quando si alzò la voce dell'accusatore a denunziare Silio e le nozze, e intanto consegnò a Claudio uno scritto contenente prove delle dissolutezze della moglie per distogliere da lei gli occhi di Cesare E poco dopo, al momento del suo ingresso in città, stavano per presentargli i figli comuni, ma Narcisso diede ordine di allontanarli Non riuscì invece a respingere Vibidia e a impedirle di chiedere, in termini perentori, che non si condannasse a morte una moglie senza averle concesso di difendersi Le rispose che il principe avrebbe ascoltato Messalina, consentendole una discolpa: invitava intanto la vestale a tornare ad attendere ai riti sacri 35 Colpiva, in mezzo a tutto ciò, il silenzio di Claudio e colpiva Vitellio, che sembrava quasi un estraneo: tutto dipendeva da un liberto Questi ordina di aprire la casa dell'adultero e di condurvi l'imperatore |
ac primum in vestibulo effigiem patris Silii consulto senatus abolitam demonstrat, tum quidquid avitum Neronibus et Drusis in pretium probri cessisse incensumque et ad minas erumpentem castris infert, parata contione militum; apud quos praemonente Narcisso pauca verba fecit: nam etsi iustum dolorem pudor impediebat continuus dehinc cohortium clamor nomina reorum et poenas flagitantium; admotusque Silius tribunali non defensionem, non moras temptavit, precatus ut mors acceleraretur eadem constantia et inlustres equites Romani (cupido maturae necis fuit ) et Titium Proculum, custodem a Silio Messalinae datum et indicium offerentem, Vettium Valentem confessum et Pompeium Vrbicum ac Saufeium Trogum ex consciis tradi ad supplicium iubet |
Innanzitutto gli mostra, nel vestibolo, la statua del padre di Silio, che avrebbe dovuto essere rimossa, per decreto del senato, e poi l'avito patrimonio dei Neroni e dei Drusi, ceduto da Messalina come prezzo dell'adulterio Conduce quindi Claudio, esasperato e proferente minacce, alla caserma dei pretoriani, dov'era pronta un'adunata militare; pronunciò, davanti ai soldati, dietro suggerimento di Narcisso, poche parole: la dignità offesa gli impediva di esprimere il suo giusto dolore Seguirono le grida delle coorti che chiedevano i nomi dei colpevoli e la loro condanna; Silio, portato alla tribuna, non volle difendersi, né cercò di prendere tempo: chiese solo di morire presto La medesima fermezza e il desiderio di una morte rapida mostrarono alcuni cavalieri romani di rango senatorio E così ordina di condurre al supplizio, in qualità di complici, Tizio Proculo, cui Silio aveva affidato la custodia di Messalina e che ora si offriva di fare rivelazioni, Vezzio Valente, reo confesso, Pompeo Urbico e Saufeio Trogo |
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Decrius quoque Calpurnianus vigilum praefectus, Sulpicius Rufus ludi procurator, Iuncus Vergilianus senator eadem poena adfecti (36) Solus Mnester cunctationem attulit, dilaniata veste clamitans aspiceret verberum notas, reminisceretur vocis, qua se obnoxium iussis Messalinae dedisset: aliis largitione aut spei magnitudine, sibi ex necessitate culpam; nec cuiquam ante pereundum fuisse si Silius rerum poteretur commotum his et pronum ad misericordiam Caesarem perpulere liberti ne tot inlustribus viris interfectis histrioni consuleretur: sponte an coactus tam magna peccavisset, nihil referre ne Trauli quidem Montani equitis Romani defensio recepta est |
Subirono la stessa pena anche Decrio Calpurniano, prefetto dei vigili notturni, Sulpicio Rufo, sovrintendente alla scuola dei gladiatori, e il senatore Giunco Vergiliano 36 Ebbe esitazione solo davanti a Mnestore che, strappatosi le vesti, gridava di guardargli i segni delle percosse e ricordava al principe l'ordine da lui ricevuto di mostrarsi compiacente ai voleri di Messalina: altri - si difendeva - erano caduti in colpa per largizioni di denaro o speranze di potere, lui per stato di necessità; inoltre, nessuno sarebbe morto prima di lui, se Silio avesse raggiunto il potere S'era commosso Cesare a queste parole, e cedeva al perdono, ma i liberti lo convinsero a non pensare a un istrione, dopo la morte di tanti uomini illustri: che colpe così gravi le avesse compiute di sua scelta o perché costrettovi, non aveva importanza alcuna Non venne accolta neppure la difesa del cavaliere romano Traulo Montano |
is modesta iuventa, sed corpore insigni, accitus ultro noctemque intra unam a Messalina proturbatus erat, paribus lasciviis ad cupidinem et fastidia Suillio Caesonino et Plautio Laterano mors remittitur, huic ob patrui egregium meritum: Caesoninus vitiis protectus est, tamquam in illo foedissimo coetu passus muliebria (37) Interim Messalina Lucullianis in hortis prolatare vitam, componere preces, non nulla spe et aliquando ira: tantum inter extrema superbiae gerebat ac ni caedem eius Narcissus properavisset, verterat pernicies in accusatorem nam Claudius domum regressus et tempestivis epulis delenitus, ubi vino incaluit, iri iubet nuntiarique miserae (hoc enim verbo usum ferunt) dicendam ad causam postera die adesset |
Questo giovane, modesto, ma di spiccata bellezza, era stato chiamato da Messalina e, nel giro di una notte, s'era visto cacciare da lei, egualmente capricciosa nel desiderio e nella sazietà A Suillio Cesonino e a Plauzio Laterano fu risparmiata la vita, all'uno per gli alti meriti dello zio, all'altro perché protetto dai suoi vizi: in quella turpissima compagnia aveva avuto un ruolo da femmina 37 Intanto Messalina, nei giardini di Lucullo, cercava di allontanare la fine e scriveva una supplica, non senza qualche speranza e, a volte, accensioni d'ira: tanta superbia esprimeva anche nei momenti prossimi alla fine E se Narcisso non avesse accelerato la morte di lei, la rovina sarebbe caduta sull'accusatore Claudio, infatti, rientrato a palazzo e addolcito da un banchetto anticipato, nel calore del vino, diede ordine di andare a riferire a quell'infelice - dicono che abbia usato proprio questo termine - di presentarsi il giorno dopo per la sua discolpa |
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quod ubi auditum et languescere ira, redire amor ac, si cunctarentur, propinqua nox et uxorii cubiculi memoria timebantur, prorumpit Narcissus denuntiatque centurionibus et tribuno, qui aderat, exequi caedem: ita imperatorem iubere custos et exactor e libertis Euodus datur; isque raptim in hortos praegressus repperit fusam humi, adsidente matre Lepida, quae florenti filiae haud concors supremis eius necessitatibus ad miserationem evicta erat suadebatque ne percussorem opperiretur: transisse vitam neque aliud quam morti decus quaerendum sed animo per libidines corrupto nihil honestum inerat; lacrimaeque et questus inriti ducebantur, cum impetu venientium pulsae fores adstititque tribunus per silentium, at libertus increpans multis et servilibus probris |
A queste parole, pensando che l'ira sbollisse e ritornasse l'amore e temendo, in caso di esitazione, la notte imminente e il ricordo del talamo, Narcisso non si trattiene e ordina ai centurioni e al tribuno presente di procedere all'uccisione: tale era l'ordine dell'imperatore Il controllo dell'esecuzione è affidato a Evodio, un liberto; costui si recò subito nei giardini di Lucullo e trovò Messalina sdraiata a terra, con accanto la madre Lepida, che, in disaccordo con la figlia nel periodo della sua fortuna, si era lasciata vincere dalla pena, in quei terribili momenti, e la persuadeva a non aspettare il sicario: la sua vita era finita, non le restava che riscattare la dignità con la morte Ma in un animo corrotto dalle dissolutezze non c'era spazio per la dignità; e si scioglieva in lacrime e in vani lamenti, quando, sotto la spinta dei soldati in arrivo, si spalancarono le porte, e il tribuno rimase fermo, in piedi, in silenzio; il liberto invece la investì con un torrente di insulti volgari |