Lucrezio, De rerum natura: Libro 03 Parte 03, pag 2

Lucrezio, De rerum natura: Libro 03 Parte 03

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 03 Parte 03
quod si posset enim, multo prius ipsa animi vis in capite aut umeris aut imis calcibus esse posset et innasci quavis in parte soleret, tandem in eodem homine atque in eodem vase manere

quod quoniam nostro quoque constat corpore certum dispositumque videtur ubi esse et crescere possit sorsum anima atque animus, tanto magis infitiandum totum posse extra corpus durare genique

quare, corpus ubi interiit, periisse necessest confiteare animam distractam in corpore toto

quippe etenim mortale aeterno iungere et una consentire putare et fungi mutua posse desiperest; quid enim diversius esse putandumst aut magis inter se disiunctum discrepitansque, quam mortale quod est inmortali atque perenni iunctum in concilio saevas tolerare procellas
Se lo potesse, infatti, molto prima la stessa forza dell'animo potrebbe essere nel capo o negli òmeri o in fondo ai talloni e sarebbe solita nascere in qualsiasi parte, ma in fin dei conti rimanere nello stesso uomo e nello stesso vaso

Ora, poiché anche nel nostro corpo è fermamente determinato e si vede disposto dove possano esistere e crescere separatamente l'anima e l'animo, tanto più si deve negare che fuori da tutto il corpo possano nascere o durare

Perciò, quando il corpo è morto, devi ammettere che anche l'anima è perita, dilaniata in tutto il corpo

Giacché congiungere il mortale all'eterno e credere che possano sentire in comune e avere reazioni reciproche, è follia Infatti cosa mai si può credere più contrastante o più sconnesso e discordante nelle sue relazioni che l'unione di ciò che è mortale con ciò che è immortale e perenne in un aggregato che sopporti furiose tempeste
praeterea quaecumque manent aeterna necessest aut quia sunt solido cum corpore respuere ictus nec penetrare pati sibi quicquam quod queat artas dissociare intus partis, ut materiai corpora sunt, quorum naturam ostendimus ante

aut ideo durare aetatem posse per omnem, plagarum quia sunt expertia sicut inanest, quod manet intactum neque ab ictu fungitur hilum, aut etiam quia nulla loci sit copia circum, quo quasi res possint discedere dissoluique, sicut summarum summast aeterna, neque extra quis locus est quo diffugiant neque corpora sunt quae possint incidere et valida dissolvere plaga
Inoltre, tutte le cose che permangono eterne è necessario o che respingano gli urti perché hanno corpo solido e non si lascino penetrare da qualcosa che possa dissociare nell'interno le parti strettamente unite, quali sono i corpi della materia, di cui prima abbiamo rivelato la natura

oppure che possano durare per ogni tempo per questo, perché sono esenti da colpi, come è il vuoto, che rimane intatto e non subisce il minimo urto, o anche perché intorno non si trova tratto di spazio ove, in qualche modo, le cose possano sperdersi e dissolversi; così è eterna la somma delle somme, fuori della quale non c'è luogo ove le cose si dileguino, né ci son corpi che possano cadere su di esse e con forte colpo dissolverle
Quod si forte ideo magis inmortalis habendast, quod vitalibus ab rebus munita tenetur, aut quia non veniunt omnino aliena salutis, aut quia quae veniunt aliqua ratione recedunt pulsa prius quam quid noceant sentire queamus, praeter enim quam quod morbis cum corporis aegret

advenit id quod eam de rebus saepe futuris macerat inque metu male habet curisque fatigat, praeteritisque male admissis peccata remordent

adde furorem animi proprium atque oblivia rerum, adde quod in nigras lethargi mergitur undas

Nil igitur mors est ad nos neque pertinet hilum, quandoquidem natura animi mortalis habetur

et vel ut ante acto nihil tempore sensimus aegri, ad confligendum venientibus undique Poenis, omnia cum belli trepido concussa tumultu horrida contremuere sub altis aetheris auris
Ma se per caso l'anima dev'esser creduta immortale piuttosto per questo, perché è munita e protetta da forze vitali o perché non l'attingono affatto cose avverse alla sua salvezza o perché quelle che l'attingono in qualche modo si ritirano respinte prima che possiamo sentire quanto ci nocciono, fatti manifesti mostrano che la verità è un'altra Giacché, a parte il fatto che s'ammala delle malattie del corpo

sovente sopravviene ciò che, riguardo al futuro, la tormenta e nel timore la fa star male e con affanni la travaglia; e per le colpe passate i rimorsi la straziano

Aggiungi la follia propria della mente e l'oblio delle cose, aggiungi che è sommersa nelle nere onde del letargo

Nulla dunque la morte è per noi, né ci riguarda punto, dal momento che la natura dell'animo è conosciuta mortale

E come nel tempo passato non sentimmo alcuna afflizione, mentre i Cartaginesi da ogni parte venivano a combattere, quando il mondo, scosso dal trepido tumulto della guerra, tremò tutto d'orrore sotto le alte volte dell'etere

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Lucrezio, De rerum natura: Libro 02

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 02

in dubioque fuere utrorum ad regna cadendum omnibus humanis esset terraque marique, sic, ubi non erimus, cum corporis atque animai discidium fuerit, quibus e sumus uniter apti, scilicet haud nobis quicquam, qui non erimus tum, accidere omnino poterit sensumque movere, non si terra mari miscebitur et mare caelo

et si iam nostro sentit de corpore postquam distractast animi natura animaeque potestas, nil tamen est ad nos, qui comptu coniugioque corporis atque animae consistimus uniter apti

nec, si materiem nostram collegerit aetas post obitum rursumque redegerit ut sita nunc est, atque iterum nobis fuerint data lumina vitae, pertineat quicquam tamen ad nos id quoque factum, interrupta semel cum sit repetentia nostri
e fu dubbio sotto il regno di quale dei due popoli dovessero cadere tutti gli uomini sulla terra e sul mare, così quando noi non saremo più, quando sarà avvenuto il distacco del corpo e dell'anima, che uniti compongono il nostro essere, certo a noi, che allora non saremo più, non potrà affatto accadere alcunché, nulla potrà colpire i nostri sensi, neppure se la terra si confonderà col mare e il mare col cielo

E anche se supponiamo che, dopo il distacco dal nostro corpo, la natura dell'animo e il potere dell'anima serbano il senso, questo tuttavia non importa a noi, che dall'unione e dal connubio del corpo e dell'anima siamo costituiti e unitamente composti

E quand'anche il tempo raccogliesse la nostra materia dopo la morte e di nuovo la disponesse nell'assetto in cui si trova ora e a noi fosse ridata la luce della vita, tuttavia neppure questo evento ci riguarderebbe minimamente, una volta che fosse interrotta la continuità della nostra coscienza
et nunc nil ad nos de nobis attinet, ante qui fuimus, [neque] iam de illis nos adficit angor

nam cum respicias inmensi temporis omne praeteritum spatium, tum motus materiai multimodi quam sint, facile hoc adcredere possis, semina saepe in eodem, ut nunc sunt, ordine posta haec eadem, quibus e nunc nos sumus, ante fuisse

nec memori tamen id quimus reprehendere mente; inter enim iectast vitai pausa vageque deerrarunt passim motus ab sensibus omnes

debet enim, misere si forte aegreque futurumst; ipse quoque esse in eo tum tempore, cui male possit accidere
Così ora a noi non importa nulla di noi, quali fummo in precedenza, né ormai per quel nostro essere ci affligge angoscia

E invero, se volgi lo sguardo verso tutto lo spazio trascorso del tempo illimitato, e consideri quanto siano molteplici i movimenti della materia, facilmente puoi indurti a credere che questi stessi atomi, di cui siamo composti ora, già prima siano stati spesso disposti nel medesimo ordine in cui sono ora

Eppure non possiamo riafferrare con la memoria quell'esistenza; s'è interposta infatti una pausa della vita e sparsamente tutti i moti si sviarono per ogni dove, lontano dai sensi

Infatti, se sventura e affanno devono colpire qualcuno, occorre che allora, in quel medesimo tempo, esista quella stessa persona cui possa incoglier male

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id quoniam mors eximit, esseque prohibet illum cui possint incommoda conciliari, scire licet nobis nihil esse in morte timendum nec miserum fieri qui non est posse, neque hilum differre an nullo fuerit iam tempore natus, mortalem vitam mors cum inmortalis ademit

Proinde ubi se videas hominem indignarier ipsum, post mortem fore ut aut putescat corpore posto aut flammis interfiat malisve ferarum, scire licet non sincerum sonere atque subesse caecum aliquem cordi stimulum, quamvis neget ipse credere se quemquam sibi sensum in morte futurum; non, ut opinor, enim dat quod promittit et unde nec radicitus e vita se tollit et eicit, sed facit esse sui quiddam super inscius ipse
Ma, poiché la morte toglie ciò e impedisce che esista colui a cui le disgrazie possano attaccarsi, è chiaro che niente noi dobbiamo temere nella morte, e che non può divenire infelice chi non esiste, né fa punto differenza se egli sia nato o non sia nato in alcun tempo, quando la vita mortale gli è stata tolta dalla morte immortale

Quindi, se vedi un uomo dolersi della propria sorte, perché dopo la morte dovrà, sepolto il corpo, putrefarsi o essere distrutto dalle fiamme o dalle mascelle delle fiere, puoi intendere che le sue parole non suonano sincere e che sotto il suo cuore c'è qualche stimolo cieco, benché egli asserisca di non credere che morto avrà qualche senso Infatti, io credo, non mantiene ciò che promette e i principi su cui poggia, né radicalmente si svelle e si scaccia fuori della vita, ma inconsciamente fa sopravvivere qualcosa di sé
vivus enim sibi cum proponit quisque futurum, corpus uti volucres lacerent in morte feraeque, ipse sui miseret; neque enim se dividit illim nec removet satis a proiecto corpore et illum se fingit sensuque suo contaminat astans

hinc indignatur se mortalem esse creatum nec videt in vera nullum fore morte alium se, qui possit vivus sibi se lugere peremptum stansque iacentem [se] lacerari urive dolere

nam si in morte malumst malis morsuque ferarum tractari, non invenio qui non sit acerbum ignibus inpositum calidis torrescere flammis aut in melle situm suffocari atque rigere frigore, cum summo gelidi cubat aequore saxi, urgerive superne obrutum pondere terrae
Ognuno infatti che da vivo si rappresenta che dopo la morte uccelli e fiere sbraneranno il suo corpo, commisera sé stesso; e infatti non riesce a separarsi di lì, né si stacca abbastanza dal cadavere gettato via e confonde sé stesso con quello e, stando dritto lì accanto, gli trasfonde il proprio senso

Per questo si duole d'esser nato mortale e non vede che nella vera morte non ci sarà un altro sé stesso che possa, vivo, piangere la perdita di sé per sé stesso e, stando in piedi, lamentarsi di giacere a terra e d'essere sbranato o bruciato

E invero, se nella morte è un male essere straziato dalle mascelle e dai morsi delle fiere, non intendo come non sia acerbo esser posto sul rogo per esservi arrostito dalle calde fiamme o soffocare immerso nel miele o intirizzire di freddo, disteso sopra la liscia superficie d'una gelida pietra, o esser premuto dall'alto, schiacciato sotto il peso della terra

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'Iam iam non domus accipiet te laeta neque uxor optima, nec dulces occurrent oscula nati praeripere et tacita pectus dulcedine tangent

Ora, ora mai più la casa ti accoglierà in letizia, né la sposa ottima, né i dolci figli ti correranno incontro a contendersi i primi baci, né invaderanno il tuo cuore di tacita dolcezza

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