Giuditta e Oloferne di Caravaggio

Giuditta e Oloferne di Caravaggio

Il dipinto, andato perduto per secoli, fu ritrovato nel 1951. L'opera si ispira alla storia di Giuditta narrata nel libro di Giuditta in cui, la vedova ebrea, riesce a liberare la città di Betulia assediata dagli assiri guidati dal generale Oloferne su ordine del re assiro Nabucodonosor

Giuditta finge di tradire il proprio popolo per potersi avvicinare al generale Oloferne. L'uomo, che si era invaghito della donna, si lascia avvicinare e la trattiene ad un banchetto. Su insistenza della donna, si ubriaca e si addormenta nella sua tenda.  In questo esito propizio, Giuditta estrae una spada e lo decapita. La lama non ha ancora finito di tagliare la carne e, gli schizzi copiosi, inondano di rosso, il cuscino e le lenzuola del generale.

La scena dal forte impatto, rappresenta una terza figura, l'ancella di lei di nome Abra. La riproduzione della schiava non è fedele ai libri che la raccontano giovane mentre qui appare vecchia e anziana. Le sue mani sono rigide e tengono il sacco che conterrà la testa del generale. Giuditta, dai lineamenti giovanili, è illuminata da una luce che proviene dall'alto e il suo vestito bianco non viene macchiato dal sangue che il generale perde in gran quantità. Un esame radiografico ha svelato che l'eroina viene raffigurata a seno nudo in una prima versione ma poi Caravaggio decide di vestirla. Lo sguardo di lei è corrucciato con le braccia tese per imprimere forza al suo gesto.

Il generale si sveglia di soprassalto, è muscoloso ma serve a ben poco. La vena che attraversa la fronte si gonfia. Istintivamente cerca di sollevarsi con un braccio. La bocca spalancata cerca aria senza trovarla. L'ultimo respiro è giunto

Gli assiri, perso il loro condottiere, verranno messi in fuga dai giudei. La storia ha ispirato vari pittori e rappresentata in vari momenti come il quadro di Artemisia Gentileschi. La decapitazione è avvenuta e Abra, con le sembianze giovanili, tiene la cesta con dentro la testa del generale assiro Oloferne. Il sangue gocciola fuori e cade per terra. Sono ancora dentro la tenda e devono uscire quando entrambi si voltano verso destra forse nell'udire qualche rumore che le mette in guardia. L'opera fu la prima a tema decapitazione del Caravaggio.

Anche Cristofano Allori ne fa una rappresentazione, soffermandosi sulla bellezza di Giuditta che, con indosso un pregiato abito giallo-oro, si volta camminando, mentre tiene per una mano la testa del generale tenuta per ciuffo di capelli

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la modella Maddalena Antognetti, superato lo scandalo dell'incesto in cui il capitano Ovideo Marchetti l'aveva brutalmente gettata, e concluso il penitenziale anno Santo, dalla primavera del 1601 aveva avviato un nuovo capitolo della sua carriera di cortigiana. 

Maddalena, in stato di grazia, tiene la scena tra pietà e disgusto con femminile fragilitas. Accigliata nel doloroso compito di una giustizia necessaria, se ne sta a dovuta distanza dal nemico vinto. il suo corpo femminile, flesso e risoluto, riluce di forza e suprema bellezza.  I capelli schiariti della Roscina (soprannome dato alla Antognetti proprio per i suoi capelli) sono ripartiti ai lati della fronte, raccolti in un crocchino e ben acconciati in piccoli riccioli


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Artemisia Gentileschi fece un altro quadro della stessa scena, stavolta più movimentato. Il suo dipinto è più realistico di quello del Caravaggio. Giuditta ha bisogno dell'aiuto della sua serva per contenere la reazione violenta di Oloferne. Insieme tengono fermo il mostro e mentre uccidono, hanno facce concentrate; così deve essere, perchè Oloferne nonostante sia vicino alla morte, non smette di lottare e, a differenza di Caravaggio, Artemisia sa ( stuprata ) cosa accade quando un uomo accredisce una donna, sa che non può bastare una sola mano per difendersi, sa che per vendicarsi ci vuole coraggio, ma anche un piano ben studiato e un attacco a sopresa

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