Cicerone, De Oratore: Libro 03; 16-20

Cicerone, De Oratore: Libro 03; 16-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 03; 16-20

[XVI] [59] Sed quod erant quidam eique multi, qui aut in re publica propter ancipitem, quae non potest esse seiuncta, faciendi dicendique sapientiam florerent, ut Themistocles, ut Pericles, ut Theramenes, aut, qui minus ipsi in re publica versarentur, sed huius tamen eiusdem sapientiae doctores essent, ut Gorgias, Thrasymachus, Isocrates, inventi sunt, qui, cum ipsi doctrina et ingeniis abundarent, a re autem civili et a negotiis animi quodam iudicio abhorrerent, hanc dicendi exercitationem exagitarent atque contemnerent; quorum princeps Socrates fuit [XVI] [59] Ma mentre vi erano molti i tra quali basta ricordare Temistocle, Pericle e Teramene, primeggiavano nello Stato per mezzo di questa doppia abilità nelloperare e nel parlare, che non può scindersi, o che, senza interessarsi delia vita politica, erano tuttavia dei maestri di questa medesima saggezza, come Gorgia, Trasimaco e Isocrate, se ne incontravano altri che, ricchi dingegno e di dottrina, provavano una sincera avversione per la vita pubblica e per gli affari, condannando e disprezzando queste esercitazioni della parola, il primo dei quali fu Socrate
[60] Is qui omnium eruditorum testimonio totiusque iudicio Graeciae cum prudentia et acumine et venustate et subtilitate tum vero eloquentia, varietate, copia, quam se cumque in partem dedisset omnium fuit facile princeps, eisque, qui haec, quae nunc nos quaerimus, tractarent, agerent, docerent, cum nomine appellarentur uno, quod omnis rerum optimarum cognitio atque in eis exercitatio philosophia nominaretur, hoc commune nomen eripuit sapienterque sentiendi et ornate dicendi scientiam re cohaerentis disputationibus suis separavit; cuius ingenium variosque sermones immortalitati scriptis suis Plato tradidit, cum ipse litteram Socrates nullam reliquisset [60] Costui che, per testimonianza di tutti i dotti e a giudizio di tutta la Grecia fu veramente il primo fra tutti non solo per saggezza, acutezza di mente, amabilità e finezza, ma anche per varietà e ricchezza di eloquenza, qualunque fosse stato il tema della discussione, tolse a coloro che tratdiscutevano e insegnavano questa sulla quale noi adesso indaghiamo, il nome di filosofi (infatti tutti costoro si dava un solo nome, perché lintera scenza delle più nobili arti e gli esercizi che in essa vengono fatti venivano chiamati col solo nome di filosofia) e separò con le sue discussioni lo studio della sapienza da quello dellelegante eloquenza, che in realtà sono inseparabili; lingegno e i vari discorsi di questuomo Platone immortalò nei suoi dialoghi, dal momento che egli non ci lasciò scritto
[61] Hinc discidium illud exstitit quasi linguae atque cordis, absurdum sane et inutile et reprehendendum, ut alii nos sapere, alii dicere docerent [61] Questa separazione davvero assurda, biasimevole di lingua, per dir così, e di cuore si è sempre mantenuta da allora: per questa ragione alcuni ci hanno insegnato a pensar bene, altri a ben parlare

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 76-80

Nam cum essent plures orti fere a Socrate, quod ex illius variis et diversis et in omnem partem diffusis disputationibus alius aliud apprehenderat, proseminatae sunt quasi familiae dissentientes inter se et multum disiunctae et dispares, cum tamen omnes se philosophi Socraticos et dici vellent et esse arbitrarentur Siccome Socrate ebbe numerosi discepoli, che svilupparono chi i chi in un altro le diverse, opposte e ampie indagini del maestro, ebbero origine, per dir così, delle famiglie filosofiche discordi tra di loro, molto lontane e diverse una dallaltra, per quanto tutti quei filosofi amassero di essere chiamati Socratici e credessero di essere i veri continuatori dì Socrate
[XVII] [62] Ac primo ab ipso Platone Aristoteles et Xenocrates, quorum alter Peripateticorum, alter Academiae nomen obtinuit, deinde ab Antisthene, qui patientiam et duritiam in Socratico sermone maxime adamarat, Cynici primum, deinde Stoici, tum ab Aristippo, quem illae magis voluptariae disputationes delectarant, Cyrenaica philosophia manavit, quam ille et eius posteri simpliciter defenderunt, hi, qui nunc voluptate omnia metiuntur, dum verecundius id agunt, nec dignitati satis faciunt, quam non aspernantur, nec voluptatem tuentur, quam amplexari volunt [XVII] [62] Innanzi tutto da Platone derivarono Aristotele e Senocrate, dei qualì il primo diresse la scuola peripatetica, il secondo lAccademia; da Antistene, che tra le varie idee esposte da Socrate, nei suoi discorsi, aveva dato la preferenza a quelle riguardanti la sopportazione e fermezza, derivarono dapprima la scuola cinica e poi la stoica,quindo da Aristippo, che era stato maggiormente colpito da quelle famose discussioni sul piacere, derivò la scuola Cirenaica, che costui e i suoi discepoli difesero con semplicità, questi che ora fanno dipendere tutte le cose dal piacere, agiscono con una certa titubanza e perciò da una parte non salvano i diritti della virtù, che non intendono respingere, dallaltra non sostengono le ragioni del piacere, che affermano di seguire

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Fuerunt etiam alia genera philosophorum, qui se omnes fere Socraticos esse dicebant, Eretricorum, Erilliorum, Megaricorum, Pyrrhoneorum; sed ea horum vi et disputationibus sunt iam diu fracta et exstincta Vi furono anche altre scuole filosofiche, che dicevano quasi tutte di discendere da Socrate, cioè lEretriese, lErillia, la Megarica, la Pirroniana: ma esse sono state già da tempo vinte e disperse dalle accese discussioni delle scuole che oggi sopravvivono
[63] Ex illis autem quae remanent, ea philosophia, quae suscepit patrocinium voluptatis, etsi cui vera videatur, procul abest tamen ab eo viro, quem quaerimus et quem auctorem publici consili et regendae civitatis ducem et sententiae atque eloquentiae principem in senatu, in populo, in causis publicis esse volumus [63] Tra le scuole filosofiche rimaste, quella che ha assunto la difesa del piacere, benché a qualcuno possa apparire conforme alla verità, tuttavia non si addice a quel tipo di uomo su cui stiamo indagando, e che deve essere, a nostro giudizio, ispiratore delle deliberazioni di una pubblica assemblea, capo dello Stato, primo per saggezza e per eloquenza in Senato, nelle assemblee del popolo e nelle cause di interesse politico generale

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Nec ulla tamen ei philosophiae fiet iniuria a nobis; non enim repelletur inde, quo adgredi cupiet, sed in hortulis quiescet suis, ubi vult, ubi etiam recubans molliter et delicate nos avocat a Rostris, a iudiciis, a curia, fortasse sapienter, hac praesertim re publica Non verrà da noi nessuna offesa a una tale filosofia; siccome non la scacceremo da quei luoghi ove desidera andare, se ne stia tranquilla nei suoi giardini , se così le piace, dove rimanendo mollemente e delicatamente sdraiata, ci invita ad abbandonare i Rostri, i tribunali e il Senato: e un tale invito non è forse privo di saggezza, specialmente nella presente situazione politica
[64] Verum ego non quaero nunc, quae sit philosophia verissima, sed quae oratori coniuncta maxime; qua re istos sine ulla contumelia dimittamus; sunt enim et boni viri et, quoniam sibi ita videntur, beati; tantumque eos admoneamus, ut illud, etiam si est verissimum, tacitum tamen tamquam mysterium teneant, quod negant versari in re publica esse sapientis; nam si hoc nobis atque optimo cuique persuaserint, non poterunt ipsi esse, id quod maxime cupiunt, otiosi [64] Ma ora io non indago sulla dottrina filosofica che sia più conforme alla verità, ma su quella che sia maggionnente legata alleloquenza; perciò lasciamo andare costoro senza alcuna offesa; sono infatti delle brave persone e anche felici, dal momento che credono di esserlo; basta solo avvertirli di tenersi per sé, come se fosse la formula di un mistero , questo concetto, anche se è del tutto conforme a verità, che non si addice al saggio prendere parte alla vita politica; infatti, se essi riuscissero a convincere di ciò noi e tutti i migliori cittadini, non potrebbero vivere la loro vita libera e spensierata, che è la cosa che maggiormente desiderano

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[XVIII] [65] Stoicos autem, quos minime improbo, dimitto tamen nec eos iratos vereor, quoniam omnino irasci nesciunt; atque hanc eis habeo gratiam, quod soli ex omnibus eloquentiam virtutem ac sapientiam esse dixerunt [XVIII] [65] Tralascio gli Stoici, che io mi guardo bene dal condannare, la cui collera io non temo, perché essi non sanno neppure cosa sia la collera, e sono loro grato, perché sono i soli tra tutti i filosofi che hanno detto che leloquenza è virtù e saggezza
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