[12] Ego vero te, Crasse, cum vitae flore tum mortis opportunitate divino consilio et ornatum et exstinctum esse arbitror; nam tibi aut pro virtute animi constantiaque tua civilis ferri subeunda fuit crudelitas aut, si qua te fortuna ab atrocitate mortis vindicasset, eadem esse te funerum patriae spectatorem coegisset; neque solum tibi improborum dominatus, sed etiam propter admixtam civium caedem bonorum victoria maerori fuisset | [12] Quando penso allo splendore della tua vita e allopportunità della tua morte, sono proprio spinto a credere, o Crasso, che tanto le tue alte doti quanto la tua morte siano state opera degli dèi; infatti per la nobiltà e la fermezza del tuo carattere tu non saresti sfuggito a una crudele morte per mano, dei tuoi concittadini; se poi la fortuna ti avesse salvato da una tale morte, la medesima ti avrebbe costretto ad essere spettatore delle stragi della patria; e non solo la signoria dei malvagi , ma anche la vittoria dei buoni ti sarebbe riuscita dolorosa, a causa delle stragi dei cittadini con questa connesse |
[IV] [13] Mihi quidem, Quinte frater, et eorum casus, de quibus ante dixi, et ea, quae nosmet ipsi ob amorem in rem publicam incredibilem et singularem pertulimus ac sensimus, cogitanti sententia saepe tua vera ac sapiens videri solet, qui propter tot tantos tam praecipitisque casus clarissimorum hominum atque optimorum virorum me semper ab omni contentione ac dimicatione [animi] revocasti | [IV][13] Quando penso, o caro Quinto, alle sventure degli uomini dei quali prima ho parlato, e alle prove che io stesso ho affrontato e sopportato per il mio immenso amore verso la patria, sono indotto a ritenere giusti e saggi i consigli che tu spesso mi hai dato: infatti, in considerazione di così numerosi, gravi e improvvisiinfortuni di uomini illustri e dabbene, hai sempre cercato di distogliermi dalle violente lotte della vita politica |
[14] Sed quoniam haec iam neque in integro nobis esse possunt et summi labores nostri magna compensati gloria mitigantur, pergamus ad ea solacia, quae non modo sedatis molestiis iucunda, sed etiam haerentibus salutaria nobis esse possint, sermonemque L Crassi reliquum ac paene postremum memoriae prodamus, atque ei, si nequaquam parem illius ingenio, at pro nostro tamen studio meritam gratiam debitamque referamus | [14] Ma poiché il passato non può più essere modificato, e daltra parte le mie grandi sofferenze sono state compensate e addolcite da una splendida gloria, volgiamoci a quelle consolazioni, che non solo ci procurano gioia quando la fatica è cessata, ma possono anche arrecarci conforto, quando essa è presente,e trasmettiamo dunque ai posteri il resto del discorso, quasi lultimo, di L Crasso e paghiamo verso di lui il debito di riconoscenza che egli ben merita: se non sarà pari allaltezza del suo ingegno, esso sarà certamente pari alla nostra ammirazione |
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Cicerone, De Oratore: Libro 02; 16-20
Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 16-20
[15] Neque enim quisquam nostrum, cum libros Platonis mirabiliter scriptos legit, in quibus omnibus fere Socrates exprimitur, non, quamquam illa scripta sunt divinitus, tamen maius quiddam de illo, de quo scripta sunt, suspicatur; quod item nos postulamus non a te quidem, qui nobis omnia summa tribuis, sed a ceteris, qui haec in manus sument, maius ut quiddam de L Crasso, quam quantum a nobis exprimetur, suspicentur | [15] Quando leggiamo i dialoghi di Platone, opere di stupenda bellezza, ove incontriamo quasi sempre Socrate, la loro perfezione non cimpedisce di formarci delluomo che ci viene presentato un concetto superiore a quello che si può desumere dai dialoghi stessi: allo stesso modo noi chiediamo non a te, che hai di noi la più alta stima, ma a tutti coloro che leggeranno questopera, di formarsi di L Crasso un concetto più alto di quanto può apparire da ciò che noi diremo |
[16] Nos enim, qui ipsi sermoni non interfuissemus et quibus C Cotta tantum modo locos ac sententias huius disputationis tradidisset, quo in genere orationis utrumque oratorem cognoveramus, id ipsum sumus in eorum sermone adumbrare conati: quod si quis erit, qui ductus opinione vulgi aut Antonium ieiuniorem aut Crassum pleniorem fuisse putet, quam quo modo a nobis uterque inductus est, is erit ex eis, qui aut illos non audierit aut iudicare non possit; nam fuit uterque, ut eui antea, cum studio atque ingenio et doctrina praestans omnibus, tum in suo genere perfectus, ut neque in Antonio deesset hic ornatus orationis neque in Crasso redundaret | [16] Da parte nostra, poiché non siamo stati presenti alla discussione, e abbiamo solo appreso da C Cotta i punti essenziali e i concetti di quella discussione, abbìamo cercato di riprodurre nei loro discorsi quello che, secondo noi, era il carattere peculiare della loro eloquenza: che se qualcuno, spinto dal giudizio comune, crede che Antonio sia stato più stringato e Crasso più copioso di come noi qui li rappresentiamo, costui appartiene alla schiera di coloro che non ascoltarono questi oratori o non sono in grado di giudicarli; furono entrambi, come ho già detto, superiori a ogni altro per studio, ingegno e dottrina e, oltre a ciò, perfetti nel loro genere: cosicché né ad Antonio mancava quelleleganza nel parlare, di cui stiamo ragionando, né Crasso la possedeva in misura eccessiva |
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Cicerone, De Oratore: Libro 01; 56-62
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[V] [17] Ut igitur ante meridiem discesserunt paulumque requierunt, in primis hoc a se Cotta animadversum esse dicebat, omne illud tempus meridianum Crassum in acerrima atque attentissima cogitatione posuisse seseque, qui vultum eius, cum ei dicendum esset, obtutumque oculorum in cogitando probe nosset atque in maximis causis saepe vidisset, tum dedita opera quiescentibus aliis in eam exedram venisse, in qua Crassus posito lectulo recubuisset, cumque eum defixum in cogitatione esse sensisset, statim recessisse atque in eo silentio duas horas fere esse consumptas | [V][17]Quando si dunque separarono prima di mezzogiorno per riposarsi un poco, Cotta mi disse che la cosa che lo colpì maggiormente fu questa, che Crasso passò tutto quel tempo meridiano nella più profonda meditazione, egli che conosceva bene latteggiamento del volto di Crasso e la concentrazione che assumeva il suo sguardo, quando rifletteva in vista di un discorso, cosa che aveva spesso notato nelle più importanti cause , a bella posta, mentre tutti riposavano, andò nellesedra, dove Crasso stava sdraiato su un lettuccio, e avendolo visto tutto immerso nei suoi pensieri, si allontanò rapidamente, e in quel silenzio il grande oratore passò circa due ore |
Deinde cum omnes inclinato iam in posmeridianum tempus die venissent ad Crassum, "quid est, Crasse," inquit Iulius "imusne sessum | Poi, al principio del pomeriggio, tutti vennero da Crasso, e Giulio disse: Che facciamo, o Crasso, andiamo a sederci |
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Cicerone, De Oratore: Libro 03; 11-15
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Etsi admonitum venimus te, non flagitatum | Bada però che noi siamo venuti solo per ricordarti i tuoi impegni, non per importi un discorso |
[18] Tum Crassus "an me tam impudentem esse existimatis, ut vobis hoc praesertim munus putem me diutius posse debere | [18] E Crasso di rimando, credete che io sia tanto impudente, da pensare di poter restare ancora per lungo tempo debitore con voi di un discorso di tal genere |
"Quinam igitur" inquit "ille locus | disse: Dove andremo |