Lucrezio, De rerum natura: Libro 06 Parte 04

Lucrezio, De rerum natura: Libro 06 Parte 04

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 06 Parte 04
in Syria Sidone quod accidit et fuit Aegi in Peloponneso, quas exitus hic animai disturbat urbes et terrae motus obortus

multaque praeterea ceciderunt moenia magnis motibus in terris et multae per mare pessum subsedere suis pariter cum civibus urbes

quod nisi prorumpit, tamen impetus ipse animai et fera vis venti per crebra foramina terrae dispertitur ut horror et incutit inde tremorem

frigus uti nostros penitus cum venit in artus, concutit invitos cogens tremere atque movere

ancipiti trepidant igitur terrore per urbis, tecta superne timent, metuunt inferne cavernas terrai ne dissoluat natura repente, neu distracta suum late dispandat hiatum idque suis confusa velit complere ruinis
ciò che accadde in Siria, a Sidone, e avvenne ad Egio, nel Peloponneso, città che furono distrutte da tale erompere di vento e dal terremoto che insorse

E, oltre a queste, molte mura crollarono per grandi movimenti nella terra, e molte città s'inabissarono in fondo al mare coi propri abitanti

E, anche se non prorompono, tuttavia l'impeto stesso dell'aria e la fiera forza del vento si diffondono per i fitti canali della terra come un brivido, e di lì provocano un tremore

come il freddo, quando penetra a fondo nelle nostre membra, loro malgrado le scuote e le costringe a tremare e a dimenarsi

Per duplice terrore si trepida dunque nelle città: di sopra temono le case, di sotto paventano le caverne, che la natura della terra non le disgreghi d'un tratto, e squarciata spalanchi ampiamente la sua voragine e sconvolta voglia riempirla delle sue rovine
proinde licet quamvis caelum terramque reantur incorrupta fore aeternae mandata saluti: et tamen inter dum praesens vis ipsa pericli subdit et hunc stimulum quadam de parte timoris

ne pedibus raptim tellus subtracta feratur in barathrum rerumque sequatur prodita summa funditus et fiat mundi confusa ruina

Principio mare mirantur non reddere maius naturam, quo sit tantus decursus aquarum, omnia quo veniant ex omni flumina parte

adde vagos imbris tempestatesque volantes, omnia quae maria ac terras sparguntque rigantque; adde suos fontis; tamen ad maris omnia summam guttai vix instar erunt unius adaugmen

quo minus est mirum mare non augescere magnum

Praeterea magnam sol partem detrahit aestu
Quindi credano pure, a loro piacimento, che il cielo e la terra resteranno incorrotti, sotto la garanzia di un'eterna salvezza: ciò nonostante talora la forza stessa del pericolo presente insinua da qualche lato anche questo stimolo di timore

che la terra, all'improvviso sfuggita di sotto i piedi, cada nel baratro, e l'insieme delle cose la segua, travolto totalmente, e sopravvenga una confusa rovina del mondo

Anzitutto si meravigliano che la natura non renda più grande il mare, quando vi defluiscono tante acque, quando vi si versano da ogni parte tutti i fiumi

Aggiungi le vaganti piogge e le tempeste volanti, che aspergono e inondano tutti i mari e le terre; aggiungi le sorgenti sue proprie; eppure, rispetto all'intera massa del mare, tutto sarà un aumento appena pari a un'unica goccia

sì che non fa meraviglia se il mare, grande com'è, non cresce

Inoltre, gran parte ne toglie il sole col suo ardore
quippe videmus enim vestis umore madentis exsiccare suis radiis ardentibus solem; at pelage multa et late substrata videmus

proinde licet quamvis ex uno quoque loco sol umoris parvam delibet ab aequore partem, largiter in tanto spatio tamen auferet undis

Tum porro venti quoque magnam tollere partem umoris possunt verrentes aequora, ventis una nocte vias quoniam persaepe videmus siccari mollisque luti concrescere crustas

Praeterea docui multum quoque tollere nubes umorem magno conceptum ex aequore ponti et passim toto terrarum spargere in orbi, cum pluit in terris et venti nubila portant
E infatti vediamo che coi suoi raggi ardenti il sole asciuga vesti imbevute di umidità; ma di mari ne vediamo molti e che si stendono per ampi tratti

Quindi, benché da ogni singolo luogo il sole sottragga alla distesa del mare una piccola parte d'acqua, tuttavia in così grande spazio ne prenderà molta alle onde

Per altro, anche i venti possono togliere gran parte d'acqua spazzando le distese dei mari, poiché per effetto dei venti molto spesso vediamo in una sola notte le strade asciugarsi e il molle fango rappigliarsi in croste

Inoltre ho insegnato che anche le nuvole tolgono molta acqua raccogliendola dalla grande distesa del mare, e la spargono dappertutto sull'intero orbe terrestre, quando piove sulle terre e i venti trasportano le nuvole

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Lucrezio, De rerum natura: Libro 05 Parte 01

Latino: dall'autore Lucrezio, opera De rerum natura parte Libro 05 Parte 01

Postremo quoniam raro cum corpore tellus est et coniunctast oras maris undique cingens, debet, ut in mare de terris venit umor aquai, in terras itidem manare ex aequore salso; percolatur enim virus retroque remanat materies umoris et ad caput amnibus omnis confluit, inde super terras redit agmine dulci qua via secta semel liquido pede detulit undas

Nunc ratio quae sit, per fauces montis ut Aetnae expirent ignes inter dum turbine tanto, expediam

neque enim mediocri clade coorta flammae tempestas Siculum dominata per agros finitimis ad se convertit gentibus ora, fumida cum caeli scintillare omnia templa cernentes pavida complebant pectora cura, quid moliretur rerum natura novarum
Infine, poiché la terra ha corpo poroso ed è congiunta col mare, di cui cinge da ogni lato le rive, l'acqua, come defluisce nel mare dalla terra, così deve diffondersi nella terra dalla distesa salmastra; vien filtrata infatti la salsedine, e l'elemento liquido rifluisce indietro e confluisce tutto alla sorgente dei fiumi, e di lì ritorna sulle terre con dolce corrente, ove la via una volta aperta fa scender le onde con liquido piede

Ora spiegherò quale sia la ragione per cui attraverso le fauci del monte Etna spirano a volte fuochi con turbine tanto grande

E infatti, scoppiata con vasta rovina, la tempesta di fiamme, spadroneggiando per i campi dei Siculi, attirò su di sé gli sguardi delle genti vicine, quando queste, al vedere tutte le regioni del cielo fumide mandare scintille, riempivano i petti di pauroso affanno, domandandosi quali rivolgimenti macchinasse la natura
Hisce tibi in rebus latest alteque videndum et longe cunctas in partis dispiciendum, ut reminiscaris summam rerum esse profundam et videas caelum summai totius unum quam sit parvula pars et quam multesima constet nec tota pars, homo terrai quota totius unus

quod bene propositum si plane contueare ac videas plane, mirari multa relinquas

numquis enim nostrum miratur, siquis in artus accepit calido febrim fervore coortam aut alium quemvis morbi per membra dolorem

opturgescit enim subito pes, arripit acer saepe dolor dentes, oculos invadit in ipsos, existit sacer ignis et urit corpore serpens quam cumque arripuit partem repitque per artus, ni mirum quia sunt multarum semina rerum et satis haec tellus morbi caelumque mali fert, unde queat vis immensi procrescere morbi
In queste cose è necessario che tu veda largo e a fondo e che scruti lontano in tutte le direzioni, perché ti rammenti che la somma delle cose è infinita e veda come dell'intera somma un solo cielo sia una piccola parte e risulti una minima frazione, né sia tanta parte quanta di tutta la terra è un uomo solo

Se ti poni ciò bene davanti alla mente e chiaramente l'osservi e lo vedi chiaramente, di molte cose cesserai di meravigliarti

Forse alcuno di noi, infatti, si meraviglia se qualcuno ha contratto nelle membra una febbre insorta con calore ardente o un'altra qualunque dolorosa malattia nel corpo

Si gonfia infatti d'improvviso un piede, un acuto dolore sovente assale i denti, attacca persino gli occhi, il fuoco sacro scoppia e serpeggiando nel corpo brucia ogni parte che ha assalita, e s'insinua attraverso le membra, certo perché esistono semi di molte cose, e questa terra e il cielo producono a sufficienza morbi e mali perché ne possa crescere la violenza d'una malattia immensa

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Lucrezio, De rerum natura: Libro 04 Parte 04

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sic igitur toti caelo terraeque putandumst ex infinito satis omnia suppeditare, unde repente queat tellus concussa moveri perque mare ac terras rapidus percurrere turbo, ignis abundare Aetnaeus, flammescere caelum

id quoque enim fit et ardescunt caelestia templa et tempestates pluviae graviore coortu sunt, ubi forte ita se tetulerunt semina aquarum

'at nimis est ingens incendi turbidus ardor

scilicet et fluvius qui visus maximus ei, qui non ante aliquem maiorem vidit, et ingens arbor homoque videtur et omnia de genere omni maxima quae vidit quisque, haec ingentia fingit, cum tamen omnia cum caelo terraque marique nil sint ad summam summai totius omnem

Nunc tamen illa modis quibus inritata repente flamma foras vastis Aetnae fornacibus efflet, expediam
Così dunque si deve credere che all'intero cielo e alla terra dall'infinito sia fornita ogni cosa a sufficienza perché possa la terra d'un tratto scossa agitarsi e per il mare e le terre trascorrere un travolgente turbine, traboccare il fuoco dell'Etna, fiammeggiare il cielo

Anche ciò infatti avviene, e s'accendono le regioni celesti, e tempeste di pioggia scoppiano con maggiore violenza, quando per caso si sono raccolti così i semi delle acque

Ma troppo è enorme il tempestoso ardore di questo incendio

S'intende; e così è anche per il fiume che appare il più grande a colui che non ne ha visto prima uno più grande; così sembra enorme un albero o un uomo; e tutte le cose che in ogni genere ciascuno ha viste più grandi, se le immagina enormi, mentre tutte, insieme con il cielo e la terra e il mare, sono nulla rispetto all'intera somma della somma universale

Ma ora spiegherò in quali modi quella fiamma, suscitata d'un tratto, divampi fuori dalle vaste fornaci dell'Etna
primum totius subcava montis est natura fere silicum suffulta cavernis

omnibus est porro in speluncis ventus et aer

ventus enim fit, ubi est agitando percitus aer

hic ubi percaluit cale fecitque omnia circum saxa furens, qua contingit, terramque et ab ollis excussit calidum flammis velocibus ignem, tollit se ac rectis ita faucibus eicit alte

fert itaque ardorem longe longeque favillam differt et crassa volvit caligine fumum extruditque simul mirando pondere saxa; ne dubites quin haec animai turbida sit vis

praeterea magna ex parti mare montis ad eius radices frangit fluctus aestumque resolvit

ex hoc usque mari speluncae montis ad altas perveniunt subter fauces
In primo luogo, la natura di tutto il monte è cava di sotto, generalmente sostenuta da caverne di basalto

In tutte le spelonche, inoltre, ci sono vento ed aria

Giacché vento diventa l'aria quando è stimolata da agitazione

Esso, quando si è molto scaldato e calde ha fatte, infuriando, tutte le rocce intorno, dove tocca, e la terra, e ne ha fatto prorompere un caldo fuoco con fiamme veloci, si leva e si lancia così, dritto per le fauci, in alto

E così sparge la vampa lontano, e lontano dissemina le faville, ed emette turbini di fumo con densa caligine, e insieme caccia fuori massi di mirabile peso; quindi non puoi dubitare che questa sia la burrascosa forza dell'aria

Inoltre, su gran parte delle radici di quel monte il mare infrange i flutti e ne riassorbe il ribollìo

Da questo mare spelonche s'inoltrano sotterra sino alle alte fauci del monte

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Lucrezio, De rerum natura: Libro 05 Parte 04

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hac ire fatendumst et penetrare mari penitus res cogit aperto atque efflare foras ideoque extollere flammam saxaque subiectare et arenae tollere nimbos

in summo sunt vertice enim crateres, ut ipsi nominitant, nos quod fauces perhibemus et ora

Sunt aliquot quoque res quarum unam dicere causam non satis est, verum pluris, unde una tamen sit

corpus ut exanimum siquod procul ipse iacere conspicias hominis, fit ut omnis dicere causas conveniat leti, dicatur ut illius una

nam [ne]que eum ferro nec frigore vincere possis interiisse neque a morbo neque forte veneno, verum aliquid genere esse ex hoc quod contigit ei scimus

item in multis hoc rebus dicere habemus

Nilus in aestatem crescit campisque redundat unicus in terris, Aegypti totius amnis
Per questa via bisogna ammettere che passi e lo stato delle cose lo costringe a penetrare a fondo dal mare aperto, e a soffiar fuori e così levare in alto la fiamma e lanciare massi e sollevare nembi di sabbia

Sull'estrema cima ci sono infatti crateri, come li chiamano là, mentre noi li diciamo fauci e bocche

Ci sono anche alcuni fatti per i quali non basta dire una sola causa, ma bisogna dirne parecchie, di cui tuttavia una sola dev'essere la vera

Così, se per tua parte vedi un corpo esanime d'uomo giacere lontano, conviene che tu dica tutte le cause di morte perché sia detta quella che sola è per lui vera

Infatti non potresti provare che sia morto di spada, né di freddo, né di malattia, né, putacaso, di veleno; ma sappiamo che è qualcosa di tal genere ciò che gli è capitato

Similmente siamo in grado di dire questo per molte altre cose

Con l'avanzare dell'estate cresce, e inonda i campi, unico sulla terra, il Nilo, fiume di tutto l'Egitto
is rigat Aegyptum medium per saepe calorem, aut quia sunt aestate aquilones ostia contra, anni tempore eo, qui etesiae esse feruntur, et contra fluvium flantes remorantur et undas cogentes sursus replent coguntque manere

nam dubio procul haec adverso flabra feruntur flumine, quae gelidis ab stellis axis aguntur

ille ex aestifera parti venit amnis ab austro inter nigra virum percocto saecla colore exoriens penitus media ab regione diei

est quoque uti possit magnus congestus harenae fluctibus adversis oppilare ostia contra, cum mare permotum ventis ruit intus harenam; quo fit uti pacto liber minus exitus amnis et proclivis item fiat minus impetus undis

fit quoque uti pluviae forsan magis ad caput ei tempore eo fiant, quo etesia flabra aquilonum nubila coniciunt in eas tunc omnia partis
Esso suole irrigare l'Egitto nel pieno della calura, perché d'estate spirano contro le sue bocche gli aquiloni, che in quella stagione si dice siano venti etesii, e soffiando contro la corrente la trattengono e, respingendo le onde in su, colmano il letto e costringono il fiume a fermarsi

Infatti soffiano senza dubbio in senso opposto al corso del fiume queste folate, che giungono dalle gelide stelle del polo

Il fiume invece proviene dalla torrida zona dell'austro, e ha la sorgente fra nere stirpi d'uomini dal colore bruciato, nelle profondità della regione del mezzodì

anche possibile che un grande cumulo di sabbia s'erga contro le bocche del fiume opponendosi alle onde, quando il mare sconvolto dai venti caccia la sabbia verso l'interno; così avviene che lo sbocco del fiume sia meno libero e similmente sia meno agevole l'impeto delle onde

Può essere anche, forse, che in quel tempo le piogge cadano più abbondanti verso la sua sorgente perché allora gli etesii soffi degli aquiloni cacciano tutte le nuvole in quei luoghi

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scilicet, ad mediam regionem eiecta diei cum convenerunt, ibi ad altos denique montis contrusae nubes coguntur vique premuntur

forsitan Aethiopum penitus de montibus altis crescat, ubi in campos albas descendere ningues tabificis subigit radiis sol omnia lustrans

Nunc age, Averna tibi quae sint loca cumque lacusque, expediam, quali natura praedita constent

principio, quod Averna vocantur nomine, id ab re inpositumst, quia sunt avibus contraria cunctis, e regione ea quod loca cum venere volantes, remigii oblitae pennarum vela remittunt praecipitesque cadunt molli cervice profusae in terram, si forte ita fert natura locorum, aut in aquam, si forte lacus substratus Averni

is locus est Cumas aput, acri sulpure montis oppleti calidis ubi fumant fontibus aucti
Certo, quando le nuvole, spinte verso la regione del mezzodì, si sono radunate, là alfine, sbattute insieme contro gli alti monti, vengono addensate e violentemente premute

O forse il Nilo cresce dal profondo degli alti monti degli Etiopi, quando il sole che rischiara tutte le cose costringe le bianche nevi, coi raggi che le squagliano, a scendere nei piani

Ora, suvvia, ti spiegherò di quale natura siano dotati i luoghi e laghi Averni, quanti ve ne sono

Anzitutto, quanto al fatto che son chiamati Averni, questo nome fu imposto per l'effetto, perché sono nocivi a tutti gli uccelli: e infatti questi, quando a volo sono giunti diritti su quei luoghi, dimentichi del remeggio delle ali abbassano le vele e cadono a capofitto, lasciandosi andare col collo flaccido in terra, se per caso è tale la natura dei luoghi, o in acqua, se per caso disotto si stende un lago d'Averno

Un luogo siffatto è presso Cuma, ove fumano monti pieni d'acre zolfo, ricchi di calde sorgenti

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